Diritto dei Mercati Finanziari
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 285 - pubb. 01/07/2007
My way: clausola di recesso, squilibrio contrattuale e nullità
Tribunale Brindisi, 30 Dicembre 2005. ..
Intermediazione finanziaria – Natura della normativa – Interessi tutelati – Nullità
Intermediazione finanziaria – Adeguatezza e rischiosità dell’investimento – Contenuto del prospetto informativo
Contratti con il consumatore – Clausola di recesso – Tasso di interesse –
Nullità
Contratti con il consumatore – Accettazione di perdite eccedenti il capitale
investito – Squilibrio contrattuale – Nullità
Intermediazione finanziaria – Contratti aleatori – Alea a carico di una sola
delle parti – Squilibrio tra le prestazioni – Nullità
Le norme regolanti i servizi di investimento in prodotti finanziari - in quanto volte alla tutela sia del singolo investitore, sia, più in generale, dell’'intero mercato dei valori mobiliari - hanno natura e portata di norme imperative. La qual cosa implica, da un lato, la non derogabilità di dette norme e, sotto altro profilo, la nullità per illiceità della causa dei contratti eventualmente stipulati (c.d. nullità virtuali, arg. ex artt. 1418 - 1343 c. c.) e delle transazioni (art. 1972 c. c.) compiute dalle parti.
Non assolve al proprio scopo un prospetto informativo redatto in parte in
lingua straniera e per altra parte costituito da un mero estratto delle
condizioni contrattuali e che non contiene alcuna delle indicazioni
indispensabili a consentire all’investitore di valutare la convenienza e la
rischiosità del proprio investimento. Tali sono le notizie sulla natura
giuridica della emittente le obbligazioni, sulla sua sede, sul capitale sociale
e sul suo integrale o parziale versamento - oltre a qualsiasi ulteriore notizia
rilevante e che se conosciuta dall'intermediario, non poteva essere taciuta al
cliente.
Deve ritenersi limitativa del diritto di recesso, in quanto non bilanciata da
analoga facoltà concessa al consumatore per l’ipotesi di recesso della banca, e
quindi nulla a’ sensi dell’art. 1469bis, 3° comma n. 5 cod. civ., la clausola
che preveda quale contropartita del recesso dell’investitore l’obbligo di
quest’ultimo di corrispondere alla banca, "oltre agli interessi e
gli altri oneri maturati fino all'esercizio di detta facoltà, un importo
determinato dalla somma delle rate ancora a scadere, comprensive di capitale ed
interessi, attualizzata al tasso IRS (Interest Rate Swap) corrispondente al
periodo intercorrente tra la data di esercizio della facoltà di anticipata
estinzione e la data di naturale scadenza del finanziamento".
È fonte di forte squilibrio contrattuale e quindi nulla ai sensi dell’art. 1469
bis, 1° comma codice civile, la clausola che preveda per il risparmiatore
l’accettazione del rischio di perdite eccedenti l’esborso originario
nell’ambito di un contratto nel quale l’alea - quale elemento caratterizzante la
causa del rapporto - sia posta esclusivamente a carico del risparmiatore.
Non è meritevole di tutela il contratto atipico nel quale l’alea sia posta
esclusivamente a carico di uno solo dei contraenti e ciò in quanto
l'ordinamento non può ammettere la validità di contratti atipici che, lungi dal
prevedere semplici modalità di differenziazione dei diversi profili di rischio,
trasferisca piuttosto in capo ad una sola parte tutta l'alea derivante dal
contratto, attribuendo invece alla controparte profili certi quanto alla
redditività futura del proprio investimento. L'insanabile squilibrio iniziale
tra le prestazioni oggetto del sinallagma contrattuale rende allora l'intero
contratto - e non soltanto le singole clausole sopra indicate - radicalmente
nullo, non solo per contrasto con gli art. 21 e ss. TUF, ma anche per sua
contrarietà alla previsione di cui all'art. 1322 c.c, non essendo detto negozio
volto alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela secondo
l'ordinamento giuridico.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato a mezzo posta il 2/4 marzo 2004, G. conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale, la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., esponendo che: in data 29 maggio 2000, a seguito di proposta ricevuta da un dipendente della filiale di Brindisi dell'ex Banca 121 s.p.a., aveva concluso con la predetta banca un piano finanziario denominato "My Way"; tale prodotto le era stato presentato come un piano di accumulo mensile che avrebbe consentito il recupero dell'intero capitale ed un tasso di interesse superiore a quello dei titoli di stato, il tutto con la rassicurazione di poter recedere in qualsiasi momento senza alcuna penale.
Sempre a detta della difesa dell'istante, il G. si era limitato a sottoscrivere, presso la sede della banca, la parte finale di un contratto - denominato "proposta di adesione al piano finanziario denominato MY WAY" n. 111824 - costituito da una serie di formulari prestampati ricevendo copia degli atti e degli allegati, soltanto dopo alcuni mesi ed a seguito di numerose sollecitazioni.
Sempre a detta del G. egli soltanto a seguito della campagna di informazione delle associazioni dei consumatori, [apprendeva] che quanto da lui inconsapevolmente stipulato con la Banca 121, era un prodotto finanziario "gravemente vessatorio ed ingiusto", frutto del collegamento di più contratti: 1) la concessione di un finanziamento di £. 35.735.300 al tasso del 5,81% rimborsabile - previo rilascio di delega irrevocabile alla banca - attraverso il pagamento di n. 178 rate mensili costanti dell'importo di £. 300.000 cadauna, con scadenza 31/3/2015; 2) l'acquisto, la custodia e la gestione di obbligazioni European Investiment Bank (al prezzo di €. 47,8488 ciascuna e per un valore nomina di €. 20.000,00) e di quote del fondo comune azionario "Spazio Finanza Concentrato" (oggi "Ducato Geo Europa Alto Potenziale"); 3) la costituzione in garanzia del finanziamento dei titoli sopra indicati; 4) l'apertura di un conto corrente finalizzato al regolamento delle partite di dare e avere.
Lamentava il G., che tale contratto doveva reputarsi nullo per difetto di causa, per contrarietà del contratto in esame all'ordine pubblico ed alle norme imperative di cui alle disposizioni del TUIF, o comunque annullabile per vizio del consenso o per violazione del regolamento Consob 11522/1998 e del D.lgs. 385/1993, con contestuale condanna della banca convenuta alla restituzione delle somme erogate ed erogande in forza del contratto, maggiorate della rivalutazione monetaria e degli interessi legali dal 21/2/2001 al soddisfo ed in subordine domandava che venisse dichiarata la inefficacia delle clausole in contrasto con la richiamata normativa. Il tutto oltre il risarcimento dei danni patrimoniali e morali e con vittoria delle spese di lite.
All'udienza di prima comparizione, si costituiva in giudizio, la banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., la quale preliminarmente eccepiva "il difetto di instaurazione del rito", rilevando che avendo la causa ad oggetto una delle materie indicate dall'art. 1 D.Lgs. 5/2003, la causa doveva seguire il c.d. rito societario.
Nel merito la società convenuta domandava il rigetto dell'avversa domanda, rilevando la validità giuridica e la convenienza economico-finanziaria del piano - dalle "connotazioni previdenziali" - sottoscritto dal G., il quale - soggetto non di certo sprovveduto -, nel momento in cui di sua iniziativa decideva di aderire al piano, dichiarava di avere una propensione al rischio media ed era a conoscenza del prodotto e dei suoi contenuti, secondo quanto risulta dalla proposta al piano finanziario sottoscritto dall'attore e dal documento sui rischi generali degli investimenti come predisposto dalla Consob.
Disposto il mutamento del rito a nonna dell'art. 1 comma 5 D.Lgs. 5/2003, il giudizio proseguiva nelle forma del rito speciale attraverso lo scambio delle memorie ex artt. 6 e-7 del citato D.Lgs.
A seguito di istanza ex art. 12 d. lgs. n. 5/03 presentata dalla Banca convenuta, il Presidente del Tribunale designava il giudice relatore il quale fissava l'udienza collegiale di discussione della causa per il 04.10.2005. A tale udienza le parti illustravano le rispettive richieste istruttorie e le conclusioni e discutevano oralmente la causa. Di seguito il Tribunale - ai sensi dell'art. 15 5° co. d. lgs. n. 5/03 - riservava il successivo deposito della sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In primo luogo va in parte modificato il decreto di fissazione dell'udienza collegiale emesso dal giudice relatore in data 14 giugno 2005, nella parte in cui ammette l'interrogatorio formale del legale rapp.te della MPS s.p.a., apparendo il mezzo istruttorio in parola per come deferito, superfluo ai fini della decisione.
Al pari superflui e pertanto inammissibili, debbono ritenersi gli ulteriori mezzi istruttori richiesti dalle parti - ordine di esibizione di documenti e CTU - e non ammessi nel menzionato decreto di fissazione d'udienza.
Nel merito la domanda principale dell'attore è fondata è va pertanto accolta per quanto di ragione.
Il contratto oggetto del presente giudizio, denominato "My Way", costituisce la risultante di una serie di operazioni economiche tra di loro funzionalmente collegate e precisamente, 1) la concessione di un mutuo - nella fattispecie di un finanziamento di £. 35.735.300 al tasso del 5,81% rimborsabile attraverso il pagamento di n. 178 rate mensili costanti dell'importo di £. 300.000 cadauna, con scadenza 2016 - destinato esclusivamente all'acquisto di particolari strumenti finanziari; 2) l'acquisto attraverso l'importo erogato, la custodia e la gestione di obbligazioni "European Investiment Bank" di quote del fondo comune azionario "Spazio Finanza Concentrato"; 3) la costituzione in garanzia del finanziamento dei titoli sopra indicati; 4) l'apertura di un conto corrente finalizzato al regolamento delle partite di dare e avere con delega irrevocabile alla banca di prelevare dalla provvista di tale conto il denaro necessario a coprire le rate del mutuo.
L'attore con la presente azione denuncia la nullità e/o annullabilità del contratto per vizio del consenso o per violazione del regolamento Consob 11522/1998 e del D.lgs. 385/1993, per le ragioni esposte nei propri atti di causa che qui si intendono richiamati.
Tali essendo il contenuto essenziale deI contratto e le cause di nullità ed annullabilità dedotte dalla attore, il Collegio ritiene di dover confermare l'orientamento espresso nella sentenza di questo stesso Tribunale (sentenza 21/28 giugno 2005, Presidente dott. Fedele, Giudice Estensore dott. Palmieri, resa nella causa N°1926/04 RGAC, xxx/MPS ), con la quale è stata decisa una controversia avente ad oggetto il similare strumento finanziario - peraltro negoziato dalla stessa Banca 121 s.p.a. - denominato "4 YOU".
In particolare, nel richiamato precedente, osservava il Tribunale, in primo luogo a proposito della componente del piano indicata come "finanziamento", che " ... si esula nel caso in esame, sia dalla figura del mutuo semplice, sia da quella del c.d mutuo di scopo. Ciò in quanto caratteristica precipua del mutuo - almeno nella sua connotazione c.d. reale - è rappresentata dalla messa a disposizione di una somma di danaro in capo al mutuatario, il quale ne acquista la proprietà, con l'obbligo di restituirla alla scadenza, secondo le modalità indicate nel contratto di mutuo. Particolare configurazione del contratto di mutuo è poi rappresentata dal c.d. mutuo di scopo, ricorrente tutte le volte in cui lo scopo del finanziamento assurge a causa del contratto, nel senso che il finanziamento è concesso a condizione (sine qua non) che la somma mutuata venga utilizzata dal mutuatario per una particolare finalità convenzionalmente pattuita. Con la conseguenza che l'impossibilità originaria dello scopo determina nullità del contratto, nel mentre la sua mancata realizzazione dà luogo ai rimedi risolutori (art. 1453 e ss. c. c.) normativamente previsti.
Nulla di tutto ciò accade invece nel contratto in esame. Ciò in quanto la somma asseritamente "mutuata" non è in alcun modo messa a disposizione del cliente, neppure con la limitazione rappresentata dalla sussistenza di un particolare scopo. Piuttosto, il finanziamento resta sul piano puramente nominale, in quanto, per espressa previsione negoziale (art. 1), esso "sarà esclusivamente utilizzato per l'acquisto/sottoscrizione degli strumenti finanziari indicati ai seguenti punti nn. 2 e 3 ".
Alla luce di tali caratteristiche del contratto in esame, reputa il Collegio che esso esuli senz'altro dalla fattispecie del mutuo, ponendosi piuttosto quale contratto atipico, la cui causa è da ricercarsi nel particolare collegamento negoziale sussistente tra le operazioni di riferimento. In particolare, reputa il decidente che la causa del contratto in esame sia da ricercarsi non solo - e non tanto - nel finanziamento di somme di danaro da parte della banca proponente l'investimento quanto, piuttosto, anche nella vendita di particolari prodotti finanziari da parte della banca medesima. Vendita attuata non già mediante acquisto diretto ed immediato di tali prodotti da parte del cliente, sibbene attraverso la concessione di un finanziamento da destinarsi al relativo acquisto. Chiarita la natura giuridica del contratto in esame (contratto atipico con finalità, collegata, sia di finanziamento di somme, sia di acquisto di prodotti finanziari), occorre ora valutare se la banca proponente l'investimento abbia assolto agli obblighi normativamente previsti.
Sul punto, la particolare causale del contratto in esame - caratterizzata, si ribadisce, anche e soprattutto dalla vendita di strumenti finanziari - impone l'applicazione delle previsioni di cui agli artt. 21 e ss. d. lgs n. 58/98 (Testo Unico della Finanza - TUF).
Orbene, tali previsioni impongono all'istituto di credito uno specifico obbligo di informazione circa le caratteristiche fondamentali del contratto. Precisamente, grava sul proponente l'investimento uno specifico obbligo (art. 21 lett. a TUF) di diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse del cliente, obbligo che impone in particolare all'operatore finanziario un 'azione tesa alla garanzia della massima informazione (art. 21 lett. b TUF) nei confronti del risparmiatore.
Ed è appena il caso di precisare che trattasi di obblighi a contenuto più stringente di quelli, generici, di correttezza ed informazione (arti. 1337-1375 c. c.), gravanti su qualunque parte del rapporto negoziale. La qual cosa deriva anzitutto dalla particolare natura del contratto in esame, il quali presenta un elevato grado di rischio, ed espone pertanto il risparmiatore ad una perdita potenzialmente illimitata della somma da lui mensilmente investito. In secondo luogo, non va trascurato che l'aderente all’investimento è spesso un soggetto privo delle cognizioni tecniche necessarie per operare in un settore altamente specializzato, quale quello del mercato dei valori mobiliari. Per tal ragione, deve ritenersi condicio sine qua non della validità del contratto la circostanza che, in sede di stipula dell'accordo negoziale, il risparmiatore abbia avuto adeguata informazione circa il tipo e le caratteristiche essenziali del contratto stesso. La qual cosa è tanto più vera se si considera che - a differenza di quanto accade in un normale schema negoziale, ove di norma non compaiono terzi garanti che vigilano ab origine sulla regolarità dell'accordo - l'attività del proponente l'investimento non è libera, ma è a sua volta soggetta a vigilanza da parte di soggetti terzi rispetto al singolo contratto, e segnatamente della CONSOB e della Banca d'Italia (artt. 5 e ss. TUF). Soggetti, questi ultimi, dotati di penetranti poteri nei confronti del proponente l'investimento, poteri articolantisi non solo in richieste di informazioni (art. 8 TUF), ma anche, più in generale, in attività di vigilanza ispettiva e regolamentare (artt. 6-7 TUF), nonché di convocazione degli organi dirigenti. Il tutto nel superiore interesse perseguito dal legislatore del 1998, che è quello - in armonia con l'esigenza costituzionale (art. 47 Cast.) di tutela del risparmio - di assicurare massima trasparenza e correttezza dei comportamenti dei soggetti abilitati (art. 5 TUF), oltre che una sana e prudente gestione dei vari servizi finanziari da parte di questi ultimi.
In quest'ottica, non stupisce che, in deroga al principio della libertà delle forme che regola l'autonomia privata, il TUF abbia espressamente previsto (art. 23) la forma scritta ad substantiam dei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento. Ciò in quanto, evidentemente, la sola forma scritta è stata ritenuta idonea a garantire l'adeguata informazione del risparmiatore, la sua conoscenza, cioè, del complesso dei diritti e doveri scaturenti dall'accordo negoziale.
Per tali ragioni, ritiene il Collegio che le norme regolanti i servizi di investimento in prodotti finanziari - in quanto volte alla tutela sia del singolo investitore, sia, più in generale, dell’'intero mercato dei valori mobiliari - abbiano natura e portata di norme imperative. La qual cosa implica, da un lato, la non derogabilità di dette norme ad opera delle parti, e sotto altro profilo, la nullità per illiceità della causa sia dei contratti che, pur tuttavia, siano stati stipulati (c. d. nullità virtuali, arg. ex artt. 1418 - 1343 c. c.), sia delle transazioni (art. 1972 c. c.) eventualmente compiute dalle parti.
Applicando i principi espressi nel richiamato precedente al caso in esame, reputa il Collegio che l'istituto di credito convenuto ha violato i primari doveri di informazione stabiliti dal TUF. Invero, sussiste in capo alla banca una palese violazione dei doveri di informazione e correttezza sanciti dall'art. 21 TUF, posto che detta banca ha taciuto all'attore circostanze decisive nell'economia del contratto.
Precisamente, quanto al prospetto informativo relativo alle obbligazioni European Investiment Bank, menzionato dal contratto quale documento ad esso allegato, l'unico esemplare in atti risulta prodotto dall'attore il quale asserisce peraltro di averlo ricevuto diversi mesi dopo la stipula del contratto: in ogni caso il Collegio ritiene che un tale documento non assolva agli obblighi di informazione gravanti a norma di legge sull'intermediario finanziario, dal momento che un tale prospetto informativo risulta redatto nella parte iniziale in lingua inglese e pertanto in una lingua che per essere diversa da quella ufficiale della Repubblica Italiana, l'attore non era tenuto a conoscere -, mentre per quanto riguarda la parte redatta in italiano, trattasi ai un mero estratto delle condizioni contrattuali il quale non contiene alcuna delle indicazioni assolutamente necessarie per l'investitore, al fine di valutare la convenienza e rischiosità del proprio investimento.
In particolare, ritiene il Collegio che relativamente all'investimento obbligazionario in oggetto, l'intermediario a norma dell'art. 2I TUF, avrebbe dovuto fornire all'odierno attore un prospetto informativo contenente notizie sulla natura giuridica della emittente European Investiment Bank, sulla sua sede, sul capitale sociale e sul suo integrale o parziale versamento - oltre a qualsiasi ulteriore notizia rilevante e che se conosciuta dall'intermediario, non poteva essere taciuta al cliente invero, soltanto attraverso informazioni di tale tenore. si potrebbe ritenere che il sia stato posto nelle condizioni di effettuare un investimento consapevole valutando la solvibilità del soggetto emittente le obbligazioni.
Al contrario, sempre sulla base della documentazione prodotta da parte attrice, debbono ritenersi sufficienti le informazioni contenute nei prospetti informativi relativi al fondo comune di investimento denominato "Spazio Finanza Concentrato": ed invero in tali prospetti, oltre alla indicazione dell'appartenenza del soggetto gestore al "Gruppo Banca del Salento" - cui all'epoca dei fatti apparteneva la stessa Banca 121 -, in modo esplicito e non equivoco si afferma che il fondo in esame: "e presenta caratteristiche di rischiosità ELEVATA ... I titoli azionari potranno essere presenti fino al 100% del portafoglio ... il controvalore degli strumenti finanziari denominati in valuta estera detenuti dal Fondo, non potrà essere inferiore al 60% del patrimonio complessivo. (prospetto formativo "parte I", pag. 2, sez. "spazio concentrato" ); "SPAZIO CONCENTRATO - Fondo Flessibile ... il Fondo è caratterizzato da una politica di investimento flessibile, difficilmente sintetizzatile, in termini di rischio e rendimento, da parte di un determinato parametro di-riferimento." (prospetto informativo "parte E", pag. 4, sez. "spazio concentrato" ).
Per altro verso, accertata "l'elevata rischiosità" del Fondo in oggetto, la Banca intermediaria, nel momento in cui proponeva - e quindi faceva sottoscrivere - al la sottoscrizione di quote di tale Fondo per ben £. 17.203.996 (pari al 48% dell'intero investimento, o più precisamente della somma concessa in prestito a tale fine), violava un proprio preciso obbligo imposto dall'art. 29 reg. Consob, posto che secondo quanto asserito dalla convenuta e comunque contenuto nella proposta di adesione a firma dello stesso nella parte dedicata al profilo di rischio - aveva una propensione al rischio media e pertanto lo strumento in oggetto era assolutamente inadeguato.
Da quanto innanzi considerato consegue, in accoglimento della specifiche censure di parte attrice, la dichiarazione di nullità del contratto in esame, stante la sua contrarietà alle norme imperative (art. 21 TUF, in relazione agli artt. 1418-1343 c.c.) di legge.
L'orientamento espresso da questo Tribunale nella sentenza 21/28 giugno citata, ben può essere confermato anche in relazione all'ulteriore censura sollevata da parte dell'attore, circa la invalidità anche di singole clausole del contratto in esame, per contrarietà alle prescrizioni di cui agli artt. 1469 bis e ss. c.c.: "... Sul punto, premette il Collegio che, in astratto, la normativa sulle c. d. clausole vessatorie trova senz'altro applicazione alla fattispecie in esame, stante la qualità di consumatore rivestita dall'attore, qualità certificata dall'apposita "spunta" contenuta nella parte iniziale dell'accordo.
Tanto premesso, rileva il decidente che un primo profilo di squilibrio che il contratto prevede a vantaggio della banca proponente l'investimento ed in danno dell'attore è rappresentato dalle modalità di esercizio del diritto di recesso spettante a quest'ultimo. Invero, tale facoltà prevede, quale contropartita (Sez. II, n. 8), l'obbligo di quest'ultimo di corrispondere alla banca, "oltre agli interessi e gli altri oneri maturati fino all'esercizio di detta facoltà, un importo determinato dalla somma delle rate ancora a scadere, comprensive di capitale ed interessi, attualizzata al tasso IRS (Interest Rate Swap) corrispondente al periodo intercorrente tra la data di esercizio della facoltà di anticipata estinzione e la data di naturale scadenza del finanziamento "Trattasi, a tutta evidenza, di una clausola limitativa del diritto di recesso, non bilanciata da analoga facoltà concessa al consumatore per l'ipotesi di recesso della banca. Per tale ragione, detta clausola deve reputarsi nulla, ai sensi dell'art. 1469 bis 3 ° co. n. 5 c. c.
Altro profilo di squilibrio del sinallagma contrattuale è poi rappresentato dal fatto che la banca fa acquistare all'attore prodotti finanziari riconducibili alla banca stessa, lucrando un tasso di interesse certo e definito (nella specie, il 6, 8% annuo). In tal modo, la banca si autofinanzia, riuscendo non soltanto a collocare sul mercato titoli di altrimenti difficile negoziazione - essendo gli stessi quotati non in Borsa, ma, a tutto voler concedere, inmercati non regolamentati - ma a collocare titoli propri (o comunque ad essa riconducibili), lucrando in tal modo su un'operazione rivolta a suo prevalente, se non esclusivo, favore.
A fronte di un guadagno certo della banca (il tasso di interesse del 6,8% annuo convenzionalmente pattuito), all'attore sono invece attribuiti margini di redditività del tutto aleatori. Invero, lo stesso contratto (Sez. 1, punto 6) dà atto del fatto che "le operazioni eventualmente eseguite su strumenti finanziari non negoziati in mercati regolamentati possono comportare gravi difficoltà di liquidare gli strumenti finanziari acquistati e comunque di valutarne il valore effettivo", per aggiungere poi che tali operazioni "sono caratterizzate da una rischiosità molto elevata, con possibilità di perdite anche eccedenti l'esborso originario, il cui preventivo apprezzamento è ostacolato dalla loro complessità". In maniera ancora più significativa, con riferimento all'acquisto di quote del suddetto fondo comune di investimento, è lo stesso contratto a riconoscere che "non v'è garanzia del rendimento futuro delle stesse". Riepilogando, con l'operazione in esame la banca acquista un doppio vantaggio, rappresentato sia dal fatto che la stessa si autofinanzia (in quanto vengono acquistati prodotti ad essa stessa riconducibili, e di altrimenti difficile collocazione sul mercato), sia dal fatto che essa lucra anche un tasso di interesse da un 'operazione, già di per sé, economicamente vantaggiosa.
Di contro, l'attore finanzia la banca, e lo fa a sue spese, in quanto acquista prodotti della banca stessa, pagando un tasso fisso certo (il 6,8% annuo), senza però avere alcuna garanzia circa la redditività futura del proprio investimento; ed anzi dovendo mettere in conto "...una rischiosità molto elevata, con possibilità di perdite anche eccedenti l'esborso originario".
Per tali caratteristiche, il contratto atipico in esame realizza una figura sinora ignota al panorama giuridico italiano, quella, cioè, del "contratto aleatorio unilaterale". Invero, l’alea - quale elemento attinente alla causa del contratto - è tutta concentrata nella sfera giuridica del risparmiatore, che paga un saggio di interesse fisso senza una aspettativa (seppur in termini soltanto aleatori) di corrispondente vantaggio, nel mentre la banca si giova di tale saggio (nonché del primario beneficio dell'autofinanziamento) senza, di contro, obbligarsi - neppure in via ipotetica, secondo i dettami dell'alea - ad alcuna corrispondente prestazione nei confronti della controparte.
È evidente, allora, lo squilibrio contrattuale derivante da tale genere di operazione. Dal che consegue anzitutto la nullità della clausola contrattuale (Sez. I, n. 6, quarta ipotesi) prevedente l'accettazione, da parte del consumatore, del rischio "di perdite anche eccedenti l'esborso originario", per contrarietà alla previsione di cui all'art. 1469 bis 1 ° co. c. c.- In secondo luogo, il prevedere il contratto in esame un'alea di tipo soltanto unilaterale non consente, ad avviso del Collegio, di ritenerlo meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico (art. 1322 c. c.). Ciò in quanto l'ordinamento non può ammettere la validità di contratti atipici che, lungi dal prevedere semplici modalità di differenziazione dei diversi profili di rischio, trasferisca piuttosto in capo ad una sola parte tutta l'alea derivante dal contratto, attribuendo invece alla controparte profili certi quanto alla redditività futura del proprio investimento. L'insanabile squilibrio iniziale tra le prestazioni oggetto del sinallagma contrattuale rende allora l'intero contratto in esame - e non soltanto le singole clausole sopra indicate - radicalmente nullo, non soltanto per contrasto con gli art. 21 e ss. TUF, ma anche per sua contrarietà alla previsione di cui all'art. 1322 c.c, non essendo detto negozio volto alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico...".
I vari profili di nullità del contratto in esame come innanzi delineati e riconosciuti, attenendo al profilo genetico del contratto stesso, rendono del tutto superfluo tanto l'esame delle ulteriori censure posta dall'attore che il ricorso alla CTU come richiesta dalla banca convenuta, siccome finalizzata all'accertamento della convenienza economica dello strumento finanziario.
La nullità del contratto determina - in applicazione delle norme sull'indebito oggettivo (art. 2033 e ss. c.c.) ed in accoglimento della domanda principale dell'attore - la condanna della banca alla restituzione, in favore delle somme da quest'ultimo corrisposte in esecuzione del contratto nullo.
Quanto alla decorrenza degli interessi legali sulla somma da restituire, rileva il Collegio che non sono emersi nel presente giudizio elementi tali da escludere la buona fede iniziale del convenuto (buona fede che, come è noto, si presume - art. 1147 c.c.). Per tale ragione, in ossequio al disposto dell'art. 2033 c.c, gli interessi legali sulla somma da restituire devono essere computati dal 04.03.2004, data di notifica dell'atto di citazione.
Quanto alla richiesta di rivalutazione monetaria della somma, occorre ricordare che, trattandosi di obbligazione di valuta, il creditore aveva l'onere di dimostrare il maggior danno subito per effetto del ritardato adempimento (art. 1224, 2° co, c.c.), mediante riferimento, ad es, alla redditività media del capitale da lui utilizzato.
A tali oneri l'attore non ha assolto, sicché la sua domanda relativa alla rivalutazione monetaria deve essere rigettata al pari di quella tendente al risarcimento del danno, in difetto di alcuna prova in merito alla sua sussistenza. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Brindisi - Sezione Civile - in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da con atto di citazione notificato a mezzo posta il 2/4 marzo 2004 al Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in persona del legale rapp.te, disattesa ogni diversa o contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
In accoglimento della domanda principale dell'attore, dichiara la nullità del contratto stipulato fra le parti e denominato "MY WAY" e per l'effetto condanna la banca convenuta alla restituzione, in favore dell'attore, delle somme effettivamente sin d'ora corrisposte dal in esecuzione del contratto in esame, oltre interessi legali dal 04.03.2004 al soddisfo;
condanna la banca convenuta al pagamento in favore dell'attore, delle spese processuali, che si liquidano in complessivi €. 3.930,00 di cui € 330,00 per spese, € 1.600,00 per diritti ed € 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, CAP e IVA come per legge.