Tributario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 12/09/2022 Scarica PDF
La riforma della giustizia tributaria. Un altro tassello sulla via delle riforme
Massimo Niro, ex Magistrato1. Sulla Gazzetta Ufficiale del 1° settembre 2022 è stata pubblicata la legge 31 agosto 2022, n.130, recante “Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari”.
Questa ennesima riforma, approvata con molta rapidità dal Parlamento (l’iter è iniziato al Senato il 1° giugno 2022), non può che essere posta in correlazione ed in linea di continuità con le precedenti riforme della giustizia approvate recentemente, quindi con la legge 27 settembre 2021, n.134 (“Delega al Governo per l’efficienza del processo penale etc.”), con la legge 26 novembre 2021, n.206 (“Delega al Governo per l’efficienza del processo civile etc.”) e con la legge 17 giugno 2022, n.71 (“Deleghe al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario etc.“). Il filo conduttore è costituito, con evidenza, dalla “necessità di garantire il conseguimento dei benefici previsti dal PNRR“ [1]; d’altra parte, è chiaro che un intervento riformatore sulla giustizia, imposto dalle esigenze previste dal PNRR e in ambito europeo dal “Recovery Fund”, non poteva risparmiare un settore importante come quello della giustizia tributaria.
2. Si è detto che la riforma in esame “ha lo scopo dichiarato di migliorare la qualità delle sentenze tributarie di merito e di ridurre il novero dei giudizi di legittimità“ [2]. Di più, va evidenziato - pur in un commento a prima lettura - che esiste da tempo una criticità che investe l’ordinamento giudiziario tributario e ne mette a rischio la stessa legittimità costituzionale: si tratta della questione della natura o meno di “giudici speciali” dei giudici tributari. Come è noto, la nostra Costituzione vieta l’istituzione di “giudici straordinari o giudici speciali” (art. 102 comma 2): eppure, le Commissioni Tributarie sono state salvate dall’incostituzionalità in quanto istituite prima dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana e soggette a “revisione”, ai sensi della VI Disp. trans. e fin. Cost. [3].
In sostanza, secondo questa opzione ermeneutica il divieto previsto dall’art. 102 cpv. Cost. riguarda solo l’istituzione di “nuovi” giudici speciali, mentre i giudici speciali istituiti prima dell’entrata in vigore della Costituzione possono rimanere in funzione, purchè circondati dalle garanzie di “indipendenza” di cui all’art. 108, 2° comma, Cost.. In tal modo la Corte costituzionale “ ha riconosciuto la valida permanenza nel nostro ordinamento” dei giudici tributari, di guisa che “questi giudici speciali rientrino nell’ambito di una ‘revisione’ che non snaturi la loro continuità rispetto a quelli già esistenti prima dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, ma ne rappresenti la loro naturale prosecuzione in senso evolutivo e maggiormente adeguato ai valori d’indipendenza, di imparzialità e di terzietà sanciti dalla stessa Costituzione in una tendenziale progressione verso l’attuazione del giusto processo, come prescritto dall’art. 111 di più recente implementazione” [4].
A questa opzione circa l’assetto ordinamentale della giustizia tributaria si è uniformato il legislatore della recentissima riforma, con l’introduzione di “ un ruolo autonomo e professionale di magistrati tributari” [5], reclutati per concorso con le modalità di cui all’art. 4 novellato del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.545. Quindi, al precedente ordinamento che prevedeva la nomina dei giudici delle Commissioni tributarie (provinciali e regionali) tra magistrati ordinari, amministrativi, militari o contabili, in servizio o a riposo, avvocati e procuratori dello Stato a riposo, dipendenti civili dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche in servizio o a riposo, ufficiali della Guardia di finanza cessati dal servizio, etc. (v. artt. 4 e 5 del citato decreto legislativo), si sostituisce il nuovo ordinamento che prevede la nomina a magistrato tributario mediante concorso per esami, consistente in una prova scritta (articolata in due elaborati teorici sul diritto tributario e sul diritto civile o commerciale e in una prova teorico-pratica di diritto processuale tributario) e in una prova orale, che verte prevalentemente su materie giuridiche (diritto tributario e processuale tributario, diritto civile e processuale civile, diritto penale, etc.) oltre che contabilità aziendale e bilancio ed elementi di informatica giuridica e oltre ad un colloquio in una lingua straniera indicata dal candidato (v. art. 4 come sostituito dall’art. 1 legge 130/2022, commi da 1 a 4). A tale concorso possono accedere i laureati in giurisprudenza (al termine di un corso universitario di durata non inferiore a 4 anni) e i laureati (con laurea magistrale) in Scienze dell’economia o in Scienze economico-aziendali o con titoli degli ordinamenti previgenti a questi equiparati (art. 4-bis inserito dall’art. 1 lett. f) l. 130/2022). Il concorso de quo si svolge con cadenza di norma annuale, in una o più sedi stabilite con il decreto (del Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria) con il quale è bandito (art. 4-ter). La legge di riforma in esame fissa l’organico dei magistrati tributari di nuova nomina in 448 unità per il primo grado, presso le “corti di giustizia tributaria di primo grado “, e in 128 unità per il secondo grado, presso le “ corti di giustizia tributaria di secondo grado “ (art. 1-bis comma 3 inserito dall’art. 1 lett. b) l. 130/2022).
Il mutamento di denominazione da “commissione tributaria provinciale” a “corte di giustizia tributaria di primo grado” e da “commissione tributaria regionale” a “corte di giustizia tributaria di secondo grado” (art. 1 lett. a) è indicativo ma non radicale, “ non per evidenziare un distacco, rispetto alle precedenti Commissioni tributarie provinciali e regionali, ma unicamente per rimarcare il pieno conseguimento in via evolutiva di tutti i connotati di organi giurisdizionali secundum Constitutionem” [6].
Dunque, con il nuovo ordinamento l’esercizio della giurisdizione tributaria viene affidato ai magistrati tributari di nuova nomina e ai giudici tributari presenti nel ruolo unico nazionale alla data del 1° gennaio 2022 (art. 1-bis comma 1). Al riguardo si stabilisce che i primi tre bandi di concorso prevedano una “riserva di posti “ nella misura del 30% a favore dei giudici tributari presenti alla data del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico e diversi dai giudici ordinari, amministrativi, contabili o militari, in servizio o a riposo, che siano in possesso di determinati requisiti quali la laurea in giurisprudenza o in economia e commercio (conseguita al termine di un corso universitario di durata non inferiore a 4 anni), la presenza nel ruolo unico da almeno 6 anni, la non titolarità di alcun trattamento pensionistico (art. 1 comma 3 l. 130/2022). Quanto, invece, ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili o militari, non collocati in quiescenza, presenti nel ruolo unico alla data di entrata in vigore della legge (16.9.2022) e collocati nello stesso ruolo da almeno 5 anni, essi possono optare per il “definitivo transito” nella giurisdizione tributaria, consentito però ad un massimo di 100 magistrati, individuati all’esito di un’apposita procedura di interpello, prevedendosi che il numero di magistrati ordinari ammessi al transito non possa superare le 50 unità (art. 1 comma 4 l. 130/2022). In questo modo si rafforza e consolida l’introduzione di un “ruolo autonomo e professionale “ di magistrati tributari, stabilendosi che i magistrati di altra provenienza (ordinari o amministrativi o contabili o militari) possano optare per il transito nella giurisdizione tributaria e, in caso positivo, diventare a tempo pieno e in via esclusiva magistrati tributari (v. art. 1 commi 7, 8 e 9).
Al fine di dare attuazione alle disposizioni previste dal PNRR in materia di giustizia tributaria si prevede che il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) sia autorizzato ad assumere 100 unità di magistrati tributari per l’anno 2023 e 68 unità per ciascuno degli anni 2024, 2025, 2026, 2027, 2028, 2029 e 2030, per un totale di 476 unità (art. 1 comma 10). Con questa disposizione si mira chiaramente ad assicurare un livello adeguato di efficienza agli uffici della giustizia tributaria e analoga finalità ha la disposizione che istituisce presso il MEF nuovi uffici dirigenziali in materia di status dei magistrati tributari, di organizzazione delle procedure concorsuali per il reclutamento dei magistrati, nonché di direzione di uno o più uffici di segreteria di corti di giustizia tributaria (art. 1 comma 11).
Con la nuova legge si mantiene, peraltro, l’inquadramento organizzativo degli organi di giustizia tributaria nell’ambito del MEF: questo aspetto è stato oggetto di critiche, anche recentemente da parte dell’Associazione Magistrati Tributari, preoccupata della indipendenza del giudice tributario messa a rischio dal perdurante legame con il Ministero dell’Economia e delle Finanze. In effetti, si è scritto da uno dei primi commentatori della riforma che “Era … attesa da più parti una rimodulazione del rapporto tra giudici e Amministrazione nel senso di svincolare gli stessi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che si trova in posizione di contiguità con le Agenzie fiscali, per collocare i nuovi organi di giustizia tributaria sotto l’egida del Ministero della Giustizia “, ma “Tale ulteriore passo verso una più ampia autonomia - va detto - non è stato compiuto “ [7]. La questione non è peregrina, perché lo sganciamento della gestione organizzativa dei giudici speciali tributari dal MEF è finalizzato proprio a “riconoscere l’assoluta autonomia e indipendenza di tutto l’organismo speciale tributario rispetto ad un apparato amministrativo che, volere o no, era pur sempre connotato da forti legami con una, ed anzi la principale, tra le parti necessarie del processo tributario“ [8]. Un’occasione perduta, quindi, dal legislatore per rafforzare e consolidare l’autonomia e l’indipendenza dei giudici tributari, in attuazione dell’art. 108 cpv. Cost. (“La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali …”) [9].
Le nuove disposizioni in materia di giustizia tributaria di cui all’art. 1 legge 130/2022 riguardano anche l’introduzione di un tirocinio formativo dei magistrati tributari di nuova nomina di almeno 6 mesi (art. 4-quinquies novellato), l’istituzione presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dell’Ufficio ispettivo, con carattere di autonomia e indipendenza, al fine di garantire l’esercizio efficiente delle attribuzioni dei giudici tributari (nuovo comma 2-bis dell’art. 24 D.Lgs. 545/1992), l’istituzione sempre presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dell’Ufficio del massimario nazionale (art. 24-bis novellato). In definitiva si può sostenere che “ Nel complesso, quindi, su alcuni fronti la riforma segna un evidente incremento dell’autonomia e indipendenza dei giudici tributari, il cui status è certo sotto vari profili equiparato e certamente complessivamente avvicinato quanto a tali garanzie a quelle previste per i giudici ordinari “: anche se “ I tempi lunghi dell’attuazione della riforma … consigliano di attendere ancora prima di formulare su di essa una valutazione definitiva quanto a rispetto dell’art. 108 Cost. comma secondo …” [10]. Inoltre, resta il rammarico per il mancato sganciamento della giustizia tributaria dal MEF, di cui si è detto sopra, che non consente di ritenere completato e perfezionato il processo volto a rendere i giudici tributari pienamente indipendenti.
3. L’art. 3 della l. 130/2022 riguarda la Sezione tributaria della Corte di cassazione e si risolve in “una mera presa d’atto, con norma di rango legislativo, dell’esistenza della V sezione civile-tributaria della Corte, che esiste dal 1999 in forza di un provvedimento meramente organizzativo del Primo Presidente della Corte “: peraltro, si è osservato che “La disposizione va salutata con favore, più che altro in quanto recide definitivamente ogni tentazione in capo al legislatore di attribuire il controllo di Legittimità sulle sentenze tributarie di merito al giudice amministrativo o al giudice contabile, secondo una prospettazione che da un lato valorizzava a tali fini la natura impugnatoria di tale giudizio, dall’altro sottolineava i profili economici della materia “ [11]. Dunque, il controllo di legittimità sulle sentenze tributarie di merito rimane in capo alla Corte di cassazione, che “resta garante solo e unico della nomofilachia tributaria, in dialogo con le Corti costituzionale, la Corte di Giustizia dell’Unione e la CEDU; tale conferma consentirà di non fare finire nel nulla alcuni decenni di dialogo con tali altre istituzioni e va quindi salutata con approvazione “ [12]. Il sistema delineato dall’art. 62 D.Lgs. 546/1992, secondo cui “ Avverso la sentenza della commissione tributaria regionale può essere proposto ricorso per cassazione per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell’art. 360, primo comma, del codice di procedura civile “ (comma 1), prevedendosi che “Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto “ (comma 2), realizzava “ un sistema di tutela tributaria basato su un doppio grado di giudizio di merito in sede locale (commissione provinciale e commissione regionale) e la possibilità di un ricorso innanzi alla Suprema Corte, giudice di legittimità, investita, anche in questa materia, di poteri nomofilattici “ [13]. Tale sistema si è mantenuto con la riforma in esame, che conferma il ruolo nomofilattico in materia tributaria della Corte di cassazione, demandando al Primo Presidente della Corte di adottare “provvedimenti organizzativi adeguati al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione in materia tributaria, favorendo l’acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla sezione civile di cui al comma 1 “ (art. 3 comma 2 l. 130/2022). Le predette finalità, del resto, si riconducono all’obiettivo perseguito dal Governo italiano con il PNRR nell’intervento sulla giustizia tributaria, ovvero “ di ridurre il numero di ricorsi alla Corte di Cassazione, quindi consentire una loro trattazione più spedita “, dato che “ Il PNRR muove dalla considerazione di quanto il contenzioso tributario rappresenti una componente notevole dell’arretrato della Corte di Cassazione (50.000 ricorsi pendenti nel 2020) e di quanto sovente le decisioni della Cassazione conducano all’annullamento delle decisioni delle Commissioni tributarie regionali (nel 47% dei casi nel 2020)” [14].
4. Con l’art. 4 della legge 130/2022 si apportano alcune modificazioni alle disposizioni sul processo tributario contenute nel decreto legislativo 546/1992 (e succ. modif.): una prima rilevante modifica riguarda la competenza del giudice monocratico, statuendosi che “ Le corti di giustizia tributaria di primo grado decidono in composizione monocratica le controversie di valore fino a 3.000 euro “, restando escluse le controversie di valore indeterminabile (art. 4-bis inserito “ex novo”). Vi è poi una modifica relativa alla disciplina delle prove, confermandosi che non è ammesso il giuramento ma stabilendosi che “ La corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l’accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all’art. 257-bis del codice di procedura civile “ (nuovo comma 4 dell’art. 7). Quindi, è ammessa a discrezione della corte la prova testimoniale, assunta con le forme della c.d. testimonianza scritta di cui all’art. 257-bis c.p.c. (di rarissima applicazione nel rito civile, in quanto è richiesto l’accordo delle parti).
Un’altra innovazione rilevante è quella della “conciliazione giudiziale “ di cui al nuovo art. 48-bis.1, secondo cui “ Per le controversie soggette a reclamo ai sensi dell’art. 17-bis la corte di giustizia tributaria, ove possibile, può formulare alle parti una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione “. Si tratta di una conciliazione proposta non dalle parti, ma dalla stessa corte di giustizia tributaria, sulla base di parametri mutuati dall’art. 185-bis c.p.c. (proposta di conciliazione del giudice); si è osservato al riguardo “come il legislatore abbia inteso rilanciare una ipotesi di conciliazione interna al giudizio affidando al giudice, innanzi al quale la causa pende, la valutazione se formulare, o no, la sua valutazione conciliativa“ [15].
Va sottolineata anche la modifica dell’art. 47 comma 2 D.Lgs. 546/1992, volta ad accelerare la trattazione dell’istanza di sospensione dell’atto impugnato, stabilendo che sia fissata per la prima camera di consiglio utile “e comunque non oltre il trentesimo giorno dalla presentazione della medesima istanza “, con comunicazione alle parti almeno cinque giorni liberi prima (invece che dieci) e con l’aggiunta della previsione che “ L’udienza di trattazione dell'istanza di sospensione non può, in ogni caso, coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia “; nonché del comma 4 della medesima disposizione, nel senso che il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata non impugnabile “ nella stessa udienza di trattazione dell'istanza ".
La partecipazione alle udienze “a distanza”, da remoto, è incentivata ed incrementata, con riguardo ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato dal 1° settembre 2023 (modifica del comma 4 dell’art. 16 d.l. 119/2018 e nuovo comma 4-bis).
Un’altra modifica importante riguarda la ripartizione dell’onere della prova nel giudizio tributario: l’art. 6 l. 130/2022 introduce il comma 5-bis nell’art. 7 D.Lgs. 546/ 1992, secondo cui “ L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati “. Quindi, l’onere di provare la fondatezza dell’atto impositivo grava sull’Amministrazione e il giudice in sede di decisione deve annullare l’atto se la prova della sua fondatezza manca o è contradittoria o è comunque insufficiente.
La tematica dell’onere della prova si ricollega strettamente a quella dell’oggetto del processo tributario, in ordine alla quale ci si limita a segnalare che la più recente giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che il giudizio tributario è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in tale atto indicati, ed ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo, in primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti [16].
5. Per concludere, questa riforma della giustizia e del processo tributario non è esente da critiche, anzitutto per il mancato sganciamento dei giudici tributari dal MEF, ma nel complesso rappresenta un progresso sulla via della maggiore autonomia e professionalità di questa categoria di giudici; certamente, occorrerà attendere i tempi non brevi di attuazione della riforma (cfr. art. 8 contenente le “Disposizioni transitorie e finali “) per esprimere un giudizio più attendibile sul nuovo regime, prima di tutto ordinamentale, dalla stessa introdotto.
Comunque, in questo particolare momento storico caratterizzato dalla necessità di interventi strutturali sulla nostra giustizia (di cui si è detto in apertura) non poteva mancare un intervento sulla giustizia tributaria, da tempo posta all’attenzione del legislatore per varie criticità e deficienze. Rispetto all’obiettivo dichiarato di “ rendere il contenzioso tributario in linea con le esigenze di tutela dei cittadini e dello Stato e contribuire, con le nuove garanzie di professionalità offerte dai giudici tributari, ad una efficace azione di contrasto dell’evasione fiscale e della elusione “ [17] la riforma di cui alla legge 130/2022 costituisce - a nostro sommesso avviso - un passo nella giusta direzione, anche se ovviamente da completare e consolidare.
[1] Cfr. L.R. Corrado, Riforma della giustizia tributaria: tutte le novità per adeguarsi al PNRR , in www. Ipsoa Quotidiano.it, 02.09.2022. Per un’analisi complessiva delle riforme della giustizia menzionate cfr., volendo, il nostro Verso un nuovo approccio alla giustizia: analisi delle riforme (ultima parte), in www. Personaedanno.it, 18.07.2022.
[2] L.R. Corrado, op. cit..
[3] Cfr. Corte cost. sentenze 41/1957 e 287/1974. Con la prima sentenza, in particolare, si è affermata “ per un verso, la sopravvivenza delle giurisdizioni speciali all’entrata in vigore della Costituzione; per altro verso, l’obbligo del Parlamento di provvedere in conformità dei principi costituzionali innanzi ricordati, nel termine di cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione “, termine che va considerato di natura non perentoria. Con la sentenza 287/1974, poi, la Corte ha evidenziato che “le commissioni tributarie, così revisionate e strutturate (dalla legge di delega 825/1971 e dalla legge delegata d.P.R. 636/1972, n.d.r.), debbono ora considerarsi organi speciali di giurisdizione “ e che “ non è dubbio…che il legislatore con la recente normativa abbia inteso esercitare il potere di revisione che la VI disp. trans. Cost. prevede proprio per gli organi speciali di giurisdizione già esistenti nell’ordinamento al momento dell’entrata in vigore della Costituzione “.
[4] Così C. Glendi, La riforma della giustizia tributaria, in Il Corriere Giuridico, 2019, n. 7, 880.
[5] L.R. Corrado, op.cit.
[6] C. Glendi, op. loc. cit..
[7] R. Succio, La riforma del processo tributario: i nuovi giudici tributari , in www. Il Quotidianogiuridico.it, 06.09.2022.
[8] C. Glendi, op. cit., 881.
[9] Cfr., al riguardo, l’ordinanza della Corte costituzionale n.227/2016, che ha dichiarato manifestamente inammissibili le questioni sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, secondo la quale l’inquadramento nel Ministero dell’economia e delle finanze degli uffici di segreteria preposti all’assistenza e alla collaborazione nell’esercizio dell’attività giurisdizionale ledeva l’indipendenza “apparente” del giudice richiesta dall’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, nell’interpretazione fornita dalla Corte EDU, in quanto “ il giudice a quo ha richiesto a questa Corte plurimi interventi creativi, caratterizzati da un grado di manipolatività tanto elevato da investire, non singole disposizioni o il congiunto operare di alcune di esse, ma un intero sistema di norme, come quello che disciplina le attribuzioni dei giudici tributari e del personale delle segreterie, nonché, in generale, il sistema organizzativo delle risorse umane e materiali della giustizia tributaria ovvero il sistema che regola il trattamento retributivo dei giudici “ e “interventi di questo tipo – manipolativi di sistema – sono in linea di principio estranei alla giustizia costituzionale, poiché eccedono i poteri di intervento della Corte, implicando scelte affidate alla discrezionalità del legislatore “.
[10] R. Succio, op. cit..
[11] Ancora R. Succio, op. cit..
[12] E’ sempre l’avviso di R. Succio, op. cit..
[13] P. Sandulli, La lunga marcia del processo tributario (note al disegno di legge governativo del 17 maggio 2022), in www. Judicium.it,, 06/2022.
[14] L. Biarella, Giustizia e processo tributari: riforma in vigore dal 16 settembre, in www. Diritto.it, 08.09.2022.
[15] P. Sandulli, op. cit..
[16] Cfr., tra le altre, Cass. sez. trib. 12 febbraio 2014, n.3142.
[17] P. Sandulli, op. cit..
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