Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 32248 - pubb. 20/11/2024

Il Tribunale di Torino sulla omologa forzosa del concordato ex art. 112 CCI

Tribunale Torino, 11 Novembre 2024. Pres. Astuni. Est. Giusta.


Concordato preventivo – Omologa forzosa – Applicazione dell’art. 112 CCI – Sindacato del tribunale – Calcoli demandati al commissario giudiziale



In questa interessante decisione, il tribunale di Torino si esprime sulla interpretazione dell’art. 112 CCI e spiega il metodo di verifica delle condizioni per l’omologa forzosa del concordato anche con riferimento al calcolo demandato al commissario giudiziale.


“Come è noto, la APR è la regola secondo la quale ciascun grado di privilegio può essere soddisfatto solo se quello antecedente è stato integralmente pagato mentre la RPR consente invece il pagamento di creditori di rango inferiore anche in assenza di pagamento integrale dei creditori di rango superiore, a condizione che detto pagamento sia di misura inferiore, e che dunque il trattamento complessivo dei creditori appartenenti alle diverse classi rispetti comunque l’ordine delle prelazioni.


Per individuare l'ambito di applicazione dei due richiamati principi (RPR e APR), all'interno del concordato preventivo in continuità (anche indiretta), occorre effettuare una scomposizione astratta del patrimonio in un “prima” (il patrimonio secondo il valore di liquidazione giudiziale) e in un “dopo” (il c.d. “surplus da continuità” o “plusvalore da continuità”), rispetto all’attuazione del piano concordatario.


Mentre il patrimonio secondo il valore di liquidazione giudiziale deve sottostare necessariamente alla regola della APR, il surplus da continuità può essere distribuito secondo la regola dell'RPR. Orbene, tornando ad analizzare il significato dell'art. 112, comma 2, lett. d) secondo periodo, si può ritenere che il concordato in continuità possa essere omologato (forzosamente) quando almeno una classe di creditori muniti di diritto di prelazione abbia votato in maniera sfavorevole ai propri interessi (trattasi della c.d. classe "maltrattata" ovvero secondo altra parte degli interpreti c.d. classe "interessata" alla prosecuzione dell'attività di impresa facente capo alla società in concordato). La disciplina normativa è ispirata alla ratio legis di favorire la continuità aziendale, riammettendo l’impresa in crisi nel mercato e salvaguardando i livelli occupazionali in essa impiegati. Tale situazione si realizza quando una classe munita di prelazione abbia votato favorevolmente a un piano che prevede che il surplus concordatario, sulla base di una libera scelta economicamente strategica dell'imprenditore, venga distribuito secondo le regola del RPR piuttosto che del APR, riconoscendo alla suddetta classe una somma inferiore rispetto a quanto avrebbe potuto ricavare dall'applicazione della regola dell'APR anche con riferimento al surplus concordatario.


Dunque, venendo al caso di specie, occorre che il Commissario Giudiziale, al fine di accertare l'avveramento del requisito di cui sopra (e cioè il n. 2 della lettera d), predisponga un calcolo ad hoc in cui:
a) in primo luogo sommi il valore presunto di liquidazione giudiziale e il surplus concordatario;
b) secondariamente simuli una distribuzione di tutto l'attivo concordatario secondo la regola dell'APR;
c) da ultimo verifichi se, applicando il criterio dell'APR, vi sia una classe di creditori privilegiati che avrebbe potuto, con l'utilizzo di questo criterio (APR), incassare una somma maggiore rispetto a quanto riconosciuto nel piano concordatario basato (per ciò che attiene al surplus concordatario) sulla regola del RPR e che, nonostante ciò, abbia votato favorevolmente a tale piano concordatario, subendo così un trattamento deteriore (trattasi della c.d. classe "maltrattata").


La citata disposizione richiede, cioè, di operare una comparazione tra una proposta concordataria “reale” e un contesto puramente ipotetico o virtuale, poiché l’applicazione alternativa non riguarda l’effettivo scenario della liquidazione giudiziale ma solo quello ipotetico, comprensivo anche del valore di ristrutturazione che non sussisterebbe in caso di liquidazione giudiziale e non verrebbe realmente attribuito alla classe di creditori “svantaggiata”.
Secondo la relazione illustrativa del decreto correttivo, la ristrutturazione trasversale è possibile se la proposta di concordato è approvata da una classe di creditori non integralmente soddisfatti in base a tale proposta i quali, in caso di soddisfazione secondo la regola dell’APR, troverebbero soddisfacimento anche sul valore eccedente quello di liquidazione.
Deve, cioè, trattarsi di una classe di creditori che ricevono, per effetto della proposta, parziale soddisfazione dei propri crediti e subiscono un pregiudizio; i creditori della classe (variamente denominata “interessata”, “svantaggiata” o “golden class” ) che ricevono dalla proposta concordataria il pagamento ridotto del proprio credito devono aver votato favorevolmente, nonostante il loro interesse (teorico) alla completa applicazione dell’APR.” (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)



Segnalazione del Dott. A. D.


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