Diritto dei Mercati Finanziari
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 206 - pubb. 01/07/2007
Nullità dell'ordine in conflitto di interessi
Tribunale Venezia, 29 Settembre 2005. ..
Obbligazioni Parmalat – Conflitto di interessi – Obbligo di informazione – Nullità – Sussistenza
Ove la banca ceda all’investitore obbligazioni rientranti nel portafoglio titoli di un istituto facente parte del proprio gruppo, il cliente deve essere informato dell’esistenza del conflitto di interessi presente nell’operazione, conflitto che consiste nel fatto che la banca ha trasferito al cliente il rischio del mancato rimborso dei bond dal gruppo di cui fa parte. Qualora l’operazione di negoziazione di strumenti finanziari abbia luogo in conflitto di interessi tra intermediario e investitore, il primo ha l’obbligo di segnalare per iscritto il conflitto con dicitura adeguata ad informare il secondo della circostanza. L’inosservanza di tale requisito di forma (previsto dall’art. 27, 3° co. reg. Consob, che costituisce attuazione dell’art. 21 del T.U.F.) dà luogo ad una grave violazione degli obblighi di trasparenza e corretta informazione, violazione che comporta la nullità dell’ordine impartito.
FATTO E DIRITTO
Va premesso che la presente sentenza viene redatta in forma abbreviata a norma dell'art. 16 comma 5° D.L.vo 17.1.2003 n. 5, con la conseguenza che per la parte narrativa deve richiamarsi quanto dedotto dalle parti nei rispettivi atti difensivi.
L'attrice chiede accertarsi l'inesistenza e/o nullità e/o annullabilità degli acquisti effettuati rispettivamente in data 1.12.2003 e 3.12.2003 delle obbligazioni Parmalat Finale Corporation Bv 2000/20051 per un ammontare complessivo di € 40.000,00 e per l'effetto chiede la condanna della banca convenuta alla restituzione della somma predetta, oltre interessi e rivalutazione monetaria, o in via subordinata, al risarcimento del danno stimato nella stessa somma.
Ad avviso dell'attore le predette operazioni di investimento titoli si pongono in violazione:
1) dell'art. 94 T.U.F., che impone alla banca che intende effettuare una sollecitazione all'investimento la raccolta e fornitura al cliente dello strumento informativo dell'investimento medesimo;
2) dell'art. 21 T.U.F. che impone ai soggetti abilitati l'obbligo di organizzarsi in modo da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse, e in situazione di conflitto, di agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento. Peraltro, il conflitto di interessi della convenuta era palese avendo la stessa avuto un triplice ruolo nella complessa vicenda Parmalat. Finanziatore della società attraverso l'erogazione del credito, manager nella emissione delle obbligazioni e come tale garante dell'emittente nella sottoscrizione del prestito, venditrice dei bond alla clientela retail;
3) degli artt. 26 e 28 reg. Consob T.U.F., che impongono alla banca particolari obblighi di diligenza, trasparenza e di corretta informazione nei confronti del cliente, il quale deve essere edotto dei rischi e delle implicazioni della specifica operazione al fine di effettuare una consapevole scelta di investimento;
4) dell'art. 29 reg. Consob che vieta all'intermediario di proporre ed eseguire operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione al profilo di rischio del cliente e che impone allo stesso intermediario, qualora il cliente intenda comunque effettuare l'operazione non adeguate, particolari forme e modalità.
Nel caso di specie, l'intermediario non aveva raccolto una esauriente informazione sui prodotti e sul profilo di rischio dell'investitore che si è visto investire i suoi risparmi in un prodotto finanziario avente un rischio notevolmente superiore alla sua posizione. La banca convenuta chiede il rigetto della domanda attorea.La domanda dell'attore è fondata e va pertanto accolta.
Va premesso che entrambe gli ordini di cui è causa sono stati raccolti dalla banca convenuta in una evidente situazione di conflitto di interesse.
La banca convenuta ha infatti finanziato la Parmalat per l'erogazione del prestito, rivestendo il ruolo di lead manager nell'emissione delle obbligazioni - tali circostanze oltre ad essere ormai notorie, possono ritenersi provate a norma dell'art. 10 comma 2 bis D.Lgs n. 5/03 - ed ha fatto acquistare all'attore obbligazioni rientranti nel portafoglio titoli di un istituto facente parte del gruppo Unicredit, così trasferendo il rischio del mancato rimborso dei bond dallo stesso gruppo al cliente.
Peraltro, la stessa banca ha ammesso nel presente giudizio che "il soggetto negoziatore faceva parte del gruppo Unicredit oltre a svolgere il ruolo di market maker".
Non vi è dubbio che in una situazione di questo genere la banca, oltre ad informare preventivamente per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del suo interesse nell'operazione - come effettivamente avvenuto in entrambe le operazioni (vedi docc. 7-8 fascicolo convenuta) - dovesse espressamente rendere edotto il proprio cliente dell'esistenza del conflitto di interessi nell'operazione.
A tal proposito, l'art. 27 comma 3° regolamento consob - che costituisce attuazione della disposizione dell'art. 21 T.U.F., che impone alla banca in situazione di conflitto, di agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento - prescrive che ove gli intermediari autorizzati, al fine dell'assolvimento degli obbligo di dichiarare l'esistenza di un interesse in conflitto, utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l'indicazione, graficamente, evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi.
Orbene, nel caso di specie, la formalità richiesta dalla norma sopra citata è stata rispettata dalla Unicredit Banca soltanto relativamente alla seconda operazione del 3.12.2003 (doc. 9) nella quale nel modulo predisposto dalla banca è stata apposta la crocetta in prossimità della dicitura "l'ordine si riferisce ad un'operazione nella quale abbiamo direttamente o indirettamente un interesse in conflitto".
Per quanto riguarda la prima operazione dell'1.12.03, il modulo la banca reca soltanto l'informazione all'investitore del suo interesse nell'operazione ma non l'indicazione, graficamente evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi.
L'inosservanza del menzionato requisito di forma richiesto dalla normativa sulla intermediazione mobiliare - il regolamento di attuazione del Dlgs. n. 58/98 è un atto normativo cui è stata espressamente demandata dal legislatore l'attuazione e disciplina dei principi generali posti dal T.U.F. - dà luogo ad una grave violazione degli obblighi di trasparenza e corretta informazione cui è tenuta la banca, dal momento che tale requisito di forma non è fine a se stesso ma risponde ad un'esigenza di sostanza di particolare tutela del risparmiatore investitore nel compimento di un'operazione assai delicata nella quale l'intermediario cura contemporaneamente il proprio interesse trasferendo al cliente dal proprio portafoglio non solo i titoli ma anche i conseguenti rischi di un eventuale mancato rimborso dei medesimi.
Soprattutto, come nel caso di specie, quando l'intermediario svolge la propria attività utilizzando moduli e formulari, non è sufficiente che la banca informi il proprio cliente della natura ed estensione del suo interesse nell'operazione. Il cliente potrebbe non essere in grado di apprezzare, nel senso di valutare, che tale interesse è in conflitto con il suo.
Solo quando la banca palesa in modo manifesto il proprio conflitto di interesse al risparmiatore, quest'ultimo è posto realmente in condizione di valutare in maniera ponderata il rischio cui si espone adottando una determinata scelta di investimento.
La violazione delle prescrizione imposta dall'art. 27 comma 3° reg. Consob dà luogo alla nullità di dell'ordine impartito l'1.12.03.
Deve infatti ritenersi che il T.U.F. ed il suo regolamento attuativo, che costituisce con il primo un corpus unicum da valutarsi unitariamente (vedi Trib. Monza sent. n. 218/05 in Altalex), in considerazione degli interessi pubblicistici, anche di rango costituzionale (art. 47 Cast) che mirano a realizzare, ed identificabili non solo nella tutela dei risparmiatori uti singoli ma anche in generale del risparmio come elemento di valore dell'economia nazionale, sono norme imperative a norma dell'art. 1418 cod. civ. (tale formula è stata già utilizzata dalla giurisprudenza della Suprema Corte nella sentenza del 7.3.2001 n. 3272 con riferimento alle disposizioni della legge 2.1.1991 n. 1 sull'intermediazione mobiliare).
Ne consegue che non occorre che sia espressamente prevista la sanzione di nullità ai fini della nullità dell'atto negoziale compiuto in violazione di tali norme, in quanto vi sopperisce l'art. 1418 1° comma cod. civ. che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione di precetti imperativi non si accompagna una previsione di nullità.
Parimenti nullo, anche se non per la violazione della disposizione sopra citata, è l'ordine del 3.12.03.
Va osservato che l'ordine di acquisto delle obbligazioni Parmalat è stato raccolto dalla banca proprio qualche settimana prima che la società di Collecchio dichiarasse il proprio default. La banca convenuta si difende asserendo che tale evento non era stato in alcun modo percepito e previsto dal Mercato.
In realtà, dalla relazione del Presidente della Consob (doc. 5 pag. 7 fascicolo attoreo) - documento particolarmente attendibile in quanto è stato tale organo a mettere la Parmalat sotto la propria lente di ingrandimento formulando, soprattutto nell'ultimo trimestre 2003, richieste di informazioni e chiarimenti sempre più penetranti sulla situazione patrimoniale della società - emerge una realtà sensibilmente diversa.
In particolare, risulta che a seguito delle pressanti richieste della Consob sulla vicenda della fondo Epicurum le informazioni diffuse dalla Parmalat "hanno alimentato, però, nuovi interrogativi e nuove inquietudini da parte degli operatori. Per tentare di riportare il sereno, la società ha organizzato una cosiddetta conference call subito dopo la riunione del Consiglio di amministrazione del 14 novembre. Le comunicazioni fornite al mercato nel corso di quell'incontro con la comunità finanziaria italiana e internazionale non hanno soddisfatto gli operatori. Quel giorno il titolo è stato penalizzato da forti vendite. L'evolversi degli eventi successivi non ha fatto altro che tenere gli operatori col fiato sospeso, alimentando così timori e preoccupazioni. Il mercato si aspettava il rientro dell'investimento in Epicurum, come annunciato dalla stessa società. Ma questo evento non si verificava. Al tempo stesso si stava avvicinando la data del 9 dicembre, giorno in cui sarebbe giunta a scadenza un'emissione obbligazionaria da 150 milioni…”
Questo è il contesto in cui è avvenuto l'acquisto dei bond Parmalat da parte dell'attore e non vi dubbio che la Unicredit fosse pienamente a conoscenza di quanto illustrato dal Presidente della Consob, e sopra virgolettato, non solo in quanto operatore finanziario del Mercato dell'intermediazione mobiliare ma soprattutto in quanto si trovava, rispetto ad altri intermediari, una posizione di osservatorio privilegiato, avendo, come detto, finanziato il prestito dei bond Parlamat ed avendo rivestito la veste di lead manager nella collocazione dei medesimi. La banca convenuta era quindi a conoscenza dell'elevatissima rischiosità dell'operazione di investimento, circostanza che avrebbe dovuto rappresentare chiaramente all'investitore dissuadendolo dal porre in essere tale acquisto e non avallandolo, qualunque fossero le notizie anche più tranquillizzanti che il risparmiatore avesse tratto eventualmente da taluni organi di stampa (in realtà il Presidente della Consob ha riferito il contrario).
Ne consegue che l'operazione posta in essere dall'attore, proprio per l'elevatissima rischiosità derivante dalle vicende sopra evidenziate, non era assolutamente adeguata al profilo di rischio del risparmiatore, avendo quest'ultimo dichiarato (doc 4 fascicolo convenuta) di avere una propensione al rischio solo media.In un una situazione, come quella in esame, caratterizzata dalla ricezione da parte dell'intermediario autorizzato di un ordine dell'investitore relativo ad un'operazione non adeguata, a norma dell'art. 29 regolamento Consob, qualora l'investitore intenda comunque dare corso all'ordine, l'intermediario può eseguire l'operazione solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordine telefonico, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
È indubitabile che la ratio per cui legge abbia in tale ipotesi voluto imporre con particolare rigore la forma scritta è in relazione alla seria esigenza di maggior tutela del risparmiatore, il quale, se effettua un acquisto che si pone in controtendenza rispetto alle pregresse scelte di investimento, deve essere, in primo luogo, dissuaso dall'intermediario dal portare avanti una tale operazione e deve essere comunque essere messo in condizione di valutare più ponderatamente il rischio cui si espone.
L'estrema gravità dei rischi che il risparmiatore si assume comporta, al fine di responsabilizzare maggiormente l'intermediario nell'adempimento dei suoi obblighi informativi, che nell'ordine scritto - o nella registrazione su nastro magnetico o su altro supporto in caso di ordine telefonico - sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze fornite dall'intermediario e ricevute dal risparmiatore. Proprio perché quest'ultimo requisito di forma - anche in questo come nella dichiarazione del conflitto di interessi - non è fine a se stesso ma risponde ad un'esigenza (di sostanza) di particolare tutela dell'investitore nel compimento di un'operazione assai delicata e rischiosa, alla mancanza nell'ordine scritto del riferimento esplicito alle avvertenze ricevute non può ovviarsi dimostrando l'avvenuta comunicazione delle avvertenze medesime con la prova testimoniale.
Peraltro, nel caso di specie, la prova testimoniale sarebbe stata comunque irrilevante sia in quanto generica (al capitolo 9 non è precisato il grado di rischiosità dell'investimento del titolo Parmalat), sia in quanto non si vuole dimostrare che il sig. Rossi era stato dissuaso dall'investimento, ma anzi che alcune notizie da quest'ultimo ricevute lo avevano convinto della bontà dell'investimento medesimo.
Avendo quindi la banca violato la citata prescrizione dell'art. 29 nonché l'art. 28 comma 2° del regolamento Consob, che impone alla banca l'obbligo di fornire ulteriori informazioni - rispetto a quelle normalmente evincibili dall'oggetto e tipologia dell'operazione - sui rischi e le implicazioni della specifica scelta di investimento, anche l'operazione del 3.12.03 è affetta da nullità per le medesime motivazioni già esposte con riferimento all'ordine dell'1.12.03.
Ne consegue che la banca convenuta deve essere quindi condannata a versare alla sig. Rossi le somme ricevute per gli ordini di cui è causa, pari a € 40.00,00 oltre agli interessi legali dal giorno del pagamento - dovendosi escludere la buona fede della banca alla luce di quanto sopra illustrato - al saldo.
In ordine alle spese di lite, in relazione alla novità della questione, e trattandosi di uno dei primi precedenti di questo Ufficio, sussistono giusti motivi per una compensazione integrale delle stesse.
P Q.M.
Il Tribunale di Venezia, I sezione civile, definitivamente pronunciando nella causa promossa da Rossi Pierangelo contro Unicredit Banca s.p.a, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, dichiara la nullità degli ordini impartiti dall'attrice rispettivamente in data 1.12.03 e 3.12.03 per l'acquisto delle obbligazioni Parmalat di cui è causa per l'importo complessivo di £ 40.000,00 e per l'effetto condanna la banca convenuta a versare all'attore la stessa somma di E 40.000,00 oltre agli interessi legali dal giorno del pagamento al saldo;
compensa tra le parti le spese di lite.Venezia 29.9.05