Sovraindebitamento


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 18/03/2025 Scarica PDF

Il risanamento del debito erariale e previdenziale nel concordato minore (Nota a Corte d’Appello di Venezia 10 ottobre 2024)

Fabiola Tombolini, Avvocato in Ancona


Appello Venezia, 10 ottobre 2024. Pres. Passarelli. Est. Rizzieri.

 

Concordato Minore – Voto negativo dell’Agenzia delle Entrate – Giudizio c.d. di cram down – Finalità dello strumento – Carattere abusivo – Condizioni

  

L’istituto del c.d. cram down non consente al giudice di superare sempre e comunque la mancata adesione dell’Amministrazione Finanziaria e degli enti previdenziali, cui di regola spetta l’esercizio della decisione a migliore tutela dell’interesse pubblico loro affidato, bensì solamente quando gli enti suddetti sono rimasti inerti oppure quando il voto contrario all’approvazione del concordato risulti obiettivamente ingiustificato.

 

Con il giudizio di cram down il Tribunale è tenuto a valutare la ragionevolezza della scelta dell’Erario di esprimere il voto contrario, comparando il trattamento riservato al credito erariale rispetto agli altri creditori, per cui si palesa l’abuso dello strumento normativo di cui all’art. 80, 3° co., CCII quando il concordato minore risulti piegato al raggiungimento di una finalità che va oltre la soluzione del sovraindebitamento per la prosecuzione dell’attività professionale e utilizzato solo per l’eliminazione del consistente debito accumulato nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

 

  

Sommario: 1. La rilevanza della debitoria erariale nelle domande di regolazione della crisi da sovraindebitamento. Il cram down; 2. Il caso concreto; 3. Considerazioni critiche; 3.1. L’accesso al concordato minore in caso di unico creditore erariale. L’indisponibilità del credito tributario e la sua falcidiabilità in ragione dell’interesse concorsuale. Il cram down; 3.2. L’abuso del diritto; 3.3. La meritevolezza, l’assenza di frode; 4. Conclusioni.

    


1. La rilevanza della debitoria erariale nelle domande di regolazione della crisi da sovraindebitamento. Il cram down.

La sentenza in rassegna offre spunti di interesse per le ipotesi di accesso alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento da parte di soggetti con un passivo fiscale (o contributivo) consistente e maggioritario, o anche esclusivo, che non è stato loro possibile sanare tramite le rateizzazioni e le forme di definizione agevolata offerte negli ultimi anni dal legislatore.

Una casistica ricorrente nei sovraindebitamenti, ma anche nelle procedure maggiori, che ha impegnato la giurisprudenza di merito su temi centrali quali la falcidiabilità del credito fiscale[2], l’abuso del diritto, l’ammissibilità della domanda, la meritevolezza, gli atti in frode e infine, ove sia convolto il consenso del creditore, l’accesso all’omologazione forzosa in mancanza di adesione alla proposta[3], con il richiamo dei principi costituzionali di eguaglianza e solidarietà.

Registrata l’assenza di una disciplina uniforme del trattamento del creditore pubblico nei vari istituti[4], i limiti della presente trattazione non consentono di approfondire il tema dell’esposizione erariale e della sua falcidia nelle procedure maggiori, né in quelle di liquidazione controllata ed esdebitazione dell’incapiente[5].

Ci si sofferma sulle procedure di concordato minore, e incidentalmente in quelle di ristrutturazione dei debiti del consumatore, nelle intenzioni del legislatore improntate a una semplificazione e differenziazione rispetto alle altre (si pensi all’assenza della transazione fiscale, invece obbligatoria per gli accordi di ristrutturazione e concordati preventivi) seppure talvolta la giurisprudenza faccia applicazione dei principi dettati per le “procedure maggiori” ricorrendo all’analogia (come nella sentenza in rassegna).

Si tratta di procedure con una disciplina specifica, ma ormai integrata nel codice della crisi, caratterizzate da situazione di dimensioni ridotte (evidente nella ristrutturazione dei debiti del consumatore), con una minor complessità e articolazione del passivo rispetto alla crisi di un imprenditore commerciale di grandi dimensioni (è il caso degli imprenditori minori, commercianti, artigiani e professionisti). Procedure volte a soggetti che per scelta normativa erano del tutto esclusi, fino a un passato recente, dalle procedure concorsuali.

Rispetto alle procedure maggiori le norme dirette a regolare la crisi da sovraindebitamento sembrerebbero esprimere una diversa rilevanza e modulazione di interessi ulteriori, di natura più personale, e anche sociale, evidente ad esempio nella possibilità di preservare la casa o i beni strumentali (artt. 67 comma 5 e art. 75 comma 2-bis e 3, CCII) o nella rilevanza delle situazioni di crisi familiare, o di salute.

La loro attivazione risponderebbe quindi all’esigenza di accesso all’effetto dell’esdebitazione, della ristrutturazione dei debiti per conseguirne la liberazione[6], con la compresenza della tutela di più interessi.

Da un lato quindi l’interesse dei creditori, a ottenere il soddisfacimento del credito (con i presidi della maggior convenienza e fattibilità) e al loro concorso nell’incapienza del patrimonio (recuperando un principio di par condicio non scontato al di fuori delle procedure).

Dall’altro anche l’interesse del debitore, a non subire da parte del creditore una mortificazione o abuso irragionevoli, ancor più ove sia un operatore professionale, e ove lo stesso debitore si trovi in posizione di fragilità, con la propria famiglia.

Vi è infine la tutela dell’interesse dello Stato, di disporre di strumenti per definire in modo celere e efficiente posizioni di credito incapienti o annose (anche proprie), riducendo il carico e i costi dei contenziosi pendenti e recuperando con il c.d. refresh start la continuità non solo delle imprese, ma anche dell’apporto attivo all’economia di soggetti altrimenti esclusi sine die.

Si tratta di un approdo piuttosto recente nell’ordinamento, che valorizzando e riconoscendo tali interessi ha eroso progressivamente l’essenza del rapporto obbligatorio, del principio della responsabilità patrimoniale ex art 2470 cc e soprattutto del consenso del creditore, in favore della concorsualità.

Un’erosione iniziata con l’ingresso del principio maggioritario, con vincolo anche per i dissenzienti, con le procedure concorsuali tradizionali, fino ad arrivare alla massima espressione nell’attuale piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, che interviene sul rapporto obbligatorio senza alcun coinvolgimento del consenso del creditore, ma con il solo potere vicario del Tribunale sulla decisione[7]. Si è infine aggiunta, nello stesso solco, e di recente, l’esdebitazione dell’incapiente, estintiva dell’obbligazione senza il consenso e senza alcuna soddisfazione del creditore, venuto meno il requisito oggettivo contemperato dal rafforzamento di quello soggettivo.

Lo stesso potere vicario e modificativo del rapporto obbligatorio, con la medesima ratio di bilanciamento di interessi coesistenti, si trova e viene affidato al Giudice nelle ipotesi di cram down nel concordato minore, introdotto per la prima volta dalla novella in vigore dal 25 dicembre 2020 all’art. 12, comma 3 quater, legge 3/2012, ora trasferito all’art 80 comma 3 CCII, tale da forzare in consenso, in forza di una fictio juris, una espressione di voto contraria seppure decisiva.

L’istituto del cram down consente al Tribunale, anche nel concordato minore, di sindacare il voto negativo espresso dall'Amministrazione Finanziaria (o dall’Ente previdenziale) rispetto all’accordo proposto dal debitore operandone la conversione in voto favorevole.

Interviene laddove si sia in presenza di una componente tributaria e previdenziale decisiva e non vi sia adesione alla proposta, seppure conveniente, da parte dell’ente, che dovrebbe esprimersi quale portatore di interessi pubblici non in modo arbitrario ma secondo un criterio di discrezionalità vincolata[8].

Va ricordato che diversamente dalle procedure maggiori (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, ora anche Pro) la falcidia del credito fiscale e previdenziale nel concordato minore e nel piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore non richiede la formalizzazione in una transazione fiscale e contributiva, secondo la più complessa procedura degli artt. 88 e 63 CCII, e che per l’attivazione del cram down non sono richieste percentuali minime di soddisfacimento degli enti né altri presupposti della componente debitoria pubblica[9].

La proposta di concordato minore è delineata infatti all’art. 74 CCII in via semplificata, con previsione di soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma.

Le sole condizioni previste per l’attivazione del cram down, “in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie” sono che l'adesione sia determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'art. 79, comma 1, CCII, e che la proposta di soddisfacimento degli enti sia conveniente rispetto all'alternativa della liquidazione controllata.

La peculiare natura del credito tributario e contributivo e il suo innesto nelle (relativamente) giovani procedure di sovraindebitamento ha quindi sollevato questioni di interferenza tra gli interessi di equa distribuzione del carico fiscale tra i cittadini (a fondamento della indisponibilità dei tributi) e gli interessi concorsuali (compreso l’interesse del debitore all’esdebitazione).

Interferenza su cui la giurisprudenza si sta confrontando con soluzioni non sempre univoche, di cui la sentenza della Corte d’appello di Venezia in commento (e specularmente la pronuncia di primo grado del Tribunale di Verona) è una espressione.

  

2. Il caso concreto.

Con la sentenza del 10 ottobre 2024 la Corte d’Appello di Venezia ha accolto il reclamo dell’Erario relativo all'omologazione di un piano di concordato minore proposto da un professionista in stato di sovraindebitamento pronunciata in prime cure dal Tribunale di Verona[10].

Si trattava di un passivo composto prevalentemente da debiti tributari e contributivi, oltre a una minima parte di debiti verso il commercialista e per un leasing in corso, a latere del mutuo ipotecario sull’abitazione in regolare ammortamento. La proposta prevedeva la prosecuzione del mutuo ipotecario (per cui la banca aveva rilasciato assenso) e del rapporto di leasing, il pagamento stralciato degli enti (nella percentuale del 5,61% con finanza esterna messa a disposizione al passaggio in giudicato della sentenza di omologa) e la postergazione del credito del commercialista.

A fronte del voto negativo, e determinante (98,53% degli ammessi al voto) di Agenzia Entrate e Inps, il Tribunale di Verona aveva proceduto all’omologa del concordato, in applicazione della regola del cram down (art. 80, comma 3, CCII). Ravvisava la ricorrenza di entrambi i requisiti di legge: decisività del voto ai fini del raggiungimento delle maggioranze (anche per teste) e maggior convenienza per gli enti rispetto all’alternativa della liquidazione controllata, attestata anche dal Gestore della crisi.

La sentenza di primo grado risulta motivata anche in merito alla irrilevanza del giudizio di meritevolezza del ricorrente ai fini dell’ammissibilità del concordato minore, chiarendo il limite di ogni questione all’assenza di atti in frode, esclusa l’applicazione per analogia dell’art. 282 CCII, oltre che in merito alla percentuale offerta ai creditori, ritenuta non irrisoria, seppur modesta[11].

A fronte del reclamo proposto dall’Agenzia delle Entrate, la Corte d’appello di Venezia ha ritenuto che la soddisfazione del credito dell’Amministrazione Finanziaria di poco superiore al 5% sia esigua, ove si consideri che la falcidia concerne esclusivamente i crediti erariali e previdenziali, e irrisoria, “potendosi in via analogica considerare quali parametri di riferimento, quelli introdotti dall’art 1-bis del dl. 1 giugno 2023 n. 69 convertito nella legge 10 agosto 2023 n. 103 con riferimento alle transazioni su crediti tributari e contributivi di cui all’art 63 ccii”.

Ha considerato inoltre che il voto negativo espresso dall’Agenzia delle Entrate “non era affatto ingiustificato e perciò non avrebbe dovuto essere superato dal Tribunale di Verona facendo ricorso all’istituto del 3 c. dell’art. 80”, atteso che vi era stato un accumulo di debiti negli anni solo con le amministrazioni finanziarie, saldati invece tutti gli altri creditori.

La corte si sofferma sul punto, precisando che l’istituto del cram down non consente al giudice di superare sempre e comunque la mancata adesione dell’Amministrazione Finanziaria e degli enti previdenziali, titolari delle decisioni sull’interesse pubblico loro affidato, ma solo quando gli enti siano rimasti inerti oppure quando il voto contrario all’approvazione del concordato risulti obiettivamente ingiustificato.

E proprio nelle maglie più o meno larghe dell’indagine svolta dal Tribunale sulle motivazioni del diniego, e su cosa si intenda per “voto contrario obiettivamente ingiustificato”,si aprono scenari interpretativi critici e riflessioni sull’arresto e sulle tematiche che pone.

Con pronuncia in discontinuità con il Tribunale, la Corte d’appello ha dunque respinto l’omologa del concordato minore, ravvisando un abuso dello strumento concorsuale del cram down - atteso lo stralcio consistente del solo creditore erariale - piegato al raggiungimento di finalità che vanno oltre la soluzione del sovraindebitamento per la prosecuzione dell’attività professionale, utilizzato per l’eliminazione del debito verso gli enti, imponendo all’Amministrazione Finanziaria la perdita di gran parte del credito.

      

3. Considerazioni critiche.

Si è indugiato nella ricostruzione della sentenza della Corte d’appello di Venezia, con ampi richiami anche alla sentenza di primo grado riformata, perché entrambe offrono un’ampia motivazione e due prospettive diverse, e tracciano utili spunti di analisi per l’ampia casistica che impegna i professionisti e giudici di merito sul tema del trattamento dei crediti erariali nelle procedure di sovraindebitamento.

  

3.1. L’accesso al concordato minore in caso di unico creditore erariale. L’indisponibilità del credito tributario e la sua falcidiabilità in ragione dell’interesse concorsuale. Il cram down.

Il primo tema di analisi, seppure non esplicitato nella sentenza in commento, ma sotteso al percorso motivazionale (più volte richiamato nelle sentenze di merito anche in tema di procedure maggiori) riguarda un primo profilo di ammissibilità della domanda.

Ci si chiede, cioè, se sia astrattamente ammissibile la richiesta di omologa di un concordato minore o di un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore che coinvolga un unico creditore, e ulteriormente se sia ammissibile quando unico creditore siano gli enti, Agenzia e Inps.

Ciò a prescindere dalla percentuale di soddisfazione offerta.

Il passaggio non è irrilevante, poiché a ben vedere risuona nella sentenza in commento, laddove si censura come abusiva la domanda, nel rilievo dell’avvenuto pagamento nel tempo degli altri creditori e del sacrificio (seppure maggiormente conveniente della liquidazione) imposto all’ente e solo ad esso.

Ora, la circostanza che vi sia una composizione debitoria unica di Erario e Inps non è elemento previsto dalle norme sul sovraindebitamento nell’elenco delle condizioni di ammissibilità (e a dire il vero neppure da quelle sulle altre procedure concorsuali di regolazione della crisi) né si rinviene alcun divieto in genere agli accordi con unico creditore[12].

Tantomeno è prevista l’esclusione per casi di assoluta prevalenza di un soggetto sugli altri, con sacrificio dei creditori di minoranza, per cui è al contrario previsto espressamente un contrappeso nel sistema di formazione delle maggioranze per teste (art. 79).

Appare quindi possibile sgomberare il campo dal pur suggestivo argomento che non sia accettabile una ristrutturazione di una debitoria esclusivamente formata da Inps e Agenzia delle Entrate, essendo in sé abusiva tale condizione, in quanto premiante un soggetto che avrebbe nel tempo pagato debiti ordinari e non tributari[13].

Si tratterebbe di requisito di inammissibilità non previsto dalla norma, in violazione ai principi di stretta interpretazione di tali requisiti.

Ma anche in termini di ragionevolezza l’argomento appare fragile, a meno di non voler espropriare in qualche modo gli enti, senza una norma che lo preveda, dalla facoltà di vaglio di proposte anche di particolare vantaggio e convenienti, con il blocco di ogni proposta già nel pre-requisito di ammissibilità, imponendo una rigidità formale al sistema che impedisca una valutazione nel merito e concreta

Ed è lo stesso ente che lo conferma, e quotidianamente smentisce l’assunto, con numerose adesioni che si registrano nella prassi di Agenzia Entrate ad accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati minori in cui la componente fiscale è esclusiva e ingente, a fronte delle quali nessun abuso è stato rilevato[14].

Si tratta di casi in cui l’Agenzia non si è sottratta all’analisi del merito della proposta, non rilevandone l’inammissibilità per carenza di concorso con altri creditori (non prevista dalla norma), ma giudicandone la convenienza e accedendo così a stralci anche significativi.

Non risponde quindi a ragionevolezza, né all’interesse pubblico alla migliore soddisfazione possibile dei creditori, il rifiuto di proposte di pagamento (astrattamente anche molto vantaggiose se non addirittura quasi satisfattive) a fronte di una non codificata inammissibilità, per la semplice mancanza di altri creditori stralciati.

L’ammissibilità in sé dell’accesso alla procedura con unico o assolutamente prevalente creditore erariale (rinviati i profili soggettivi al diverso requisito dell’assenza di atti in frode, per il concordato minore, o della non meritevolezza, per il consumatore) porta a due considerazioni utili anche nei successivi rilievi.

Da un lato in alcun modo, per il solo fatto che vi sia un solo creditore, appare messa in discussione la natura concorsuale della procedura di risanamento (concordato minore, ma anche AdR o piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore), che dispiegano tutti i loro effetti.

E in effetti una procedura di liquidazione ben potrebbe aprirsi anche a istanza di un unico creditore, che rimanga solitario nel corso della procedura. Proprio con l’apertura delle procedure di crisi e di insolvenza si apre il concorso formale dei creditori[15], con applicazione di tutte le regole concorsuali, anche di protezione per il debitore, come di recupero di attivo da azioni revocatorie e risarcitorie, e si assiste al fenomeno di una cd. concorsualità dinamica[16].

La procedura resta concorsuale e le sue regole e i suoi effetti permangono anche ove vi sia un unico creditore coinvolto[17].

È proprio l’adesione espressa dagli enti a proposte di transazione fiscale con falcidia che evidenzia la permanenza di un interesse concorsuale anche in ipotesi di unico creditore[18]; ciò nonostante l’assenza di una coloritura concorsuale costituisca di frequente la contestazione sollevata dall’Agenzia nelle procedure[19], e trovi spazio nelle pronunce di merito[20].

Diversamente ragionando verrebbe meno, per tutte le ipotesi di adesione espressa dall’Agenzia alla proposta, la legittimazione alla deroga del principio della indisponibilità del tributo, consentita solo nella materia concorsuale e appunto in presenza di un interesse concorsuale bilanciato (anche con le norme del cram down), con quello fiscale (Cass. Sez. Un. 25.3.2021 n. 8504).

La posizione per cui in assenza di più creditori verrebbe meno la concorsualità sembra non tenere adeguatamente conto di tale situazione e dell’elaborazione del nuovo e più dinamico concetto di concorso sviluppato dalla giurisprudenza e approdato nel Codice della crisi, con l’ulteriore spinta dell’interesse alla continuità e al cd refresh start.

Quello che viene indicato come interesse concorsuale, che secondo la giurisprudenza del giudice di legittimità giustifica e rende possibile la falcidia del credito fiscale in primis, e poi il cram down, quale sindacato giudiziale sul diniego di accettazione della proposta transattiva, non sembrerebbe coincidere con la necessaria compresenza di più aderenti a un accordo di ristrutturazione (oltre all’Erario).

Il credito erariale ha nel tempo trovato una sua collocazione nelle procedure concorsuali in ragione della sua peculiare natura, con una disciplina mirata al bilanciamento di interesse fiscale e concorsuale, per la caratteristica indisponibilità del credito erariale, ma anche della contemporanea presenza delle esigenze anche del creditore pubblico di perseguire il miglior soddisfacimento del proprio credito nelle ipotesi di insolvenza o crisi dei debitori-contribuenti[21].

In tale contesto, di combinazione dei diversi interessi di fiscalità e concorsualità, il principio di indisponibilità dei crediti tributari e contribuitivi è stato superato dal legislatore laddove è consentita la falcidia del credito solo previo accesso obbligatorio alle procedure concorsuali, con le formalità ivi previste (per le procedure maggiori, con la transazione fiscale e l’apparato documentale previsto), che a sua volta contiene al suo interno una disciplina di tutela e bilanciamento degli interessi dell’erario con quelli del concorso[22].

In questo senso il sistema radica la prevalenza del profilo concorsuale, a fondare la ratio del possibile trattamento stralciato dell’erario, su quello propriamente fiscale, che invece non consentirebbe adesione a decurtazioni di sorta e esporrebbe il funzionario aderente a responsabilità, mancando la deroga alla regola generale. Non vi è dubbio che analogo approccio si rinvenga a pieno titolo anche nelle procedure di sovraindebitamento, ormai integrate nel Codice della crisi e aventi pacificamente natura concorsuale, nella previsione di soddisfazione parziale dei privilegi (art. 75, comma 2, CCII) e in quella che prevede il cram down (art. 80, comma 3, CCII).

Tali argomenti prescindono dal numero dei creditori coinvolti, per cui l’unicità del creditore non può costituire, per ciò solo, abuso dello strumento.

Da ciò è possibile un passo successivo: non essendovi abuso in sé, non sussisterebbero ragioni per non applicare “a monte”, alle domande con proposta rivolta solo a amministrazione finanziaria e enti previdenziali, tutte le disposizioni previste dal legislatore per il trattamento del loro credito (in primis la condizione di non alterare l’ordine dei privilegi), tutte, compreso il cram down[23], che altro non è che una fictio juris, non un terzo genere di accordo, ma un accordo vero e proprio.

Ciò a meno di non giustificare l’esistenza di una zona franca, esclusa dalla verifica della non arbitrarietà della scelta dell’Ufficio (o, ragionando a contrario, ritenere l’illegittimità delle adesioni ove pervenute), o un regime di ammissibilità differenziata all’omologa, negata o accordata a esclusivo e insindacabile vaglio dell’Agenzia, piuttosto che mediante la fictio del cram down[24].

Ricorre nello specifico il doveroso il richiamo al potere vicario del Tribunale a correggere i pur possibili casi di “ingiustificati poteri di veto[25], non potendosi accettare a contrario uno spazio di insindacabilità non diversamente motivato, a fronte di ipotesi identiche, che potrebbero essere definite con risposta differente da parte dell’ente sulla base di valutazioni interne non sindacabili dal giudice della crisi, immutata la componente concorsuale. 

Mancherebbe infine nel concetto di concorsualità “limitato” suindicato ogni attenzione al tema cardine del sistema concorsuale articolato dal Codice della Crisi e in tutti i suoi strumenti regolatori, orientati alla residualità della prospettiva liquidatoria in favore delle soluzioni di risanamento disponibili e maggiormente convenienti che siano in grado di generare valore per tutti i creditori e per il sistema in generale, compreso il creditore erariale[26].

Persisterebbe quindi il prevalente interesse concorsuale, che consente la possibilità di attivazione della falcidia fiscale, anche in ipotesi di adesione di unico creditore. Il fondamento è il medesimo, sia quando vi sia adesione espressa, sia quando vi sia diniego irragionevole, rettificato con il cram down.

Infine, la chiave interpretativa espressa sembra smentita ormai dal Codice della Crisi vigente dal 28.9.2024, che espressamente contempla all’art. 63, comma 5, CCII la possibilità di istanza di omologa di accordo di ristrutturazione con cram down anche in assenza di altri creditori aderenti, e ciò, senza apportare alcuna ulteriore modifica all’art. 57 CII che disciplina l’accordo di ristrutturazione.

La nuova formulazione dell’art. 63 CCII non fa quindi dipendere l’accesso all’omologa forzosa nell’AdR da numero o percentuale dei creditori coinvolti rispetto al totale, numero o percentuale che quindi potrebbe anche essere minima (o irrisoria, come nel caso trattato da Cass. 30 dicembre 2024 n. 35085) fino a un solo creditore. Seppure prevista in ambito di procedura “maggiore”, evidenza un principio utile all’interprete anche nel concordato minore, poiché l’istituto, l’interesse concorsuale, non risulta incompatibile e snaturato in ipotesi di unico creditore. Con o senza cram down, l’impianto resta immutato e quindi compatibile con il sistema.

  

3.2. L’abuso del diritto.

Dalla ricostruzione offerta, per cui dalla sola composizione della debitoria ove l’Erario sia creditore unico o prevalente non derivi in sé una inammissibilità, non prevista dalla legge (trattandosi di eccezione, da intendersi in senso restrittivo nell’interpretazione), e irragionevole (come provato dalle adesioni ricorrenti in simili fattispecie), e la compatibilità di tale assunto con l’interesse concorsuale che legittima la falcidia tributaria, è possibile muoversi al tema più controverso evocato dalla pronuncia in rassegna, rappresentato dall’abuso del diritto.

È indiscutibile che l’esame del rilievo congiunto sia di composizione del credito (come visto, non intesa in sé come abusiva) che di ulteriori elementi, in primis il grado di soddisfazione, possa portare alla valutazione di abusività della proposta, per cui si è ritenuto non ammissibile superare con il cram down un legittimo diniego dell’Agenzia rispetto a proposte appunto ritenute come abusive.

Si tratta di un profilo diverso, che va perimetrato, sia rispetto a quello di ammissibilità di cui si è detto, sia rispetto alla valutazione della meritevolezza (nella declinazione restrittiva dell’assenza di atti in frode, per il concordato minore), su cui si dirà in seguito.

Così delimitato l’ambito di indagine, anche in ordine all’esame dell’abuso la sentenza in commento espone delle criticità.

Come noto il giudizio di abuso del diritto va calato sul caso concreto e con riguardo alla normativa ratione temporis applicabile, laddove si ravvisi l’uso di uno strumento lecito (l’omologa forzosa), per finalità che non gli siano proprie (la non-soddisfazione dell’ente, fornendo percentuali di soddisfazioni irrisorie ad esempio).

L’assenza, nel concordato minore, di una previsione che indichi un limite quantitativo per il grado di soddisfazione offerto in caso di omologa forzosa[27] e quindi un perimetro dell’abuso, ha portato a un confronto e approfondimento da parte della giurisprudenza circa i casi ove sia rinvenibile un utilizzo abusivo dello strumento. Ove, infatti, vi sia un’alternativa liquidatoria pari a zero, il timore è che con offerte di soddisfazione poco superiori si arrivi a forzare l’ente ad aderire a proposte apertamente insoddisfacenti, privato con il cram down del diritto di scegliere se aderire o meno alla proposta[28].

La scelta normativa è stata diversa, ed è di recente introduzione, per gli accordi di ristrutturazione dei debiti (attuale art. 63 CCII e prima art. 1bis DL 69/23), per i quali il legislatore ha previsto una tipizzazione delle ipotesi di abuso dello strumento. Una tale norma, ed anche questo deve ritenersi una scelta del legislatore, non è stata introdotta nel concordato preventivo, né nel concordato minore.

Ritiene la Corte d’Appello di Venezia nell’arresto in esame che la falcidia proposta nella misura del 5% appaia irrisoria per due ordini di ragioni: sia per la considerazione che concerne solamente i crediti erariali, sia in termini assoluti, applicando in via analogica i parametri di riferimento introdotti dall’art. 1bis DL 69/2023[29].

Quanto al primo rilievo, la circostanza che vi sia uno stralcio del solo creditore erariale appare un canone non ragionevole per il vaglio della irrisorietà o meno della proposta, anche per i criteri evidenziati nel precedente capitolo. La considerazione sembrerebbe inserire un’ipotesi di inammissibilità non prevista dalla norma, ove vi sia un unico creditore, laddove il Tribunale di prime cure aveva invece indicato un criterio diverso per l’esame di profili abusivi, costituito dall’entità del soddisfacimento. Seppure modesto, lo aveva ritenuto sufficiente a essere apprezzato in relazione alla situazione e a fondarne la causa.

Tale analisi viene invece superata dal giudice di appello, che in ordine alla misura della soddisfazione offerta e al possibile abuso richiama il mancato raggiungimento delle percentuali previste per gli accordi di ristrutturazione.

L’iter argomentativo si espone a criticità, laddove ricorre all’applicazione analogica alla fattispecie del concordato minore dell’art. 1bis (ora art. 63 CCII), norma che ha posto dei limiti minimi di soddisfazione nelle procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti, ma in alcun modo richiamata dall’art. 80 CCII e in tema di sovraindebitamento.

Certo è che l’art. 1 bis DL 69/2023 era stato introdotto proprio per tipizzare le ipotesi di abuso nell’accordo di ristrutturazione dei debiti[30]. Sembra difficile prevederne una applicazione analogica al concordato minore, per il quale il legislatore, che pure ha operato un intervento profondo sulle norme con il Correttivo intervenuto a settembre 2024, ha invece optato di non intervenire con lo stesso dettaglio e precisione.

Il tema coinvolge il corretto utilizzo dei principi di corretta interpretazione applicazione delle norme de quo, laddove non è consentita un’estensione e creazione in via interpretativa di barriere e divieti di ingresso all’istituto in esame.

Ciò, specie a fronte di una puntuale e dettagliata codificazione già esistente, per cui ad esempio per il concordato minore non sono previste le forme della transazione fiscale, e ulteriormente del favor legis che al contrario spinge verso la più ampia applicazione degli strumenti concorsuali alternativi alla liquidazione.

Peraltro, sempre in tema di percentuale irrisoria, non si può fare a meno di valutare come il correttivo, proprio nel concordato minore, sia intervenuto a prevedere all’art. 74, comma 2, CCII, l’apporto di risorse che “incrementino in misura apprezzabile l'attivo disponibile al momento della presentazione della domanda” sostituendo l’attivo al precedente criterio del grado di soddisfazione offerto ai creditori, proprio sostenendo l’ingresso alla procedura anche a fronte di esposizioni molte alte, e con percentuali di soddisfo quindi basse, purché sia apprezzabile lo sforzo di apporto di attivo.

  

3.3. La meritevolezza, l’assenza di frode.

Risulta nella sentenza in commento, infine, la precisazione che il cram down non consentirebbe al giudice di superare sempre e comunque la mancata adesione dell’Amministrazione Finanziaria e degli enti previdenziali, titolari delle decisioni sull’interesse pubblico loro affidato. L’intervento vicario sarebbe possibile solo quando gli enti siano rimasti inerti oppure quando il voto contrario all’approvazione del concordato risulti obiettivamente ingiustificato.

Il tema delle motivazioni del voto negativo dell’ente non sembra, tuttavia, assumere rilievo nel giudizio di cram down affidato al Tribunale, ove non si traduca in fondata censura di abuso del diritto o di inammissibilità per la ricorrenza di atti in frode.

Intento della norma era infatti di realizzare un ragionevole equilibrio tra le esigenze di tutela dell’Amministrazione Finanziaria (quello che la Cass. sez. un. del 2021 indica come interesse fiscale) e le esigenze di tutela degli altri interessi rilevanti nel contesto di una procedura di risanamento (l’interesse concorsuale), con particolare riferimento ai principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione.

Deve tuttavia ritenersi che vi siano rigorosi limiti interpretativi per l’esclusione dell’operatività del cram down, che non possono essere estesi al punto di rintracciare elementi ostativi in senso generale nelle giustificazioni poste dall’Agenzia al proprio voto negativo, ove le stesse non siano tra quelle espressamente previste dalla norma.

In questo senso anche la richiamata Cass. 31.12.2024 n. 35085/2024 secondo cui “Una volta ricordata la prevalenza, nell’ambito dell’istituto in esame, della ratio concorsuale su quella fiscale, a cui si ricollega il bilanciamento dell’interesse fiscale con quello concorsuale realizzato attraverso il riconoscimento di una discrezionalità all’amministrazione finanziaria nello stipulare accordi transattivi concorsuali, da un lato, e del potere del tribunale di sindacare il diniego di accettazione della proposta transattiva, dall’altro, non rimane che constatare, in quest’ottica, come non vi sia possibilità per il giudice di valorizzare le ragioni poste a base del diniego dell’amministrazione finanziaria (e l’interesse fiscale ad esso sotteso), dato che il disposto dell’art. 182-bis, comma 5, l. fall. impone al tribunale di provvedere all’omologa alla sola condizione che l’adesione sia decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale del 60% prevista dal primo comma della norma e la proposta di soddisfazione sia conveniente per l’amministrazione rispetto all’alternativa liquidatoria, sulla base delle risultanze dell’attestazione del professionista prevista dal medesimo capoverso.

In presenza di queste condizioni il cd. cram down si impone.”

La stessa abusività della percentuale minima sembra messa in discussione, a fronte della superiore scelta del concorso, e della convenienza al suo interno.

Persino in presenza di condizioni soggettive contestate, la Corte richiama al rispetto tassativo delle condizioni e requisiti di legge: si “impone al tribunale di provvedere all’omologa con cram down” al ricorrere delle sole condizioni rigorosamente delimitate dalla legge (percentuale del 60% e convenienza all’epoca, ora anche misure minime e continuità) senza riconoscere alcun rilievo a ulteriori considerazioni non ivi espressamente previste.

Nel contesto normativo qui tracciato, la sentenza in commento offre quindi l’occasione di affrontare un ultimo argomento spesso ricorrente nelle procedure in cui è parte il creditore pubblico, l’erario: la condotta del debitore e il suo rilievo nella procedura.

Posto che la presenza di altri creditori aderenti non è in alcun modo prevista né ipotizzabile come prerequisito di accesso alla procedura, ma neppure al cram down, anche alla luce del favor del Codice della Crisi per le soluzioni alternative alla liquidazione, e che viene richiamato in proposito il solo ricorrere dei requisiti espressamente previsti dalla norma, ci si chiede in che fase e in che termini assuma rilievo la condotta del soggetto che giunge alla procedura con una debitoria tributaria così rilevante e predominante.

La questione della meritevolezza del soggetto sovraindebitato verso l’erario è oggetto di ampio e attuale dibattito, specie nelle procedure di esdebitazione dell’incapiente (art. 283 CCII) e esdebitazione in esito a liquidazione controllata (art. 282 CCII[31]), dove il requisito della meritevolezza (intesa come assenza di colpa grave, mala fede o frode) è causa soggettiva ostativa.

Lo è anche nel concordato minore, ma in senso ridotto, ove rileva in senso ostativo la sola ricorrenza di atti in frode, come ricorda anche la sentenza di primo grado, del Tribunale di Verona, riformata dalla Corte d’Appello di Venezia in commento.

Ricorre nelle pronunce la considerazione della non meritevolezza di un soggetto che avrebbe nel tempo pagato debiti ordinari e non tributari per cui “anche se può non costituire reato, il mancato pagamento delle imposte costituisce sempre un disvalore (v. T. Verona 7.9.23) poiché l’obbligo di concorrere alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva e in base ai criteri di proporzionalità è costituzionalmente sancito ed è strettamente legato al dovere di solidarietà sociale e al principio di uguaglianza”[32].

È di tutta evidenza e condivisibile la considerazione del disvalore del comportamento di chi non faccia fronte ai tributi.

Occorre tuttavia chiedersi la ricaduta di tale condotta nell’ingresso alle procedure di sovraindebitamento[33] se tale comportamento in particolare integri in sé la frode, con il forte connotato richiesto dal concordato minore[34], o piuttosto la colpa grave o la malafede.

Del pari diverse e più complesse possono essere le condotte prospettabili, anche fraudolente, che vadano anche ben oltre il mancato pagamento dei tributi.

Come per ogni valutazione dei profili che coinvolgono l’elemento soggettivo, è utile avere presente la necessità dell’analisi del caso concreto, delle cause del sovraindebitamento e delle situazioni che lo hanno generato, con l’opportunità di uno specifico approfondimento da parte del gestore nella stesura della relazione sul punto[35].

Neppure va dimenticato il rigore della prova che si chiede nella prospettazione dell’elemento oggettivo ostativo.

La casistica possibile degli atti che si possano ricondurre alla frode o meno è molto vasta e non viene qui ripercorsa.

Ci si sofferma però su quella più generale e spesso richiamata, la non scontata equazione tra condotta di mancato pagamento dei tributi e contestuale pagamento degli “altri” debiti (come indica anche la Corte d’Appello di Venezia) da un lato, e colpa grave, mala fede e frode, o anche condotta latamente abusiva dall’altro lato.

In primo luogo, varie possono essere nei fatti le casistiche impeditive dei regolari pagamenti, motivo per cui particolare attenzione il legislatore ha posto all’indicazione delle cause della crisi, oggetto di esame anche dal gestore (problemi di salute, familiari, economici, come spesso vengono dettagliati nelle domande), utili all’esame del giudice in tema di frode.

Ulteriormente, va forse considerata la proprietà del richiamo alla categoria dell’abuso, ostativa all’ingresso nella procedura, del comportamento del soggetto che al di fuori di una procedura concorsuale faccia fronte a tutti i suoi debiti ma non a quelli tributari.

La questione coinvolge l’applicabilità o meno della regola della par condicio creditorum al di fuori di una procedura concorsuale, e anche in regime in cui il soggetto “non fallibile” fino a pochi anni fa non aveva neppure accesso a una procedura concorsuale.

Ci si chiede in sostanza se sia sufficiente l’esistenza di un patrimonio incapiente per attivare la regola del concorso, e un dovere del debitore di attivare comportamenti conformi a una distribuzione coattiva delle risorse, secondo la par condicio dettata dall’art. 2741 c.c.

Non è questa la sede per un approfondimento di un tema così vasto, ma è stato osservato come nella normale attività commerciale e tantopiù privata, e al di fuori di una esecuzione forzata o appunto di una procedura concorsuale, non vige la regola della par condicio, poiché i debiti vengono pagati guardando anzitutto la scadenza dell’obbligazione e non il privilegio[36].

La par condicio in sostanza, con l’obbligo di far fronte prima ai pagamenti dei privilegiati o comunque di preservare la parità di trattamento dove non vi siano privilegi, interverrebbe solo quando vi sia una fase patologica, attivata da un creditore con esecuzione forzata, o con l’apertura del concorso con l’esecuzione universale.

In sostanza, per il debitore civile (e per il debitore commerciale minore ante Codice della crisi[37]) la parità di trattamento potrebbe essere invocata solo in presenza di un concorso che abbia il crisma della giurisdizionalità, non potendo costituire un addebito in una fase anteriore l’attivazione dell’esecuzione o del concorso. E peraltro nella procedura del sovraindebitamento neppure sono invocabili le azioni revocatorie concorsuali, ulteriore evidenza della mancanza di un principio generale della par condicio applicabile in sé, dalla cui violazione poter assumere addebiti.

Resta l’esposizione di ogni soggetto debitore all’apertura del concorso e della par condicio con l’attivazione che spetta ai creditori delle tutele di legge (azioni esecutive, revocatorie, conservative).

Ne deriva una riflessione, che attinge ancora una volta alla specificità del sovraindebitamento rispetto ai principi delle altre procedure “maggiori” non sempre replicabili, sia in ordine alla valutabilità, in concreto, delle condotte non connotate da ulteriori elementi di frode (cfr. gli atti ricadenti in revocatoria ordinaria, ad esempio), che si concretizzino nel mancato rispetto della par condicio, con il pagamento preferenziale di soggetti diversi da quello in procedura, sia in merito al ruolo attivo dell’ente creditore, che non abbia attivato prima della procedura concorsuale gli strumenti di tutela della par condicio (ove non vi siano stati contestuali condotte di raggiro o frode).

Ulteriormente applicata al caso concreto, l’esistenza o meno di un dovere di rispetto della par condicio creditorum prima dell’attivazione di una procedura concorsuale potrebbe avere una ricaduta nella valutazione della condotta del debitore, anche sul profilo della meritevolezza nelle procedure esdebitatorie diverse dal concordato minore, dove appare univocamente richiesto invece un quid pluris probante la frode.

  

4. Conclusioni.

È possibile trarre le fila dei ragionamenti svolti, sollecitati dalla sentenza in commento con alcune considerazioni conclusive, dall’insieme delle norme in vigore e della giurisprudenza che si sta delineando nonostante si tratti di istituti recenti, a fronte di una casistica ove la variabile fiscale è particolarmente rilevante:

- non sembra esservi un fondamento normativo della teoria della inammissibilità in sé della domanda in ragione dell’esclusivo coinvolgimento degli enti che vantano crediti fiscali e contributivi nelle procedure di risanamento del sovraindebitamento;

- non risulta neppure limitatamente all’ipotesi di cram down, salvo che si tratti di fattispecie individuabili come abusive, da ravvisare secondo criteri di stretto rigore e con attenzione al caso concreto;

- in assenza di previsioni normative che forniscano una tipizzazione dell’abuso appare improprio applicare analogicamente nel concordato minore l’abuso come perimetrato dall’art. 63 CCII riformato, trattandosi di norma prevista per la transazione fiscale in ambito di accordo di ristrutturazione dei debiti, procedura affatto diversa e priva delle formalità previste per lo stralcio dei crediti erariali (transazione fiscale e apparato documentale), né l’analogia, ove esistano norme speciali costituirebbe valido criterio interpretativo;

- le ipotesi di abuso e di eccezione all’accesso all’istituto del concordato minore vanno vagliate con rigore, con stretta attinenza alla norma, anche in ragione del favor che permea l’intero Codice della crisi in relazione alle procedure di risanamento, rispetto alla liquidazione, ripetutamente definita dal Codice residuale;

- neppure risponderebbe a logica ammettere l’adesione spontanea dell’ente pubblico ad accordi con stralcio (e transazioni fiscali nelle procedure maggiori), e sottrarre lo stesso ente al cram down, ove semplicemente non risponda (e quindi alcuno sia sceso nell’analisi del merito della proposta) o neghi l’assenso inopinatamente o in modo - in ipotesi - arbitrario o irragionevole;

- è opportuna una corretta ricostruzione del concetto di interesse concorsuale, non necessariamente coincidente con la partecipazione di più creditori alla procedura, in applicazione dei principi fondanti il Codice della crisi, ulteriormente chiariti dal Correttivo in vigore dal 28.9.2024, primo fra tutti il favor per il risanamento;

- anche l’esame della condotta del soggetto debitore, ostativa l’accesso alla procedura, deve essere effettuata con rigore e attenzione al caso specifico, anche considerando la non pacifica applicabilità del principio della par condicio creditorum per il debitore civile e per l’imprenditore sottosoglia al di fuori dell’attivazione del concorso in una procedura giurisdizionale, introdotta solo di recente per tali soggetti.



[1] Avvocato del Foro di Ancona e Gestore della Crisi.

[2] Inteso estensivamente, nel prosieguo, comprensivo di crediti tributari e contributivi, equiparati quanto al trattamento, almeno nelle procedure di sovraindebitamento, con la precisazione che per i tributi amministrati da enti locali non è applicabile invocabile il cram down previsto all’art. 80, comma 3, CCII.

[3] Si tratta del c.d. cram down (su cui infra) quale, in sostanza, trasformazione del voto contrario (o silente) del creditore al ricorrere dei requisiti di legge. Come noto il meccanismo è previsto dal Codice della crisi quale strumento volto a superare l’inerzia e le resistenze ingiustificate alle soluzioni concordate della crisi da parte del creditore pubblico, spesso riscontrate nella prassi. Trova applicazione nelle procedure di concordato minore (art. 80, comma 3, CCII), ma anche, con le forme obbligatorie della transazione fiscale e contributiva, nel concordato preventivo (art. 88 CCII) e nell’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 63 CCII). Seppure inserita dal Correttivo la possibilità di falcidia erariale e previdenziale nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (art. 64bis CCII), e - per la sola Amministrazione Finanziaria - nella Composizione negoziata (art. 23, comma 2bis, CCII), il cram down non vi trova applicazione, essendo connaturata a tali procedure l’espressa adesione dell’ente (v. F. GRIECO, “Il cram down e la transazione fiscale negli strumenti di regolazione della crisi  alla luce del correttivo: sarà vera gloria?”, in Ristrutturazioni Aziendali, 28.9.2024).

[4] Sulla primaria incidenza della “variabile fiscale” nella crisi di impresa e sulle diverse modalità di trattamento, per perimetro, caratteristiche e effetti, nei vari istituti, v. G. ANDREANI, “La variabile fiscale nella crisi di impresa”, in Ristrutturazioni Aziendali, 7.3.2025.

[5] Sull’accesso del soggetto sovraindebitato con esposizione erariale prevalente o anche esclusiva all’esdebitazione in esito a liquidazione controllata (art. 282 CCII) o a esdebitazione dell’incapiente (art. 283 CCII) si registrano orientamenti controversi. In senso restrittivo Tribunale di Ferrara 28.12.24, ma in senso contrario Tribunale di Milano, 23.12.2024, entrambe in questa Rivista. Sul punto si tornerà infra, in merito alla valutazione della meritevolezza del debitore ove indicata quale requisito di ammissibilità per l’accesso all’istituto.

[6] Tale tratto specifico era ancora più chiaro nella L 3/2012, che limitava l’accesso anche alla liquidazione del patrimonio solo su domanda del soggetto sovraindebitato, diversamente dal fallimento. Sulla peculiarità della tutela dell’interesse del sovraindebitato, cfr. F. RIZZO, “Sovraindebitamento e par condicio nel nuovo codice della crisi delle imprese e dell’insolvenza”, in Contratto e Impresa, 4/2021, pag. 1201 e segg.

Si veda tuttavia Cass. 31/05/2023, n.15359 in ordine alla connotazione causale del piano del consumatore nella previgente L 3/2012 che ha ricordato la duplice finalità della "ristrutturazione dei debiti" e "della soddisfazione dei crediti", marcando la formula binaria riflessa dal dettato legislativo con funzione economico-sociale e individuale.

[7] Già al primo ingresso della L 3/2012 è stato notato come la ristrutturazione dei debiti del consumatore, nonostante le definizioni equivoche di termini come “piano” o “accordo” si accosta di più alle procedure concorsuali liquidatorie, perché i creditori del consumatore non sono neppure chiamati a dare adesione, trattandosi di un piano o proposta con efficacia coattiva (cfr. F. DI MARZIO, “Le procedure concorsuali in rimedio del sovraindebitamento”, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, 3/2017).

[8] Tribunale di Roma 9 maggio 2023: “Alla luce della ratio del novellato comma 4 dell’art. 182 bis, la funzione dell’omologazione forzosa è quella di perseguire il preminente interesse concorsuale attraverso il superamento delle resistenze degli uffici alla proposta transattiva, le quali si dimostrano immotivate in presenza di un’attestata convenienza della stessa rispetto al fallimento e in contrasto con il principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione stabilito dall’articolo 97 Cost: l’amministrazione finanziaria infatti nell’ambito della transazione fiscale dispone di una discrezionalità per così dire vincolata al soddisfacimento e alla convenienza tra i due termini di comparazione, in cui concreto esercizio, nelle intenzioni del legislatore, soggiace sistematicamente al sindacato del giudice ordinario fallimentare (come riconosciuto da Cass. Sez. Un. ordinanza n. 8504/2021).”

[9] Le percentuali minime di soddisfazione degli enti in transazione fiscale, per l’attivazione del cram down, sono state introdotte per i soli accordi di ristrutturazione dei debiti (e non per i concordati preventivi) dal recente Decreto Correttivo, D. Lgs. 13.9.2024 n. 136 (art. 63 comma 4-5-6, CCII).

Precedentemente, sull’onda dell’urgenza dettata dai casi di omologa di AdR con percentuali irrisorie con grande clamore mediatico il legislatore ha introdotto la norma transitoria dell’art. 1 bis DL 69/2023 (conv. con legge 103/2023 del 10.8.2023) proprio per anticipare le condizioni in caso di cram down, in funzione di “antiabuso”, tra cui le percentuali minime.

Il casus belli con grande risonanza sulla stampa anche non specialistica (si trattava di calcio) era stato come noto l’omologa dell’accordo di ristrutturazione della Reggina calcio (Tribunale di Reggio Calabria, 9 giugno 2023) con transazione su crediti tributari e previdenziali del 5% su una totale debitoria di 27 milioni di euro, valutando la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria.

L’art. 1 bis (applicato per analogia nella sentenza in commento, su cui infra) era quindi norma dichiaratamente introdotta in via di urgenza (persino con efficacia retroattiva al giugno 2023) e transitoria e soprattutto anticipatoria del Decreto Correttivo, prevedendo che “fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo integrativo o correttivo dell'articolo 63 del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza”, per le ipotesi di mancata adesione degli enti fiscali e previdenziali, non trovasse applicazione l’art. 63, comma 2 bis, CCII, ma si applicassero le specifiche disposizioni ivi dettate. Il Correttivo è poi intervenuto in linea di continuità con efficacia dal 29.9.2024.

[10] Tribunale di Verona 24 giugno 2024, pubblicata in questa Rivista.

[11] In motivazione Tribunale di Verona 24 giugno 2024, cit.: “La misura della soddisfazione offerta al creditore erariale, seppur modesta, non può ritenersi irrisoria al punto tale da inficiare la causa concreta del concordato, che pacificamente risiede nell’attribuzione ai creditori di un grado di soddisfazione apprezzabile (la percentuale in concreto offerta è superiore e non paragonabile a quella ritenuta insufficiente, peraltro in tutt’altro contesto, da Cass. 2022/28013; in termini si veda anche Trib. Forlì 3.3.2023)”.

[12] Cfr. Tribunale di Genova 29 settembre 2023, pubblicata in Diritto della Crisi: “Il requisito della pluralità dei creditori non è indicato normativamente come presupposto per le procedure di ristrutturazione del debito, e d’altro canto proprio la previsione di una specifica disciplina della transazione fiscale rende evidente che la possibilità di una definizione del debito con un unico creditore erariale è tutt’altro che esclusa dal diritto positivo”.

[13] Il punto assume rilievo anche nei successivi paragrafi di questa riflessione, in merito al principio della par condicio evocato da tale ragionamento, con ricadute possibili sul requisito c.d. soggettivo, modulato nella meritevolezza o nella più rigorosa assenza di atti in frode.

[14] Tra gli esempi più noti, la transazione con adesione dell’AdE per il Genoa Calcio, avanti al Tribunale di Genova.

[15] Sul dispiegarsi del concorso formale anche con unico creditore si veda in motivazione Tribunale di Torino 12 ottobre 2021, resa in fattispecie di accordo per la composizione della crisi da sovraindebitamento ex L 3/2012.

[16] M. FABIANI, “La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi”, in questionegiustizia.it, osserva che “la concorsualità si estende ai rapporti giuridici, ai diritti, alle aspettative e cioè a tutte le posizioni giuridiche soggettive (attive e passive) riconducibili al debitore. È sufficiente che questa concorsualità sia affermata come normalmente ricorrente, perché non è essenziale alla permanenza della procedura. Il creditore può volere l’applicazione delle regole concorsuali anche se sa bene di essere l’unico creditore rimasto e lo strumento della liquidazione giudiziale non può essergli negato.[…] dopo che il patrimonio del debitore è acquisito, si possono sviluppare varie iniziative volte ad ampliarlo (come pure a restringere il passivo) e a coinvolgere un’ulteriore pluralità di soggetti, quali creditori già soddisfatti, così come parti in bonis di contratti pendenti al momento di apertura della procedura”.

[17] L’esempio è ancora più chiaro ove si ragioni di accordi di ristrutturazione dei debiti, procedure anch’esse pacificamente concorsuali seppure caratterizzate da selettività dei soggetti coinvolti nello stralcio (anche uno solo, in ipotesi), fermo il pagamento integrale degli altri che non partecipino all’accordo, ma con tutti gli effetti propri della procedura concorsuale (revocatoria, convenienza per i privilegi stralciati, etc..) e persino in deroga della par condicio creditorum.

[18] Cfr. la già citata pronuncia del Tribunale di Genova 29 settembre 2023.

[19] Sempre Trib. Genova 29 settembre 2023, cit.

[20] Tra le pronunce aderenti alla tesi dell’assenza di concorsualità e quindi della “non corrispondenza al modello legale di cui all’art. 182 bis lf” in ipotesi di unico creditore con cram down si veda Corte di Appello di Roma 27 febbraio 2024, in questa Rivista.

Contra, si veda Tribunale di Ancona 15 maggio 2024, in questa Rivista, per cui “va rilevata l’ammissibilità nella specie dell’accordo di ristrutturazione con richiesta di omologa forzosa e di accordo con i creditori erariali e previdenziali ciò anche sul presupposto che gli unici creditori interessati dall’accordo siano i suddetti creditori pubblici, non ravvisandosi profili di abusivo utilizzo dello strumento di risoluzione della crisi”.

La posizione che escludeva la natura concorsuale dell’accordo di ristrutturazione del debito in caso di assenza di altri creditori aderenti all’AdR, e ove necessiti cram down, già oggetto di critica in assenza di previsione espressa, sembra definitivamente superata dal nuovo art. 63 CCII, che espressamente prevede al comma 5 l’ipotesi che “non vi sono altri creditori aderenti”, laddove la disposizione transitoria dell’art. 1 bis DL 69/2023 che l’aveva anticipata si limitava a indicare la soglia al di sotto della quale si imponevano percentuali di soddisfo maggiorate (25%), su cui infra nel testo.

[21] Si veda anche la circolare dell’Agenzia delle Entrate 34/E del 29.12.2020 recante istruzioni agli Uffici in materia di valutazione delle proposte di trattamento del credito tributario presentate dai contribuenti, “finalizzate a garantire un approccio uniforme su tutto il territorio nazionale, all’attività di valutazione delle proposte di trattamento dei crediti tributari”. Sempre nelle istruzioni per la valutazione della proposta la Circolare riporta: “il fulcro del procedimento argomentativo che porta a ritenere accoglibile una proposta di trattamento del credito tributario deve essere incentrato sulla maggiore, o minore, convenienza economica della stessa rispetto all’alternativa liquidatoria”.

[22] Sull’assenza di copertura costituzionale del principio di indisponibilità della pretesa erariale, derogabile e derogato quindi dal legislatore ordinario, con le disposizioni specifiche che prevedono l’obbligatorietà della transazione fiscale per alcuni strumenti di regolazione della crisi (art. 63 e art. 88 CCII), o con norme che consentono la soddisfazione parziale dei crediti privilegiati (anche fiscali), purché nel rispetto dell’ordine dei privilegi per altri (art. 75, comma 2, CCII. per il concordato minore) vd. Andreani, “La variabile fiscale nella crisi di impresa”, pag. 5, cit.

[23] Tra i più recenti, con omologazione di concordato minore con cram down in presenza di preponderante credito dell'Agenzia delle Entrate, v. Tribunale Genova, 13 febbraio 2025, in questa Rivista.

[24] Un esempio plastico è offerto dal caso deciso da Tribunale di Ferrara 28 giugno 2023 relativo alla richiesta di omologa forzosa con cram down per regolare una debitoria esclusivamente fiscale di 38 milioni di euro, per cui si offriva il pagamento quasi integrale in 8 anni. A tacere del fatto della intervenuta adesione dell’Agenzia, appare difficile, tuttavia, ipotizzare come ragionevole una pronuncia di inammissibilità, in assenza di voto favorevole dell’Erario, per abuso del diritto (a fronte di Agenzia silente e pagamento quasi al 100%) a prescindere dall’analisi di convenienza, ed in carenza di profili di percentuale irrisoria, su cui infra).

[25] Cass. 10 gennaio 2024 n. 1033: “L’istituto del cram down fiscale rappresenta una ‘dirompente novità’ dell’ordinamento concorsuale attraverso cui in un'ottica di favor rei per la soluzione concordataria, si mira a superare le farraginosità burocratiche sovente registrate nell'espressione del consenso da parte dei creditori pubblici".

Si veda anche Tribunale di Ancona 15 maggio 2024, cit., per cui il cram down è posto  nell’ottica di gestire le ipotesi in cui sia necessario, ai fini dell’omologa dell’ADR, eventuali ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, sempre a fronte della ragionevole soddisfazione dei creditori pubblici e della maggior convenienza dell’impianto negoziale rispetto all’alternativa liquidatoria”.

[26] Sulla residualità della liquidazione giudiziale, extrema ratio, rispetto alle altre procedure concorsuali, si veda l’art. 7 CCII, che impone al Tribunale l’esame “in via prioritaria” delle domande “dirette a regolare la crisi o l'insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata”. Residualità in coerenza con i principi della Direttiva Insolvency, che nelle procedure concorsuali sposta decisamente l’asse dalla centralità della liquidazione dell’attivo “forzata” alla promozione degli istituti di regolamentazione delle crisi che favoriscano una soluzione concordata, ma - ancora di più – tra le soluzioni concordate, la continuità aziendale e il risanamento dell’impresa, oltre che il c.d. refresh start per i soggetti che si trovano al di fuori dell’ordinario sistema economico per via della situazione di sovraindebitamento.

Si pensi al nuovo istituto della Composizione Negoziata, e alla stessa introduzione del cram down, nella Relazione Illustrativa al CCII, indicato quale specifica espressione della volontà del legislatore “al fine di superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi” attuate dall’Erario e dagli enti previdenziali e assistenziali nelle procedure in cui è prevista la transazione fiscale, qualora la proposta sia più conveniente dell’alternativa liquidatoria.

[27] Sono molti anche i concordati minori, o accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento, conclusi con un solo creditore, rappresentato dal Fisco (Tribunale di Genova, 29.9.2023; Tribunale di Milano, 23.11.2021; Tribunale di Macerata 19 ottobre 2022, Tribunale di Forlì, 15.3.2021). Tribunale di Torino, 12 ottobre 2021, cit., ha osservato che “le valutazioni dell’Amministrazione finanziaria, improntate ai principi di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., devono tendere a un vaglio di convenienza e di miglior riscossione del credito tributario rispetto all’alternativa squisitamente liquidatoria” per cui “una volta ritenuta ammissibile la procedura di sovraindebitamento anche in presenza di un unico creditore, nella specie l’Agenzia delle Entrate, non sussistono ragioni per non applicare alla suddetta procedura tutte le disposizioni previste dal legislatore”.

[28] Così A.FAROLFI, in “Brevi note in tema di accordi di ristrutturazione”, Diritto della crisi, 2.11.2023: “[..] forme di transazione fiscale che offrivano all’Erario soddisfacimenti da vecchi prefissi telefonici”.

[29] L’art. 1 bis introdotto dalla legge 103/2023 in vigore da giugno 2023 (oggi sostituito dal nuovo art. 63 CCII), prevedeva nuovi limiti all'omologazione forzosa della transazione fiscale e contributiva nei soli accordi di ristrutturazione dei debiti, non nel concordato preventivo.

La disciplina interveniva a inserire ulteriori criteri di ammissibilità del cram down, e perimetrare e codificare per quelle procedure, che coinvolgevano importi di assoluto rilievo, per cui il Tribunale poteva omologare forzatamente gli accordi di ristrutturazione, qualora la proposta fosse pari almeno:

• al 30% dell’ammontare complessivo dei rispettivi crediti, incluse sanzioni e interessi, se il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione dei debiti è pari ad almeno un quarto dell’importo complessivo dei crediti;

• al 40% dell’ammontare complessivo dei rispettivi crediti, incluse sanzioni e interessi, e la dilazione di pagamento proposta non eccede il periodo di dieci anni, se il credito complessivamente vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione dei debiti è inferiore ad un quarto dell’importo complessivo dei crediti. Non viene indicata una soglia minima di tali crediti.

[30] Per una chiara ricostruzione della ratio della nuova norma, come reazione del legislatore ai casi di utilizzo distorto e comunque di abuso della transazione fiscale, cfr. G. Andreani, “Le limitazioni del cram down fiscale nell’ADR introdotte dal Decreto Legge 13.6.2023, convertito dalla legge 10.8.2023”, in Ristrutturazioni Aziendali, settembre 2023.L’autore si sofferma sulla ratio che ha portato alla costruzione della nuova norma, e ne offre una esegesi del testo, che conclude per l’esclusione nella norma di una previsione di esclusione di ammissibilità di omologa forzosa ove vi sia un unico creditore erariale.

[31] Cfr. Tribunale di Prato, 8.1.2025, in questa Rivista, procede all’apertura della liquidazione controllata, rinviando appunto l’approfondimento sulla condotta del debitore quale ordine del proprio sovraindebitamento ai fini di cui all’art. 282 CCII.

[32] Così Tribunale Ferrara 28 dicembre 2024, in tema di inammissibilità di esdebitazione dell’incapiente.

[33] Si segnala che l’assenza di colpa grave, mala fede o frode, richiesta per l’esdebitazione dall’art. 282 CCII in esito a liquidazione controllata, non è contemplata tra le condizioni per l’esdebitazione da liquidazione giudiziale di cui all’art. 280 CCII.

[34] Tribunale di Genova, 29.9.2023 cit.

[35] Si veda sempre Tribunale di Ferrara 27 dicembre 2024, ove la condotta del soggetto che ha generato una consistente esposizione fiscale è considerata rilevante non in tema di meritevolezza dell’istante il concordato minore, ma di una sua non affidabilità in merito all’adempimento futuro promesso con il piano, in mancanza di una verifica dei fondamenti della fattibilità del piano proposto. Il ricorso è quindi stato considerato carente sotto il profilo della completezza della relazione particolareggiata, non idonea ad assolvere alle sue funzioni. È stato osservato in merito come la lacuna avrebbe forse potuto essere sanata con la richiesta di integrazione, prevista dalla norma.

[36] In dottrina si è osservato che “in presenza di un debitore che non ha la veste di imprenditore, si potrà discutere di parità di trattamento soltanto quando venga aperta la procedura esecutiva, e dunque solo con riguardo a quei creditori che partecipino alla procedura esecutiva”, ciò in quanto la sola insufficienza del patrimonio esclude l’applicazione della par condicio, così M. FABIANI, in “La regola della par condicio creditorum all’esterno di una procedura di concorso”, in Diritto della Crisi.. 

[37] Osserva sempre l’A., come con il Codice della crisi, per il futuro, anche l’imprenditore commerciale sottosoglia potrà essere maggiormente coinvolto in una responsabilità per violazione della par condicio in anticipo, in forza della necessità prevista anche per l’imprenditore minore di dotarsi di strumenti per rilevare lo stato di crisi e adottare le reazioni adeguate.


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