Diritto Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 7315 - pubb. 18/06/2012
Liquidazione del danno ai prossimi congiunti di soggetto deceduto residente in Paese diverso dall'Italia
Tribunale Brescia, 04 Giugno 2012. Est. Benini.
Risarcimento del danno - Danno non patrimoniale - Liquidazione - Liquidazione a favore dei prossimi congiunti di soggetto deceduto residenti in paese diverso dall'Italia - Realtà socioeconomica del paese di residenza - Rilevanza.
Il risarcimento del danno non patrimoniale deve essere liquidato ai prossimi congiunti del soggetto deceduto, se residenti in Paese diverso dall’Italia, tenendo conto non solo delle sofferenze psicologiche patite ma anche di altri fattori che permettano di rendere maggiormente congruo il ristoro per il pregiudizio subito. Tra questi deve annoverarsi la realtà socio-economica del paese di residenza, in virtù del diverso potere di acquisto che la moneta assume da Stato a Stato e del fatto che, pur cambiando il quantum del danno risarcibile, l’entità delle soddisfazioni compensative non muta. (1) (Camilla Gecchele) (riproduzione riservata)
(1) L’ordinanza in esame si preoccupa di fornire risposta alla discussa questione relativa al quantum del risarcimento del danno non patrimoniale liquidabile ad un soggetto straniero o ai suoi prossimi congiunti, qualora lo stesso, o gli stessi, siano residenti in un paese diverso da quello in cui si è verificato il fatto lesivo.
Nella specie, la vertenza sottoposta all’attenzione del Tribunale di Brescia, riguarda il decesso di un ragazzo di nazionalità tunisina a seguito di un sinistro stradale accaduto in Brescia.
I genitori e i fratelli della vittima, tutti residenti stabilmente in Tunisia, hanno adito il Tribunale di Brescia chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti ai sensi dell’art. 2043 c.c..
Il Tribunale, dopo aver verificato l’esistenza della condizione di reciprocità ex art. 16 disp. att. al codice civile per il caso de quo e accertata l’esclusiva responsabilità del soggetto danneggiante, ha stabilito, in ordine al quantum del risarcimento del danno non patrimoniale ai superstiti del danneggiato deceduto, che lo stesso deve essere liquidato tenendo conto non solo delle sofferenze morali e psicologiche patite dalle vittime, ma anche della realtà socio-economica in cui le stesse si trovano a vivere.
Questo perché la liquidazione del danno non patrimoniale persegue l’obiettivo di ristorare la vittima per il pregiudizio subito. A tale risarcimento viene infatti attribuita, per opinione incontrastata nella giurisprudenza di legittimità (fra le tante, Cass. n. 4911/1999), funzione riparatoria e compensativa delle sofferenze subite dal danneggiato, sicchè, se l’obiettivo è fornire alle vittime un’adeguata compensazione in denaro per il pregiudizio sofferto, è chiaro che l’entità del ristoro non può prescindere da una valutazione economico-sociale del contesto in cui vivono le vittime coinvolte.
Per quanto sia pacifico che il denaro non possa né dare adeguato ristoro alle sofferenze patite, nè porsi sul medesimo piano di beni fondamentali quali la vita e l’integrità fisica, rimane dato di fatto che esso è l’unico modo possibile per (tentare di) fornire la migliore compensazione ai pregiudizi patiti, non essendo ovviamente possibile un risarcimento del danno in forma specifica.
Proprio perché il denaro è l’unico mezzo attraverso il quale può essere attuata la funzione ristoratrice del danno non patrimoniale, si può correttamente ritenere che l’entità delle soddisfazioni compensative varia, inevitabilmente, a seconda della zona in cui la moneta è destinata ad essere spesa.
In buona sostanza, l’entità di soddisfazioni compensative non deve variare, ma deve variare la quantità di denaro occorrente a produrle.
Liquidare il risarcimento del danno in esame attraverso la valutazione del reale potere di acquisto del denaro nel paese in cui vivono i soggetti danneggiati significa rispettare il principio di uguaglianza costituzionalmente garantito, perchè permette di evitare che si crei un ingiustificato arricchimento in capo a coloro che abitano in Stati con un costo della vita inferiore rispetto all’Italia o ad altri Paesi.
Lo stesso problema si porrebbe, in caso di liquidazione del danno priva di valutazione economico sociale, per i danneggiati residenti in Paesi caratterizzati da una forte economia; è chiaro che anche in tal caso la liquidazione del danno parametrata meramente alle tabelle milanesi di riferimento finirebbe per rivelarsi del tutto iniqua, dimenticando che l’obiettivo del risarcimento del danno non patrimoniale è l’entità delle soddisfazioni compensative che, per essere tali, devono essere parametrate al contesto economico del soggetto danneggiato.
Alla conclusione enunciata si giunge anche riflettendo sul valore di scambio che caratterizza il denaro. E’infatti comunemente noto che la moneta sia un bene destinato a costituire mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi di ogni tipo; essa realizza la sua funzione solo nel momento in cui viene spesa. Finchè il denaro non viene investito non ha alcun potere; acquista valore solo se legato alla sua spendibilità e solo nell’ottica della sua circolazione.
D’altronde questo è il meccanismo che sorregge l’intera economia mondiale.
Va poi rilevato che il valore della moneta cambia anche nel corso del tempo; questa affermazione dimostra ancor di più che nessuna somma di denaro può essere liquidata a prescindere dal contesto socio-economico di riferimento. Il valore di scambio della moneta e il suo potere di acquisto sono, infatti, concetti distinti ma strettamente collegati.
Liquidare una somma di denaro senza tenere conto della realtà economico-sociale del danneggiato o dei suoi aventi causa, sarebbe come liquidare la stessa somma di denaro senza considerare il trascorso del tempo e il valore che la moneta assume in ogni singolo momento storico, e quindi senza procedere alla sua rivalutazione.
Senza contare che la liquidazione di una somma inferiore a soggetti che vivono in Stati caratterizzati da un minore costo della vita, così come la liquidazione di una somma superiore a soggetti che vivono in Paesi dove il costo della vita è molto elevato, rispetta comunque il principio di uguaglianza ex art. 2 della Carta Costituzionale perché, pur cambiando la quantità di denaro liquidata, non cambia l’entità delle soddisfazioni compensative garantite dal risarcimento.
La correttezza dell’ordinanza in esame si deduce altresì dalla parametrazione personale che il risarcimento del danno non patrimoniale deve assumere, al fine di garantire un equo ristoro.
Le stesse celeberrime Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2008 (Cass. SS.UU. 11.11.2008, n. 26972 e n. 26973) hanno statuito che il danno non patrimoniale deve determinarsi tenendo conto di tutti gli aspetti del caso concreto, tra cui, sofferenze fisiche e psichiche, danno alla salute, vita di relazione, rapporti affettivi e familiari del danneggiato.
Tra queste non sembra inopportuno aggiungere il contesto socio-economico del danneggiato (o dei suoi prossimi congiunti), posto che è proprio in tale situazione che egli manifesta la sua personalità ed esercita le proprie abitudini di vita, sia personali che lavorative, in stretto contatto con il livello economico e sociale del Paese in cui vive.
La necessità di parametrare il risarcimento del danno non patrimoniale alla realtà economico-sociale del danneggiato o dei suoi aventi causa si desume anche guardando alle Tabelle milanesi della liquidazione del danno non patrimoniale, le quali, pur rappresentando ormai il parametro di riferimento nazionale, costituiscono una mera sintesi empirica degli strumenti di valutazione utilizzati dai magistrati italiani nella parametrazione del danno risarcibile e, pertanto, sono suscettibili di essere integrate con altri criteri valutativi, quale la realtà socio economica del danneggiato in questione.
Va poi rilevato che le Tabelle milanesi sono ispirate a principi di uniformità e uguaglianza.
Tali principi, attuati come detto in astratto, quale spunto per la liquidazione del danno non patrimoniale, finirebbero nel concreto con l’essere violati se non si addivenisse ad una liquidazione del danno parametrata al contesto socio-economico di colui che deve essere risarcito; questo alla luce del già ricordato ingiusto arricchimento che inevitabilmente si verificherebbe in caso di risarcimento privo di preventiva valutazione economico sociale
L’ordinanza in esame trova il proprio fondamento anche in un importante pronuncia della Corte di legittimità (Cass. n. 1637/2000), la quale ha statuito che “è consentito al giudice di merito tenere conto della realtà socio economica nella quale vive il danneggiato, al fine di ridurre il risarcimento ove in tale realtà la moneta abbia un elevato valore di acquisito”.
Del medesimo avviso si è dimostrata anche parte della giurisprudenza di merito; basti ricordare le pronunce del Tribunale di Treviso (sentenza n. 1127/2008, su Responsabilità e Risarcimento, n. 8 del 2008), del Tribunale di Conegliano (sentenza n. 334/2008), del Tribunale di Saronno – Sez. dist. di Busto Arsizio (sentenza n. 141 del 2008), del Tribunale di Monza (sentenza n. 3302/2007) e del Tribunale di Torino (sentenza n. 4932/2010).
Altra parte della giurisprudenza di merito, tuttavia, ha manifestato un’opinione contraria ed ha affermato che il risarcimento del danno non patrimoniale, mirando a tutelare diritti assoluti, quali la vita e l’integrità fisica, non può che prescindere dal contesto socio-economico di riferimento.
Secondo i sostenitori di tale orientamento l’oggetto del danno, cioè il braccio, l’occhio, la mano del soggetto leso, piuttosto che la vita stessa della persona, hanno un “valore d’uso assoluto”, concetto che esprime non solo il valore normalmente riconoscibile da tutta la collettività, intesa come il genere umano nella sua totalità, all’uso di un occhio, di un braccio o di qualsiasi altro arto, ma anche il valore normalmente riconoscibile alla vita stessa.
La giurisprudenza di merito che sposa questi principi fa altresì leva sul fatto che bene perduto e moneta non sono equiparabili tra di loro e che il danno non patrimoniale non riguarda beni materiali, sicchè non può avere un valore di mercato e non può parametrarsi al potere di acquisto del denaro, perché ciò che conta è soltanto la lesione subita o la morte in sé.
Tra le pronunce che hanno aderito all’impostazione contraria all’ordinanza in esame è opportuno ricordare: Tribunale di Milano (sentenza n. 12099 del 18.12.2008, G.U. Dott. La Monica) e Tribunale di Roma (sentenza n. 11335 del 03.06.2008, G.U. Dott. Ranieri). (Camilla Gecchele)
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