CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 07/02/2011 Scarica PDF
Brevi note circa il cash pooling
Luca Ruggeri, ProfessoreI. Il caso
Alcuni dipendenti di una società propongono opposizione allo stato passivo,
relativo al fallimento di altra società del medesimo gruppo economico, a fronte
della mancata ammissione dei crediti da loro vantati per l'attività lavorativa
svolta. I dipendenti giustificano la domanda di insinuazione nel passivo di una
società diversa da quella con la quale intercorre il rapporto di lavoro con la
sussistenza di un unico centro di imputazione nonostante l'esistenza di più
società.
Il Tribunale rigetta l'opposizione sostenendo che la presenza di un gruppo
economico, reputata pacifica dalle parti, non consente il riconoscimento di un
unico centro di imputazione in assenza dei requisiti richiesti dalla
giurisprudenza della Cassazione. Questi ultimo vengono individuati come segue:
a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le
attività esercitate dalle varie persone giuridiche del gruppo e il correlativo
interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo - finanziario tale
da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse
attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione
contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie persone
giuridiche distinte, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato
e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori.
Il Tribunale afferma inoltre che anche gli altri elementi offerti dall'attività
istruttoria, pur confermando l'esistenza di un gruppo, non costituiscono
circostanze univocamente convergenti ad evidenziare la dissoluzione del
rapporto di lavoro nel gruppo.
Nell'ambito di tali elementi viene espressamente indicato il cash pooling quale
tecnica di accentramento della liquidità delle singole società appartenenti al
gruppo stesso.
II. La questione
1 La nozione di cash pooling.
La sentenza in oggetto ci consente di analizzare, sia pure in sintesi, alcuni
aspetti di un contratto, il cash pooling, ad oggi non particolarmente noto.
L'espressione cash pooling, o gestione accentrata della tesoreria, fa
riferimento ad una tipologia contrattuale volta a gestire unitariamente la
tesoreria delle società appartenenti al medesimo gruppo.
In estrema sintesi una società del gruppo (detta società pooler), usualmente la
holding o la finanziaria del gruppo di appartenenza, gestisce la liquidità ed i
pagamenti delle singole società del gruppo in oggetto (partecipants).
La finalità pratica è data dalla razionalizzazione della gestione della
liquidità del gruppo societario e dalla possibilità di evitare diseconomie,
quali il pagamento di interessi, a danno del gruppo.
Si rifletta, circa questo ultimo aspetto, sulla possibilità che una delle
società del gruppo disponga di liquidità (sia in cash, secondo il gergo
economico/finanziario) ed ottenga, dalla banca presso la quale deposita tali
somme, una remunerazione per il deposito della propria liquidità. Nello stesso
momento un'altra società del gruppo si può trovare nella situazione
diametralmente opposta e sia quindi costretta ad attingere alle linee di
credito concesse dalle banche, pagando quindi un tasso di interesse, più
elevato rispetto a quello ottenuto dall'altra società del gruppo. Il saldo di
tale situazione sarebbe ovviamente negativo per il gruppo nel suo complesso.
L'utilizzazione di un meccanismo di cash pooling consente di trasferire
l'eccesso di liquidità della prima società alla società pooler che potrà quindi
disporne a favore della seconda società, evitando il ricorso all'utilizzo delle
linee di credito ed il consequenziale costo.
Si può operare una divisione delle diverse tipologie di cash pooling in due
grandi gruppi: il virtual cash pooling ed il effective cash pooling.
Il virtual cash pooling non implica l'effettiva movimentazione delle masse
finanziarie. Si opera un accentramento virtuale basato sulla compensazione
logica effettuata da un software in grado di accentrare e compensare
virtualmente i saldi dei vari conti participans su di un unico conto, anch'esso
virtuale; su di esso si pongono in essere le registrazioni di compensazione ed
il calcolo degli interessi in capo alla società pooler.
Nell'effective cash pooling, al contrario, si ha l'effettiva movimentazione del
denaro dai conti periferici (detti participant) al conto di accentramento
(master) in capo alla società pooler; quest'ultima provvederà a tutte le
registrazioni di compensazione e al calcolo degli interessi.
La modalità più nota e diffusa di cash pooling, appartenente alla famiglia del
effective cash pooling, è lo zero balance cash pooling.
Lo zero balance cash pooling prevede che i conti periferici vengano azzerati;
ciò usualmente a fine giornata di modo che all'inizio di ciascun giorno tutti i
conti presentino un saldo effettivo di conto corrente uguale a zero. Durante la
giornata, in forza delle operazioni poste in essere dalle singole società, ogni
conto corrente periferico potrà presentare un saldo positivo o negativo; alla
fine della giornata il saldo verrà comunque trasferito al conto di
compensazione.
Tra gli altri aspetti, lo zero balance cash pooling consente di accentrare le
linee di fido in capo alla società pooler, permettendo comunque alle singole
società, partecipanti al cash pooling, di poter gestire scoperti temporanei
durante la giornata.
Nella prassi il cash pooling presuppone l'esistenza di diversi conti correnti
bancari, almeno uno per ciascuna società del gruppo che utilizza il cash pooling
stesso; vi sarà inoltre il conto, presso la holding o presso la società che
svolge il ruolo di tesoriere, sul quale confluiranno i saldi giornalieri dei
singoli conti. Completeranno l'architettura contrattuale un accordo
sottoscritto da tutte le società e dalla banca che svolge il servizio di
pooling; ovviamente potranno esservi più banche coinvolte qualora il pooling
riguardi società in paesi diversi oppure, semplicemente, conti su banche
diverse.
2 L'inquadramento giuridico del cash pooling.
La pubblicistica giuridica circa il cash pooling si è incentrata sulla
possibilità di sussumere il contratto in oggetto nell'ambito di un contratto
tipico, esplorando nel contempo l'alternativa del contratto atipico.
La problematica ha destato interesse soprattutto in riferimento ai riflessi
fiscali della scelta; conseguentemente la posizione assunta dalla Agenzia delle
Entrate ha suscitato attenzione, nel nostro ordinamento, anche in relazione ai
suoi rilevanti riflessi pratici.
Il tipo contrattuale che, ad una prima analisi, maggiormente si avvicina al
cash pooling è certamente il conto corrente ordinario.
Sono peraltro prospettabili delle alternative, quali il conto corrente bancario
ed il mutuo.
Il conto corrente bancario risulta una opzione poco praticabile principalmente
a causa della natura latamente di finanziamento del cash pooling, a fronte
della prevalente funzione gestoria del conto corrente bancario, ravvisabile
nell'effettuare il servizio di cassa per conto del correntista.
Nell'ipotesi opposta, il mutuo viene definito dall'art. 1813 c.c. quale
contratto col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di
denaro o altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante
cose della stessa specie e qualità. Il cash pooling come forma di gestione
della tesoreria, ben poco si attaglia a tale tipo giuridico; in particolar modo
la causa del cash pooling va individuata nella gestione della tesoreria e non
nel solo finanziamento, come invece si ha nel mutuo.
Il contratto di conto corrente ordinario, il tipo contrattuale più facilmente
accostabile al cash pooling, si caratterizza, ai sensi dell'art. 1823 c.c., per
il consentire alle parti di semplificare i loro rapporti, gestendo
unitariamente tutti i crediti ed i debiti che insorgono nelle reciproche
relazioni. Le partite vengono annotate su un conto il cui saldo è indisponibile
sino alla scadenza periodica, convenuta tra le parti.
I rapporti, in forza dei quali vengono effettuate le annotazioni sul conto,
mantengono peraltro il loro titolo e la loro autonomia.
La ratio del conto corrente ordinario consta dunque nella semplificazione della
gestione del rapporto evitando numerosi pagamenti reciproci, rendendo nel
contempo il saldo non disponibile sino alla data convenuta.
L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione del 27 febbraio 2002, n. 58/E,
accoglie la tesi del contratto di conto corrente ordinario, esaminando il caso
di un cash pooling nella forma dello zero balance system. In dettaglio, secondo
l'Agenzia, "le rimesse attive della consociata non comportano un onere
restitutorio e la reciprocità delle rimesse nonché l'inesigibilità e
l'indisponibilità del saldo fino alla chiusura del conto concorrono a
qualificare l'accordo negoziale, evidenziando caratteristiche non riconducibili
nel rapporto fra società capogruppo e società residente ad un prestito di
denaro".
La tesi del cash pooling quale contratto di conto corrente ha suscitato le
critiche, della pur scarna dottrina, che si appuntano sui seguenti aspetti.
Rispetto al contratto di conto corrente ordinario il cash pooling appare essere
dotato di un diverso fondamento causale. Nel conto corrente ordinario si ha una
semplificazione dei rapporti, attraverso un meccanismo di compensazione, come
sopra brevemente rappresentato; nel cash pooling si intende invece gestire la
tesoreria di un gruppo societario.
Un'ulteriore considerazione che ha contribuito a confutare la sussumibilità del
cash pooling nell'ambito del contrato di conto corrente ordinario, è stata
individuata nella innegabile funzione di finanziamento del cash pooling stesso.
L'esempio posto all'inizio del presente scritto conforta tale osservazione. La
società in cash, di fatto, funge da finanziatore dell'altra partecipant al pool
che non dispone dei necessari mezzi finanziari.
A sostegno di questa ultima tesi sembra deporre anche la sentenza della
Cassazione n. 14730 del 23 giugno 2009 che interviene, sempre in riferimento ad
una specifica problematica fiscale, relativamente al cash pooling di un noto
gruppo italiano. Secondo la Suprema Corte "la tenuta della cassa comune
tra due o più imprese, cash pooling per gli anglisti, quali che siano le
modalità contabili di tenuta, adempie all'evidente funzione di escludere o
limitare l'accesso al credito bancario, finanziando l'impresa partecipante alla
cassa comune con gli attivi di cassa dell'altra o delle altre imprese".
Le aporie sopra sinteticamente descritte circa la tesi del conto corrente
ordinario hanno quindi portato la dottrina, a nostro avviso condivisibilmente,
ad inquadrare il contratto in oggetto tra i contatti atipici ai sensi dell'art.
1322.
3 Il cash pooling ed i profili di responsabilità nell'ambito del gruppo di
società.
L'attenzione posta sugli aspetti fiscali e la scarsa notorietà del contratto in
oggetto ci sembra non abbiano consentito una adeguata attenzione su alcuni
profili di estremo interesse, ad avviso di chi scrive, in relazione al
contratto in oggetto.
Il cash pooling nasce per gestire al meglio i flussi finanziari all'interno di
un gruppo e conseguentemente, per sua natura, consente di trasferire risorse da
una società all'altra all'interno del medesimo gruppo.
Questa notazione ci consente di indicare almeno due rischi connessi con
l'utilizzazione maliziosa del cash pooling.
In primo luogo vi è la possibilità che una delle società del gruppo, dotata di
capitali insufficienti alla gestione, venga sostenuta dalla liquidità offerta
dalla società pooler, mantenendo quindi una situazione di
sottocapitalizzazione.
In secondo luogo attraverso il cash pooling si può depauperare una società a
favore delle altre; estremizzando, sotto questo profilo, si potrebbe
configurare una ipotesi di bancarotta preferenziale (aspetto quest'ultimo che
non costituisce oggetto del presente lavoro).
Va preliminarmente rilevato che la giurisprudenza nazionale circa il cash
pooling è assente, anche se la problematica dei finanziamenti infragruppo e
della mancanza di sufficienti risorse finanziarie a sostegno di specifiche
società appartenenti al gruppo sono già state affrontate.
Nell'ambito della giurisprudenza tedesca, la tematica è stata oggetto di una
nota pronuncia del 24 novembre 2003 della Bundesgerichtshof (BGH - Corte di
Giustizia Federale). A riprova della concretezza dei rischi giuridici posti dal
cash pooling, la sentenza concerneva la legittimità dei finanziamenti, da parte
di un partecipante al cash pooling, a favore del pooler (finanziamento detto
upstream loan), in relazione all'obbligo di tutelare il capitale della società.
La Corte di Giustizia Federale, nella sentenza sopra citata, non vieta in
assoluto il finanziamento da parte della società appartenente al gruppo ma
richiede la presenza di alcuni elementi per consentire tale operazione. In
dettaglio: la concessione del finanziamento deve essere nell'interesse della
società, deve essere regolato a condizioni di mercato e non vi devono essere
dubbi circa la capacità della società finanziata di ripagare il debito.
La soluzione offerta dalla Corte di Giustizia Federale tedesca ha suscitato
perplessità tra i giuristi, in particolar modo è apparsa ambigua e quindi non
in grado di fornire una sicura chiave interpretativa circa la legittimità dei
singoli contratti di gestione accentrata della tesoreria.
Il legislatore si è fatto carico del problema ed attraverso la novella
legislativa del 2006 (Entwurf eines Gesetzes zur Modernisierung des GmbHRechts
und zur Bekämpfung von Missbräuchen - MoMiG) ha modificato la normativa circa
la tutela del capitale sociale, consentendo, tra gli altri aspetti,
l'utilizzazione del cash pooling, in particolar modo in presenza di uno
specifico accordo.
Ad avviso di chi scrive, i due principali rischi legati all'utilizzazione del
cash pooling possono essere affrontati utilizzando i frutti delle riflessioni
maturate dalla dottrina circa i finanziamenti all'interno dei gruppi societari.
Il primo rischio sopra citato fa riferimento alla possibilità che il cash
pooling venga utilizzato per finanziare una società del gruppo che risulta
priva dei mezzi propri necessari.
A questo proposito va ricordato che la riforma del diritto societario (d. lgs.
n. 6 del 17 gennaio 2003) ha introdotto nel Codice Civile l'art. 2497- quinques
che, richiamando l'art. 2467, prevede la postergazione dei finanziamenti, a
favore della società, concessi da parte di chi esercita attività di direzione e
coordinamento o da altri soggetti sottoposti alla medesima attività di
direzione e coordinamento.
La ratio della norma va rintracciata nella volontà di tutelare i creditori
terzi della società che non dispone di sufficienti mezzi propri ma viene
sostenuta dal gruppo di appartenenza con finanziamenti che, di fatto,
sostituiscono il capitale necessario all'attività. La soluzione, prevista dal
codice civile a tutela dei creditori, è quindi la postergazione del credito
infragruppo rispetto alla soddisfazione dei creditori terzi.
L'art. 2467 c.c. precisa che i finanziamenti da postergarsi devono essere stati
concessi, anche in riferimento al tipo di attività esercitata dalla società,
quando risultava un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al
capitale netto oppure, con una formula più ampia, in una situazione finanziaria
nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.
L'utilizzo del cash pooling, strumentale all'evitare la capitalizzazione della
società, ad avviso di chi scrive, vedrebbe l'applicazione dell'art.
2497quinques c.c..
Si configurerebbe infatti una situazione nella quale la società viene ad essere
finanziata da un'altra società del gruppo, la società pooler, sia che essa
rivesta il ruolo di holding sia di mero soggetto sottoposto alla attività di
direzione e coordinamento della holding stessa.
L'art. 2467 c.c. concerne i finanziamenti "in qualsiasi forma
effettuati". La dottrina si è interrogata circa l'ambito di applicabilità
della norma ma appare pacifica nell'affermare la riconducibilità a tale
espressione dei mutui, anche gratuiti, delle aperture di credito, della
rinuncia ai crediti e del factoring.
Il cash pooling ci sembra pianamente riconducibile all'espressione
finanziamento in qualsiasi forma effettuato da cui all'art. 2467 c.c.; in
particolar modo la funzione latamente creditoria che può assumere il cash
pooling stesso, come esposto in sede di ricerca in ordine alla qualificazione
giuridica del contratto, conferma, ad avviso di chi scrive, la soluzione
proposta.
Rispetto alla tematica sopra esposta, il cash pooling può porre l'opposto
problema della costante fuoriuscita di mezzi finanziari da una delle società
partecipanti.
L'accentramento della liquidità presso un singolo soggetto difficilmente potrà
essere economicamente indifferente rispetto al partecipante al cash pooling,
sino, all'estremo, da poter essere strutturalmente negativo. Poniamo il caso di
una delle società del gruppo che sia frequentemente in cash in quanto, ad
esempio, svolga una attività che produce flussi di cassa positivi e che, grazie
a tale liquidità, finanzi altre società del gruppo.
A questo proposito, si ripropone la nota questione degli interessi compensativi
nell'ambito del gruppo societario con le relative ambiguità e spazi di
discrezionalità per l'interprete.
Rimane fermo che la singola società appartenente al gruppo, quindi anche la
società "finanziatrice" del caso di cui sopra, deve poter conseguire
un vantaggio dal contratto di cash pooling ancorché prospettico e futuro.
In questo senso anche la Suprema Corte che, con la sentenza n. 18728 del 2007,
afferma che "non è invocabile un'automatica liceità dei finanziamenti a
favore delle società collegate, se non risultano i vantaggi per la società
amministrata delle operazioni che la depauperavano, occorrendo un interesse
economicamente e giuridicamente apprezzabile non coincidente con la logica in
sé dell'operazione interna al gruppo d'imprese".
Le sopra esposte osservazioni rendono necessario gestire con attenzione le
formalità richieste dal codice civile in tema di rapporti infragruppo quali
l'indicazione, ai sensi dell'art. 2497-bis, dei rapporti intercorsi con chi
esercita l'attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi
sono soggette nonché l'effetto che tali attività ha avuto sull'esercizio
sociale e sui suoi risultati. Relativamente alla tematica in oggetto risulta di
particolare interesse l'art. 2497-ter c.c. secondo il quale le decisioni delle
società oggetto di attività di direzione e coordinamento, quando da queste
influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale
indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla
decisione, con obbligo di darne conto nella relazione di gestione. Ci sembra
che il contratto di cash pooling risponda alle
caratteristiche indicate dai due articoli sopra citati con i relativi obblighi
a carico degli amministratori.
III. I precedenti
La giurisprudenza nazionale non ha specificatamente affrontato le problematiche
poste dal cash pooling. Vanno peraltro segnalate, anche per l'eco che hanno
avuto tra i pratici, le risoluzioni dell'Agenzia delle Entrate del 27 febbraio
2002, n. 58/E., dell'8 ottobre 2003, n. 194/E e le circolari n. 11/E del 17
marzo 2005 nonché n. 19/E, 21 aprile 2009. In merito si ricorda in particolare
T. TREVISAN, Cash pooling, aspetti civilistici e fiscali in www.fiscoggi.it;
L. DI NISCO, Note sui profili impositivi connessi al contratto di tesoreria
internazionale accentrata, in Dir. e prat. trib., 2003, II, 587, quale nota
critica alla risoluzione del 27 febbraio 2002, n. 58/E; J. BLOCH,
L'applicabilità della ritenuta sugli interessi da "cash pooling", in
Corr. tributario, 2002, 2981; D. FESTA, Cash pooling: aspetti civilistici e
fiscali, in Tributi, 2002, 416.
Precedentemente alla risoluzione del 2002: M. BALDAZZI e M. CRISCI, Gli accordi
di «cash pooling» nell'ambito dei gruppi societari, in Dir. prat. soc., n.
13/1999,12; F. e L. DEZZANI, Il cash pooling con soggetti non residenti.
Eventuale utilizzo elusivo, in Fisco, 2002, 4140; M. NESSI, L'accordo di cash
pooling nei gruppi societari, in Fisco, 2000, 13975.
La sentenza CASSAZIONE, n. 14730 del 23.06.2009 risulta, allo scrivente,
inedita.
Circa l'esperienza tedesca si veda il dettagliato lavoro di J. HERBST,
Management Buy-Out, Cash Pooling, Up-Stream Loans and Guarantees in German
Group Companies: Old Concepts - New Developments, in German Law Journal, 2004,
1217 ove anche ampi richiami alla pubblicistica in lingua tedesca.
Con particolare riferimento all'approvazione della MOMIG, ed alla maggiore
sicurezza del quadro giuridico relativamente al cash pooling: U. SEIBERT, Close
corporations - Reforming Private Company Law: European and International
Perspectives, in European Business Organization Law Review, 2007, 83; sulla
medesima rivista, 2008, 97: NOAK U. - M. BEURSKENS, Modernising the German GmbH
- Mere Window Dressing or Fundamental Redesign?. In italiano, assai
sinteticamente, A. MUSURACA, Gruppi societari, responsabilità e cash pooling
come possibile strumento di abuso di dominio alla luce della novella tedesca
"MOMING", in Il Nuovo Diritto delle Società, 2010, 13.
La sentenza CASSAZIONE, n. 18728 del 06.09.2007, è in Mass. Giur. it., 2007.
IV. Dottrina
F. BENCIVEGNA e GALEOTTI FLORI L., Il contratto di cash pooling, in Il Foro
toscano, 2007, 251; P. FABRIS, Il contratto di cash pooling, in Contratti,
2004, 749.
Si veda inoltre A. DACCO', L'accentramento della tesoreria nei gruppi di
società, Giuffré, Milano, 2002 la quale inquadra il cash pooling quale
contratto di gestione; ivi anche dei riferimenti circa le esperienze straniere.
In ordine al problema della sottocapitalizzazione all'interno del gruppo
societario si veda in particolare M. MAUGERI, Finanziamenti "anomali"
dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, Giuffrè, Milano,
2005 inoltre, tra gli altri, G. BALP, I finanziamenti dei soci "sostitutivi"
del capitale di rischio: ricostruzione della fattispecie e questioni
interpretative,
in Riv. Soc., 2007, 345; D. FICO, Finanziamento dei soci e
sottocapitalizzazione della società, in Società, 2006, 1372; G. B. PORTALE, I
"finanziamenti" dei soci nelle società di capitali, in Banca, borsa,
tit. credito, 2003, I, 663; A. NIUTTA, Il finanziamento intragruppo, Giuffré,
Milano, 2000; M. MIOLA, Le garanzie intragruppo, Giappichelli, Torino, 1996.
Circa i vantaggi compensativi nei gruppi societari e la responsabilità della
capogruppo, la pubblicistica è assai ampia, per tutti si ricordano: G. SBISA',
Sulla natura della responsabilità da direzione e coordinamento di società, in
Contratto e Impresa, 2009, 807; in questa rivista S. PATTI, "Direzione e
coordinamento di società": brevi spunti sulla responsabilità della
capogruppo, 2003, II, 357 inoltre A. DACCO', sub art. 2497, in Commentario
breve al codice civile, a cura di Cian - Trabucchi, CEDAM, Padova, 2007.
Circa gli aspetti economici si veda S. A. DALLA RIVA, Cash pooling, Il Sole 24
Ore, Milano, 2008.
*Il presente contributo è in corso di pubblicazione sulla rivista Nuova
Giurisprudenza Civile Commentata.
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