Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 31/01/2010 Scarica PDF

L'operatore qualificato arriva in Cassazione

Luca Ruggeri, Professore


Nota a commento della sentenza Cassazione, Prima Sezione, n. 12138 del 26/05/2009


I. Il caso
Una società produttrice di piastrelle contraeva una operazione di swap, per un valore nozionale di 30 milioni di marchi, con una banca. Il legale rappresentante della società inoltre sottoscriveva una dichiarazione, sottopostagli dalla banca, nella quale si affermava che la società disponeva della competenza ed esperienza in materia di valori mobiliari necessarie per essere considerata un operatore qualificato, ai sensi dell'art. 13 del regolamento Consob n. 5387 del 1991. In seguito all'esito economico dell'operazione, pesantemente negativo, la società conveniva in giudizio la banca chiedendo la risoluzione del contratto ed una consistente somma a titolo di danno. La domanda veniva rigettata in primo grado ed in sede di appello.
La società ricorreva quindi in Cassazione con tre diversi motivi, due dei quali rivestono, ad avviso di chi scrive, un particolare interesse.


Il primo motivo afferma che la previsione dell'art. 13 del regolamento Consob 2 luglio 1991, n. 5387, circa l'operatore qualificato, è priva di fondamento legislativo ed è anzi contraria alle disposizioni della legge n. 1 del 1991. La Prima Sezione della Cassazione, nel rigettare l'argomentazione sottopostale, statuisce che tale previsione di normativa secondaria "non contrasta con la legge, atteso che, pur mancando l'espressa previsione della possibilità di tale esclusione (di applicazione di parte della normativa di tutela), esigenze di tutela differenziata degli investitori sono presenti nel sistema della legge e hanno trovato espressa conferma nella legislazione successiva (art. 6 d.lgs. n. 58 del 1998 e art. 31 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998)".


Il secondo motivo afferma che i giudici di appello avrebbero errato nell'attribuire alla società la natura di operatore qualificato, in conseguenza della semplice sottoscrizione di un documento predisposto dalla banca, senza indagare nel merito se la società fosse effettivamente in possesso di una specifica competenza ed esperienza nella materia dell'intermediazione mobiliare. La Cassazione, in linea con la la giurisprudenza di merito maggioritaria, afferma che la dichiarazione del legale rappresentante della società, secondo la quale la società medesima può essere considerata un operatore qualificato, esonera l'intermediario dall'obbligo di ulteriori verifiche, in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione in possesso dell'intermediario stesso.


La dichiarazione in argomento può inoltre costituire argomento di prova per il giudice, ai sensi dell'art. 116 cod. proc. civ., anche come unica fonte di prova, salve le contrarie allegazioni in ordine alla discordanza tra contenuto della dichiarazione e situazione reale, da provarsi dalla parte interessata.


II. La questione
1. La dichiarazione di operatore qualificato ai sensi dell'art. 13 del Regolamento Consob n. 5387 del 1991 e la legge n. 1 del 1991
La sentenza in oggetto chiude una lunga vicenda processuale tra una impresa ed una banca in ordine ad un contratto swap, di rilevante importo e dall'esito economico assai infausto per l'impresa.
Il punto chiave della vicenda verte sulla dichiarazione di operatore qualificato, sottoscritta dal legale rappresentante dell'impresa ai sensi dell'art. 13 del Regolamento Consob n. 5387 del 1991, secondo il quale, tra gli operatori qualificati, si inseriscono anche "ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari espressamente dichiarata per iscritto".


L'importanza della dichiarazione in oggetto si apprezza considerando che la dichiarazione del legale rappresentante della società, secondo la quale la medesima riveste lo status di operatore qualificato, comporta la rinuncia, da parte della società stessa, alla applicazione di parte della normativa a tutela del cliente così come previsto, per la generalità dei clienti, dalla legge n. 1 del 1991 e dal relativo regolamento Consob di attuazione n. 5387 del 1991.
La deroga in oggetto, prevista dall'art. 13 del summenzionato regolamento, trova la propria giustificazione nella opportunità di non gravare eccessivamente l'operatività dei rapporti quanto la controparte dell'intermediario finanziario vanta conoscenza ed esperienza dei mercati finanziari, e dei relativi prodotti, che gli consentono di rapportarsi con l'intermediario su un piano di pressoché sostanziale parità informativa.
La previsione regolamentare è stata oggetto di critiche in quanto la legge n. 1 del 1991 non contemplava espressamente una graduazione della tutela della clientela e ciò rende assai interessante il primo motivo sottoposto all'attenzione della Suprema Corte.


L'assenza di un richiamo nella fonte primaria, la legge n. 1 del 1991, che espressamente consentisse una minore tutela a favore di alcune categorie di clienti, ha portato il TRIB. MILANO, 11.05.1995, ad affermare: "la norma regolamentare (art. 13 reg. Consob) che prevede un diverso modus operandi nei rapporti con questa categoria di operatori (gli operatori qualificati) non può disapplicare la disciplina legislativa". Per completezza si ricorda tale sentenza considera la dichiarazione di operatore qualificato una clausola di stile priva di efficacia giuridica.
La dottrina maggioritaria (PERRONE, infra, sez. III; ANNUNZIATA, infra, sez IV) rifiuta una lettura meramente gerarchica dei rapporti tra la legge n. 1 del 1991 ed il regolamento Consob n. 5387 che comporterebbe l'illegittimità della normativa secondaria così come affermato da TRIB. MILANO, 11.05.1995. Si preferisce quindi valorizzare la ratio della legge, chiaramente volta a tutelare il cliente nei confronti dell'intermediario finanziario. Ovviamente la ratio non ha senso di essere qualora la controparte dell'intermediario finanziario disponga di conoscenze tali da consentirgli di valutare compiutamente il contratto derivato.
La Suprema Corte accetta pienamente la lettura finalistica della posizione dottrinale sopra rappresentata, affermando che "l'opportunità di non estendere a tutti i clienti la normativa a tutela dell'investitore risponde ad esigenze di contemperare la protezione del cliente medesimo con le ragioni di celerità e di flessibilità dei rapporti contrattuali .... in quanto riservare ad un cliente particolarmente esperto l'identico trattamento previsto per un cliente ordinario conduce all'inutile applicazione di norme di salvaguardia, che si traducono in un rallentamento delle operazioni contrattuali e in un incremento di costi, senza alcun concreto vantaggio per il cliente".


Il referente normativo della normativa secondaria viene individuato dalla Cassazione nell'art. 9 "Vigilanza sulle società di intermediazione mobiliare" della legge n. 1 del 1991. In particolar modo nel secondo comma che attribuisce alla Consob il potere di dettare, d'intesa con la Banca d'Italia, "le regole di comportamento che le società di intermediazione mobiliare devono osservare nello svolgimento delle attività per le quali sono autorizzate".
La Cassazione conclude il proprio ragionamento statuendo che la normativa secondaria "non si pone contra legem, ma si configura praeter legem", svolgendo un ruolo di integrazione della disciplina dettata dalla legge n. 1 del 1991. Nell'ambito dell'esplicazione del proprio ruolo di authority, la Consob opera con l'indispensabile discrezionalità tecnica che caratterizza le authorities e la previsione regolamentare va vista quale manifestazione di detta discrezionalità.
Le conclusioni raggiunte vengono rafforzate da una ulteriore argomentazione.
Secondo la sentenza che qui si commenta la presenza di un principio di tutela differenziata della clientela è immanente alla normativa che disciplina il mercato mobiliare, pur non essendo esplicitamente citato dalla legge del 1991. L'evoluzione della normativa stessa conforta infatti questa conclusione dato che la tematica dell'assenza di una espressa previsione di una minor tutela per gli operatori qualificati è stata successivamente superata in forza della Direttiva 93/22/CEE del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, che, in un "considerando", reputava "opportuno tener conto delle varie esigenze di tutela delle diverse categorie di investitori e del loro livello di esperienza professionale". Il T.U.F. (d. lgs. n. 58 del 1998) ha recepito tale previsione nei propri articoli 6, "Vigilanza regolamentare", e 23, "Contratti"; conseguentemente il regolamento Consob n. 11522 del 1998 , all'art. 31 "rapporti tra intermediari e speciali categorie di investitori", consente di non applicare ai cosiddetti "operatori qualificati" una nutrita lista di disposizioni del regolamento stesso.


Per completezza si ricorda che la direttiva MIFID, ed il suo recepimento con il d. lgs. n. 164 del 2007 e con il regolamento Consob n. 16190 del 2007, ha completamente rivisto il quadro normativo ed in particolar modo ha modificato la classificazione della clientela. Non è più contemplata la categoria degli operatori qualificati bensì la clientela è suddivisa in controparti qualificate ed in clientela professionale; vi è inoltre la clientela al dettaglio, individuata in via residuale nei soggetti non appartenenti alle altre due precedenti categorie. Va sottolineato che la clientela professionale viene reputata tale in forza di precisi elementi quantitativi evitando le incertezze ed ambiguità legate alla mera dichiarazione del legale rappresentante della società (per approfondimenti circa l'impatto della MIFID su punto in oggetto: RUGGERI, I Credit Derivatives, infra, sez. IV).


2. La dichiarazione di operatore qualificato e gli obblighi dell'intermediario finanziario
La sentenza in oggetto presenta un ulteriore punto di grande interesse ed attualità dato che le conclusioni alle quali è pervenuta la Cassazione sono estensibili anche ai successivi regolamenti Consob n. 8850 del 1991 e n. 11522 del 1998, stante il medesimo tenore letterale dei rispettivi articoli circa la dichiarazione di operatore qualificato.
In ordine agli obblighi a carico dell'intermediario finanziario, destinatario della dichiarazione di operatore qualificato rilasciata dal legale rappresentante della società o persona giuridica cliente, la giurisprudenza di merito ha visto un sovrapporsi di sentenze, che hanno assunto pressoché tutte le posizioni ipotizzabili.
In particolar modo la controversia verte sull'esistenza o meno di un obbligo a carico dell'intermediario di valutare l'effettiva sussistenza o meno dell'esperienza e competenza in capo alla società a fronte della dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della società stessa.
Nelle cause in materia finanziaria, soprattutto nel caso relativo ai contratti derivati, l'eventuale invalidità della dichiarazione di operatore consentirebbe l'applicazione della normativa generale, permettendo così al cliente di avvantaggiarsi delle numerose norme di tutela previste dalla Consob nei propri regolamenti, in particolare nel n. 11522 del 1998; previsioni che, in forza dell'art. 31 di tale regolamento, non si applicano all'operatore qualificato. Si pensi, a titolo esemplificativo, all'obbligo di conoscere le esigenze del cliente, di offrire prodotti finanziari adeguati alle necessità del cliente stesso ed agli obblighi informativi a carico dell'intermediario.
Una interpretazione minoritaria, spesso detta "sostanzialistica", reputa che la dichiarazione di operatore qualificato non può limitarsi a riportare il testo normativo ma deve essere accompagnata da ulteriori elementi a sostegno della effettiva natura di operatore qualificato del cliente.
In altri termini, la validità della dichiarazione è subordinata all'effettiva qualità di operatore qualificato ed al rilascio della dichiarazione da parte del legale rappresentante, così come peraltro riportato anche dalla sentenza che qui si commenta; secondo questa linea interpretativa inoltre la dichiarazione dovrebbe indicare, e qui si ravvisa un ulteriore non condivisibile passaggio logico, un collegamento con dei fatti a sostegno dell'affermata qualità di operatore qualificato (ad esempio l'aver posto in essere diverse operazioni in derivati, il disporre di una apposita struttura interna ecc.). La sentenza capofila di questo indirizzo viene individuata in TRIB. NOVARA, 18.01.2007, secondo la quale "quando tale collegamento manca o non è puntualmente individuabile e determinabile, la dichiarazione non dispiega alcun effetto per la radicale indeterminatezza di quanto dichiarato o, in radice, non assume alcun significato giuridicamente apprezzabile, perché tale da risolversi in una mera opinione personale".
Alla stessa stregua TRIB. TORINO, 18.09.2007, secondo la quale la validità della dichiarazione è condizionata dal fatto che la stessa non deve essere indeterminata e deve contenere l'elencazione dei fatti, non sole opinioni, effettivamente indicativi della competenza e dell'esperienza.
L'interpretazione sopra sinteticamente tratteggiata è minoritaria; al contrario, la giurisprudenza maggioritaria afferma che la dichiarazione "esclude ogni onere di verifica di veridicità da parte della Banca ... lasciando al prudente apprezzamento del legale rappresentante .... la scelta se rendere o meno la dichiarazione", come recita TRIB. MILANO, 20.07.2006.
L'opinione dominante trova fondamento nel testo dei regolamenti Consob che si limitano a richiedere la una mera dichiarazione del legale rappresentante senza alcuna menzione di obblighi a carico dell'intermediario; in particolar modo non vi è nessuna previsione in ordine alla verifica dell'effettiva sussistenza della competenza ed esperienza in capo alla società. Argomento letterale tanto più valido se si considera che il dato testuale è rimasto invariato, per questo aspetto, nei vari regolamenti Consob che si sono succeduti nel tempo.
Ad ulteriore sostegno della tesi maggioritaria, va inoltre considerato che l'intermediario riceve dal legale rappresentante della società stessa una dichiarazione, circa l'esistenza dei requisiti, che "non può porsi nel nulla" secondo TRIB. Milano 20.07.2006.
In questo senso è di interesse, anche in relazione all'autorevolezza del foro, APPELLO MILANO, 12.10.2007, secondo la quale "il tenore letterale della norma la differente disciplina prevista per le persone fisiche e le società e persone giuridiche .... porta ad escludere che anche per queste ultime il possesso dei requisiti di operatore qualificato debba essere documentato".
La sentenza che qui si commenta risolve il contrasto che ha infiammato le corti di merito ponendosi, senza incertezze, nel solco della giurisprudenza dominante.
La Cassazione premette che la natura di operatore qualificato discende dall'esistenza di un requisito sostanziale, la competenza e l'esperienza circa i mercati finanziari, e di un requisito formale, la dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante.
Circa questa ultima la ratio della norma, che prevede tale peculiare modalità per entrare a far parte della categoria degli operatori qualificati, viene individuata nella opportunità di richiamare l'attenzione del cliente sull'importanza della dichiarazione stessa ed "a svincolare l'intermediario dell'obbligo generalizzato di compiere uno specifico accertamento di fatto su un punto".
L'assenza dell'obbligo dell'intermediario viene infatti motivata facendo ricorso ad un argomento di tipo letterale, di per sé risolutivo, dato che "nella disposizione in esame (l'art. 13 del Regolamento Consob n. 5387 del 1991) non si rinviene alcun riferimento alla rispondenza tra il contenuto della dichiarazione e la situazione di fatto effettiva e non è previsto a carico dell'intermediario alcun onere di riscontro della veridicità della dichiarazione", mentre viene valorizzata l'aspetto relativo alla responsabilità del dichiarante.
E' consequenziale alla rilevanza attribuita alla dichiarazione dalla Suprema Corte che la dichiarazione stessa possa essere utilizzata quale argomento di prova, ai sensi dell'art. 116 C.P.C., per il Giudice.
Risulta quindi chiara la conformità della sentenza in oggetto con l'orientamento giurisprudenziale dominante che trova piena conferma oltre che nelle conclusioni anche nelle motivazioni sottostanti alle stesse.
Al fine di comprendere compiutamente la sentenza della Cassazione un ulteriore riflessione ci appare necessaria.
La soluzione adottata dalla Cassazione potrebbe apparire eccessivamente formale. Si potrebbe infatti pensare che in essa si rinunci a qualsivoglia tutela per quei soggetti che, incautamente, abbiano sottoscritto la dichiarazione di operatore qualificato, senza essere tali e senza aver conseguentemente compreso la portata della dichiarazione. Al contrario la problematica è all'attenzione del Giudice che si esprime sia sull'obbligo di prova che sull'oggetto della medesima.
In primo luogo, secondo la Cassazione "nel caso di asserita discordanza tra il contenuto della dichiarazione e la situazione reale da tale dichiarazione rappresentata, graverà su chi detta discordanza intende dedurre,
al fine di escludere la sussistenza in concreto della propria competenza ed esperienza in materia di valori mobiliari, l'onere" della prova.
Ad avviso di chi scrive è una conclusione corretta e rispettosa dei principi del nostro ordinamento in tema di prova; infatti secondo l'art. 2697 cod. civ. sarà il cliente dell'intermediario, che, ricordiamo, ha già rilasciato la dichiarazione, a dover provare che la medesima è fallace.
Di grande rilievo è inoltre il passaggio della sentenza secondo il quale va provata sia la "la mancanza di detti requisiti" che "la conoscenza da parte dell'intermediario mobiliare delle circostanze medesime, o almeno della loro agevole conoscibilità in base ad elementi obiettivi di riscontro, già nella disponibilità dell'intermediario stesso o a lui risultanti dalla documentazione prodotta dal cliente."
Il cliente che ha sottoscritto la dichiarazione mendace deve quindi provare di non essere effettivamente un operatore qualificato ed inoltre, si noti, la mancata conoscenza da parte dell'intermediario stesso della natura di operatore qualificato della sua controparte.
E' necessario sottolineare l'importanza del punto relativo alla mancata conoscenza da parte dell'intermediario, aspetto assai delicato e potenzialmente foriero di ulteriori diatribe.
Si potrebbe, in ipotesi, sostenere che l'intermediario non poteva non sapere che il suo cliente era un cliente "ordinario" e non un operatore qualificato, sulla base della considerazione che la banca è un operatore specializzato, dotato di specifiche competenze e di una notevole mole di informazioni; ipotesi eventualmente supportata dalla considerazione della natura qualificata della responsabilità dell'intermediario finanziario.
Conseguenza di siffatta interpretazione sarebbe il porre nel nulla la dichiarazione di operatore qualificato in quanto, una volta provato l'assenza della natura di operatore qualificato, la conoscenza o la conoscibilità da parte dell'intermediario sarebbero conseguenze necessarie.
Questa conclusione si porrebbe in palese conflitto con la funzione che la Cassazione, nella presente sentenza, attribuisce alla dichiarazione, cioè "svincolare l'intermediario dell'obbligo generalizzato di compiere uno specifico accertamento" circa la natura di operatore qualificato del cliente.
La corretta interpretazione è, ad avviso di chi scrive, ben diversa.
Il cliente deve provare che l'intermediario era a conoscenza dell'assenza della qualità di operatore qualificato o che tale assenza si sarebbe potuta agevolmente ricavare dalla documentazione in possesso dell'intermediario stesso. In altri termini la natura di cliente ordinario deve essere manifesta, non devono essere necessarie attente analisi, proprio in quanto la funzione della dichiarazione, così come chiarito dalla Cassazione, è quello di evitare all'intermediario l'obbligo di effettuare accertamenti sul punto.
Circa questo aspetto, la Cassazione non si dilunga ma ci sembra che il testo della sentenza fornisca un palese sostegno a quanto sopra argomentato. La decisione della Suprema Corte infatti richiede al cliente, che contesta la veridicità della dichiarazione, che egli provi "almeno della loro agevole conoscibilità (delle circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti) in base ad elementi obiettivi di riscontro".
Il riferimento alla agevole conoscibilità ci consente di comprendere il pensiero della Suprema Corte in quanto l'espressione "agevole conoscibilità" ha un senso solo inquadrandola nell'ambito della ricostruzione sopra esposta ove all'intermediario non sono attribuiti, in presenza della nota dichiarazione, compiti di verifica circa la veridicità della dichiarazione stessa ma ciò non consente all'intermediario stesso di sottrarsi ad un livello minimale di responsabilità qualora la distonia tra realtà e dichiarazione sia chiaramente percepibile.
Il riferimento legislativo di questo obbligo dell'intermediario va rintracciato, ad avviso di chi scrive, nell'art. 21 T.U.F. che impone all'intermediario di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nell'interesse dei clienti e dell'integrità dei mercati. Pur trattandosi di una norma che detta principi generali, espressione dell'art. 1173 cod. civ., essa è comunque vincolante per gli intermediari ed impone il rispetto di un livello minimale di diligenza che, così come già scritto in riferimento alla conforme APPELLO MILANO, 12.10.2007 (RUGGERI, infra, sez. III), va rintracciato nella agevole riconoscibilità dell'assenza dei requisiti per considerare la persona giuridica quale operatore qualificato.


III. I precedenti
Circa il regolamento Consob n. 5387 del 1991, e la sua affermata inefficacia, TRIB. MILANO, 11.05.1995, in Banca, borsa e tit. credito, 1996, II, 442 con nota dissenziente di A. PERRONE, ove anche ulteriori riferimenti circa le posizioni dottrinali in merito alla legittimità dell'art. 13 di detto regolamento.
A sostegno della cosiddetta interpretazione sostanzialistica, riguardo alla dichiarazione di operatore qualificato, si vedano TRIB. NOVARA, 18.01.2007, in Società, 2008, 757 con nota di G. AFFERNI, Interest Rate Swap e responsabilità degli intermediari finanziari, e TRIB. TORINO, 18.09.2007, in Nuova Giurisp. Civile Comm., 2008, I, 337 con nota di P. BONTEMPI, Gli obblighi di trasparenza dell'intermediario mobiliare nella conclusione di contratti di interest swap. Più recentemente, con una assai sintetica motivazione che riproduce le sopra citate sentenze, TRIB. VICENZA, 12.02.08 in Banca, borsa e tit. credito, 2009, II, 203 con nota conforme di C. TATOZZI, La nozione di "operatore qualificato" tra vecchie certezze interpretative e nuovi assetti normativi. Si veda inoltre APPELLO TRENTO, 5.03.2009 consultabile sul sito www.ilcaso.it.
Per l'interpretazione maggioritaria si ricordano, tra le altre, TRIB. MILANO, 20.07.2006 in Nuova Giurisp. Civile Comm., 2007, I, 809 con nota di D. TOMMASINI, La dichiarazione "autoreferenziale" di essere un operatore qualificato e l'onere di verifica in capo all'intermediario destinatario; inoltre APPELLO MILANO, 12.10.2007, in Nuova Giurisp. Civile Comm., 2008, I, 224 con nota di L. RUGGERI, La prima sentenza d'appello circa l'operatore qualificato ai sensi dell'art. 31 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998 ed in Giur. it., 2008, 1164 con nota di C. MOTTI, L'attestazione della qualità di operatore qualificato nelle operazioni in strumenti derivati fra banche e società non quotate.
In Giur. it., 2008, 2235, con nota di P. FIORIO, La nozione di operatore qualificato per l'investitore persona giuridica, sono riportate alcune sentenze (TRIB. ROVIGO, 3.01.2008, TRIB. VENEZIA, 8.11.2007, TRIB. VERONA, 28.11.2007 e la già citata TRIB. VICENZA, 12.02.2008) che ben illustrano le diverse posizioni assunte dalla giurisprudenza di merito.


IV. Dottrina
Una ampia descrizione della variegata famiglia dei contratti derivati in F. CAPUTO NASSETTI, I contratti derivati finanziari, Giuffrè, Milano, 2007; con particolare riguardo ai derivati creditizi: L. RUGGERI, I Credit Derivatives. Dalla cessione del credito al trasferimento del rischio di credito, Aracne, Roma, 2009.
Il numero di contributi dottrinali specificatamente dedicati all'operatore qualificato è limitato.
Con riferimento all'art. 11 del reg. Consob n. 8850 del 1991, ma le considerazioni sono valide anche per l'art. 13 reg. Consob n. 5387 del 1991, si veda F. ANNUNZIATA, L'intermediazione mobiliare e rapporti semplificati con operatori qualificati, in Società, 1995, 470 che conclude per la validità di tale previsione in una ottica di lettura sistematica.
Successivamente all'entrata in vigore del T.U.F. ed al reg. Consob 11522 del 1998: V. V. CHIONNA, L'accertamento della natura di "operatore qualificato" del mercato finanziario rispetto ad una società, in Banca, borsa e tit. credito, 2005, II, 36; L. RUGGERI, L'operatore qualificato con particolare riguardo ai contratti swap, in Nuova Giurisp. Civile Comm., 2006, II, 402; F. SARTORI, Gli swaps, i clienti corporate e la nozione di operatore qualificato, e B. INZITARI, Strumentalità e malizia nella predisposizione e raccolta della dichiarazione di operatore qualificato, entrambi consultabili sul sito www.ilcaso.it; G. SALATINO, Contratti di Swap. Dall'"operatore qualificato" al "cliente professionale": il tramonto delle dichiarazioni 'autoreferenziali', in Banca, borsa e tit. credito, 2009, I, 201.
In ordine alla legge n. 1 del 1991, G. F. CAMPOBASSO, L'Eurosim, Giuffrè, Milano, 1997; con specifico riguardo all'operatività in swap nel regime di tale legge: N. SQUILLACE, La legge 2 gennaio 1991, n. 1, e i contratti di swap, in Giur comm., 1996, II, 85.
Circa l'art. 21 del T.U.F.: M. MIOLA, commento sub art. 21, in, a cura di Campobasso, Testo Unico della Finanza, UTET, Torino, 2002; G. ALPA, commento sub art. 21, in, a cura di G. Alpa ed F. Capriglione, Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, Cedam, Padova, 1998; C. RABITTI BEDOGNI, Il Testo Unico della Intermediazione Finanziaria, Giuffrè, Milano, 1998, pag. 170.
Per una visione d'insieme della disciplina del mercato mobiliare successivamente al recepimento della direttiva MIFID: F. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2008.


*Il presente contributo è stato pubblicato sulla rivista Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 12 /2009.


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