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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 13/09/2012 Scarica PDF
I fondi sovrani e la nuova "golden share" italiana
Luca Ruggeri, ProfessoreIntroduzione - I fondi sovrani: alla ricerca di una definizione - I fondi sovrani: motivazioni politiche nelle scelte di investimento? - Le diverse posizioni circa la regolamentazione dei fondi sovrani - La situazione italiana prima della legge n. 56 del 2012 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 1 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 2 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 3 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 3bis - Conclusioni.
Introduzione
La recente legge n. 56 dell'11.05.2012 1, costituisce la conversione, con
alcune modifiche, del decreto del 15.03.2012 circa le norme in materia di
poteri speciali dello Stato nei settori della difesa e della sicurezza
nazionale nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori
dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
L'intervento legislativo apparentemente riforma la cosiddetta golden share2 ma,
in realtà, può vantare un respiro ben più ampio della mera rivisitazione ditale
istituto, è infatti la prima legislazione nazionale volta a tutelare gli assets
strategici nei confronti di potenziali acquirenti stranieri, tra i quali
spiccano per disponibilità finanziarie i fondi sovrani.
La legge oggetto delle presenti note viene promulgata in un momento economico
particolarmente difficile, caratterizzato, come ormai tristemente noto, da una
incisiva crisi finanziaria e dell'economia reale.
In questo contesto hanno assunto un notevole rilievo i così detti fondi sovrani
(Sovereign Wealth Funds) 3. L'espressione fondi sovrani, in prima
approssimazione, designa una variegata gamma di soggetti accomunati dall'essere
di proprietà pubblica e dall'effettuare investimenti a medio e lungo termine.
I fondi sovrani possono perseguire fini diversi, talora anche congiuntamente,
quali ad esempio la stabilizzazione dei flussi generati dall'esportazione di
materie prime, l'accantonamento di risorse a favore delle generazioni future od
il supporto allo sviluppo della propria nazione.
Questi soggetti finanziari non costituiscono una novità assoluta nel quadro
economico dato essi erano presenti già negli anni '504 ma due elementi hanno
significativamente mutato la situazione, sollecitando l'attenzione al fenomeno
anche da parte dei mass-media 5.
In primo luogo la crescita dimensionale degli attivi gestiti dai fondi sovrani.
A causa delle risorse rivenienti dal surplus commerciale di alcuni paesi, così
come dell'esportazione di materie prime, l'attivo dei fondi sovrani viene
stimato, nel 2011, in 4,6 miliardi di dollari Usa, pari a circa il 6% del PIL
mondiale (in aumento rispetto alla pur ragguardevole somma di 2 miliardi di dollari Usa gestita
nel 2007) 6.
Un ulteriore aspetto di novitàè dato dalla diversa politica di investimento posta in essere rispetto al
passato. Tradizionalmente i fondi sovrani esprimevano politiche di investimento
passive, assai prudenti, secondo logiche vicine a quelle delle banche centrali;
essi preferivano quindi attivi molto liquidi e poco rischiosi, principalmente
titoli di stato. L'asset management è ora mutato esprimendo una maggiore
propensione al rischio volta al conseguimento di rendimenti più elevati 7.
A questi due rilievi va sommata la assai scarsa trasparenza che caratterizza i
fondi sovrani, molti dei quali limitano l'informativa ai terzi ad uno scarno
sito internet e non rendono pubblici né i bilanci né i dati circa gli
investimenti 8. Questo aspetto, come vedremo, ha contribuito notevolmente ad
accrescere i dubbi circa i fondi sovrani ed una maggiore trasparenza viene
sollecitata da tutte le organizzazioni internazionali.
Le perplessità in ordine alle logiche che reggono le scelte di investimento, aspetto
che tratteremo brevemente in seguito, unitamente all'ampia disponibilità di
mezzi finanziari inducono a chiedersi quale debba essere il rapporto tra gli
stati ove i fondi sovrani investono (recipient states) ed i fondi sovrani
stessi.
A fronte infatti della opportunità di poter beneficiare dei mezzi finanziari
che i fondi sovrani possono mettere a disposizione, vi sono i timori legati
alla minaccia alla propria sicurezza nazionale, latamente intesa, che le
acquisizioni dei fondi stessi potrebbero concretizzare. In altri termini si
pone la necessità di trovare un punto di equilibrio tra la creazione di un
ambiente favorevole agli investimenti stranieri e la tutela delle proprie
imprese strategiche, coniugando l'apporto di mezzi finanziari con una normativa
che eviti un cherry picking ai danni dello Stato ospite 9.
I fondi sovrani: alla ricerca di una definizione
In via preliminare all'analisi dei diversi profili di interesse è necessario
comprendere cosa si intenda con l'espressione fondi sovrani.
Rozanov 10 descrive, ancorché non ne detti una espressa definizione, dei
soggetti finanziari caratterizzati da alcuni aspetti comuni.
In primo luogo i fondi sovrani fanno capo ai rispettivi governi ed operano
sotto la loro supervisione ma da tale categoria, secondo Rozanov, vanno escluse
le riserve delle banche centrali ed i fondi pensione pubblici 11.
La seconda caratteristica comune è costituita dalla modalità di funding dei
fondi sovrani. Ad essi vengono infatti trasferite parte delle riserve valutarie
in eccesso sia che provengano dall'esportazione di materie prime (commodity
funds) 12, dall'avanzo di partite correnti (non-commodity funds), oppure dal
conseguimento di surplus fiscali.
L'ultima caratteristica comune è data dalle finalità perseguite dai fondi
sovrani che possono essere volti ad effettuare investimenti al fine di
minimizzare, rispetto ai bilanci pubblici, l'eccessiva volatilità delle entrate
(fondi di stabilizzazione), a conservare la ricchezza per le generazioni future
(fondi di risparmio), oppure a sostenere finanziariamente progetti
economico-sociali (fondi di sviluppo).
Il medesimo Autore evidenzia come la finalità perseguita dal fondo sovrano si
rifletta sulla gestione finanziaria con un atteggiamento maggiormente
aggressivo nei fondi a risparmio, che godono di un orizzonte temporale assai
lungo, ed una condotta più prudente da parte dei fondi di stabilizzazione 13.
Appare chiaro, sin da una prima superficiale lettura, che la categoria dei
fondi sovrani sia potenzialmente assai ampia e possa raccogliere soggetti assai
diversi tra loro, ponendo quindi agli studiosi un arduo compito di definizione
del perimetro della categoria stessa.
Allo stato attuale infatti non vi è una definizione generalmente condivisa di
fondo sovrano; in particolar modo risulta assai discusso l'inserimento o meno
dei fondi pensione, ma anche dei fondi di stabilizzazione, tra i fondi sovrani.
Confermano quanto affermato le difficoltà nell'ottenere una convincente
definizione incontrate dalle organizzazioni internazionali, soggetti di estrema
rilevanza dato il carattere tipicamente internazionale delle operazioni dei
fondi sovrani L'Organization of Economic Development (OECD), nel 2007 14, ha
definito i fondi sovrani quali veicoli di investimento governativi, le cui
risorse finanziarie derivano da attività in valuta estera 15.
L'Internationa Monetary Fund (IMF) 16 definisce i fondi sovrani quali fondi di
investimento istituiti dal governo principalmente attraverso il trasferimento
di riserve in valuta estera e gestiti mediante l'impiego in attività estere,
con un orizzonte temporale di lungo periodo, per raggiungere una varietà di
scopi di carattere macroeconomico. La categoria viene quindi suddivisa in
cinque diverse tipologie di fondi sulla base delle finalità perseguite: i fondi
di stabilizzazione, i fondi di risparmio per le future generazioni, le reserve
investment corporation, i fondi di sviluppo, i fondi pensione pubblici.
La Commissione Europea descrive sinteticamente i fondi sovrani quali veicoli di
investimento di proprietà statale che gestiscono un portafoglio diversificato
di assets finanziari domestici ed internazionali 17.
Un particolare rilievo, a questo proposito, assume la definizione adottata
dall'International Working Group (IWG) 18 , organizzazione internazionale
costituita da rappresentanti dell'IMF e degli stati proprietari dei principali
fondi sovrani 19. Secondo l'IWG, alla luce dei principi da esso espressi, le
caratteristiche dei fondo sovrani sono le seguenti: sono fondi o strumenti di
investimento di proprietà statale (del Governo centrale o comunque di autorità
nazionali); vanno quindi esclusi dalla categoria le riserve valutarie detenute
dalle autorità monetarie, gli investimenti realizzati da imprese di proprietà
pubblica e i fondi pensione. Gli investimenti sono effettuati all'estero,
escludendo quindi i fondi che operano solo all'interno dei propri confini
nazionali. Ulteriore caratteristica dei fondi è l'operare con finalità
finanziarie di medio/lungo periodo.
Questa ultima definizione è di particolare interesse in quanto l'IWG, nel 2008,
ha diffuso una serie di principi (GAPP - Generally Accepted Principles and
Practices), detti Santiago Principles, che costituiscono un apporto di
particolare importanza nella discussione in corso, data la composizione
dell'IWG ed in particolare la presenza di numerosi stati dotati di fondi
sovrani.
Va sottolineato che Santiago Principles sono da adottarsi su base volontaria e
la loro attuazione è soggetta alla normativa degli stati ospiti.
L'IWG ha esplicitato i fini dei Santiago Principles 20 volti a creare un
ambiente favorevole ai fondi sovrani, reputati importanti e positivi attori
finanziari, regolando nel contempo l'operatività di questi ultimi in modo da
rassicurare gli Stati ove i fondi intendono investire, in particolar modo in
ordine alle finalità degli investimenti dei fondi stessi.
I 24 GAPP richiedono infatti ai fondi sovrani l'adozione di alcuni principi per
evitare un uso strumentale degli investimenti. In particolar modo, tra i
numerosi aspetti, devono assicurare una gestione operativa volta al
conseguimento degli interessi del fondo (GAAP 9 21), onde escludere le
pressioni politiche sulla gestione, e devono fornire chiarimenti circa le
motivazioni degli investimenti non finanziari del fondo (GAPP 19.1 22).
L'articolata serie di posizioni, sopra sinteticamente rappresentata, è stata
maturata principalmente dagli studiosi di economia23 mentre l'apporto dei
giuristi appare essere numericamente assai modesto.
In particolar modo a livello nazionale va segnalato il contributo di Bassan24
che nel proprio lavoro sottolinea l'importanza di una precisa definizione dei
fondi sovrani ai fini di una loro accurata regolamentazione 25.. Egli
sottolinea come uno dei timori principali degli Stati che ricevono investimenti
da parte dei fondi sovrani sia rappresentato dall'acquisizione, al fine di
ottenerne il controllo, di partecipazioni in imprese operanti nei settori
strategici.
Coerentemente con la preoccupazione precedentemente espressa Bassan definisce i
fondi sovrani come fondi costituiti e gestiti direttamente dallo Stato (o
comunque controllati dallo Stato) che adottano molteplici strategie di
investimento, tra le quali l'acquisizione di azioni emesse da imprese quotate
sui mercati internazionali ed operanti in settori strategici.
Ad avviso di chi scrive la ricerca di una definizione, che consenta di
delimitare il perimetro del fenomeno fondi sovrani, pur scientificamente
rilevante risulta di assai minore valenza sotto il profilo normativo.
Come vedremo in seguito i limiti posti ai fondi sovrani, con particolare
riguardo alla normativa nazionale, prescindono dalla puntuale individuazione
dei destinatari ditali vincoli. Al contrario, in particolar modo, stante
l'attuale quadro della giurisprudenza comunitaria, ben difficilmente
l'individuazione dei fondi sovrani quali oggetto di limitazioni nell'acquisto
di quote societarie in Italia avrebbe superato il vaglio della giurisprudenza
comunitaria.
I fondi sovrani: motivazioni politiche nelle scelte di investimento?
La natura pubblica dei fondi sovrani ha suscitato perplessità ed allarme, in
particolar modo ci si è interrogati circa le logiche che reggono le loro scelte
di investimento.
I mass-media ed i politici hanno espresso posizioni assai critiche, palesando
la preoccupazione di investimenti ostili da parte dei fondi sovrani 26
Appare evidente il rilievo della problematica in quanto un asset management
volto esclusivamente alla massimizzazione del rischio-rendimento, principio che
regge le scelte degli operatori finanziari, renderebbe inopportuna e punitiva
una tutela da parte dello Stato ospite nei confronti dei fondi sovrani;
qualora, al contrario, le scelte dei fondi sovrani fossero dettate da ragioni
politiche una normativa per regolamentare il fenomeno sarebbe auspicabile.
L'opacità che caratterizza i fondi sovrani, così come le significative
differenze tra i vari fondi, non aiutano certo i ricercatori ed i policy makers
nel pervenire ad una risposta univoca alla domanda circa la presenza di
motivazioni politiche nelle scelte di investimento.
La letteratura scientifica economica ha cercato di rispondere al quesito ma,
allo stato attuale, non si è giunti ad una conclusione unanime.
Una parte degli studiosi di economia 27 propende per una visione in forza della
quale tali soggetti operano scelte sulla base di motivazioni economiche.
In tal senso anche un lavoro della OECD 28, condotto su una campione formato da
17 fondi sovrani confrontati con i 25 fondi comuni di investimento di maggior
rilievo, che ha concluso che l'asset management dei fondi non differisce
rispetto alle scelte, sia a livello geografico che settoriale, operate dai
fondi comuni di investimento di grandi dimensioni 29.
Altri autori si pongono su posizioni assai più articolate.
Alcuni 30 affermano infatti che i fondi sovrani tendono ad investire in paesi
con culture simili a quella della nazione del fondo sovrano stesso; tale
comportamento consentirebbe di ridurre l'asimmetria informativa presente negli
investimenti internazionali, aspetto che sarebbe funzionale a motivazioni di
tipo politico.
Un altro studio 31 si esprime in termini ancora più critici affermando
esplicitamente la rilevanza delle considerazioni di natura politica nell'ambito
dell'asset management; aspetto che tende ad assumere maggiore importanza
qualora nel consiglio di amministrazione del fondo siano presenti membri
politici e la gestione non sia affidata a managers esterni 32. Gli Autori
considerano conseguenza ditale situazione una propensione ad investire in una
ottica domestica, favorendo imprese con alti price/earnings al momento
dell'acquisizione 33.
Risulta inoltre estremamente interessante un articolo recentemente pubblicato
34 che propone una complessa linea interpretativa.
Analizzando un ampio gruppo di 900 acquisizioni operate dai fondi sovrani nel
periodo 1984-2009, un campione significativamente più consistente, secondo gli
Autori, rispetto ai precedenti studi, si giunge ad una serie di articolate
conclusioni.
In primo luogo lo studio afferma che le scelte di investimento dei fondi
sovrani sono influenzate da aspetti politici, respingendo esplicitamente la
tesi secondo la quale i fondi sovrani sono operatori finanziari interessati
alla massimizzazione del rapporto rischio-rendimento 35.
In particolar modo, secondo tale studio, le motivazioni politiche risultano
rilevanti nella scelta dello Stato ove investire mentre sono meno determinanti
ai fini della quantificazione dell'investimento 36.
Le conclusioni dell'articolo sono di grande interesse anche se gli autori
stessi avvertono che la notevole varietà nella tipologia di fondi di
investimento rende impossibile definire una risposta unica, valida in tutte le
situazioni 37.
Le diverse posizioni circa la regolamentazione dei fondi sovrani
L'ambiguità circa le reali determinanti nelle scelte di investimento dei fondi
sovrani si riflette, in dottrina, sulla problematica in ordine alla necessità o
meno di regolamentare l'operato dei fondi sovrani.
Le posizioni assunte dagli studiosi coprono pressoché la totalità delle
possibilità anche se ci sembra di poter affermare che risulti prevalente
l'opinione secondo la quale vanno posti maggiori limiti rispetto alla
situazione attuale, ancorché vengano suggerite modalità diverse.
Ad un estremo si posizionano coloro 38 secondo i quali i rischi che
potenzialmente potrebbero porre i fondi sovrani sono già sufficientemente
presidiati dall'attuale normativa; alla stessa stregua la possibilità di futuri
comportamenti guidati da logiche politiche è mitigata dalla legislazione in
essere 39.
Gli Autori peraltro basano le conclusioni raggiunte anche sul comportamento, a
loro dire, tenuto dai fondi sovrani sino ad oggi. Nella loro prospettazione i
fondi sovrani avrebbero acquistato solo percentuali limitate delle società
target inoltre le masse da essi gestite non sarebbero tali da consentire il
porre in essere distorsioni del mercato. In sintesi i rischi attribuiti da
molti all'operare dei fondi sovrani apparirebbero sovrastimati.
Una ulteriore considerazione espressa dagli Autori a sostegno della congruità
della normativa vigente, e quindi contro eventuali interventi restrittivi nei
confronti degli investimenti dei fondi sovrani, è dato dal timore che essi
comporterebbero lo spostamento dei flussi finanziari in Paesi meno
"ostili" rispetto a queste forme di investimento.
Nell'ambito della pubblicistica nazionale tale linea di pensiero trova
sostenitori in chi 40 afferma che in assenza di fallimenti del mercato o
distorsioni, che egli non ravvisa, un intervento legislativo sarebbe inutile
41. Altri 42 considerano opportuno attendere, ai fini di una regolamentazione
definitiva del fenomeno, la conclusione dell'attuale crisi economica affinché
si possano evitare posizioni eccessivamente protezionistiche, dettate dalla
situazione emergenziale.
La rilevanza economica dei fondi sovrani e l'opacità del loro operare ha
indotto numerosi autori a sostenere la necessità di un approccio normativo
maggiormente incisivo rispetto al fenomeno in oggetto senza peraltro che vi sia
una visione condivisa circa i principi che dovrebbero reggere tale
regolamentazione.
La parte maggioritaria degli studiosi considera opportuno un intervento a
livello multilaterale, che consenta di contemperare le esigenze di sicurezza
dei paesi recipient con la creazione di un ambiente favorevole agli
investimenti dei fondi sovrani.
In particolar modo si reputa che i principi di Santiago possano essere il punto
di partenza 43 per un maggiore controllo sull'operato dei fondi sovrani auspicando
quindi che l'IMF possa promuovere l'adesione al codice di condotta da parte del
maggior numero possibile dei fondi sovrani, migliorando l'accountability e la
trasparenza dei singoli fondi 44. In tale visione l'OCSE, che non ha eretto
nuove barriere agli investimenti dei fondi sovrani, dovrebbe contribuire alla
eliminazione del protezionismo che intralcia le transazioni cross-border 45.
Bassan 46 condivide l'idea che i principi di Santiago siano il punto di
partenza per formulare una disciplina complessiva dei fondi sovrani e propone
alcune soluzioni "per trasformare l'attuale codice di condotta,
caratterizzato da una partecipazione volontaria, in un deterrente efficace per
i fondi sovrani e una garanzia effettiva per gli stati ospiti 47".
In primo luogo ritiene che le best practices possano essere utilizzate come
strumento di riconoscimento dell'attività dei fondi sovrani da parte degli host
states, in modo che eventuali misure restrittive adottate dai singoli Paesi
possano essere intraprese solo nei confronti di quei fondi che non aderiscono
alle linee guida. Per assicurare il rispetto delle best practices individuate
si ipotizza la presenza di un organismo di supervisione con carattere di
terziarietà 48.
Secondo il medesimo Autore, le linee guida dettate dai Santiago Principles
potrebbero inoltre, essere utilizzate come parametro di riferimento nei
trattati bilaterali 49.
Non si può peraltro sottacere che i Santiago Principles sono stati oggetto di
critiche da parte di chi 50 ne evidenzia la limitata utilità stante la natura
volontaria dell'adesione a tali principi; la stessa scelta di operare
attraverso dei principi generali, non di un codice o di regole, appare
espressione di una limitata valenza coercitiva nei confronti dei fondi sovrani
e della volontà di questi ultimi di non vedere eccessivamente vincolato il
proprio operare.
A livello comunitario sono pressoché assenti le prese di posizione circa la
materia. In dettaglio si ricorda solo il documento "A common European
approach to Sovereign Wealth Funds", approvato dal Consiglio Europeo il
13-14 marzo 2008. Il documento evidenzia l'opportunità di una risposta comune
per assicurare un maggiore peso all'Europa, per mantenere il mercato dei
capitali ben funzionante nell'Unione Europea ed infine per facilitare gli
investimenti stranieri in Europa 51.
In dettaglio le proposte del documento riguardano due aspetti reputati chiave
per creare fiducia nei confronti dei fondi sovrani 52; in primo luogo la
chiarezza e la trasparenza nella governance dei fondi; inoltre, quale secondo
aspetto, una maggiore trasparenza circa le attività e gli investimenti dei
fondi stessi.
Le proposte sopra sinteticamente descritte si pongono a livello internazionale
e soffrono di chiari limiti in ordine alla loro effettiva capacità di limitare
l'azione dei fondi sovrani.
In considerazione della natura giuridica dei fondi, della loro dimensione
internazionale, della difficoltà di un vero enformcement nei loro confronti,
risulta necessario valutare una diversa linea di pensiero assertrice della
maggiore efficacia di un intervento a livello nazionale.
In questo senso la posizione di chi 53 ritiene sia preferibile, rispetto ad un
insieme di norme che incidono direttamente sui veicoli di investimento
governativi, un approccio indiretto che consentirebbe alle autorità di
vigilanza di concentrare l'attenzione sulle transazioni effettuate dai fondi
sovrani, relativamente ai soggetti sottoposti a regolamentazione e vigilanza
delle loro attività, quali ad esempio gli intermediari finanziari ed i mercati
regolamentati 54.
Alla medesima stregua, ed estremizzando la posizione, alcuni 55 reputano che le
azioni emesse da una qualsiasi impresa ed acquistate da un fondo sovrano
dovrebbero vedere sospeso temporaneamente il loro diritto di voto, sino alla
cessione ad un soggetto che non faccia capo, direttamente o meno, ad un governo
straniero; ciò in particolar modo per far fronte al dell'acquisto di
partecipazioni significative, ma non di controllo, in imprese nazionali da
parte dei fondi sovrani.
Secondo questi ultimi Autori la sospensione del diritto di voto opererebbe
quale disincentivo per i fondi sovrani che non siano guidati da valutazioni di
tipo esclusivamente finanziario; al contrario la sospensione non risulterebbe
penalizzante per i fondi sovrani volti solo alla massimizzazione del binomio
rischio-rendimento 56.
Una misura così afflittiva si giustifica peraltro solo nell'ambito di una
visione secondo la quale i fondi sovrani rappresentano uno strumento nel
confronto tra due diverse visioni del capitalismo, il capitalismo di mercato ed
il capitalismo di Stato 57.
Al fine di conseguire i medesimi risultati è stata inoltre ipotizzata la
possibilità di consentire l'operatività dei fondi sovrani solo attraverso
indici (S&P 500, Dow Jones ecc.) evitando così la possibilità che i fondi
sovrani possano influenzare la gestione delle società target 58.
La situazione italiana prima della legge n. 56 del 2012
La legislazione italiana, prima della legge n. 56 del 2012, non prevedeva
alcuna normativa specificatamente volta alla tutela della proprietà nazionale
di assets reputati strategici per la nostra economia; è quindi lecito chiedersi
quali siano gli strumenti a disposizione del Governo a tal fine, soprattutto a
fronte di soggetti stranieri muniti di rilevanti disponibilità finanziarie
quali i fondi sovrani, dopo l'approvazione della legge che qui si commenta.
Si può certamente ipotizzare l'utilizzo, a questo fine, di norme concepite per
scopi del tutto diversi, pensiamo ad esempio alle disposizioni in tema di
partecipazione nelle imprese bancarie59, ma si tratterebbe di una forzatura con
palesi limitazioni in ordine al conseguimento della tutela di cui sopra.
La legge n. 56 del 2012 si inserisce nell'ambito dell'istituto della golden
share, introdotto nel nostro ordinamento giuridico con l'avvio del processo di
privatizzazione delle imprese pubbliche posto in essere a partire dagli anni
'90.
La vicenda normativa della golden share in Italia prende l'avvio con la legge
30 luglio 1994 n. 474 60, conversione del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332,
che trova la propria ratio nella volontà del governo di mantenere la
possibilità di intervenire nella vita delle società in corso, all'epoca, di
privatizzazione.
L'attenzione del legislatore e dei commentatori dell'epoca si è focalizzata su
diversi aspetti ma va sottolineato come la logica dell'intervento legislativo
non contemplava la problematica della tutela delle imprese nazionali a fronte
degli investimenti da parte di soggetti stranieri 61.
Ai sensi dell'art 2 della legge n. 474 del 1994 venivano attribuiti alcuni
poteri speciali al Ministro dell'economia e delle finanze, da esercitarsi
d'intesa con il Ministro delle attività produttive, rispetto alle società
controllate, direttamente o indirettamente dallo Stato, operanti nel settore
della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, e
degli altri pubblici servizi.
Le società oggetto ditali poteri speciali erano da individuarsi con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro
dell'economia e finanze, di intesa con il Ministro delle attività produttive,
nonché con i Ministri competenti per settore, previa comunicazione alle
competenti Commissioni parlamentari 62.
Si evince quindi come l'ambito di operatività della golden share si limiti alla
società, operanti in alcuni specifici settori, controllate dallo Stato e solo
ad esse; sotto questo aspetto, come si vedrà, la legge n. 56 del 2012 segue un
approccio assai diverso.
La peculiarità della normativa nazionale circa la golden share era data dal
fatto che i poteri speciali erano previsti in una clausola da inserirsi, con
deliberazione dell'assemblea straordinaria, nello statuto della società prima
di ogni atto che determinasse la perdita del controllo della società stessa da
parte della mano pubblica. Conseguentemente i poteri speciali potevano
configurarsi pur a fronte di una privatizzazione totale, quindi in assenza di
una golden share intesa come azione di proprietà pubblica 63.
La legge n. 488 del 1999 64 ha limitato la previsione dei poteri speciali
esclusivamente a rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, nel
rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione 65.
I poteri speciali specificatamente indicati dalla norma, così come riscritta
dalla legge n. 350 del 24.12.2003 66 nel tentativo di renderla maggiormente
rispondente ai principi dettati dalla giurisprudenza comunitaria 67, sono i
seguenti:
a) opposizione all'assunzione 68, da parte dei soggetti nei confronti dei quali
opera il limite al possesso azionario di partecipazioni rilevanti, per tali
intendendosi quelle che rappresentano almeno la ventesima parte del capitale
sociale costituito da azioni con diritto di voto nelle assemblee ordinarie o la
percentuale minore fissata dal Ministro dell'economia e delle finanze con
proprio decreto qualora il Ministro ritenga che l'operazione rechi pregiudizio
agli interessi vitali dello Stato.
b) opposizione alla conclusione di patti o accordi di cui all'articolo 122 del
d. lgs. n. 58 del 1998 (T.U.F. - Testo Unico della Finanza) nel caso in cui vi
sia rappresentata almeno la ventesima parte del capitale sociale costituito da
azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria, o la percentuale minore
fissata dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto, in
relazione al concreto pregiudizio arrecato dai suddetti accordi o patti agli
interessi vitali dello Stato.
c) Veto, debitamente motivato in relazione al concreto pregiudizio arrecato
agli interessi vitali dello Stato, all'adozione delle delibere di scioglimento
della società, di trasferimento dell'azienda, di fusione, di scissione, di
trasferimento della sede sociale all'estero, di cambiamento dell'oggetto
sociale, di modifica dello statuto che sopprimono o modificano i poteri
speciali.
d) Nomina di un amministratore senza diritto di voto.
Nel tentativo inoltre di rendere meno discrezionali i criteri di applicazione
dei poteri speciali il DPCM del 10 giugno 2004 69 ha precisato che i primi tre
poteri speciali di cui alla legge n. 474 dl 1994 possono essere esercitati in
relazione al verificarsi delle seguenti circostanze:
a) grave ed effettivo pericolo di una carenza di approvvigionamento nazionale
minimo di prodotti petroliferi ed energetici, nonché di erogazione dei servizi
connessi e conseguenti e, in generale, di materie prime e di beni essenziali
alla collettività, nonché di un livello minimo di servizi di telecomunicazione
e di trasporto;
b) grave ed effettivo pericolo in merito alla continuità di svolgimento degli
obblighi verso la collettività nell'ambito dell'esercizio di un servizio
pubblico, nonché al perseguimento della missione affidata alla società nel
campo delle finalità di interesse pubblico;
c) grave ed effettivo pericolo per la sicurezza degli impianti e delle reti nei
servizi pubblici essenziali;
d) grave ed effettivo pericolo per la difesa nazionale, la sicurezza militare,
l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica;
e) emergenze sanitarie.
In estrema sintesi la normativa nazionale in tema di poteri speciali descrive
un sistema sostanzialmente rivolto a tutelare le società, già pubbliche,
operanti in alcuni specifici settori nei confronti delle quali i poteri
speciali sono attivabili solo in specifiche circostanze 70.
La legislazione italiana circa la golden share va però analizzata attraverso
l'esame della giurisprudenza comunitaria che, nelle varie declinazioni
nazionali dell'istituto, è stato assai severo.
Il testo della legge n. 474 del 1994 è stato oggetto di una prima decisione
della Corte di Giustizia (C-58/99 del 23 maggio 2000) 71 che ne ha sancito la
contrarietà al Trattato CE per il mancato rispetto del diritto di stabilimento
(art. 43 ora art. 49 Trattato sul funzionamento dell'UE - TFUE) e della libera
circolazione dei capitali (art. 56 ora art. 63 TFUE), oltre che della libera
prestazione di servizi (art. 49 ora art. 56 TFUE). La censura si fondava
principalmente sull'argomentazione secondo la quale i poteri speciali non
possono essere basati su generici "obiettivi nazionali di politica
economica e industriale".
Nonostante le modifiche apportate attraverso la legge n. 488 del 1999 e dal
DPCM 11 febbraio 2000 la Commissione prospettò una nuova procedura di
infrazione che comportò l'ulteriore estesa revisione del testo normativo da
parte della legge n. 350 del 2003, unitamente all'emanazione del DPCM 10 giugno
2004.
Questa ultima versione dei poteri speciali è stata comunque oggetto di rilievi
da parta della Commissione Europea e quindi della sentenza 26 marzo 2009 (causa
C-326/07) della Corte di Giustizia.
Pur a fronte delle modifiche apportate e del DPCM del 2004 la Corte di
Giustizia ha statuito la contrarietà dei poteri speciali rispetto all'art. 43 e
all'art. 56 Trattato CE.
In dettaglio i poteri relativi all'opposizione all'assunzione da parte di
investitori di partecipazioni rilevanti o alla conclusione di patti o accordi
tra azionisti (art. 2, comma 1, lett. a) e b) del D.L. n. 332 del 1994) secondo
la Corte violano gli articoli 43 e 56.
La Corte ha ripetutamente affermato che la libera circolazione dei capitali può
essere limitata da provvedimenti nazionali giustificati dalle ragioni di cui
all'art. 58 CE nonché da ragioni imperative di interesse generale purché, in
questo ultimo caso, le misure poste in essere non siano discriminatorie e
risultino proporzionali, nel senso che siano in grado di conseguire lo scopo e
non eccedano quanto necessario per il conseguimento dello scopo stesso.
Nel caso di specie, con riferimento all'art. 56, la Corte sostiene che i
criteri dettati dal DPCM del 2004 siano "formulati in modo generico ed
impreciso". La Corte afferma inoltre che l'assenza di un nesso tra i
criteri del DPCM e i poteri speciali ne accentua l'incertezza in ordine alle
circostanze in cui i medesimi possono essere esercitati; l'assenza ditale nesso
rende, secondo la Corte, discrezionali i poteri con la conseguente mancanza di
proporzionalità rispetto agli obiettivi perseguiti.
Posto che le partecipazioni che conferiscono ai loro detentori il potere di
esercitare una sicura influenza sulla gestione delle società nonché di
indirizzarne le attività e possono dunque limitare la libertà di stabilimento
(all'art. 43), per le medesime ragioni sopra esposte la Corte afferma i criteri
di cui al DCPM conferiscono alle autorità italiane un potere discrezionale
sproporzionato nell'esercizio dei poteri di opposizione.
Circa il potere di veto (art. 2, comma 1, lett. c) del D.L. n. 332 del 1994),
esso è soggetto allo scrutinio relativo al solo art. 43. La Corte afferma che
"le situazioni che consentono di esercitare il potere di veto sono
potenzialmente numerose, indeterminate e indeterminabili e che esse lasciano
alle autorità italiane un ampio potere discrezionale".
In conclusione secondo la Corte di Giustizia i poteri speciali violano gli art.
56 e 43, anche nella versione rivista in base alla legge n. 350 del 2003 ed in
presenza dei criteri di cui al DPCM del 2004, soprattutto in quanto il testo
della norma lascia eccessivi margini di discrezionalità alla pubblica autorità.
La dottrina nazionale ha accolto con notevole interesse la sentenza 72 peraltro
sollevando numerose critiche.
Tra gli aspetti meno convincenti della decisione ne ricordiamo in particolare
due.
E' stato osservato che il rilievo attribuito alla affermata violazione del
principio della circolazione dei capitali, anziché alla libertà di
stabilimento, risulterebbe erroneo e strumentale ad una più semplice prova
della illeggittimità della normativa nazionale 73.
La discrezionalità attribuita, secondo la sentenza, al governo italiano inoltre
è parsa ai commentatori ben delimitata dai principi dettati dal DPCM né
apparirebbe possibile scendere ad un maggiore dettaglio senza accedere ad una
scelta casistica con il conseguente rischio di non includere situazioni gravide
di rischi 74.
La sentenza 326/07, già brevemente descritta, si inserisce nel solco di una
giurisprudenza comunitaria che mostra un atteggiamento assai critico nei
confronti della golden share in tutti i casi sottoposti al suo vaglio 75.
Sono state infatti reputate contrarie agli articoli 56 e 43 le normative
nazionali portoghesi 76, francese 77, spagnola 78, inglese 79 ed olandese 80.
La Corte di Giustizia ha favorevolmente valutato, in tema di golden share, solo
la normativa belga con una sentenza che trova chiari echi nella nuova
disciplina nazionale 81.
La dottrina 82 ha quindi cercato di enucleare le caratteristiche della golden
share rispettosa dei principi comunitari giungendo alla conclusione che essa
deve prevedere un controllo successivo, basato su criteri oggettivi e precisi,
deve rispondere a criteri di interesse generale, non discriminare in ragione
della nazionalità, rispettare il principio di proporzionalità e deve essere
soggetta al controllo giurisdizionale.
La giurisprudenza comunitaria quindi, pur non vietando la golden share, pone
limitazioni assai severe il cui rispetto non è agevole ed inoltre non è certo
sino al vaglio della Corte di Giustizia.
La diffidenza della Corte di Giustizia circa i poteri pubblici nelle società
privatizzate, intesi quali forma di limitazione alla circolazione di capitali,
si palesa peraltro anche nelle sentenze relative a temi vicini a quello della
golden share; in dettaglio si fa riferimento alla sentenza Volkswagen 83 ed alla
sentenza Federconsumatori 84.
Conclusivamente si può affermare che il palese sfavore espresso dalla
giurisprudenza comunitaria, estremamente attenta alla creazione di un mercato
comune caratterizzato dalla libera circolazione dei capitali 85, rischia di indurre
i governi ad evitare le privatizzazioni 86 delle società ed inoltre, con
specifico riferimento al tema oggetto del presente scritto, espone assets
strategici all'acquisizione da parte di soggetti terzi 87, segnatamente da
parte dei fondi sovrani.
La legge n. 56 del 11 maggio 2012
La legge n. 56 del 2012, conversione con modifiche del D.L. n. 21 del 2012,
coglie l'occasione costituita dalla procedura di infrazione avviata nei
confronti dell'Italia 88 per rivedere profondamente la disciplina della golden
share.
La novella è un provvedimento costituito da soli sei articoli 89 , talora
ripetitivi, inclusivi delle previsioni in materia di copertura finanziaria e di
abrogazione della legislazione esistente.
Sin da un primo approccio si rileva come venga ampliato l'ambito di
applicazione dei poteri speciali.
La legge n. 474 del 1994 faceva riferimento alle società privatizzate operanti
nel settore della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti
di energia, e degli altri pubblici servizi.
Al contrario la novella ha riguardo a tutte le imprese ritenute strategiche
operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale (art. 1) e nei
settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (art. 2) 90.
Viene quindi meno qualsiasi riferimento alla proprietà pubblica, riferimento
peraltro già esile nella precedente normativa che si limitava a richiedere una
previa proprietà pubblica, proprio in quanto concepita in relazione al fenomeno
delle privatizzazioni.
La nuova legge si incentra invece su un concetto di strategicità, riferendosi
alle "attività di rilevanza strategica" 91, all'art. 1, ed alle
"reti ed impianti ....,
i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale",
all'art. 2; senza avere nulla a che vedere con la proprietà, sia essa pubblica
o privata.
La norma non fornisce una definizione della strategicità ma rinvia ai decreti
del Presidente del Consiglio, ai sensi dell'art. 1 92, ed ai regolamenti ex
legge n. 400 del 1988, ai sensi dell'art. 2, per l'individuazione di quanto
tutelato dalla norma.
In questo senso il testo legislativo apparentemente consentirebbe una certa
flessibilità al Governo ma l'ispirazione dell'intero provvedimento, palesemente
legato agli approdi della giurisprudenza comunitaria, fa ritenere che le
elencazioni debbano essere restrittive.
Il punto di riferimento per i decreti ed i regolamenti di cui sopra devono
infatti essere gli interessi tutelati; solo la minaccia di un grave pregiudizio
per "gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza
nazionale" (art. 1) o "per gli interessi pubblici relativi alla
sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità
degli approvvigionamenti" consente l'esercizio dei poteri speciali. Ne
consegue che i provvedimenti attuativi ben difficilmente si giustificherebbero
qualora quanto da loro indicato non fosse funzionale agli interessi che la
norma intende tutelare.
Appare di non semplice leggibilità l'espressione "attività" di cui
all'art. 1, così come gli "attivi" nella rubrica dell'art. 2. Ad
avviso di chi scrive tali lemmi riecheggiano chiaramente l'espressione
anglosassone, di natura prettamente economica, "assets" con la quale
si definiscono genericamente degli attivi aziendali 93.
Oltre alla più ampia latitudine della legge, rispetto alla situazione
precedente, emerge sin da una superficiale lettura la curiosa struttura della
legge stessa.
I primi due articoli, che di fatto costituiscono la parte essenziale del corpo
normativo, sono dedicati il primo al settore della difesa e della sicurezza
nazionale ed il secondo ai settore dell'energia, delle comunicazioni e dei
trasporti.
I testi sono ripetitivi, il che rende la lettura poco agevole, ma presentano
delle differenze in forza delle quali si può ipotizzare la volontà del
legislatore di assicurare uno stringente controllo nel settore della difesa 94
mentre per quanto concerne l'art. 2 l'utilizzo dei poteri speciali appare
essere assai più vincolato, sia nei presupposti che nelle modalità di esercizio
in una logica di attento rispetto della giurisprudenza comunitaria.
Una ulteriore riflessione concerne il grado di maggiore sofisticazione
legislativa ed operativa della novella rispetto alla precedente situazione. I
presupposti per l'esercizio dei poteri speciali, così come la possibilità di
porre specifiche condizioni in sede di acquisto di partecipazioni da parte di
terzi, necessitano di una analisi, di natura soprattutto economica, di elevata
complessità; la medesima necessità si presenta in sede di monitoraggio circa il
rispetto delle condizioni poste dal Governo. In conseguenza di quanto sopra la
Pubblica Amministrazione dovrà poter disporre di una capacità analitica di
ottimo livello anche in considerazione dei brevi termini concessi dalla legge
per l'esercizio dei poteri speciali 95.
La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 1
L'art. 1 nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, qualora sussista
la minaccia 96 di un grave pregiudizio agli interessi essenziali della difesa e
della sicurezza nazionale, attribuisce i seguenti poteri speciali al governo:
a) imporre specifiche condizioni relative alla sicurezza degli
approvvigionamenti, alla sicurezza delle informazioni, ai trasferimenti
tecnologici e al controllo delle esportazioni nei confronti di chiunque
acquisti una partecipazione in imprese strategiche.
0) Il potere di veto rispetto all'adozione di delibere da parte
dell'assemblea dei soci o del consiglio di amministrazione di una impresa
strategica 97.
b) Il potere di opposizione all'acquisto, in imprese strategiche e da parte di
un soggetto diverso dallo Stato o da enti pubblici italiani o da questi
controllati, di una partecipazione tale da compromettere nel caso specifico gli
interessi della difesa e della sicurezza nazionale.
In linea con la giurisprudenza comunitaria l'esercizio dei poteri segue una
procedura di opposizione che si apre con la notifica alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
Nel caso dell'art. 1 lettera b) (potere di veto) la società effettua la
notifica della delibera o dell'atto da adottare, unitamente ai necessari
elementi di valutazione (la legge richiede una "informativa
completa"). Entro quindici giorni la Presidenza del Consiglio dei Ministri
dovrà comunicare l'esercizio del potere di veto fatta salva la possibilità di
sospendere il termine, per una sola volta, qualora siano necessarie ulteriori
informazioni che devono essere rese entro dieci giorni; la legge si preoccupa
di precisare che decorsi i termini "l'operazione può essere effettuata".
Le delibere e gli atti adottati in violazione della norma sono nulli e può
essere altresì ingiunto alla società ed alla controparte, qualora vi sia, di
ripristinare, a proprie spese, la situazione anteriore; inoltre, salvo che il
fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni di cui sopra (art. 1
punto 4) è soggetta a sanzione amministrativa 98.
Il potere di veto deve essere graduato secondo un principio di proporzionalità
e quindi sarà esercitato "nella forma di imposizione di specifiche
prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la
tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza
nazionale".
Alla stessa stregua per gli altri poteri (art. 1 lettera a) e c) la procedura
inizia con la notifica, entro dieci giorni dall'acquisizione alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri.
L'obbligo, secondo il testo letterale, non è più subordinato, come nella
previgente disciplina, al fatto che si tratti di una partecipazione rilevante,
per tale intendendosi quelle che costituisca almeno la ventesima parte del
capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto. Ne consegue che
l'acquisto una partecipazione, di qualsivoglia entità, va notificato ad
eccezione del caso delle società quotate per le quali è posta una soglia, ai
fini dell'esercizio del potere speciale, del 2% (di cui all'art. 120, 2° comma,
d. lgs. n. 58 del 1998); per queste ultime peraltro va notificato anche il
successivo superamento delle soglie del 3%, 5%, 10%, 15%, 20% e 25%.
La tempistica e le modalità di esercizio dei poteri sono le medesime sopra
esposte per il potere di veto.
I diritti di carattere non patrimoniale, incluso quello di voto, sono sospesi
"fino alla notifica" espressione che sembra voler intendere che la
sospensione opera sin dall'acquisizione e permane fino al decorso del termine
per l'esercizio dei poteri da parte del Governo.
Circa il potere di cui all'art. 1 lett. a) il mancato rispetto delle condizioni
comporta la sospensione dei diritti non patrimoniali e le eventuali delibere
assunte con il voto determinante della azioni o quote acquistate sono nulle.
Circa il potere di cui all'art. 1 lett. c) l'acquirente non potrà esercitare i
diritti non patrimoniali e dovrà vendere le azioni entro un anno. Qualora non
provveda il tribunale, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, provvederà alla vendita ai sensi dell'art. 2359ter del Codice Civile;
come nel caso precedente, le delibere assunte con il voto determinante delle
azioni o quote acquistate sono nulle.
La sanzione amministrativa è espressamente prevista sono nel primo dei due
casi.
La giurisprudenza comunitaria, come già esposto, ha evidenziato l'affermata
eccessiva discrezionalità della precedente normativa nazionale.
L'art. 1 si preoccupa quindi di precisare che presupposto essenziale per
l'esercizio dei poteri è comunque la minaccia di un grave pregiudizio agli
interessi essenziale della difesa e della sicurezza nazionale ma soprattutto,
al fine di evitare l'accusa di genericità in un ipotetico giudizio presso la Corte
di Giustizia, precisa i criteri per la valutazione della minaccia.
Circa l'esercizio del potere di veto (art. 1 lettera b) il Governo deve
considerare "la rilevanza strategica dei beni o delle imprese oggetto di
trasferimento, l'idoneità dell'assetto risultante dalla delibera o
dall'operazione a garantire l'integrità del sistema di difesa e sicurezza
nazionale, la sicurezza delle informazioni relative alla difesa militare, gli
interessi internazionali dello Stato, la protezione del territorio nazionale,
delle infrastrutture critiche e strategiche e delle frontiere, nonché gli
elementi di cui al comma 3".
Per l'esercizio degli altri due poteri, anche in considerazione della censure
relative agli articoli 43 e 56 CE, viene evidenziato il necessario rispetto dei
principi di proporzionalità e ragionevolezza e indicati quali criteri guida:
- l'adeguatezza della nuova situazione alla prosecuzione dell'attività, al
mantenimento del patrimonio tecnologico, alla sicurezza e continuità degli
approvvigionamenti ed alla esecuzione degli obblighi contrattuali verso le
pubbliche amministrazioni con riguardo alla difesa nazionale, all'ordine
pubblico ed alla sicurezza nazionale 99;
- l'esistenza di rapporti tra l'acquirente e paesi terzi che non rispettano i
principi di democrazia o hanno rapporti con organizzazioni criminali o
terroristiche 100.
La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 2
L'art. 2 ha per oggetto i poteri speciali inerenti "agli attivi strategici
nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni". Sin dalla
rubrica si rileva una differenza rispetto all'art. 1 ove si fa riferimento ai
"poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza
nazionale" senza quindi limitazione agli attivi ma con una indicazione che
appare più ampia.
L'art. 2 sembra infatti concentrarsi, più che su una intera società, solo sui
singoli elementi, genericamente definiti appunto attivi, purché caratterizzati
da una valenza strategica.
A questo proposito con regolamento ai sensi della legge n. 400 del 1988, anziché
con decreto come previsto dall'art. 1 101, dovranno essere individuati "le
reti e gli impianti, ivi compresi quelli necessari ad assicurare
l'approvvigionamento minimo e l'operatività dei servizi pubblici essenziali, i
beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale" nei
settori sopra elencati.
I poteri speciali attribuiti al Governo dall'art. 2 sono:
a) il potere di veto in relazione a qualsiasi delibera, atto od operazione, che
abbia per effetto la modifica della titolarità, del controllo, della
disponibilità o il cambiamento della destinazione degli attivi strategici 102.
b) il potere di vietare l'acquisto di partecipazioni in società che detengono
attivi strategici da parte di un soggetto esterno all'Unione Europea o di
sottoporre l'efficacia dello acquisto stesso alla condizione che l'acquirente
assuma impegni diretti a garantire la tutela degli interessi essenziali dello
Stato.
Circa il potere di cui al punto b) vi sono significative differenze rispetto
all'analoga caso di cui all'art. 1.
In primo luogo vi è una precisa indicazione relativa all'acquirente. Il potere
di porre condizioni o impedire l'acquisto di partecipazioni in imprese
strategiche è infatti limitato agli acquisti effettuati da soggetti esterni
all'Unione Europea, da intendersi, in forza dell'art. 2 punto 5, come
"qualsiasi persona fisica o giuridica, che non abbia la residenza, la
dimora abituale, la sede legale o dell'amministrazione ovvero il centro di
attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio
economico europeo o che non sia comunque ivi stabilito".
A questo proposito va sottolineato, anche con riferimento alla tematica dei
fondi sovrani, come l'art. 3 primo comma, statuisca un principio di reciprocità
relativamente agli acquisti effettuati da un soggetto esterno all'Unione
Europea; principio valido per tutti i settori di interesse della legge in
oggetto e non solo per i settori di cui all'art. 2 103.
In secondo luogo, non viene indicata una soglia di partecipazione, né si
richiede una partecipazione rilevante come nelle precedente normativa per
l'esercizio dei poteri speciali, bensì una assai più impegnativa partecipazione
"di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente
in ragione dell'assunzione del controllo della società" sulla base dei
principi dettati in materia dall'articolo 2359 del codice civile; controllo
che, ai fini della legge in oggetto, può essere ottenuto anche attraverso patti
sociale in forza del riferimento all'art. 122 del d. lgs. n. 58 del 1998.
L'art. 2 ricalca il precedente art. 1, senza rimando ma con disciplina
espressa, circa l'obbligo di notifica alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri delle delibere, atti od operazioni così come dell'acquisto di
partecipazioni sopra indicate; allo stesso modo per la tempistica, la
sospensione dei diritti non patrimoniali, la nullità delle eventuali delibere
assunte con il voto determinante, l'obbligo di ripristino della situazione ex
ante, le sanzioni amministrative ed obbligo di vendere la partecipazione.
Risulta centrale, nell'analisi dell'applicazione dei poteri speciali,
determinare quali siano i principi ai quali dovrà fare riferimento il Governo.
In questo senso l'art. 2, punto 7, statuisce che i poteri speciali di cui al
medesimo articolo vanno esercitati sulla base di criteri oggettivi e non
discriminatori, citando quindi, anche in questo caso, la giurisprudenza
comunitaria, considerando:
- l'esistenza di legami tra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono
i principi democratici o hanno rapporti con organizzazioni criminali o
terroristiche;
- l'idoneità dell'assetto risultante a garantire la sicurezza e la continuità
degli approvvigionamenti così come il mantenimento, la sicurezza e
l'operatività delle reti e degli impianti 104.
Ulteriori limiti all'esercizio dei poteri sono posti sempre dall'art. 2.
Il potere di veto alle delibere, atti e operazioni può essere esercitato solo
qualora essi diano luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla
normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per
gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e
degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.
Rispetto quindi all'art. 1 non è sufficiente la minaccia di grave pregiudizio
ma vi deve essere una situazione caratterizzata dalla eccezionalità,
espressione di per sé ardua da provare.
L'art. 2 precisa inoltre che tale situazione non deve essere già disciplinata
dalla normativa nazionale ed europea, risulta quindi naturale chiedersi che
spazio di applicazione residui in considerazione del fatto che i settori in
oggetto (energia, trasporti e comunicazioni) sono già oggetto di direttive
comunitarie.
Circa il potere di opporsi all'acquisizione di partecipazioni, l'art. 2, punto
6, richiede la minaccia di grave pregiudizio agli interessi essenziali dello
Stato che attribuiscono al Governo la possibilità di imporre impegni
all'acquirente diretti a garantire la tutela di detti interessi.
Qualora invece si voglia impedire tout court l'acquisizione da parte del
soggetto terzo ciò sarà possibile solo "in casi eccezionali" nei
quali il rischio per gli interessi dello Stato non possono essere eliminati
attraverso dei meri impegni.
La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 3
L'art. 3 rubricato "Abrogazioni e norme generali e transitorie"
contiene previsioni di diversa natura.
Il primo comma statuisce il sopra descritto principio di reciprocità.
Viene quindi abolita la precedente normativa circa i poteri speciali a far
data, per ciascun settore, dall'entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 1
e dei regolamenti di cui all'art. 2; fermo restando che l'abrogazione
all'entrata in vigore dell'ultimo dei decreti ovvero dei regolamenti che
completano l'individuazione dei settori 105.
I punti 6-7-8 dell'art. 3 intervengono sul codice del processo amministrativo
attribuendo le controversie relative ai provvedimenti adottati nell'esercizio
dei poteri speciali alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,
individuato nel TAR del Lazio, con l'applicazione del rito abbreviato; anche
sotto questo profilo viene assicurato il rispetto dei principi enucleati dalla
giurisprudenza comunitaria.
La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 3bis
In sede di conversione del decreto legge, si è attribuito un rilevante ruolo di
controllo alle Camere nei confronti dell'attività del Governo innovando quindi
rispetto alla precedente normativa
L'art. 3bis prevede infatti la presentazione annuale, entro il 30 giugno, di
una relazione del Presidente del Consiglio dei Ministri alle Camere in ordine
all'attività svolta sulla base dei poteri attribuiti dalla legge in oggetto con
particolare attenzione ai casi nei quali tali poteri sono stati esercitati ed
agli interessi pubblici tutelati 106.
Va ricordato peraltro che l'art. 1 richiede la comunicazione alle Commissioni
parlamentari competenti dei decreti per l'individuazione delle attività di
rilevanza strategica così come i decreti di esercizio dei poteri speciali.
Alla stessa stregua l'art. 2 ove però è previsto il parere delle Commissioni
parlamentari competenti per l'emanazione dei regolamenti, ai sensi della legge
n. 400 del 1988, volti a definire gli attivi strategici nei settori
dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Conclusioni
Le caratteristiche dei fondi sovrani (le notevoli masse amministrate, la natura
pubblica della proprietà e l'opacità della gestione) esasperano la tematica
dell'equilibrio tra la creazione di un ambiente normativo favorevole agli
investimenti esteri e la tutela delle attività strategiche per lo Stato ove
vengono effettuati gli investimenti stessi, con particolare riguardo al rischio
di perdere gli assests di maggior rilievo.
La legge n. 56 del 2012 costituisce il primo tentativo nazionale di dare
risposta a questa problematica.
L'analisi del testo normativa, e la genesi del medesimo, palesano la volontà
del legislatore di conseguire il pieno rispetto della giurisprudenza
comunitaria in tema di circolazione dei capitali e di libertà di stabilimento,
principi che mal si conciliano con i poteri speciali attribuiti al Governo
nazionale.
Le preoccupazioni circa una svolta protezionistica appaiono quindi infondate
dato che i presupposti per l'attivazione dei poteri speciali sono così
stringenti, soprattutto per i settore dell'energia dei trasporti e delle
comunicazioni, da configurasi solo in una situazione di grave minaccia agli
intessi pubblici così come puntualmente definita dalla legge.
Certamente, ma ciò non può costituire oggetto del presente lavoro, ci si può
porre il dubbio se la tutela degli assets strategici non debba disporre di
strumenti, soprattutto di natura economica, maggiormente funzionali allo scopo,
pur senza tornare alla non rimpianta proprietà pubblica.
1) Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14.05.12, conversione con modifiche
del decreto 15 marzo 2012, n. 21, "Norme in materia di poteri speciali
sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale,
nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei
trasporti e delle comunicazioni".
2) Espressione con la quale si fa riferimento ai particolari poteri attribuiti
all'esecutivo, talora direttamente talora a fronte della proprietà di una
particolare azione, in società operanti in settori di interesse per lo Stato.
Circa la golden share, tra gli altri: MARCHETTI, a cura di, Le privatizzazioni
in Italia, GIUFFRE', Milano, 1995; SODI, Poteri speciali, golden share e false
privatizzazioni, in Riv. soc., 1996, pag. 368; CASSESE, Le privatizzazioni:
arretramento o riorganizzazione dello Stato ?, in Riv. it. dir. pubbl.
comunit., 1996, pag. 579; IB., I controlli pubblici sulle privatizzazioni, in
Giorn. dir. amm., 2001, pag. 855; SPATTINI, Poteri pubblici dopo la
privatizzazione, GIAPPICHELLI, Torino, 2006; GAROFOLI, Golden share e
Authorities nella transizione dalla gestione pubblica alla regolazione dei
servizi pubblici, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1998, pag. 159; SALERNO,
Golden shares, interessi pubblici e modelli societari tra diritto interno e
disciplina comunitaria, in Dir. comm. internaz., 2002, pag. 671; LOMBARDO, voce
Golden Share, in Enciclopedia Giuridica, Roma, 1998 con postilla di
aggiornamento a cura di PETA, 2007; NINATTI, Privatizzazioni: la Comunità
europea e le golden shares nazionali, in Quad. cost., 2000, pag. 702; SAN
MAURO, Golden shares, poteri speciali e tutela di interessi nazionali
essenziali, Luiss Universiy Press, 2003; SANTONASTASO, La "saga"
della "golden share" tra libertà di movimento di capitali e libertà
di stabilimento, in Giur. comm., 2007, pag. 302.
Con particolare riferimento alla tematica in oggetto CARBONE, Golden share e
fondi sovrani: lo Stato nelle imprese tra libertà comunitarie e diritto
speciale, in Dir. comm. internaz., 2009, pag. 503.
Circa la giurisprudenza in ordine alla golden share vedasi infra.
3) I fondi sovrani di maggiori dimensioni, ad oggi, sono: Abu Dhabi Investment
Authority (Abu Dhabi), Government Pension Fund (Norvegia), SAFE Investment
Company e China Investment Corporation (Cina), Government of Singapore
Investment Corporation (Singapore), Hong Kong Monetary Authority Investment
Portfolio (Hong Kong) e la Kuwait Investment Authority (Kuwait). Appare
evidente la rilevante presenza di stati del Medio ed Estremo Oriente, molti dei
quali non in prima linea nella tutela dei diritti umani.
4) Non vi è coincidenza di opinioni circa quale soggetto possa essere
considerato il primo fondo sovrano. Alcuni autori (TRUMAN, A Blueprint for
Sovereign Wealth Fund Best Practices, Policy Brief, Peterson Institute for
International Economics, 2008 e BLUNDEL-WIGNALL, WEI HU-Y, YERMO, Sovereign
Wealth and Pension Fund Issues, Financial Market Trend, OECD, 2008), indicano
la SAMA, la Banca Centrale dell'Arabia Saudita, costituita nel 1952; altri
(KIMMIT, Public Footprints in Private Markets: Sovereign Wealth Funds and the
World Economy, in Foreign Affairs, 2008, pag. 119; KERN, Sovereign Wealth
Funds-state investments on the rise, Deutsche Bank Research, 2007) propendono
per il Kuwait Investment Board così come altri ancora per il Revenue
Equalisation Reserve Fund di Kiribati (BORTOLOTTI, FOTAK, MEGGINSON, MIRACKLY,
Sovereign Wealth Fund Investment Patterns and Performance, Fondazione Enrico
Mattei, 2009), in forza della considerazione che nel 1953 il Kuwait era una
colonia britannica.
5) Tra le operazioni che hanno suscita un certo scalpore vanno ricordati, tra
gli altri, il tentato acquisto della statunitense UNOCAL da parte della
compagnia petrolifera statale cinese CNOOC così come della società Peninsular
and Oriental Steam Navigation Company (P&O), una società britannica che
gestiva sei porti strategici negli Stati Uniti, da parte della Dubai Ports
World. Si veda, anche in riferimento alle conseguenze normative di tali casi,
GUACCERO, PAN, CHESTER, Investimenti stranieri e fondi sovrani: forme di
controllo nella prospettiva comparata USA-Europa, in Riv. soc., 2008, pag.
1359.
6) Dati tratti da CONSOB, I Fondi Sovrani e la regolazione degli investimenti
nei settori strategici, discussion paper, luglio 2012, disponibile presso il
sito dell'authorithy (www.consob.it); essi sono il risultato di una
elaborazione della CONSOB su dati Preqin e FMI. Il paper, con un accento non
scevro da preoccupazioni, evidenzia come "una stima per largo difetto del
peso delle partecipazioni dei Fondi Sovrani sulla capitalizzazione dei mercati
azionari dei principali paesi europei è pari a circa il 3%. In Italia oltre un
terzo delle società quotate è partecipato da Fondi Sovrani, mentre questa
percentuale è compresa fra il 15 e il 25% circa nei maggiori paesi
europei".
7) BANK OF INTERNATIONAL SETTLEMENTS, Capital flows and emerging market
economies, 2009 con particolare riguardo all'allegato 5, Sovereign wealth
funds: implications for capital flows.
8) Vi sono peraltro delle positive eccezioni quali il Government Pension Fund
norvegese. Sono stati elaborati degli indicatori di trasparenza da parte di
TRUMAN (A Scoreboard for Sovereign Wealth Funds, Peterson Institute for
International Economics, 2007) e da due membri dello SWF INSTITUTE;
si ricorda inoltre, con valenza solo per il Medio Oriente, il Web Site
disclosure Index elaborato da DELL'ATTI e MIGLIETTA (Fondi Sovrani arabi e
finanza islamica, EGEA, Milano, 2009).
9) La tematica si trova, con diversi gradi di approfondimento, in gran parte
delle pubblicazioni circa i fondi sovrani. Per una attenta analisi DREZNER,
Fondi sovrani e potere economico nella politica mondiale, in Osservatorio
Monetario, 2008, pag. 64 il quale, pur reputando eccessive alcune
preoccupazioni circa i fondi sovrani, sottolinea come "le misure a favore
della trasparenza non possono eliminare del tutto le preoccupazioni circa le
possibilità e le intenzioni dei potenti soggetti sovrani. Queste
preoccupazioni, unite alla stretta interdipendenza dei mercati finanziari di
oggi, porteranno la struttura degli incentivi nella finanza globale ad
assomigliare a quella della sicurezza internazionale".
10) ROZANOV, Who holds the wealth of nations?, in Central Banking Journal,
Volume XV, n. 4, 2005, pag 52.
11) "These are neither traditional public-pension funds nor reserve assets
supporting national currencies, but a different type of entity
altogether", op. cit.
12) Questo spiega il perché, prima dell'ormai comunemente accettata espressione
"Sovereign Wealth Funds", alcuni esperti "call them oil or
natural resource funds because the overwhelming majority was created with
excess budget revenues from the exports of oil, gas, copper, diamonds,
phosphates and so on" , ROZANOV, op. cit.
13) ROZANOV , Sovereign Wealth Funds: Defining Liabilities, Working Paper,
State Street Global Advisors, 2007, pag 5.
14) ORGANIZATION OF ECONOMIC DEVELOPMENT, International investment of sovereign
wealth funds: are new rules needed ?, Investment Newsletter, n. 5, 2007.
15) Ove i fondi sovrani sono descritti quali "governnment-owned investment
vehicles that are funded by foreign exchange assets government-owned investment
vehicles that are funded by foreign exchange assets ".
16) INTERNATIONAL MONETARY FUND, Sovereign Wealth Funds - A Work Agenda, 2008
secondo il quale ""SWFs are special purpose public investment funds,
or arrangements. These funds are owned or controlled by the government, and
hold, manage, or administer assets primarily for medium to long-term
macroeconomic and financial objectives. The funds are commonly established out
of official foreign currency operations, the proceeds ofprivatizations, fiscal
surpluses, and/or receipts resulting from commodity exports. These funds employ
a set of investment strategies which include investments in foreign financial
assets".
17) Comunicazione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e
Sociale, al Comitato delle Regioni, A common European approach to Sovereign
Wealth Funds, 2008.
18) INTERNATIONAL WORKING GROUP OF SOVEREIGN WEALTH FUNDS, Sovereign Wealth
Funds, Generally Accepted Principles and Practices: Santiago Principles, 2008.
19) Circa le modalità con le quali si è arrivati alla costituzione dell'IWG ed
ai principi da applicarsi ai fondi sovrani, si veda NORTON, The Santiago
Principles for Soverign Wealth Funds: a case study on international financial
standard setting processes, in Journal of International Economic Law, 2010,
pag. 645 il quale si esprime in termini di "a sui generis, ad hoc,
multi-level, rule-oriented governance network process".
20) "The generally accepted principles and practices (GAPP), therefore, is
underpinned by the following guiding objectives for SWFs:
i. To help maintain a stable global financial system andfree flow of capital
and investment;
ii. To comply with all applicable regulatory and disclosure requirements in the
countries in which they invest;
iii. To invest on the basis of economic andfinancial risk and return-related
considerations; and
iv. To have in place a transparent and sound governance structure that provides
for adequate operational controls, risk management, and accountability".
21) "The operational management ofthe SWF should implement the SWF's
strategies in an independent manner and in accordance with clearly defined responsibilities".
22) "If investment decisions are subject to other than economic and
financial considerations, these should be clearly set out in the investment
policy and be publicly disclosed".
23) Esula dallo scopo del presente lavoro una analitica ricostruzione delle
definizioni assunte dai singoli economisti che hanno affrontato la materia,
dalle quali peraltro emerge la già rappresentata difficoltà di ricondurre ad
unità la categoria dei fondi sovrani. Ci limitiamo a segnalare come anche tra i
più autorevoli studiosi alcuni (TRUMAN, The rise of Sovereign Wealth Funds:
Impacts on Foreign Policy and Economic Interests, Testimony before the
Committee on Foreign Affairs, US House of Representatives, Washington, 2008,
pag. 1; BALDING, A Portfolio Analysis of Sovereign Wealth Fund, Working paper,
University of California, Irvine, pag. 10) reputano che i fondi pensione
debbano essere considerati nell'ambito dei fondi sovrani; altri (BLUNDELL,
WIGNALL, WEI HU-Y., YERMO, Sovereign Wealth and Pension Fund Issues, op. cit.,
pag. 2-3) concordano con l'esclusione dei fondi pensione riconducibili al
sistema di previdenza nazionale ma si rilevano anche posizioni contrarie
(KIMMITT, op. cit, pag. 120).
Non mancano peraltro tentativi di definizione della categoria per esclusione,
ad esempio quali veicoli di investimento statali diversi dalle banche centrali
o autorità monetarie che gestiscono le riserve in valuta e dei fondi pensione
(GILSON, MILHAUPT, Sovereign Wealth Funds and Corporate Governance: a
Minimalist Response to the New Merchantilism, Law and Economics working paper ,
febbraio 2008, pag. 13, disponibile sul sito http://ssrn.com); altri
pongono particolare attenzione al funding (SWF INSTITUTE, What is a SWF ?,
2009, disponibile sul sito http://www.swfinstitute.org).
24) BASSAN, Una regolazione per i fondi sovrani, in Mercato, concorrenza,
regole, 2009, pag. 95.
25) BASSAN, op. cit., pag. 99, ha evidenziato come manchi ancora una
definizione condivisa
di fondo sovrano, che egli reputa necessaria in quanto: "in primo luogo,
appare evidente che decidere se - ed eventualmente come - regolare un fenomeno,
non può prescindere da una sua preventiva qualificazione; in secondo luogo,
misure specifiche che da un lato impongano vincoli all'attività dei fondi
sovrani e dall'altro riducano la libertà degli Stati recipient di proteggere da
investimenti di altri Stati particolari imprese o settori dell'economia, si
giustificano solo se le peculiarità dei fondi sovrani sono tali da
differenziarli in modo netto da altre tipologie di investitori".
26) Cfr. nota 5.
27) BALDING, op. cit., pag. 38: "..sovereign wealth funds have to date
acted as rational economically driven investors diversifying their portfolio by
asset class and geographic region"; KOTTER, LEL, Friends or Foes? The
Stock Price Impact of Sovereign Wealth Fund Investmentsand the Price of Keeping
Secrets, Board of Governors of the Federal Reserve System, International
Finance Discussion Papers, 2008; KAROLYI, LIAO,, What is different about
government-controlled acquirers in cross-border acquisitions ?, Working Paper,
Cornell University and Rutgers University, 2010
28) AVENDAÑO, SANTISO, Are Sovereign Wealth Funds' Investments politically
biased ? A comparison with mutual funds, Working paper n. 283, OECD Development
Centre, 2009.
29) A tal proposito MASCIANDARO, Fondi sovrani, istruzioni per l'uso, in
Economia & Management, 2010, n 6, pag. 27 evidenzia che "finora nei
dati non c'è traccia che possa far parlare di un fenomeno di distorsione
autocratica in termini di portafoglio come di rendimento".
30) CHHAOCHHARIA, LAEVEN, The Investment Allocation of Sovereign Wealth Funds,
CEPR Discussion Paper No. DP6959, 2009 disponibile al sito http://ssrn.com.
31) BERNSTEIN, LERNER, SCHOAR, The investment strategies of sovereign wealth
funds, Working Paper 14861, National Bureau of Economic Research, Cambridge,
Massachussets, 2009.
32) "distorted by political or agency considerations", op. cit., pag.
4.
33) Circa le performance, usualmente modeste, delle società nelle quali i fondi
sovrani hanno acquistato partecipazioni si veda KNILL, BONG SOO, MAUCK,
Sovereign wealth fund investment and the return-to-risk performance of target
firm , in Journal of Corporate Finance, 2012, pag. 315 ove anche la
bibliografia in materia.
34) KNILL, BONG-SOO, MAUCK, Bilateral political relations and sovereign wealth
fund investment, in Journal of Corporate Finance, 2012, pag. 108.
35) "Collectively, the results suggest that SWFs do not act as rational
investors who attempt to maximize return while minimizing risk", op. cit.,
pag. 120.
36) "recognizes that the SWF investment decision consists of two separate
choices: 1) determining a country in which to invest, and 2) determining how
much to invest. We find that political relations are an important factor in
where SWFs invest but matter less in determining how much to invest", op.
cit., pag. 121.
37) "Our results provide inference into the "black box" of SWF
investment decision-making and may be of interest to policymakers and
politicians debating whether or not to limit or block SWF investment.
Specifically, our results suggest that a one size fits all approach to dealing
with SWFs may not be appropriate. Results may also be of interest to SWF
managers to the extent that they would like their motivations to be
understood", op. cit., pag. 121.
38) EPSTEIN, ROSE, The Regulation of Sovereign Wealth Funds: The Virtues of
Going Slow, disponibile sul sito http://ssrn.com.
39) "To date, SMFs have acted as model investors, and the risk that they
may act strategically in the future is significantly mitigated by existing
safeguards", op. cit., pag. 111.
40) SINISCALCO, Governi alle porte: crisi del credito e fondi sovrani, in
Mercato, concorrenza, regole, 2008, pag. 75.
41) L'Autore, op. cit., pag. 84, sembra considerare l'esigenza di maggiore
trasparenza, avanzata da più parti, irrilevante in considerazione della
solidità finanziaria, legata alla proprietà pubblica, dei fondi sovrani.
42) CALANDRA BUONAURA, Intermediari finanziari e corporate governance, in Giur.
comm. 2009, pag. 867.
43) WONG, Sovereign Wealth Funds and rhe problem of asymmetric information: the
Santiago Principles and International Regulations, in Brooklyn Journal of
International Law, 2009 nell'ambito del Symposium: Ruling the World: Generating
International Legal Norms; inoltre ZHAO FENG, How Should Sovereign Wealth Funds
Be Regulated ?, in The Brooklyn Journal of Corporate, Financial &
Commercial Law, 2009, pag. 483.
44) TRUMAN, op. cit., pag. 14, TRUMAN, Sovereign Wealth Funds: Is Asia
Different, Peterson Institute for International Economics, 2011, pp 1-24,
working paper disponibile sul sito http://www.ssrn.com.
45) TRUMAN, Sovereign Wealth Funds: Is Asia Different, op. cit., pag. 15:
"The Santiago Principles are an impressive monument to international
financial cooperation, but they are only a start in the promotion of SWF
accountability and transparency. The Santiago Principles need to be upgraded
along the lines of my SFW scoreboard and compliance with the Principles must be
further improved...The OECD has succeded in not erecting new barriers to SWF
investments, but it has failed to roll back the creeping financial
protectionism of the past decade. The openness of the global investment regime
can and should be improved for SWFs as well as for other forms of cross-border
investments".
46) BASSAN, op. cit., pag. 121.
47) BASSAN, op. cit., pag. 95.
48) Vedasi anche BASSAN, Host States and Sovereign Wealth Funds, between
National Security and International Law, in European Business Law Review, 2010,
pag. 165.
L'ipotesi di un soggetto terzo che possa giudicare in merito alle controversie
relative ai fondi sovrani, ipoteticamente presso il WTO o l'OECD, in COHEN,
Sovereign wealth funds and national security: the Great Tradeoff , in
International Affairs, 2009, pag. 713.
49) Peraltro BASSAN, Una regolazione...., op. cit, pag. 127, sottolinea come
"l'ambito soggettivo di applicazione dei trattati bilaterali in materia di
investimenti dovrebbe non essere limitato ai fondi sovrani, ma esteso a tutti i
fondi di investimento (inclusi i fondi pensione e gli hedge funds)".
50) IMF persists with "code", in International Financial Law Review,
2008, Vol. 27, Issue 10, pag. 20.
51) Nel documento infatti si riafferma l'impegno a mantenere un ambiente
favorevole agli investimenti stranieri anche al fine di evitare spirali
protezionistiche ("Commitment to an open investment environment: in line
with the Lisbon Strategy for growth and jobs, the EU should reaffirm its
commitment to open markets for foreign capital and to an investor-friendly
investment climate. Any protectionist move or any move perceived as such may
inspire third countries to follow suit and trigger a negative spiral
ofprotectionism. The EU prospers from its openness to the rest of the world -
and from its investments abroad - and hence would be among the first to suffer
from a trend towards protectionism. At the same time, the EU should endeavour
to open SWFs owners' countries to EU investors and secure a fair and equitable
treatment for them, notably through FTA").
52) "There are two keys to effectively addressing concerns about the
uncertainty and unpredictability of SWFs, and they should be at the heart of
the European contribution to global work on a common framework for SWF
investment. The first is to obtain greater clarity and insight into the
governance of SWFs. The second is to deliver greater transparency on their
activities and investments", op. cit., pag. 2.
53) MEZZACAPO, Law & Economics dei c.d. "Fondi Sovrani"
d'investimento nell'ordinamento comunitario e nazionale, in Diritto della Banca
e del Mercato Finanziario, 2009, pag. 76.
54) MEZZACAPO, op. cit, pag. 77: "Il focus dell'eventuale
etero/autoregolamentazione e supervisione in materia, o meglio il suo ambito di
applicazione, potrebbe esser spostato dal soggetto fondo sovrano, per ricadere
sulle sue controparti contrattuali e sull'oggetto delle transazioni cui questi
partecipano, nonché sugli effetti di quest'ultime nell'ambito del mercato
comune".
55) GILSON, MILHAUPT, op. cit., pag. 1.
56) BASSAN, op. cit., ritiene la proposta inefficace, perché non colpirebbe
tutte le situazioni patologiche, ed inoltre potenzialmente generatrice di
rischi, considerando la discriminazione in relazione alla natura
dell'investitore, pubblica o privata.
57) "The high profile controversy over the rise of SWFs is one -but only
one - of the frictions that result from the interaction of two very different
conceptions of the role of government in a capitalist economy - what is
commonly termed state versus market capitalism", op. cit.
58) Cfr AIZENMAN, GLICK, Sovereign Wealth Funds: Stumbling Blocks or Stepping
Stones to Financial Globalization ?, Federal Reserve Board of San Francisco
Economic Letter, 2007, disponibile sul sito http://www.frbsf.org,
secondo i quali "taking the insight provided by this benchmark seriously,
a policy of encouraging SWFs to invest in well-diversified index instruments,
such as the S&P 500,Wilshire 5000, Dow JonesWilshire Global Total Market
Index, etc., has the advantage ofproviding a workable solution to challenges
associated with SWFs". I medesimi autori appaiono scettici circa la
richiesta di maggiore trasparenza nell'attività dei fondi in quanto "the
requirement for stringent transparency tests of SWFs may be unrealistic, due to
costly monitoring and collection of information".
59) Si fa in particolare riferimento all'autorizzazione preventiva della Banca
d'Italia alla partecipazione al capitale delle banche, ai sensi dell'art. 19 d.
lgs. n. 385 del 1993; l'autorizzazione è peraltro volta esclusivamente ad
assicurare la sana e prudente gestione della banca. Si noti che, qualora la
partecipazione faccia capo a Stati extracomunitari che non assicurano
condizioni di reciprocità, la Banca d'Italia può negare l'autorizzazione. Per
tutti COSTI, L'ordinamento bancario, IL MULINO, Bologna, 2007.
Per una analisi della normativa nazionale in questa ottica si veda MEZZACAPO,
op. cit., il quale evidenzia gli obblighi informativi e di disclosure circa le
partecipazioni in società quotate in Italia.
60) "Norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di
partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni",
in G. U. 30 luglio 1994, n. 177, conversione del decreto legge 31 maggio 1994,
n. 332, in G. U., 1 giugno, n. 126.
61) Esplicitamente LOMBARDO, op. cit. pag. 9, secondo il quale nella legge in
oggetto era "assente qualsiasi intento discriminatorio verso investitori
stranieri".
62) Con diversi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sono state
individuate ENI S.p.a., società del Gruppo STET (STET S.p.a. e Telecom Italia
S.p.a.), società del Gruppo ENEL (ENEL S.p.a., ENEL Distribuzione S.p.a., ENEL
Produzione S.p.a. e Terna S.p.a.) e Finmeccanica S.p.a.
63) Aspetto che rende non facilmente riconducibili i poteri speciali di cui
alla legge n. 474/1994 alla golden share come evidenziato da LOMBARDO, op.
cit., pag. 9.
64) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (Legge finanziaria 2000).
65) "possono essere introdotti esclusivamente per rilevanti e
imprescindibili motivi di interesse generale, in particolare con riferimento
all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla sanità pubblica e alla
difesa, in forma e misura idonee e proporzionali alla tutela di detti
interessi, anche per quanto riguarda i limiti temporali; detti poteri sono
posti nel rispetto dei principi dell'ordinamento interno e comunitario, e tra
questi in primo luogo del principio di non discriminazione, e in coerenza con
gli obiettivi in materia di privatizzazioni e di tutela della concorrenza e del
mercato".
66) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (Legge finanziaria 2004). FRENI, Le privatizzazioni delle imprese
pubbliche, in Gior. dir. amm., 2004, pag. 263.
67) Vedasi infra.
68) Il testo originario della legge n. 474 del 1994 prevedeva il gradimento da
parte del governo circa i nuovi soci e gli accordi di cui al punto successivo.
La legge n. 350 del 2004 sostituisce il gradimento con un potere di opposizione
sul presupposto del "pregiudizio agli interessi vitali dello Stato "
individuato in un provvedimento motivato.
La legge n. 350 del 2004 inoltre introduce la possibilità di rivolgersi
all'autorità giudiziaria amministrativa per impugnare il provvedimento di
esercizio del potere speciale.
69) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 giugno 2004,
"Definizione dei criteri di esercizio dei poteri speciali, di cui all'art.
2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 luglio 1994, n. 474" che riprende in buona misura il
precedente DPCM 11 febbraio 2000. SACCO GINEVRI, La nuova "golden
share": l'amministratore senza diritto di voto e gli altri poteri speciali
in Giurisp. comm., 2005, pag. 707. SAN MAURO, Golden shares, poteri speciali e
tutela di interessi nazionali essenziali, op.cit.
70) In questo senso SAN MAURO, La disciplina della golden share dopo la
sentenza della Corte di Giustizia C-326/07, in Concorrenza e Mercato, 2010,
pag. 409 secondo il quale "il nostro legislatore sia riuscito
nell'intento, da un lato, di conservare una piena vitalità alla figura dei
"poteri speciali" e dall'altro di integrare la normativa preesistente
sul tema con elementi in linea con le indicazioni sulla materia in questione
stabilite nelle pronunce della Corte di Giustizia".
71) FRENI, L'incompatibilità con le norme comunitarie della disciplina sulla
golden share, in Gior. dir. amm., 2001, pag. 1145; DE PASQUALE, Golden share
all'italiana, in Riv. dir. pubbl. comp. eur., 2000, pag. 1233; MERUSI, La Corte
di giustizia condanna la golden share all'italiana e il ritardo del
legislatore, in Dir. pubbl. comp. eur., 2000, pag. 1236.
72) COLANGELO, Golden share, diritto comunitario e i mercanti di Venezia, in
Foro It., 2009, IV, 224; SPATTINI, La "golden share"
"all'italiana" finalmente "presa sul serio" dalla Corte di
giustizia ? La nuova (e forse perplessa) condanna della "Grundnorm"
delle privatizzazioni "sostanziali", in Riv. it. dir. pubbl.
comunit., 2009, pag. 1599; DEMURO, La necessaria oggettività per l'esercizio
dei poteri previsti dalla golden share, in Giur. comm., 2009, pag. 640; SAN
MAURO, La disciplina della golden share dopo la sentenza della Corte di
Giustizia C-326/07, op. cit.; SCIPIONE, La golden share nella giurisprudenza
comunitaria: criticità e contraddizioni di una roccaforte inespugnabile, in
Società, 2010, pag. 855.
73) SAN MAURO, La disciplina della golden share dopo la sentenza della Corte di
Giustizia C-326/07, op. cit.
74) DEMURO, op. cit.
75) Indicativo del sentire l'incipit della conclusione finale dell'avvocato
generale Damaso Ruiz-Jarabo Colomer, per la causa 326/07, che equipara la
golden share all'oro dello shakespiriano mercante di Venezia; nella medesima
conclusione finale l'avvocato generale scrive di "sfrenata alchimia"
dei governi nella costruzione della golden share ed afferma che "i governi
spesso dimenticano l'effetto correttore del diritto comunitario, che esautora i
privilegi esorbitanti, scrupolosamente blindati, che essi intendono riservarsi,
collocandosi al di sopra dei comuni azionisti".
76) Causa C-367/98.
77) Causa C-483/99 commentata, unitamente alla precedente, da BOSCOLO, Le
golden shares di fronte al giudice comunitario, in Foro it., 2002, IV, 479;
FRENI, Golden share e principio di proporzionalità: quando il fine non
giustifica i mezzi, in Gior. dir. amm., 2002, pag. 1045; LAZZARA, Libera
circolazione dei capitali e golden share, in Foro amm., 2002, pag. 1607;
MARINI, Golden share e diritto comunitario nelle recenti sentenze della Corte
di Giustizia, in Dir. comm. internaz., 2002, pag. 489. Si vedano inoltre
BALLARINO, BELLODI, La golden share nel diritto comunitario. A proposito delle
recenti sentenze della Corte comunitaria, in Riv. soc., 2004, pag. 2.
78) Causa C-463/00.
79) Causa C-98/01.
80) Cause 282/04 e 283/04.
81) Causa C-503/99. Il caso riguardava la golden share del Governo belga nella
Distrigaz e nella Société Nationale de Transport par Canalisations. Il fine
della normativa, ossia garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di
energia in caso di crisi a fronte di una minaccia effettiva ed abbastanza
grave, rientra nell'ambito di un legittimo interesse pubblico. Le misure
risultano essere proporzionate allo scopo dato che "la Commissione non ha
dimostrato che si sarebbero potuti adottare provvedimenti meno restrittivi per
raggiungere l'obiettivo perseguito". Il regime di esercizio dei poteri è
quello dell'opposizione, non del preventivo gradimento; inoltre i provvedimenti
"devono essere formalmente motivati e possono essere sottoposti ad un
efficace controllo giurisdizionale". Come vedremo il sentiero tracciato
dalla normativa belga, così interpretato dalla Corte di Giustizia, è stato
seguito dal legislatore italiano nella novella che qui si commenta.
82) Per tutti BALLARINO, BELLODI, op. cit.
83) Corte di Giustizia sentenza del 23 ottobre 2007, n. 112, circa la nomina di
amministratori da parte degli enti pubblici e limitazioni al diritto di voto.
Tra i numerosi commenti: SPATTINI, "Vere" e "false".
"golden shares" nella giurisprudenza comunitaria. la "deriva
sostanzialista" della Corte di giustizia, ovvero il "formalismo"
del principio della "natura della cosa": il caso Volkswagen, e altro
..., in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, pag. 303; PIZZA, Società per
azioni di diritto singolare, diritto comune della società per azioni e libera
circolazione dei capitali: il caso Volkswagen, in Riv. it. dir. pubbl.
comunit., 2008, pag. 1177; ZUMBANSEN, SAAM, The ECJ, Volkswagen and European
Corporate Law: Reshaping the European Varieties of Capitalism, Comparative
Research in Law and Political Economy, 2007 disponibile sul sito www.ssrn.com.
84) Corte di giustizia, 6 dicembre 2007, C-464/04, circa la nomina di
amministratori pubblici ai sensi dell'art. 2449 codice civile. DEMURO,
L'incompatibilità con il diritto comunitario della nomina diretta ex art. 2449
c.c., in Giur. comm., 2008, II, pag. 581; NASCIMBENE, Norme nazionali sulle
golden shares e diritto comunitario, in Corr. giur., 2009, pag. 1017.
85) RINGE, Domestic company law and free movement of capital: nothing escapes
the European Court ?, Oxford University, Legal Research Paper Series, 2008,
disponibile sul sito www.ssrn.com, si esprime criticamente circa
l'ampiezza dell'intervento della Corte di Giustizia che vede privo di una
sottostante visione complessiva ("has demonstrated that the Court
ofJustice lacks a clear doctrinal and consistent approach to tackle the problems").
86) In questo senso anche il punto 86 delle conclusioni finali dell'avvocato
generale Damaso Ruiz-Jarabo Colomer secondo il quale "in tale contesto, e
sempreché non se ne faccia un abuso, non è necessario che le autorità pubbliche
acquistino un determinato ammontare di capitale, ma è sufficiente che, in
considerazione delle caratteristiche peculiari ditali società, fino a poco
tempo fa sotto il controllo assoluto del governo, si privino di una quantità di
quote tale da poter continuare a controllare il destino di dette società".
FRENI, Golden share, ordinamento comunitario e liberalizzazioni asimmetriche:
un conflitto irrisolto, in Giorn. dir. amm., 2007, pag. 145.
87) SPATTINI, Vere e false, op. cit., secondo il quale la giurisprudenza
comunitaria rischia di "porre i mercati comunitari, finanziari come pure
dell'economia reale, alla mercé di operatori di mercato, come i già menzionati
"fondi sovrani", appartenenti ad entità di natura autoritaria o
finanche totalitaria".
88) In relazione al parere motivato espresso dalla Commissione Europea in data
16 febbraio 2011. Il preambolo del decreto n. 21 del 2012 cita espressamente
"la disciplina normativa in materia di poteri speciali attribuiti allo
Stato nell'ambito delle società privatizzate, oggetto della procedura
d'infrazione n. 2009/2255".
89) La legge è formata dai seguenti articoli:
- art. 1 Poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale;
- art. 2 Poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori
dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;
- art. 3 Abrogazioni e norme generali e transitorie;
- art. 3bis Relazione annuale alle Camere;
- art. 4 Clausola di invarianza finanziaria;
- art. 5 Entrata in vigore.
90) Per quanto possa apparire ovvio va sottolineato che i poteri speciali non
possono quindi trovare applicazione in settori diversi da quelli indicati,
segnando quindi una precisa e diversa scelta rispetto a quella di altri
ordinamenti, pensiamo agli USA ove è previsto un campo d'azione ben più ampio
cfr. GUAUCCERO, PAN e CHESTER, op. cit. e REED, Sovereign Wealth Funds: the new
barbarians at the gate ? an analysis of the legal and business implications or
their ascendancy, in Virginia Law & Business Review, 2009, n. 4, pag. 97.
91) Con la precisazione "ivi incluse le attività strategiche chiave"
la cui unica funzione potrebbe individuarsi in una più ampia valutazione della
minaccia di grave pregiudizio, con particolare attenzione "al mantenimento
del patrimonio tecnologico" in forza dell'art. 1, punto 3.
92) L'art. 1 prevede che i decreti vengano adottati entro 90 giorni
dall'entrata in vigore della legge e che siano aggiornati almeno ogni tre anni
(art. 1, punto 7). Per i regolamenti di cui all'art. 2 il termine è di 120
giorni.
Nel momento della conclusione della stesura di queste note, il Presidente del
Consiglio ha sottoposto al Consiglio dei Ministri del 10 agosto 2012 un
provvedimento per l'individuazione della attività di rilevanza strategica per
il sistema di difesa e sicurezza nazionale.
93) Secondo INTERNATIONAL BUSINESS ENGLISH, Il Sole 24 Ore, Milano, 2009 per
asset si intende "bene, beni; sostanze, cespite, cespiti; capitale;
attività, attivo; patrimonio di un'azienda, patrimonio societario; risorse
finanziarie; valori attivi".
94) Vedasi CARBONE, op. cit , circa i limiti dei poteri nazionali in tale
ambito.
95) Circa questo aspetto l'art. 1, punto 7, e l'art. 2, punto 9, prevedono dei
regolamenti ai sensi della legge n. 400 del 1988 per dare attuazione alle
previsioni della legge.
96) In sede di conversione è stata eliminata, relativamente alla minaccia, la
qualificazione di "effettiva", obiettivamente ancor più problematica
in sede di applicazione della norma. La qualificazione di effettività della
minaccia peraltro, anche in questo caso, proviene dalla giurisprudenza
comunitaria e viene citata dalla sentenza di cui alla causa 503/09, contro il
Belgio, ove al punto 47 si ricorda che "la pubblica sicurezza può essere
quindi invocata solamente in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad
uno degli interessi fondamentali della collettività" richiamando poi il
precedente della sentenza Église de Scientologie.
97) Aventi ad oggetto "la fusione o la scissione della società, il
trasferimento dell'azienda o di rami di essa o di società controllate, il
trasferimento all'estero della sede sociale, il mutamento dell'oggetto sociale,
lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie eventualmente
adottate ai sensi dell'articolo 2351, terzo comma, del codice civile ovvero
introdotte ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994,
n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, come
da ultimo modificato dall'articolo 3 del presente decreto, le cessioni di
diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali o
l'assunzione di vincoli che ne condizionino l'impiego".
98) "chiunque non osservi le disposizioni di cui al presente comma è
soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore
dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato
cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale
sia stato approvato il bilancio".
99) Art. 1, punto 3, lettera a): "l'adeguatezza, tenuto conto anche delle
modalità di finanziamento dell'acquisizione, della capacità economica,
finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente nonché del progetto
industriale, rispetto alla regolare prosecuzione delle attività, al
mantenimento del patrimonio tecnologico, anche con riferimento alle attività
strategiche chiave, alla sicurezza e alla continuità degli approvvigionamenti,
oltre che alla corretta e puntuale esecuzione degli obblighi contrattuali
assunti nei confronti di pubbliche amministrazioni, direttamente o
indirettamente, dalla società le cui partecipazioni sono oggetto di
acquisizione, con specifico riguardo ai rapporti relativi alla difesa
nazionale, all'ordine pubblico e alla sicurezza nazionale".
100) Art. 1, punto 3, lettera b): "l'esistenza, tenuto conto anche delle
posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano
ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che
non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non
rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto
comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale, desunti
dalla natura delle loro alleanze, o hanno rapporti con organizzazioni criminali
o terroristiche o con soggetti ad esse comunque collegati".
101) Inoltre con un termine di 120 giorni, anziché di 90 come all'art. 1.
102) Art. 2, punto 2: "qualsiasi delibera, atto o operazione, adottato da
una società che detiene uno o più degli attivi individuati ai sensi del comma
1, che abbia per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della
disponibilità degli attivi medesimi o il cambiamento della loro destinazione,
comprese le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione aventi ad
oggetto la fusione o la scissione della società, il trasferimento all'estero
della sede sociale, il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della
società, la modifica di clausole statutarie eventualmente adottate ai sensi
dell'articolo 2351, terzo comma, del codice civile ovvero introdotte ai sensi dell'articolo
3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, come da ultimo modificato
dall'articolo 3 del presente decreto, il trasferimento dell'azienda o di rami
di essa in cui siano compresi detti attivi o l'assegnazione degli stessi a
titolo di garanzia" con la precisazione che vanno incluse anche "le
delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione concernenti il
trasferimento di società controllate che detengono i predetti attivi".
103) "Fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 1, lettera c),
e dall'articolo 2, comma 6, l'acquisto, a qualsiasi titolo, da parte di un
soggetto esterno all'Unione europea, quale definito dall'articolo 2, comma 5,
ultimo periodo, di partecipazioni in società che detengono uno o più degli
attivi individuati come strategici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, e
dell'articolo 2, comma 1, è consentito a condizione di reciprocità, nel
rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia o dall'Unione
europea". Circa le perplessità in ordine alla applicazione dell'istituto
vedasi CARBONE, op. cit.
104) "I poteri speciali di cui ai commi 3 e 6 sono esercitati
esclusivamente sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori. A tale
fine il Governo considera, avuto riguardo alla natura dell'operazione, i
seguenti criteri:
a) l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione
europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere
possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non
riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non
rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto
comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale, desunti
dalla natura delle loro alleanze, o hanno rapporti con organizzazioni criminali
o terroristiche o con soggetti ad esse comunque collegati;
b) l'idoneità dell'assetto risultante dall'atto giuridico o dall'operazione,
tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione e della
capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente, a
garantire:
1) la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti;
2) mantenimento, la sicurezza e l'operatività delle reti e degli
impianti".
105) "2. L'articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive
modificazioni, i commi da 228 a 231 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre
2003, n. 350, nonché il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10
giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 16 giugno 2004,
cessano di avere efficacia, con riferimento ai singoli settori, a decorrere
dalla data di entrata in vigore dei decreti, relativi a ciascun settore, di cui
all'articolo 1, comma 1, e dei regolamenti, relativi a ciascun settore, di cui
all'articolo 2, comma 1, del presente decreto. Le predette disposizioni sono
comunque abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei
decreti ovvero dei regolamenti di cui al primo periodo che completano
l'individuazione dei settori. Gli amministratori senza diritto di voto
eventualmente nominati ai sensi del predetto articolo 2 del decreto-legge n.
332 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 474 del 1994, e
successive modificazioni, e in carica alla data della sua abrogazione cessano
alla scadenza del mandato.
3. Cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore dei
decreti di cui all'articolo 1, comma 1, le disposizioni attributive dei poteri
speciali contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in
data 28 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12
ottobre 1999, e nei decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica in data 8 novembre 1999 e le clausole statutarie
incompatibili con ((la disciplina stabilita dal presente decreto in materia di
poteri speciali.
4. Cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore dei
regolamenti di cui all'articolo 2, comma 1, le disposizioni attributive dei
poteri speciali contenute nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri
in data 5 ottobre 1995, in data 21 marzo 1997, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 70 del 25 marzo 1997, in data 17 settembre 1999, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 1999, e in data 23 marzo 2006,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2006, e nei decreti del
Ministro del tesoro in data 5 ottobre 1995, in data 16 ottobre 1995, in data 21
marzo 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 25 marzo 1997, e in
data 24 marzo 1997, pubblicato nella stessa Gazzetta Ufficiale, nonché nei
decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
in data 17 settembre 1999, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 237 dell'8
ottobre 1999, e del Ministro dell'economia e delle finanze in data 17 settembre
2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 234 del 5 ottobre 2004, e in data
1º aprile 2005. Cessano altresì di avere efficacia a partire dalla stessa data
le clausole in materia di poteri speciali presenti negli statuti societari.
5. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «Le società operanti nei settori di cui all'articolo 2» sono
sostituite dalle seguenti: «Le società operanti nei settori della difesa e
della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e
degli altri pubblici servizi»;
b) le parole: «per le società di cui all'articolo 2» sono sostituite dalle
seguenti: «per le società operanti nei settori della difesa e della sicurezza
nazionale, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia e degli altri
pubblici servizi».
106) "A decorrere dall'anno successivo a quello in corso alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il
Presidente del Consiglio dei Ministri trasmette alle Camere, entro il 30 giugno
di ogni anno, una relazione sull'attività svolta sulla base dei poteri
attribuiti dal presente decreto, con particolare riferimento ai casi specifici
e agli interessi pubblici che hanno motivato l'esercizio di tali poteri".
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