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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 18/03/2014 Scarica PDF

L'interpretazione autentica dell'art. 111, co. 2, l.fall. e i nuovi orizzonti della prededuzione pre-concordataria

Paola Vella, Giudice nella Corte di Cassazione


I. La portata innovativa dell’interpretazione autentica dell’art. 111 l.fall.

Incidendo su un quadro normativo già reso inestricabile dalle riforme alluvionali susseguitesi negli ultimi due lustri, un emendamento proposto in sede di conversione in legge del recente “decreto Destinazione Italia”[2] - approvato nonostante il parere «fortemente contrario» degli uffici tecnici ministeriali - ha dato vita al paradosso (tutto italiano) della (non agevole) interpretazione di una norma di interpretazione autentica.

Si tratta dell’art. 11, comma 3 quater, L. 21 febbraio 2014, n. 9 (in vigore dal 22 febbraio 2014), che recita: «La disposizione di cui all'articolo 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni, sono prededucibili alla condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 163 del medesimo regio decreto, e successive modificazioni, senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato articolo 161, sesto comma».

La prima notazione è che il legislatore definisce espressamente il procedimento che si apre con il deposito del ricorso ex art. 161, co. 6, l.fall. - per lo più definito nella prassi “concordato con riserva” - come vera e propria  «procedura di concordato preventivo», così avallando l’idea che, nonostante il possibile esito alternativo in un accordo di ristrutturazione dei debiti («con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso»), non ci si trovi in un limbo polimorfico, bensì proprio nell’anticamera del concordato preventivo, di cui sono inequivocabile cifra la possibilità di nomina di un commissario giudiziale e lo spossessamento attenuato dell’imprenditore, soggetto a pressanti obblighi informativi e pregnanti controlli giudiziali nel periodo destinato all’elaborazione della proposta completa di concordato.

La seconda osservazione è che l’intervento - descritto sui quotidiani nazionali come una «stretta al pagamento prioritario nel fallimento dei crediti contratti dal debitore» derivanti da atti legalmente compiuti ex art. 161, co. 7, l.fall., o dalla finanza interinale autorizzata ex art. 182-quinquies, co. 1, l.fall.[3] - rappresenta un ulteriore tassello di quella “controriforma” del sistema concorsuale avviata con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) - che ha attribuito all’organo giudiziario una serie di poteri autorizzatori nel merito, di una pregnanza sconosciuta anche all’originaria versione pubblicistica dell’istituto concordatario [4] - e proseguita con il D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito con modifiche dalla L. 9 agosto 2013, n. 98), che ha previsto la  nomina del commissario giudiziale anche nel concordato con riserva, aumentato i compiti di vigilanza e controllo sull’attività del debitore preconcordatario (anche contro eventuali atti di frode ex art. 173 l.fall.) e rimodulato gli obblighi informativi del debitore (art. 161, ottavo comma, l.fall.).

Tuttavia, se l’intento era dichiaratamente quello di colpire i possibili abusi dello strumento preconcordatario da parte del debitore, il mezzo utilizzato finisce in realtà per affondare l’unico istituto efficacemente diretto ad anticipare la soglia di emersione della crisi, quale può dirsi il concordato con riserva[5], con una clamorosa sconfessione del principale criterio ispiratore delle riforme fallimentari, non a caso avviate nel 2005 muovendo proprio dal concordato preventivo.

E’ infatti risaputo che la prededuzione e la stabilità degli atti previste dall’art. 161, co. 7, l.fall., rispondono all'esigenza di incentivare gli stakeholders a non interrompere i rapporti con l’impresa in crisi proprio in quel lasso di tempo che precede la compiuta formulazione della proposta concordataria - durante la quale il debitore paga lo scotto della discovery[6], cui la legge lo obbliga attraverso la pubblicazione della domanda nel registro delle imprese ex art. 161, co. 5, l.fall.) - al fine di preservare il valore dell’avviamento, anche nell’interesse dei creditori.

Il concordato con riserva realizza dunque, al tempo stesso, una funzione di prevenzione dell’insolvenza e di favor per la continuità aziendale, che persegue garantendo ai terzi che mantengono rapporti negoziali con il debitore (accanto all’esenzione dai divieti ex art. 168 l.fall., destinati ai soli creditori anteriori), non solo l’esenzione dall’eventuale revocatoria fallimentare dei pagamenti ricevuti, ma anche l’attribuzione di un trattamento prededucibile rispetto ai  creditori concorsuali[7].

A tutela di questi ultimi sta invece il contrappeso dei più penetranti controlli sull’attività del debitore, da parte del tribunale ed ora anche per il tramite del commissario giudiziale.

Peraltro, il fatto che l’art. 161, co. 9, l.fall. precluda solo la riproposizione infrabiennale di un nuovo concordato con riserva - non anche di una proposta completa di concordato - e che l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento, esercitabile anche in costanza di concordato, sia rimessa esclusivamente ai creditori e al pubblico ministero, sta a significare che l’esito fisiologico del concordato con riserva non è scontato, potendosi avere diverse evoluzioni in ulteriori procedure concorsuali, sino al fallimento.

Di conseguenza, è ben ipotizzabile uno iato temporale tra un primo tentativo di soluzione della crisi ed i successivi, senza che ciò precluda l’applicazione di tutte le regole previste dalla legge fallimentare, all’interno dei vari segmenti concorsuali che si succedano a comporre quell’unico processo di regolazione della crisi.

Non si tratta, d’altro canto, di una novità del sistema: già nel 2010, la Suprema Corte[8] rilevava che, con la riforma dell’art. 111, co. 2, l.fall., il legislatore aveva sostanzialmente recepito il diritto vivente sulla consecuzione tra amministrazione controllata o concordato preventivo e fallimento, quest’ultimo inteso come «atto terminale del procedimento, in alternativa al naturale sviluppo delle procedure minori», dal momento che tutte le procedure avevano in definitiva il presupposto comune dell’insolvenza[9], potendosi verificare solo a posteriori che la crisi, inizialmente ritenuta suscettibile di regolazione concordataria, era in realtà irreversibile.

E’ interessante notare come questa miliare pronuncia - resa, si noti, in una fattispecie in cui il concordato preventivo non era stato ammesso - affermi che «non si può escludere la unitarietà delle due procedure concorsuali .. anche se il fallimento non viene dichiarato automaticamente, come avveniva sotto l’impero della precedente normativa», ma richiede l’iniziativa dei creditori o del pubblico ministero e l’accertamento in concreto dei requisiti di cui agli artt. 1 e 5 l.fall.; infatti, «le due procedure debbono essere equiparate, avendo a base la medesima situazione sostanziale, non potendosi dare decisivo rilievo agli aspetti procedurali … ed al fatto che lo stato di insolvenza deve essere effettivamente accertato».

Emblematico, in questa latitudine, il precedente di legittimità[10] in cui la consecuzione tra le procedure, per identità dello stato di insolvenza, era stata ravvisata a fronte di una amministrazione controllata conclusasi ben otto mesi prima della procedura successiva.

Può dunque dirsi che il principio della consecutio procedurarum, come consolidatosi nel nostro ordinamento concorsuale, ha una connotazione marcatamente sostanziale, non risultando la sua operatività condizionata né all’effettiva apertura della procedura minore, né alla contiguità cronologica con la procedura successiva, ed essendo essa pienamente compatibile con passaggi procedurali intermedi, anche implicanti nuovi ed ulteriori accertamenti in fatto.

Con l’ultimo intervento in esame, invece, il legislatore ne ha imposto una lettura assai rigida, sia pure circoscritta alle prededuzioni pre-concordatarie, subordinandole alla duplice condizione (non solo) dell’apertura della procedura (ma anche) dell’assenza di una soluzione di continuità nel passaggio da concordato “con riserva” a concordato “pieno”.

La nuova norma si pone in discontinuità anche con lo spostamento dell’asse normativo del principio di consecuzione dal tradizionale ambito della prededuzione (art. 111 l.fall.) al versante - distinto ma complementare - della revocabilità degli atti (art. 69 bis l.fall.)[11].

Pertanto, prima di “devitalizzare” l’istituto più innovativo e praticato del moderno sistema concorsuale, quale è attualmente il concordato con riserva, pare saggio interrogarsi sulla predicabile portata dell’art. 11, comma 3 quater, della L. n. 9/2014.

In primo luogo è lecito chiedersi se la norma sia effettivamente interpretativa, o non abbia invece una connotazione innovativa.

In termini generali la Corte Costituzionale, pur ammettendo che il legislatore adotti norme di interpretazione autentica non solo in presenza di incertezze o contrasti giurisprudenziali sull’applicazione di una disposizione, ma anche «quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore (ex plurimis: sentenze n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n. 234 del 2007)», tuttavia sottolinea che occorre comunque «accertare se la retroattività della norma, il cui divieto non è stato elevato a dignità costituzionale, salvo il disposto dell’art. 25, secondo comma, Cost., trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (ex plurimis: sentenze n. 93 del 2011, n. 234 del 2007 e n. 374 del 2002)» quali, appunto, «il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto d’introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (ex plurimis: sentenze n. 209 del 2010 e n. 397 del 1994)» [12].

Ma già in passato il Giudice delle Leggi aveva richiamato l’importanza di questa lettura rigorosa della natura interpretativo-retroattiva delle norme, affermando che «i limiti delle leggi di interpretazione autentica attengono, oltre che alla materia penale, alla salvaguardia di norme costituzionali, tra i quali i principi generali di ragionevolezza e di uguaglianza, quello della tutela dell’affidamento legittimamente posto sulla certezza dell’ordinamento giuridico, e quello del rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (ciò che vieta di intervenire per annullare gli effetti del giudicato o di incidere intenzionalmente su concrete fattispecie sub iudice [13].

Pare dunque utile richiamare brevemente il quadro giurisprudenziale di riferimento in cui ha preso vita l’intervento del legislatore.

   

II. La prededuzione pre-concordataria tra interpretazione autentica e giurisprudenza di merito

Al momento dell’adozione dell’emendamento in esame, il tema della sorte delle prededuzioni di crediti sorti durante un concordato preventivo con riserva non seguito dal tempestivo deposito della proposta completa di concordato, era sub judice, avendo un tribunale dichiarato, all’esito di un contorto iter concordatario, il fallimento di una S.p.A. in mano pubblica di gestione aeroportuale, (anche) a causa del peso delle prededuzioni maturate in capo ai terzi - per lo più fornitori - che avevano continuato i rapporti in corso o iniziato nuovi rapporti con la società, scommettendo sulla sua capacità di superare la situazione di crisi e confidando sull’operatività della prededuzione ex art. 161, settimo comma, l.fall.[14]

Nella sentenza di fallimento, poi reclamata, era stato affermato: che tutto l’impianto della novella del 2012, volto ad incentivare lo strumento concordatario, crea una netta cesura fra i crediti anteriori e quelli successivi al deposito del ricorso ex art. 161, sesto comma, l.fall., anche per favorire il finanziamento delle imprese e garantire la continuità aziendale; che ai crediti sorti durante la procedura di concordato preventivo con riserva compete una prededuzione ex lege; che, «in difetto di diversa indicazione normativa, deve ritenersi del tutto irragionevole il venir meno di questa qualità del credito a seguito dell’esito infausto della procedura, quale esito non prevedibile a priori e dipendente dalla decisione del tribunale (ovvero dello stesso debitore che non faccia seguito al deposito del piano e della proposta allo scadere dei termini)».

Appare evidente che l’interpretazione autentica di cui si è detto è destinata ad incidere sull’esito di quella controversia pendente.

Anche in precedenza un altro tribunale fallimentare si era espresso in termini analoghi[15], sebbene la decisione sia stata poi riformata dal giudice di appello[16] che, partendo dal presupposto dell’autonomia delle varie procedure susseguitesi, in quanto oggetto di espresse revoche, ha negato le prededuzioni riconosciute in sede di omologa - per lo più ai fornitori che avevano garantito la continuità del servizio di raccolta, selezione e smaltimento dei rifiuti, tra l’altro consentendo il conseguimento di ricavi sufficienti al pareggio economico della gestione aziendale -  in quanto «il creditore che contratta con l’imprenditore proponente il concordato preventivo non può riporre un affidamento ragionevole sulla capienza necessaria al soddisfacimento del suo credito», stante la possibilità per il debitore di modificare o revocare una prima proposta di concordato per presentarne un’altra, senza che l’arresto della procedura concordataria implichi necessariamente il fallimento (non più dichiarabile d’ufficio).

Il giudice d’appello ha aggiunto che «il carattere prededuttivo dei crediti sorti in costanza di una procedura concordataria non può che ricavarsi dal sistema positivo vigente, in particolare dall’art. 182-quater l.fall., che attribuisce tale carattere solo ai crediti da finanziamento», né «può certo affermarsi che i crediti sorti nel corso di una determinata procedura concorsuale, poi estinta, siano sussumibili fra quelli sorti in occasione o in funzione di una successiva procedura», poiché ciò «amplierebbe enormemente la discrezionalità del debitore nello stabilire - ante procedura - chi pagare per intero e chi no, ovvero consentirebbe immotivati ed eccessivi trattamenti di privilegio a professionisti che hanno prestato la loro opera in un momento in cui l’imprenditore era ancora in bonis, a discapito di altre tipologie creditorie, senza alcuna specifica previsione di legge che lo consenta».

Di lì a poco, peraltro, la tesi favorevole alla prededuzione preconcordataria era stata ribadita da un ulteriore giudice di merito[17], che nel decreto di apertura della procedura ex art. 163 l.fall. aveva ritenuto corretta la collocazione prededuttiva dei crediti sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore preconcordatario, per i seguenti motivi: i) la prededuzione ex art. 161, settimo comma, l.fall. non è espressamente condizionata all’effettivo deposito della proposta completa di concordato preventivo nel termine assegnato dal tribunale, poichè altrimenti «una condotta omissiva del debitore verrebbe ad incidere negativamente (e retroattivamente) non già sul debitore medesimo, bensì sui terzi che incolpevolmente avevano fatto affidamento sulla prededucibilità riconosciuta dalla legge ai loro crediti … con conseguente pregiudizio alla certezza dei rapporti giuridici e depotenziamento della fiducia nel modulo pre-concordatario, su cui il legislatore delle riforme ha invece fatto leva per il rilancio delle soluzioni concordate della crisi di impresa»; ii) una simile lettura poggia su principi analoghi a quelli che sorreggono la conservazione degli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari, ex art. 120, primo comma, l.fall., in caso di revoca della sentenza di fallimento; iii) «dei due cardini temporali del beneficio in esame (il deposito del ricorso ex art. 161 co. 6 l.f. e il decreto di apertura del concordato ex art. 163 l.f.) solo il primo rappresenta anche una condizione della prededucibilità, mentre il secondo rappresenta più che altro un discrimine temporale rispetto alla “fisiologica” evoluzione della procedura nella fase successiva, in cui l’efficacia degli atti compiuti dal debitore resta disciplinata dall’art. 167 l.f. (nonchè, per i finanziamenti, dagli artt. 182-quinquies e 182-quater co. 1, l.f.), laddove l’evoluzione “patologica” del mancato deposito, nel termine fissato, della proposta di concordato (ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti) comporta solo gli effetti negativi - per il debitore - codificati nell’ultima parte del comma 6 (convocazione in camera di consiglio per la dichiarazione di improcedibilità e di eventuale fallimento, ex art. 162 co. 2 e 3 l.f.) e nel comma 9 (preclusione biennale alla riproposizione di un concordato “con riserva”) dell’art. 161 l.f., oltre alla riespansione delle facoltà dei creditori in precedenza compresse dall’art. 168 l.f.».

Non pare, dunque, che la norma di interpretazione autentica sia intervenuta a fronte di eclatanti incertezze o contrasti giurisprudenziali sull’art. 111 l.fall., né che l’enucleazione all’interno di questo articolo di una terza categoria di crediti - quelli preconcordatari - la cui prededucibilità è condizionata a due precise condizioni (deposito della proposta concordataria entro il termine fissato e apertura della procedura senza soluzione di continuità) rappresenti un’opzione ermeneutica tra quelle rese possibili dal testo dell’art. 111, secondo comma, l.fall.

Semmai, una norma di interpretazione autentica avrebbe potuto riguardare più specificamente l’art. 161, co. 7, l.fall., laddove la prededucibilità viene assegnata ai crediti sorti per effetto degli atti legalmente compiuti «dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all’art. 163», al fine di “chiarire” - in ipotesi - che non si tratta semplicemente di termini (dies a quo e dies ad quem) bensì di vere e proprie condizioni di quella prededucibilità attribuita ex lege.

   

III. Una proposta di lettura restrittiva della norma di interpretazione autentica

Se dunque la norma di interpretazione autentica - che in quanto tale deve essere a sua volta di stretta interpretazione - va ad intaccare principi generali e criteri ispiratori della riforma del sistema concorsuale, pare quasi doveroso tentare di offrirne una lettura che con quei principi e criteri resti compatibile[18].

Di seguito vengono prospettate le ragioni di una possibile ipotesi ermeneutica restrittiva:

a.) la norma di intepretazione autentica riguarda esclusivamente la disposizione generale dell'art. 111, secondo comma, l.fall., non già la disposizione speciale di cui all'art. 161, settimo comma, l.fall., cui non fa alcun riferimento testuale;

b.) l'art. 111 l.fall. contempla due distinte categorie di prededuzione, quella tipizzata attribuita ex lege («crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge») e quella atipica riconoscibile dal giudice, sulla base dei criteri cronologico o funzionale («crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge»);

c.) la nuova norma ha espressamente ad oggetto la seconda categoria, limitatamente alla fase del concordato con riserva («i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'articolo 161, sesto comma»);

d.) l'art. 161, settimo comma, l.fall., ove dispone che «i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'art. 111», contempla una forma di prededuzione ex lege[19], che a livello genetico è circoscritta soggettivamente (atti del debitore), oggettivamente (crediti sorti per effetto di atti legalmente compiuti) e temporalmente (nel periodo compreso tra il deposito del ricorso ex art. 161, sesto comma, l.fall. e il decreto di apertura del concordato ex art. 163 l.fall.) e a livello operativo è destinata a valere, in caso di mancato pagamento in costanza di concordato con riserva, nella successiva procedura concorsuale che ad esso faccia seguito, sempre che il debitore non ritorni definitivamente e pienamente in bonis;

e.) ai fini della prededucibilità di questi atti in un eventuale successivo fallimento, il giudice non dovrebbe accertare (a differenza dei crediti sorti prima della domanda di concordato con riserva) che essi siano sorti «in occasione o in funzione» del concordato preventivo, ma solo verificare che si tratti effettivamente di atti legalmente compiuti dal debitore, ossia atti di ordinaria amministrazione ovvero atti urgenti di straordinaria amministrazione previamente autorizzati dal tribunale fallimentare[20];

f.) si tratta di una prededuzione del tutto simile a quella prevista per i finanziamenti di cui all’art. 182 quinquies, primo comma, l.fall.: tanto nel primo quanto nel secondo caso, infatti, le valutazioni di merito rimesse al tribunale (sommarie informazioni e parere del commissario giudiziale per gli atti urgenti di straordinaria amministrazione; attestazioni sulla funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori, per i finanziamenti interinali) attengono all’atto presupposto, non già al nesso di funzionalità alla procedura di concordato preventivo, che viene presupposta ex ante dalla legge; riprova ne è che per gli atti di ordinaria amministrazione non è previsto alcun vaglio autorizzatorio giudiziale[21];

g.) le due nuove condizioni imposte per il riconoscimento della prededucibilità - 1) tempestivo deposito della proposta completa di concordato; 2) apertura della procedura ex art. 163 l.fall. senza soluzione di continuità - riguardano, espressamente, solo «i crediti sorti in occasione o in funzione» della procedura di concordato preventivo con riserva;

h.) tra i crediti sorti «in funzione» del concordato con riserva vanno principalmente annoverati quelli derivanti da prestazioni di consulenza e/o assistenza per la ristrutturazione dell’impresa debitrice, rese in epoca anteriore alla domanda[22], che nessuna disposizione di legge dichiara espressamente prededucibili, con conseguente necessità di un accertamento giudiziale della loro funzionalità alla procedura;

i.) dal punto di vista cronologico, tra i crediti sorti «in occasione» (ovvero in concomitanza) del concordato con riserva rientrano anche quelli dichiarati prededucibili ex lege (art. 161, settimo comma, l.fall.; art. 182 quinquies, primo comma, l.fall.), che però non esauriscono la categoria, potendosi altresì ipotizzare, a titolo esemplificativo: i) il compenso del commissario giudiziale o di altri ausiliari del tribunale[23]; ii) gli atti di straordinaria amministrazione compiuti dal debitore senza la preventiva autorizzazione del tribunale, perché erroneamente ritenuti di ordinaria amministrazione; iii) gli atti di straordinaria amministrazione non previamente autorizzati dal tribunale, perché privi del carattere dell’urgenza; iv) gli atti compiuti non dal debitore ma da terzi, riguardanti i beni oggetto della procedura[24];

j.) può dunque ritenersi che le due nuove condizioni poste dalla norma di interpretazione autentica valgano solo per i crediti sorti in funzione e per i crediti sorti in occasione del concordato con riserva diversi da quelli già dichiarati prededucibili ex lege;

k.) in altri termini, solo la prededuzione atipica, astrattamente riconoscibile ai crediti pre-concordatari sorti «in occasione o in funzione» della procedura, viene subordinata ad una rigorosa consecutio procedurarum (apertura del concordato preventivo senza soluzione di continuità[25]), mentre per quelli ai quali la prededucibilità è attribuita ex ante dalla legge (artt. 161, settimo comma e 182 quinquies, primo comma, 1 l.fall.) non sembra necessaria alcuna ulteriore verifica di funzionalità;

l.) ciò non toglie che anche questi ultimi, in caso di fallimento, siano soggetti all’accertamento del passivo, poiché l’art. 111 l.fall. prevede che i crediti prededucibili, di cui alle due species descritte nel secondo comma, siano «soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1)» e l’art. 111 bis, primo comma, l.fall. prevede a sua volta che (tutti) «i crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al capo V, con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l’esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell’articolo 25»;

m.) la diversa tesi per cui la norma di interpretazione autentica riguarderebbe anche le prededuzioni legali ex art. 161, settimo comma, e 182 quinquies, primo comma[26], sembra in contrasto con vari principi fondamentali: a) di ragionevolezza, poiché non si può porre a carico del terzo contraente con il debitore la sanzione per un comportamento omissivo, se non abusivo, di quest’ultimo (fatta salva ovviamente l'ipotesi di collusione, ove dimostrata); b) di tutela dell'affidamento, poiché i terzi legittimamente fondano l'aspettativa della prededuzione dei loro crediti su specifiche norme di legge, quali i citati artt. 161 e 182 quinquies l.fall., non abrogate né direttamente oggetto di interpretazione autentica[27]; c) di certezza dei negozi giuridici, poiché all’atto della contrattazione tra terzo e debitore la prededucibilità del credito sarebbe soggetta a un termine incertus an, e forse anche ad una condizione meramente potestativa, potendo il debitore decidere deliberatamente di non depositare la proposta di concordato;

n.) i (giusti) timori di una possibile “esplosione” del peso della prededuzione concordataria[28] sono stati già adeguatamente attenuati con il D.L. n. 69/2013 (cd. decreto fare), che ha consentito la nomina anticipata del commissario giudiziale - munito di penetranti poteri di controllo sull’attività del debitore - e la possibilità di abbreviare o arrestare il procedimento di preconcordato, a fronte di atti di frode ai creditori ex art. 173 l.fall. ovvero di semplice inadeguatezza delle attività di allestimento della proposta; tutto ciò in aggiunta all’intervento del P.M. nel procedimento e al venir meno della pregiudizialità del concordato rispetto al procedimento per la dichiarazione di fallimento[29], che consentono di sanzionare le condotte illecite del debitore;

o.) occorre altresì considerare il particolare statuto dei crediti sorti per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore dopo il deposito del ricorso ex art. 161, sesto comma, l.fall.: a) i terzi, non essendo creditori per titolo o causa anteriori alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, non sono soggetti al divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore, ex art. 168 l.fall., per cui ben potrebbero, a prescindere dal rispetto del termine per il deposito della proposta di concordato, agire per la loro soddisfazione contro il debitore[30]; b) se soddisfatti spontaneamente dal debitore, i relativi pagamenti sarebbero comunque esenti da revocatoria fallimentare ex art. 67, terzo comma, lett. e), l.fall. (relativo ad atti, pagamenti e garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’art. 161 l.fall.)[31]; di conseguenza, non è dato comprendere perché un creditore che non avesse agito per ottenere forzosamente o spontaneamente il pagamento del proprio credito dovrebbe restare pregiudicato (rispetto a chi lo avesse fatto), solo a causa del mancato rispetto del termine da parte del debitore[32];

p.) non risponde a vero che una simile interpretazione renderebbe del tutto vana la norma di interpretazione autentica: essa, come detto, resterebbe applicabile a tutti i crediti sorti in funzione e in occasione del concordato con riserva diversi da quelli già dichiarati prededucibili ex lege; in particolare, l’applicabilità ai compensi per prestazioni professionali antecedenti il deposito del ricorso (come le prime consulenze e attività prodromiche alla regolazione della crisi) risponde in pieno all’esigenza di contenere i costi della procedura e prevenire gli abusi, che si annidano proprio laddove la natura dilatoria della richiesta viene resa manifesta dal mancato deposito della proposta concordataria e la  mancata apertura del concordato giustifica la sanzione per il cattivo operato dei professionisti[33]; ben altra cosa è la tutela dei rapporti negoziali correnti tra l’imprenditore in crisi conclamata e i terzi incolpevoli, che rappresentano non un costo da verificare nella sua effettiva utilità, bensì uno strumento di supporto al valore della continuità aziendale;

q.) una cauta interpretazione della nuova norma è suggerita anche dal formante giurisprudenziale di legittimità sulla portata non meramente cronologica della consecutio, fondata sulla natura unitaria del processo di regolazione della crisi, anche se articolato in più fasi e svolto con diversi strumenti[34];

r.) la tutela della prededuzione ex art. 161, settimo comma, l.fall. trova giustificazione anche in analogia a quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale circa la (negata) disparità di trattamento, sul terreno della tutela del diritto di credito, fra creditori antecedenti l'amministrazione controllata e creditori sopravvenuti, dal momento che la prededucibilità dei crediti di gestione maturati nel corso della procedura di amministrazione controllata «va all'evidenza a riequilibrare la condizione di maggior rischio contrattuale in cui tali crediti sono concessi e ad incentivarne così l'erogazione in funzione del positivo esito della procedura, nell'interesse di tutti i creditori», a nulla rilevando la «eventuale minore utilità, in concreto, dei suddetti crediti di gestione, atteso che il correlativo regime giuridico coerentemente prescinde da valutazioni contingenti (e successive al sorgere del rapporto obbligatorio) e correttamente è invece rimesso dal legislatore ad un apprezzamento complessivo della finalizzazione delle obbligazioni medesime»[35].

   

IV. Conclusioni

La schizofrenia legislativa, cui gli esperti del diritto concorsuale si stanno ormai abituando, crea un irresponsabile corto circuito con i mercati e l’economia, per il cui benessere sono imprescindibili la certezza delle norme, la prevedibilità delle decisioni e l’affidabilità dei traffici giuridici.

Appare del tutto improprio formulare ricette normative applicabili indifferentemente alle imprese “buone” e a quelle “cattive”, o peggio ancora costruire le regole sulla patologia dei fenomeni, piuttosto che sulla loro fisiologia, essendo più opportuno lasciare a disposizioni particolari il compito di prevenire e reprimere ogni possibile abuso o deviazione dalla causa concreta.

Invero, l’ultimo approdo delle riforme sembrava aver assicurato al concordato con riserva un accettabile equilibrio di check and bilances, grazie all’inasprimento degli obblighi informativi del debitore e all’introduzione di un più ficcante controllo tecnico del (pre)commissario giudiziale, in aggiunta ai già estesi poteri autorizzatori del tribunale.

Inoltre, erano ormai consolidati gli orientamenti giurisprudenziali sui criteri di attribuzione giudiziale delle prededuzioni atipiche («in occasione o in funzione»), idonei ad intercettare oneri eccessivi o impropri, contrastanti con l’interesse dei creditori.

Quanto poi alle prededuzioni ex lege, nella maggior parte dei casi il controllo autorizzatorio giudiziale sugli atti generatori dei relativi crediti garantiva il bilanciamento degli interessi contrapposti.

Non è un caso che i dati censiti dagli organi di informazione hanno già registrato un significativo calo nel ricorso alla domanda di concordato con riserva (ed un corrispondente aumento dei fallimenti)[36], segno inequivocabile che le correzioni apportate nell’estate 2013[37] hanno sortito l’auspicato effetto dissuasivo su domande meramente dilatorie.

Il recente intervento di interpretazione autentica dell’art. 111 l.fall. sembra insomma poggiare su un clamoroso equivoco: lo si è divulgato come strumento di correzione  di una «potenziale distorsione del sistema, involontariamente premiale rispetto a comportamenti opportunistici del debitore», poiché «l'ombrello protettivo del superprivilegio, ovvero prededuzione, non può riconoscersi indiscriminatamente a tutti, anche a coloro che approcciano la strada del preconcordato in modo velleitario e dilatorio, senza volontà e possibilità concreta di una composizione negoziale alternativa al fallimento»[38].

In realtà, la prededuzione a favore dei terzi è “premiale” solo per essi, non anche per il debitore che abbia posto in essere “comportamenti opportunistici”, poichè di fatto diminuisce le risorse disponibili, rendendo più difficoltosa la predisposizione - e meno probabile l'approvazione - di una seconda domanda di concordato preventivo, e perciò più probabile la dichiarazione di fallimento del debitore che non abbia adeguatamente gestito la regolazione della propria crisi[39].

Il riconoscimento della prededuzione ex lege evidentemente non è - a differenza delle preclusioni ex art. 168 l.fall. - un “ombrello protettivo” per gli imprenditori che abusano dello strumento preconcordatario, ma anzi una protezione da quei comportamenti, a tutela dei terzi incolpevoli.  

Semmai, l’abuso si annida nel comportamento di debitori che improvvisano improbabili domande di preconcordato, si avvantaggiano della fiducia dei terzi - catturata con la promessa (legale) della prededuzione - e poi si permettono di abbandonare il programma iniziale per intraprenderne un altro, avvantaggiati dal fatto di poter declassare quei crediti prededucibili, senza doverne subito rispondere anche in sede fallimentare, ove le risorse non siano più sufficienti per soddisfare adeguatamente l’intero ceto creditorio.

Comunque vada, sarebbe tempo che il nostro legislatore facesse chiarezza con se stesso circa gli obbiettivi ultimi che intende perseguire, invece di continuare a procedere per tentativi privi di una progettualità coerente e ponderata, quanto mai necessaria in un settore del diritto, come quello concorsuale, così contiguo al mondo dell’economia.



[1] La nota anticipa alcuni temi di una più ampia riflessione sulla prededuzione concordataria, di prossima pubblicazione sulla rivista “Il Fallimento e le altre procedure concorsuali”.

[2] D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, «Interventi urgenti di avvio del piano "Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015».

[3] IlSole24ore del 28 febbraio 2014.

[4] P. Vella, Autorizzazioni, finanziamenti e prededuzione nel nuovo concordato preventivo, in Fall.,2013, 657.

[5] Essendo forse l’unica misura in senso lato “di allerta” adottata dal legislatore delle riforme, se si considera lo scarso esercizio, nella prassi, della facoltà di pubblicare nel registro delle imprese il piano attestato di risanamento ex art. 67, co. 3, lett. e), come modificato - a far tempo dal 12 agosto 2012 - dalla legge n. 134/12 (di conversione con modifiche del d.l.  83/12) e l’ancora raro ricorso all’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, sebbene introdotto sin dal 17 marzo 2005.

[6] In termini v. da ultimo S. Leuzzi, Preconcordato abortito e prededuzione dei crediti, in IlFallimentarista.it, 20.2.2014

[7] Secondo R. D’Amora, La prededuzione nell’anno di grazia 2013, in www.osservatorio-oci.org, 2013, 3, sulla prededuzione ex art. 161, co. 7, l.fall. «riposa quella certezza dei rapporti giuridici che può indurre il terzo ad assumere una posizione dinamica e operativa nel tentativo di salvataggio».

[8] Cass., sez. I, 6 agosto 2010, n. 18437, commentata in  Giust.civ., 2010,  2457 ss., con nota di A. Didone, “Note minime sulla consecuzione delle procedure concorsuali” e in questa Rivista, 2011, 30, con nota di P. Bosticco, “E’ ancora attuale la consecuzione dei procedimenti nella nuova legge fallimentare?

[9] L’art. 160, ultimo comma, l.fall., prevede che per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.

[10] Cassazione 19 aprile 2010, n 9289, in Fall., 2010, 1463; conf. Cass. 26 giugno 1992, n. 8013

[11] Tale articolo, modificato ad opera del D.L. n. 83/12, convertito dalla L. n. 134/12, ha esplicitato la retrodatazione dei termini di prescrizione e decadenza delle azioni revocatorie e di inefficacia alla data di pubblicazione, nel registro delle imprese, della domanda di concordato cui sia seguita la dichiarazione di fallimento.

[12] Corte Cost. 21 ottobre 2011, n. 271, in www.cortecostituzionale.it

[13] Corte Cost. 22 novembre 2000, n. 525, in Consultaonline.

[14] Trib. Rimini 26 novembre 2013 in www.ilcaso.it, in una fattispecie di ricorso ex art. 161 sesto comma l.fall. (con autorizzazione di finanziamenti e pagamenti di crediti anteriori strategici) seguito dal deposito di una proposta di concordato con continuità aziendale, poi dichiarato inammissibile per mancanza di fattibilità, con successiva istanza di fallimento del P.M. e deposito, nel corso dell’istruttoria prefallimentare, di una nuova proposta di concordato preventivo con continuità aziendale, inizialmente ammesso, ma poi revocato ex art. 173 l.fall.

[15] Trib. La Spezia 18 luglio 2013, in www.osservatorio-oci.org

[16] App. Genova 9 gennaio 2014, in www.ilcaso.it, in una fattispecie in cui vi era stato un primo concordato preventivo chiesto da una società, poi revocato contestualmente all’ammissione di un secondo concordato chiesto insieme alle altre società del gruppo, anch’esso successivamente revocato e seguito da una domanda di concordato con riserva, infine sfociata in una proposta di concordato ritualmente omologato, ma impugnato dinanzi alla corte d’appello proprio sul punto delle prededuzioni maturate, pari ad € 2.800.000,00 per i professionisti attestatori, € 4.100.000,00 per prestazioni professionali e legali nonchè servizi strumentali all’accesso e allo svolgimento della procedura ed € 5.000.000,00 per spese sorte durante le prime due procedure di concordato preventivo poi revocate.

[17] Trib. Terni 17 gennaio 2014, in www.ilcaso.it e osservatorio-oci.org nonché su IlFallimentarista, 20.2.2014, con nota di S. Leuzzi, Preconcordato abortito e prededuzione dei crediti. Nella fattispecie concreta, il concordato di gruppo con riserva era stato dichiarato improcedibile per mancato deposito della proposta entro il termine assegnato, ma era stato seguito di lì a poco dal deposito di una domanda definitiva di concordato con continuità aziendale, essendosi riusciti a portare a termine le trattative con l’originario investitore, secondo il piano industriale previsto.

[18] Fatta salva ogni valutazione di legittimità costituzionale, alla luce delle pronunce richiamate nelle note nn. 12 e 13.

[19] Diff. Trib. Vicenza 11 marzo 2014, in www.osservatorio-oci.org, per il quale la categoria dei «crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge» vale solo ad estendere la prededuzione ai crediti che non siano già sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali, sicchè l’esplicita attribuzione della prededuzione ex art. 161, co. 7, l.fall., sarebbe pleonastica, trattandosi di crediti comunque sorti in occasione o in funzione di procedura concorsuale, ai quali è perciò applicabile la nuova norma di interpretazione autentica. Al contrario può dirsi che, tutte le volte in cui il più recente legislatore ha inteso ancorare la prededuzione alla verifica di occasionalità o funzionalità del credito, lo ha espressamente detto; emblematiche, al riguardo, le plurime disposizioni dettate nella L. 27 gennaio 2012, n. 3, sulla Composizione delle Crisi da Sovraindebitamento, come l’art. 12, comma 5 per l’accordo di ristrutturazione («A seguito della sentenza che dichiara il fallimento, i crediti derivanti da finanziamenti effettuati in esecuzione o in funzione dell'accordo omologato sono prededucibili a norma dell'articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267»), l’art. 13, comma 4 bis (anche) per il piano del consumatore («I crediti sorti in occasione o in funzione di uno dei procedimenti di cui alla presente sezione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti») e l’art. 14 duodecies, comma  2 per il procedimento liquidatorio («I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o di uno dei procedimenti di cui alla precedente sezione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti»).

[20] Diversamente opina chi ritiene che quei controlli sugli atti dai quali discendono crediti dichiarati prededucibili dalla legge siano, in realtà, controlli sulla stessa prededucibilità dei crediti.

[21] Inoltre, a differenza dell’art. 182 quater, secondo comma, l.fall., in tutti questi casi non è previsto che «la prededuzione sia espressamente disposta» con un provvedimento giudiziale.

[22] Cfr. Cass. 5 marzo 2014, n. 5098, di prossima annotazione sulla rivista “Il Fallimento e le altre procedure concorsuali”.

[23] Paradossalmente, il compenso al pre-commissario giudiziale non è dichiarato prededucibile ex lege (così come del resto  l’art. 111 bis, primo comma, l.fall., non menziona il compenso del curatore), sicchè con la nuova norma esso non potrà ritenersi prededucibile, in mancanza di tempestivo deposito della proposta concordataria senza soluzione di continuità. Tra i possibili rimedi, sul piano operativo vi è la prassi di disporre un apposito deposito cauzionale; sul piano sistematico, la possibilità di riconoscere comunque il duplice privilegio ex artt. 2755 e 2770 c.c. (v. Trib. Isernia 11 ottobre 2013, in www.unijuris.it), che peraltro prevale sui crediti pignoratizi o ipotecari ai sensi dell’art. 2748 c.c., laddove nella prededuzione endofallimentare i crediti pignoratizi ed ipotecari cedono, per il combinato disposto degli artt. 111 bis, terzo comma  e 111 ter, terzo comma, l.fall., solo di fronte ai crediti prededucibili ascrivibili a spese di carattere specifico o generico, tra le quali rientra indubbiamente il compenso al curatore.

[24] Cfr. Cass. 24 gennaio 2014, n. 1513, di prossima annotazione sulla rivista  “Il Fallimento e le altre procedure concorsuali”.

[25] Ma non anche - si noti - l’omologazione del concordato, quand’anche a causa del successivo riscontro del difetto dei presupposti di ammissibilità; ciò che rappresenta una aporia della nuova previsione.

[26] V. Tribunale Vicenza 11 marzo 2014 cit., che ritiene giustificato, alla luce della norma interpretativa dell’art. 111, co. 2., l.f., il diverso trattamento nel preconcordato tra i normali crediti, che possono essere pagati liberamente, salvo obbligo di restituire l’eccesso (ma si veda, a contrario, l’art. 184 l.fall., che rende obbligatorio il concordato omologato solo per i creditori anteriori al deposito del ricorso) ed i crediti dei professionisti che hanno assistito l’imprenditore nella presentazione della proposta, i quali debbono attendere l’esito del concordato per essere soddisfatti nella giusta collocazione (ma si veda, a contrario, l’esenzione da revocatoria ex art. 67, co. 3, lett. g) l.fall.). Si trascrivono di seguito le motivazioni: «ritenuto che la norma interpretativa deve essere a sua volta interpretata in chiave sistematica e teleologica, onde non frustrare le finalità del preconcordato e la sua stessa natura cautelare, per cui la prededuzione venga in rilievo solo nel caso del mancato pagamento, e quindi solo nel riparto (concordatario o fallimentare), sicchè si debba lasciare l’imprenditore libero di pagare chi vuole (anche i professionisti, per le eventuali prestazioni di supporto all’azienda in corso di procedura, come l’assistenza nelle liti attive e passive, la redazione dei pareri, la consulenza in genere, con l’autorizzazione del tribunale, ove sia necessaria), salvo poi chiedere in restituzione ciò che è stato pagato al creditore in eccesso rispetto alla percentuale di soddisfazione che risulterà a lui effettivamente spettante nel riparto; ritenuto che questo ragionamento non possa valere per i professionisti che hanno accettato l’incarico di preparare il concordato (advisor, attestatore, legale, ed in certa misura anche lo stimatore, etc.) con ciò stesso facendosi garanti della buona riuscita della proposta e del piano (…) secondo lo schema degli obblighi di protezione (…) e perciò doverosamente filtrando le proposte che prima facie non abbiano possibilità di riuscita (…) ragion per cui il loro compenso, solo astrattamente spettante in prededuzione, troverà la più giusta collocazione soltanto al momento della concreta verifica del loro operato, avendo comunque diritto ad una collocazione privilegiata ex lege, ovvero in prededuzione per il buon esito del concordato o comunque per la accertata utilità del loro operato (…) o a nessun compenso per la successivamente accertata inutilità o dannosità del loro operato (Cass. 10 maggio 2012 n. 7166): tutte valutazioni che si possono compiere solo ex post»).

[27] Cfr. l’art. 14 bis, comma 5, L. n. 3/12, per cui «la dichiarazione di cessazione degli effetti dell’omologazione del piano non pregiudica i diritti acquisiti dai terzi di buona fede».

[28] Cfr. P.Vella, Le nuove prededuzioni nel concordato con riserva e in continuità. I crediti dei professionisti, in Fall., 2013, 1148, ove si sottolinea l’importanza del vaglio giudiziale nelle prededuzioni del concordato con riserva, per evitare che le già esigue risorse del debitore finiscano per “bruciarsi” tra incarichi, spese e prosecuzione dell’attività, in quel lungo arco di tempo che precede l’eventuale deposito della proposta di concordato.

[29] V. I. Pagni, I rapporti tra concordato e fallimento in pendenza dell’istruttoria, in Fall., 2013, 1075 ss.; M. Ferro, La dichiarazione di fallimento e l’ammissione ai concordati (ordinario e con riserva), in Fall.,, 2013, 1086 ss. In giurisprudenza cfr. Trib. Terni, 26 febbraio 2013, in www.ilcaso.it e www.osservatorio-oci.org  e Trib. Terni, 8 novembre 2013, in Fall., 2014, 113.

[30] Cfr. F.S. Filocamo, La prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione, in Fall., 2013, 1151 s.

[31] Disposizione aggiunta dal D.L. n. 83/12, convertito in L. n. 134/12, in vigore dal 12 agosto 2012.

[32] Secondo Cass. n. 5098/14 citt. è proprio l’analoga esenzione da revocatoria fallimentare di cui alla successiva lett. g) - per il «pagamento di debiti liquidi ed esigibili, eseguiti  alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali e di concordato preventivo» - a convincere della prededucibilità ex sé di tali crediti, essendo evidente l’obbiettivo non solo di incentivare l’accesso dell’imprenditore in crisi al concordato preventivo,  ma anche di rimuovere l’incertezza che deriverebbe dalla soggezione al rischio della revocatoria del pagamento dei relativi corrispettivi.

[33] In termini Trib. Rovigo, decr. 12 dicembre 2013, in www.unijuris.it

[34] Si richiamano Cassazione  n. 9289/10  e n. 8013/92  già citate in nota n. 10.

[35] Corte Cost. ord. 27 gennaio 1995, n. 32, in Consultaonline.

[36] Da IlSole24ore del 3 marzo 2014, Aziende e tribunali. Gli effetti dei maggiori controlli sulle domande «dilatorie»:Crisi d’impresa, in calo i preconcordati con riserva. Flessione di oltre il 40% nel secondo semestre 2013

[37] D.L. n. 69/13, convertito dalla L. n. 98/13.

[38] Su IlSole24ore del 3 marzo 2014, con nota di G.B. Nardecchia, Con Destinazione Italia in arrivo altri vincoli, ove si propone, per arginare paventato effetto di “congelamento” del concordato con riserva, una applicazione della «norma in modo differente in base al tipo di credito», garantendo cioè la stabilità degli effetti prededuttivi solo ai crediti sorti da finanziamenti o atti di straordinaria amministrazione già valutati nel merito dal tribunale ai fini della necessaria autorizzazione; soluzione che, se nella sostanza può apparire ragionevole (per quanto pregiudizievole per i crediti generati dalla prosecuzione dell’attività aziendale di ordinaria amministrazione, specie di fornitura, per lo più chirografari), nella forma collide con la monoliticità testuale dell’art. 161, co. 7, l.fall., ponendosi perciò piuttosto come anelito de iure condendo.

[39] Emblematici sono i due precedenti citati del Tribunale di Rimini e di Terni. Nel primo, il mantenimento delle prededuzioni pre-concordatarie ha reso impercorribile l’ennesimo tentativo di concordato, determinando il fallimento (contro il quale è stato però come visto proposto reclamo). Nel secondo, il debitore ha dovuto impegnare maggiori risorse per ottenere l’ammissione della proposta definitiva di concordato, rispetto all’ipotesi in cui avesse potuto “cancellare”, per il semplice fatto di non avere rispettato il termine fissato ex art. 161, co. 6, l.fall., le prededuzioni legittimamente maturate (consta tuttavia  essere in corso una modifica della proposta, per tener conto della sopravvenuta degradazione dei crediti considerati prededucibili, in base allo ius superveniens).


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