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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 17/06/2021 Scarica PDF
Il cram down è applicabile anche al diniego erariale espresso
Lorenzo Gambi, Dottore Commercialista in FirenzeSommario: 1. Premessa.- 2. Il caso esaminato dal Tribunale di Pescara.- 3. L’applicabilità delle norme sul cram down alle procedure pendenti.- 4. Interesse concorsuale versus interesse erariale: la cognizione del foro fallimentare.- 5. Ristrutturazione “forzosa” del credito in caso di diniego espresso.-
1. Il Tribunale di Pescara, con decreto del 27 maggio 2021, reso nell’ambito di una procedura di concordato preventivo in continuità aziendale[1], ha statuito i seguenti principi:
a) le norme emergenziali in tema di cram down si applicano alle procedure pendenti al momento della loro entrata in vigore (4 dicembre 2020), trattandosi di disposizioni di natura procedimentale, sempreché, a tale data, non sia ultimato il procedimento di omologazione;
b) l’interesse del concorso prevale sull’interesse erariale: il vaglio sulla convenienza della proposta di trattamento del credito tributario rispetto all’alternativo fallimento rientra nella giurisdizione ordinaria del foro fallimentare;
c) le locuzioni “anche in mancanza di voto” e “anche in mancanza di adesione” devono essere interpretate in senso estensivo, con riferimento, pertanto, non solo al silenzio da parte dell’ente pubblico, ma anche al diniego espresso;
d) l’interpretazione estensiva delle norme sul cram down non contrasta con il recepimento della Direttiva Insolvency: la stessa consente, al sussistere di determinate condizioni, un trattamento non integrale del credito fiscale.
2. Questo, in sintesi, il caso trattato dal Tribunale di Pescara.
In un concordato preventivo con continuità aziendale (in parte diretta, in parte indiretta), la proposta del debitore non otteneva l’approvazione da parte dei creditori.
Sebbene tre delle cinque classi ammesse al voto avessero votato in senso favorevole, non veniva raggiunta la maggioranza dei crediti “per valore”.
A fronte, infatti, di un quorum approvativo di euro 2.793.263, i voti favorevoli coprivano il minor importo di euro 1.924.986.
Determinante, il voto negativo espresso dall’Agenzia delle Entrate: la propria posizione creditoria degradata in chirografo rappresentava, da sola, più del 40% di tutti i crediti chirografari.
Il Collegio, preso atto dell’esito negativo delle votazioni, convocava il debitore ex art. 162, comma 2, l. fall.
La società depositava una memoria con la quale chiedeva l’applicazione dell’art. 3, comma 1-bis, lett. a), D.L. n. 125/2020, convertito, con modificazioni, in L. n. 159/2020, attesa la maggior convenienza del concordato rispetto al fallimento.
Tale memoria - precisava il ricorrente - era da intendersi anche “quale opposizione al voto espresso dall’Agenzia delle Entrate”.
All’udienza collegiale, il debitore insisteva per l’omologazione della proposta in applicazione del novellato art. 180, comma 4, l. fall.
Il Tribunale di Pescara, in via preliminare, ha dato atto che la procedura risultava pendente al momento dell’entrata in vigore dell’art. 3, comma 1-bis, D.L. n. 125/2020, introdotto in sede di conversione dello stesso decreto-legge.
Poiché tale norma opera con riferimento all’omologa, in assenza di una disposizione transitoria che ne limiti l’applicazione alle procedure instauratisi dopo la sua entrata in vigore, la stessa è applicabile anche ai procedimenti pendenti a tale data, sempreché non si sia già esaurita la fase di omologazione.
Il foro abruzzese, richiamando una recente ordinanza delle Sezioni Unite[2], ha confermato che il sindacato sulla convenienza della proposta di trattamento appartiene al giudice ordinario.
Le nuove norme sul cram down radicano, infatti, la transazione fiscale all’interno del concorso, e ciò anche con riferimento al profilo della cognizione sul diniego erariale.
Passando alla portata delle locuzioni “mancanza di voto” e “mancanza di adesione”, il Collegio, dopo un ampio excursus che fa luce sulle diverse posizioni formatesi, sull’argomento, sin dalla prima ora, vi ha preso posizione, ritenendo di adottare un’interpretazione estensiva.
Il Tribunale, in primo luogo, ha rilevato che il dato letterale delle nuove norme, in realtà, non è ostativo.
Si ha, infatti, mancanza di voto ovvero di adesione non solo in caso d’inerzia da parte dell’ente pubblico, ma anche in caso di diniego espresso.
In secondo luogo, ha attribuito rilevanza alla volontà del legislatore di approntare una reale tutela contro i provvedimenti di rigetto che si pongano in contrasto, da una parte, con i principi generali del concorso, dall’altra, con gli stessi interessi pubblicistici.
Sotto questo aspetto, il Collegio ha ritenuto che per quanto le norme in oggetto possano apparire penalizzanti nella prospettiva degli enti pubblici, tuttavia, la diversità di trattamento appare giustificata dalla natura del credito.
Il legislatore del concorso, sin dalla riforma del 2006, ha infatti disciplinato in modo specifico ed insieme “derogatorio” il trattamento dei crediti tributari-contributivi rispetto agli altri crediti.
Sotto altro profilo, l’interpretazione estensiva delle norme sul cram down non si pone in contrasto con la Direttiva Insolvency, e ciò con particolare riferimento alle ristrutturazioni cd. “trasversali”, categoria cui appartiene il trattamento “coattivo” dei crediti erariali-contributivi.
Il Tribunale, rilevata, da un lato, la decisività del credito dell’Amministrazione finanziaria ai fini del quorum, dall’altro, la maggior convenienza della proposta di trattamento rispetto a quanto realizzabile - nella prospettiva erariale - in sede di fallimento, ha “sterilizzato” il voto negativo erariale, dando per raggiunte le maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato.
Per l’effetto, il foro abruzzese ha dato avvio al procedimento di omologazione della proposta, fissando l’udienza per la comparizione della società proponente e del commissario giudiziale, ex art. 180 l. fall.
3. L’art. 3, comma 1-bis, D.L. n. 125/2020, convertito in L. n. 159/2020, in vigore dal 4 dicembre 2020, non ha previsto alcuna norma transitoria.
La giurisprudenza di merito ha già avuto modo di rilevare che le norme emergenziali sul cram down hanno natura processuale, potendo essere applicate ai procedimenti contenenti la proposta di transazione radicatisi prima della data sopra indicata, a condizione che:
- con riguardo ai concordati preventivi, non siano ancora concluse le operazioni di voto
- con riguardo agli accordi di ristrutturazione, non sia stata ancora presentata la domanda di omologazione.[3]
Tale soluzione, ricorda il Collegio abruzzese, trova conferma nell’insegnamento della Suprema Corte la quale, nell’interpretare la norma transitoria ex art. 22, D.Lgs. n. 169/2007 (cd. Decreto correttivo), secondo cui le nuove disposizioni si applicavano alle “procedure concorsuali” aperte dopo la loro entrata in vigore, chiarì che tale espressione si riferiva alla rilevanza interna dei procedimenti.
Con ciò, confermando che in assenza di disposizioni transitorie che differiscano l’entrata in vigore di norme che disciplinino le procedure concorsuali, le stesse devono essere intese come disposizioni dalla natura procedimentale, rette così dal principio del tempus regit actum.[4]
Il Tribunale di Pescara ha assunto, quale termine di riferimento per valutare la “pendenza” della procedura concorsuale, il compimento della fase di omologazione.
Ne consegue - come già rilevato in giurisprudenza[5] - che il foro fallimentare, prima dell’omologa, può rinnovare le operazioni di voto, considerata la natura anche sostanziale delle nuove norme, idonee a modificare gli effetti legati alle regole di formazione del consenso.
In effetti, l’art. 3, comma 1-bis, D.L. n. 125/2020, per quanto assuma rilevanza ai fini della fase di omologazione ex art. 180, comma 4, l. fall., incide sulle regole che disciplinano l’approvazione della proposta.
Il creditore chiamato ad esprimersi deve poter fare affidamento su un set di regole certe, in base alle quali individuare la soluzione “tecnica” da utilizzare ai fini della rappresentazione del consenso.
In ambito di concordato, il mancato esercizio del voto determinagli effetti del diniego espresso, e ciò in applicazione della regola ex art. 178, comma 4, l. fall. (cd. silenzio-rifiuto).
Non può dunque escludersi che l’ente pubblico che avesse inteso non esprimere il proprio intendimento sulla proposta, una volta introdotto il nuovo art. 3, comma 1-bis, avrebbe potuto optare, in luogo del silenzio, per il diniego espresso.
Quanto sopra, al fine di non incorrere nell’applicazione del cram down, stante la non piana formulazione della norma la quale - secondo la “tesi” restrittiva - precluderebbe la ristrutturazione “forzosa” del credito in caso di diniego espresso.
4. Il Collegio ha trattato il tema della giurisdizione circa il diniego alla transazione fiscale, soffermandosi sulla recente ordinanza n. 8504/2021 delle Sezioni Unite,
Ed ha ricordato come la disciplina ex art. 3, comma 1-bis, D.L. n. 125/2020, come anche la disciplina prevista dal Codice della crisi e dell’insolvenza forniscano un’inequivocabile indicazione sul tema in oggetto.
Secondo la struttura della transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall., come modificato, con efficacia dal 1° gennaio 2017, dall’art. 1, comma 81, L. n. 232/2016, la posizione del creditore pubblico si esprime non già attraverso un atto “autonomo”, bensì tramite lo strumento “tipizzato” del voto, ex art. 177 l. fall.
La L. n. 232/2016 ha introdotto l’obbligatorietà della transazione fiscale quale sub-procedimento “necessitato” che si radica all’interno della procedura di concordato preventivo.
Per effetto del carattere obbligatorio del trattamento del credito tributario, la ratio concorsuale dell’istituto finisce con il prevalere rispetto alla propria ratio fiscale.
Si verifica, in sostanza, un “incidente” tributario volto a pervenire alla definizione concordata del rapporto giuridico d’imposta mediante l’applicazione del diritto della crisi d’impresa.
In questo quadro, si innesta l’art. 3, comma 1-bis, D.L. n. 125/2020: le norme sul cram down indirizzano ancor più chiaramente la questione della mancata adesione alla proposta verso il foro fallimentare, collocando l’istituto “all’interno delle procedure concorsuali, piuttosto che all’ambito delle procedure di attuazione dei tributi”.[6]
5. Una delle questioni più rilevanti ai fini dell’applicazione del cram down attiene al significato delle espressioni “anche in mancanza di voto” e “anche in mancanza di adesione”, inserite, rispettivamente:
- nell’art. 180, comma 4, l. fall., con riferimento alla procedura di concordato preventivo:
- nell’art. 182-bis, comma 5, l. fall., con riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Il Collegio abruzzese si è posto l’interrogativo se il presupposto della mancanza di voto/adesione ricorra solo qualora l’ente pubblico non si pronunzi sulla proposta di trattamento ovvero anche in presenza di un rigetto espresso.
Ed ha risolto la questione accedendo alla tesi “estensiva”.
La ristrutturazione coattiva dei crediti erariali-contributivi può essere operata, al sussistere delle altre condizioni (decisività del voto e convenienza della proposta), ove anche l’ente abbia espresso il proprio diniego alla proposta di trattamento.[7]
Tale conclusione non confligge con la formulazione letterale degli artt. 180, comma 4, e 182-bis, comma 5, l. fall.
Si ha, infatti, mancanza di voto ovvero di adesione ogniqualvolta la pubblica amministrazione competente manifesti il proprio dissenso alla proposta transattiva formulata dal debitore.
Se ciò è indubitabile con riferimento agli accordi di ristrutturazione, conformemente al criterio “negoziale” che regola la formazione del consenso in tale sede, l’assunto non perde efficacia neanche con riferimento al concordato preventivo.
In tale ambito, infatti, il mancato esercizio del diritto di voto da parte del creditore è parificato, ai fini della determinazione delle maggioranze approvative, al voto contrario palesemente espresso.
In secondo luogo, ricorda il Tribunale di Pescara, assume rilevanza “la volontà del legislatore di assicurare alle imprese debitrici una reale tutela giurisdizionale contro i provvedimenti di rigetto delle proposte di transazione emessi dall’Amministrazione finanziaria e dagli enti previdenziali-assistenziali in contrasto con i principi affermati dall’art. 182 ter l. fall. o fondati su valutazioni errate, ad esempio, perché la proposta di transazione, conforme alle previsioni di tale articolo, è in realtà obiettivamente conveniente per l’Erario”.
Il Collegio segnala come un’interpretazione che circoscrivesse il campo d’applicazione del cram down alla sola inerzia del creditore pubblico determinerebbe, di fatto, un vulnus di tutela nei confronti della stessa amministrazione.
La quale - al fine di non incorrere nella ristrutturazione “forzosa” - potrebbe essere indotta a rigettare proposte che, per quanto convenienti, prevedano un trattamento ritenuto (in base a quali criteri?) non soddisfacente.
Si torna, in realtà, al tema della cognizione sul diniego erariale.
Tale aspetto rappresenta - ad avviso di chi scrive - il nodo gordiano dell’intera disciplina sul cram down.
Se si ritiene che il legislatore abbia inteso approntare norme volte ad assicurare una tutela giurisdizionale “civilistica” contro provvedimenti incoerenti rispetto ai principi che informano il concorso, così come ai criteri d’efficienza che regolano l’azione amministrativa, la cognizione del foro fallimentare dovrebbe essere “a tutto tondo”.
E, dunque, riguardare anche il diniego espresso.
In questo senso, il Tribunale di Pescara ha ritenuto che le nuove norme attribuiscano “al tribunale fallimentare il potere di giudicare la legittimità dei provvedimenti di rigetto, approvando nella sostanza le proposte di transazione rigettate illegittimamente, quante volte l’approvazione di esse sia determinante ovvero decisiva”.
D’altra parte, se è vero che l’art. 3, comma 1-bis si pone su un piano “selettivo” nei confronti del creditore pubblico, tuttavia, rileva il Collegio abruzzese, “tale diversità rispetto agli altri creditori appare giustificata dalla peculiare natura del credito: il legislatore del concorso, sin dalla riforma del 2006, ha infatti disciplinato in modo specifico e derogatorio il trattamento dei crediti tributari-contributivi”.
Da ultimo, il Collegio ha ricordato come l’adottata interpretazione estensiva delle nuove norme non si ponga in contrasto con la Direttiva 2019/1023/UE (cd. Insolvency), riguardante le procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione.
E ciò con particolare riguardo alle ristrutturazioni cd. “trasversali”, categoria alla quale appartiene il trattamento coattivo dei crediti erariali-contributivi.
Nella ristrutturazione trasversale, il piano d’impresa può essere omologato, vincolando anche le classi dissenzienti, ove le stesse ricevano un trattamento non peggiorativo rispetto alle altre classi di pari rango ed un trattamento più favorevole rispetto alle classi inferiori (cd “relative priority rule”).
Ove, poi, il legislatore nazionale optasse per la cd. “absolute priority rule” (in caso di classi dissenzienti non soddisfatte integralmente, il patrimonio del debitore non può essere distribuito per soddisfare crediti inferiori), sarebbe comunque consentito un trattamento parziale del credito erariale-contributivo, purché il soddisfacimento dei creditori di rango inferiore avvenga con finanza esterna o con beni sopravvenuti per effetto della continuità aziendale.
[1] Trib. Pescara, 27 maggio 2021, est. Colantonio, in www.ilcaso.it, 14 giugno 2021.
[2] Cass. Civ., Sez. Un., 25 marzo 2021, n. 8504.
[3] Trib. Teramo, 19 aprile 2021, est. Cirillo.
[4] Cass. Civ., Sez. I, 24 giugno 2016, n. 13165; in senso conforme, Cass. Civ., Sez III, 15 febbraio 2011, n. 3688.
[5] Trib. Rovigo, 12 febbraio 2021, est. Gangitano.
[6] Così, ancora, Cass. Civ., Sez. Un., 25 marzo 2021, n. 8504, richiamata dal Tribunale di Pescara, secondo la quale la transazione fiscale consente di “bilanciare i due interessi, sicché l’ampia discrezionalità riconosciuta all’Amministrazione nello stipulare accordi transattivi concorsuali […] è bilanciata dal sindacato giudiziale sul diniego alla proposta transattiva chiaramente assegnato, dalla normativa vigente, al giudice ordinario fallimentare”. Poiché, tuttavia, rilevano le Sezioni Unite, sotto il profilo sostanziale, il credito fiscale trova la fonte nella legge, soccorre ai fini del raccordo fra norma concorsuale e tributaria l’art. 90 del D.P.R. n. 602/1973 (se il contribuente è ammesso al concordato, il concessionario compie in base al ruolo quanto necessario per la partecipazione al concorso; in presenza di contestazioni, il credito è inserito provvisoriamente nell’elenco ex art. 176, comma 1, l. fall., restando impregiudicata la cognizione del foro tributario, ex artt. 2-19, D.Lgs. n. 546/1992).
[7] Trib. La Spezia, 14 gennaio 2021, est. Gaggioli, peraltro in ambito di accordo di composizione della crisi ex L. n. 3/2012; Trib. Teramo, 19 aprile 2021, est. Cirillo. Contra, Trib. Bari, 18 gennaio 2021, est. Cesaroni.
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