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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/01/2021 Scarica PDF

Le tormentate procedure concorsuali e la nuova legislazione "a gambero" (È giunto il tempo di un recovery plan per le crisi d'impresa?)

Maurizio Irrera, Professore Ordinario di diritto commerciale nell'Università degli Studi di Torino


1. - Il 2020, appena trascorso, come se non bastasse quanto accaduto, ci ha portato in dono – nell’ambito delle tormentate procedure concorsuali – un nuovo ed “originale” modo di legiferare.

Il legislatore con la legge 27 novembre 2020, n. 159, emanata in sede di conversione del D.L. 7 ottobre 2020, n. 125[1], e più precisamente con l’inserimento da parte del Senato[2] di un lungo comma 1-bis nell’art. 3 del decreto legge originario, ha introdotte modifiche urgenti alla morente Legge Fallimentare del 1942, anticipando, e inserendo nel tessuto esistente, alcune novità del Codice della Crisi in tema di trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti[3].

Ancora più di recente, con la legge 18 dicembre 2020, n. 176[4] di conversione  del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (il cosiddetto Decreto Ristori)[5], il legislatore[6] ha attaccato al treno, che stava transitando di gran carriera, un altro vagone ovvero quello del sovraindebitamento, la cui disciplina – rimaneggiata dal Codice della Crisi – si è fatta entrare in vigore, innestando le novità nella vecchia legge 27 gennaio 2012, n. 3, anch’essa destinata al pensionamento dal Codice della Crisi.

All’orizzonte, poi, paiono esservi ulteriori espianti dal Codice della Crisi e trapianti sul tessuto della vecchia Legge Fallimentare[7].

Ora, sospendendo il giudizio sulla scelta delle norme di cui anticipare l’entrata in vigore o, se si preferisce, su quali fiori Cappuccetto Rosso debba raccogliere e portare alla nonna, pare opportuno rivolgere qualche riflessione sulla tecnica legislativa impiegata, “tecnica” che lasciano attoniti e che pare celare o un disegno preciso o, più probabilmente, molta confusione.

Una sola annotazione in ordine all’ormai cronica sciatteria legislativa si impone. Come è noto, il Codice della Crisi ha sostituito la parola “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale”, al fine di eliminare dal linguaggio giuridico la connotazione negativa legata al fenomeno; gli artt. 180 e 182 bis l. fall., nella nuova versione conseguente alle modifiche apportate dalla legge di conversione n. 176/2020, stabiliscono che il Tribunale omologhi il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche in mancanza di voto o, per gli accordi, di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme  di previdenza o assistenza obbligatorie quando la proposta di soddisfazione è per detti soggetti “più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”(?!?). E’ ovvio che si tratti del fallimento: nell’espianto dal Codice della Crisi (dell’art. 48, 5^ comma) e nel successivo trapianto nella Legge Fallimentare (artt. 180, 4^ comma e 182 bis, 4^ comma) era sufficiente un minimo di attenzione per evitare l’ennesimo lapsus calami, attenzione che evidentemente non c’è stata.

 

2. – Torniamo ad esaminare la nuova tecnica legislativa, che mi permetto di definire “a gambero”, e le probabili ragioni di tale scelta.

Ricapitolando, abbiamo sul terreno, dopo una lunga gestazione, un ambizioso Codice della Crisi, apparso sulla Gazzetta Ufficiale nel febbraio del 2019: in piccola, ma importante parte, entrato sin da subito in vigore (valga, per tutte, la norma cardine rappresentata dall’art. 2086, 2^ comma, c.c. in tema di assetti organizzativi) e per il resto destinato a divenire vigente nell’agosto del 2020.

Nel marzo del 2020, alle prime avvisaglie della pandemia, il legislatore[8] rinvia al febbraio 2021 l’entrata in vigore degli obblighi di segnalazione previsti dagli artt. 14 e 15 del Codice della Crisi, diretti a dare l’avvio alla procedura dinanzi all’OCRI[9], mentre nell’aprile 2020[10] viene rinviata al settembre 2021 l’entrata in vigore dell’intero Codice della Crisi. Ancora nel mese di luglio 2020, in sede di conversione in legge del Decreto Rilancio[11], viene rinviato l’obbligo per le società a responsabilità limitata, sopra soglia, di provvedere alla nomina dell’organo di controllo interno alla data di approvazione del bilancio dell’esercizio 2021 e, dunque, ai mesi di aprile-giugno 2022.

Anche il decreto correttivo al Codice della Crisi approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 febbraio 2020 resta in naftalina sino all’emanazione del medesimo con il recente d. lgs. 26 ottobre 2020, n. 147[12].

Le condivisibili ragioni che hanno portato il legislatore al rinvio di un anno dell’entrata in vigore del Codice delle Crisi sono note; i due profili che maggiormente preoccupano gli operatori sono, da un lato, un impianto che favorisce l’emersione anticipata della crisi, in un momento drammatico per l’intera economia e, dall’altro, il procedimento di composizione assistita della crisi che presenta profili di spiccata rigidità: gli stringenti obblighi di segnalazione della crisi a carico degli organi di controllo interno della società; misure protettive concesse solo discrezionalmente dall’autorità giudiziaria a seguito di una specifica istruttoria; l’intervento del pubblico ministero in caso di insuccesso e, dunque, una procedura percepita come anticamera del fallimento; da ultimo, i costi per l’impresa di una procedura che in qualche modo intende “sostituire” i consulenti dell’impresa con i componenti dell’OCRI scelti da soggetti terzi, ma pagati dall’impresa.

Il vero scoglio – a fianco alla necessità di ripensare, almeno in parte, il tema dell’emersione anticipata della crisi[13] – è l’allerta e la composizione assistita della crisi.

Nonostante il pressing posto in essere da molti soggetti, il legislatore (o, forse, meglio gli uffici legislativi del Ministero della Giustizia) si è dimostrato sordo agli inviti a rendere più friendly per l’impresa la procedura di composizione assistita della crisi, restando asserragliato nell’idea che la procedura andasse bene così, salvo il “contentino” contenuto nel decreto correttivo laddove si prevede[14] che il componente dell’OCRI di designazione dell’associazione rappresentativa del settore di riferimento del debitore venga scelto dalla medesima associazione all’interno di una rosa di tre nomi formalizzata dal debitore.

Nel frattempo, peraltro, ci si è convinti, sempre di più, che il Codice della Crisi, aldilà delle asperità segnalate, contenga un deciso e significativo ammodernamento della legislazione sulla crisi d’impresa e si è iniziato a spingere per l’entrata in vigore di vari istituti del nuovo codice; in questo contesto si collocano le ultimissime scelte del legislatore ossia quelle riassunte nel primo paragrafo di questo breve scritto.

 

3. – Il quadro legislativo per chi si avvicina per la prima volta (siano essi studenti od operatori economici, anche stranieri) alle procedure concorsuali è disarmante. Da un lato, una riforma ampia e ambiziosa lasciata in naftalina per anni; dall’altro, leggi giudicate inadeguate, destinate ai libri di storia (la legge fallimentare e la legge n. 3/2012 sul sovraindebitamento) che vengono provvisoriamente “rianimate”.

Si pensi ai corsi universitari ed all’editoria giuridica: nel 2019 parte una nuova stagione, si inizia a studiare la riforma, ad insegnarla e a scriverci; nel 2020 si fa un primo passo indietro, forse conviene ancora insegnare e studiare la vecchia legge fallimentare; e il 2021 cosa ci riserverà? Lasciamo da parte il Codice della Crisi e dedichiamoci soltanto più alle vecchie disposizioni come di recente modificate?

L’odierna complessità del quadro legislativo lascia senza parole; pezzi del Codice della Crisi già entrati in vigore; norme rimaneggiate sin da subito in vista dell’originaria data di entrata in vigore; un decreto correttivo (rimasto nel cassetto per lunghi mesi) che modifica un Codice della Crisi che forse non entrerà mai in vigore; nuove norme espiantate dalla riforma e trapiantate alla bella e buona in testi legislativi al momento destinati all’oblio nel giro di otto mesi o poco più.

C’è chi potrebbe argomentare, utilizzando gli armamentari classici dell’analisi economica del diritto, che l’iper-regolamentazione sotto gli occhi di tutti sia strettamente funzionale a quel ristretto numero di operatori in grado di destreggiarsi nella materia con effetti anticoncorrenziali in tema di accesso ai servizi relativi alla crisi d’impresa: mi pare troppo ardito, significherebbe assegnare ai policy maker intenti e capacità che mi pare proprio non posseggano.

Si potrebbe giustificare il tutto con l’emergenza, ma credo che si tratti, invece, di uno stato confusionale dal quale occorre uscire con scelte chiare e precise al più presto.

 

4. - La netta sensazione, per tornare a bomba sul tema da cui si è partiti, è che, piuttosto che metter mano alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, ci si sia piegati ad una tecnica legislativa inusuale, a gambero, come si è detto.

Credo che mai come oggi si imponga un recovery plan anche per le procedure concorsuali.

Occorre stabilire in primis che fare della procedura di composizione assistita della crisi; è del tutto evidente che così come scritta nel Codice della Crisi non funziona. Si abbia il coraggio di metterci mano; proposte in argomento ce ne sono[15], occorre fare una sintesi e procedere speditamente. Lo strumento è molto utile e ritardarne l’entrata in vigore per una sorta di malcelato “orgoglio” mi pare proprio avvilente.

Si decida poi cosa fare una volta per tutte del Codice della Crisi; se destinato a non entrare mai in vigore si abbia il coraggio di dirlo e… di farlo. In proposito, ritengo che - modificando adeguatamente la procedura di composizione assistita della crisi, rinviando l’entrata in vigore dell’allerta interna ad una diversa fase economica e poco altro – si potrebbe dare il varo alla riforma.

E’ necessario poi approntare con urgenza ulteriori strumenti per evitare che terminata la cassa integrazione, il divieto di licenziamenti, la moratoria sui mutui, venuti meno gli effetti delle pur parziali iniezioni di liquidità, il nostro sistema delle PMI venga travolto. Ci sono buone proposte in campo: permettere il ricorso alla finanza garantita anche alle imprese in crisi[16], introdurre un nuovo istituto di moratoria biennale[17].

Sarebbe poi necessario rimuovere – almeno temporaneamente – dal tessuto normativo istituti, quali le offerte concorrenti di cui all’art. 163 bis l. fall., che in teoria assicurano ai creditori migliori risultati, ma che spesso rendono impraticabile il risanamento, giacché considerano “sospette” le proposte del debitore.

L’importante è non rimanere fermi o peggio procedere in modo confuso e arruffato, “a gambero”, come si è detto: il tempo stringe.



[1] Quello che, per intenderci, ha prorogato lo stato di emergenza, al momento, al 31 gennaio 2021 e che non mi risulta sia stato dotato di un suo appellativo, oggi  molto in voga; si pensi al Decreto Cura Italia, al Decreto Liquidità, al Decreto Rilancio, al Decreto Agosto, ai più recenti Decreti Ristori, ect.

[2] Sembra ormai invalsa una sorta di prassi costituzionale per cui della conversione in legge degli innumerevoli D.L. del Governo se ne occupa, a turno, un solo ramo del Parlamento, lasciando all’altro il compito di approvare la legge di conversione con sostanziale voto di fiducia.

[3] Sono stati in particolare modificati gli artt. 180, 182 bis e 182 ter l. fall.

[4] Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 319 del 24 dicembre 2020 ed entrata in vigore il successivo giorno di Natale.

[5] La legge n. 176/2020, come si è scritto, converte in legge il Decreto Ristori, ma nello stesso tempo abroga il Decreto Ristori Bis (D.L. 9 novembre 2020, n. 149), il Decreto Ristori ter (D.L. 23 novembre 2020, n. 154) ed il Decreto Ristori Quater (D.L. 30 novembre 2020, n. 157).

[6] Attraverso l’introduzione dell’art. 4 ter.

[7] Cfr. IL CASO.it, 21 novembre 2020, doc. 8352.

[8] Con l’art. 11 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, mai convertito in legge.

[9] Già nel 2019 il legislatore (con la legge 14 giugno 2019, n. 55, in sede di conversione del D.L. 18 aprile 2019, n. 32) aveva provveduto – modificando l’art. 2477 c.c. - ad innalzare le soglie al ricorrere delle quali è necessario provvedere – per le società a responsabilità limitata - alla nomina dell’organo di controllo interno, con l’evidente corrispondente depotenziamento dell’allerta interna.

[10] Con l’art. 5 del Decreto Liquidità (D.L. 8 aprile 2020, n. 23).

[11] Ovvero con l’art. 51 bis della legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77 del Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio, 2020, n. 34).

[13] Autorevole dottrina aziendalistica (cfr. F. DEZZANI, Indici della crisi d’impresa: sono ancora validi dopo la pandemia COVID-19?, in Il Fisco, n. 1/2021, p. 58 ss.) ritiene che “gli effetti del COVID-19 sull’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale di un’impresa sono stati così rilevanti che gli indici di allerta hanno sicuramente bisogno di un monitoraggio o di un adeguamento. Il Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili dovrebbe rimettere in piedi la sua Commissione per aggiornare il prezioso lavoro fatto in un diverso periodo economico, che forse non tornerà più”

[14] Cfr. l’art. 17, 1^ comma, lett. c) del Codice della Crisi come modificato dal decreto correttivo (d. lgs. n. 147/2020).

[15] Cfr., fra le altre, la proposta di “Procedura semplificata di composizione assistita della crisi” avanzata dal Centro Crisi dell’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Torino e con la Fondazione “Piero Piccatti e Aldo Milanese” e con l’adesione dell’Ordine degli Avvocati di Torino e con il Cersig – Centro di Ricerca sulle Scienze Giuridiche della LInk University; v. http://www.centrocrisi.it/wp-content/uploads/2020/05/Centro-CRISI_-Proposta-procedura-semplificata-02.pdf

[16] Cfr. N. ABRIANI – F.CASSI, Finanza garantita, chance anche per le aziende in crisi, in Il Sole -24 Ore, 15 dicembre 2020, p. 40.

[17] Cfr. la proposta di F. MICHELOTTI – G. CASARTELLI, Covid 19 misure per le imprese in crisi: la moratoria biennale per il salvataggio delle imprese in crisi da pandemia di Covid-19 e i prestiti pubblici subordinati o postergati, in IL CASO.it, 22 dicembre 2020.


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