Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28645 - pubb. 03/02/2023

Cram down fiscale (Artt. 182 bis l.f. e 48 CCI): i requisiti della essenzialità del consenso del creditore e della maggiore convenienza sono alternativi

Tribunale Brindisi, 10 Gennaio 2023. Pres. Palazzo. Est. Natali.


Accordi di ristrutturazione - Cram down fiscale - Art. 182 bis l.f. (ora 48 CCI) - Omologa - Lettura costituzionalmente orientata - Ammissibilità - Conformita’ a principio di ragionevolezza - Necessità - Alternatività dei requisiti legali della essenzialità del consenso e della maggiore convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria



Ai fini dell’applicabilità del cram down fiscale in materia di accordi di ristrutturazione per superare il dissenso dell’ente impositore, deve ritenersi la alternatività – e non la cumulatività - dei due requisiti legali della essenzialità del consenso del dissenziente ai fini del raggiungimento delle maggioranze di legge e della maggiore convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria; deponendo in tal senso una lettura costituzionalmente orientata della norma – perché fondata sul principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost – oltre che fedele alla ratio di tutela del favor debitoris ed, in particolare del valore impresa, anch’esso di rilievo costituzionale ex art. 41/co.1 Cost.


La ratio della norma - confluita nel Codice della Crisi - e’ quella di consentire di far a meno del consenso del creditore, ogniqualvolta, in virtù dell’idoneità del piano a consentire la migliore soddisfazione del suo interesse, o il silenzio si riveli ingiustificato oppure il rifiuto si traduca in una condotta oggettivamente abusiva o pretestuosa, con la conseguenza che la “realità” del consenso, ovvero la sua effettività, diviene valore immeritevole di tutela.   


A contrario, ritenendo, cumulativi i due requisiti, si incorrerebbe nella conseguenza - aberrante logicamente - per cui, pur in presenza di una sostanziale (verosimile) maggiore convenienza della proposta per l’ente pubblico, sarebbero omologabili le fattispecie in cui vi siano meno creditori favorevoli, con conseguente essenzialità del consenso dell’ente pubblico dissenziente o silente, e non, invece,  quelle, come quella di specie, in cui ricorrano maggiori soglie (quantitative) di consenso, con conseguente carattere non determinante del voto favorevole dell’ente pubblico.  


Nel peculiare contesto espressivo della norma, il ricorso alla congiunzione “e” non e’ sufficiente, di per sé, per radicare l’obbligo di un accertamento sotto entrambi i suddetti profili, difettando una qualunque locuzione che renda ineludibile la necessità di tale operazione esegetica del tipo: “al contempo”; “contestualmente”, in assenza di tale presupposto, dovendosi, invece, ritenere che quelle enucleate dal legislatore siano, invece, due ipotesi distinte appartenenti ad uno schema normativo c.d. per elencazione, laddove le ipotesi menzionate hanno carattere tassativo e non esemplificativo, con conseguente impossibilità di un suo ampliamento in sede interpretativa. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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