Diritto Tributario
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20167 - pubb. 13/07/2018
Indisponibilità dell’obbligazione tributaria: si ad accordi sulle modalità adempitive
T.A.R. Lombardia, 18 Giugno 2018. Est. Cordì.
Obbligazione tributaria – Disponibilità dell’an e del quantum debeatur – Esclusione – Principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria – Compatibilità del modalità adempitive diverse dal pagamento – Compensazione – Sussiste – Accordi tra le parti – Ammissibilità limitatamente alle modalità solutorie
La natura tributaria dell’obbligazione esclude la disponibilità̀ dell’an e del quantum debeatur; tuttavia, il principio della indisponibilità dell’obbligazione tributaria non elimina la possibilità̀ di sostituire il versamento con forme alternative di pagamento e/o compensazione. Il carattere indisponibile dell’obbligazione tributaria non si traduce quindi nella imposizione di una sola forma solutori che, fermo il quantum e la doverosità della prestazione, non ha alcuna tipizzazione monetaria inderogabile. Deve quindi altresì escludersi che la natura tributaria dell’obbligazione possa non ammettere un accordo tra le parti inerente la sola forma solutoria dell’adempimento e, come tale, inidoneo a ledere il principio di indisponibilità che governa la materia. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
FATTO
1. Parte ricorrente adisce l’intestato Tribunale chiedendo:
- “l’accertamento del diritto [...], in conformità alle previsioni della Convenzione integrativa di permesso di costruire stipulata con il Comune di Milano in data 12 aprile 2006 (in autentica Notaio dott., rep. n. /12102), di fruire dello scomputo del costo di costruzione dovuto per la realizzazione della multisala cinematografica assentita con il Permesso di Costruire n. 85/2006 cui accedeva la citata Convenzione;
- l’accertamento dell’insussistenza del credito del Comune di Milano di € 321.205,72 di cui alla nota PG 584840/2016 del 17 novembre 2016 asseritamente dovuto quale conguaglio per monetizzazione e contributo smaltimento rifiuti, con conseguente declaratoria della non debenza di Alinvest S.p.a. delle predette somme;
- l’accertamento del diritto [...] di ottenere la restituzione dell’importo pari ad € 134.221,65, oltre interessi legali, corrisposto in eccedenza rispetto a quanto dovuto a titolo di contributo smaltimento rifiuti;
- la condanna dell’Amministrazione comunale alla restituzione delle somme versate in eccedenza nella misura di € 134.221,65 con maggiorazione degli interessi legali”.
1.1. In punto di fatto, la ricorrente premette:
- di aver ricevuto una richiesta di pagamento da parte del Comune di Milano di importo pari ad € 321.205,72 quale conguaglio delle somme dovute a titolo di contributo per smaltimento rifiuti e monetizzazione degli standard in relazione a due distinti interventi edilizi eseguiti dalla ricorrente tra il 2006 e il 2010, sulla base di una convenzione stipulata tra le parti;
- che tali interventi riguardavano la realizzazione di un cinema multisala e la realizzazione di un albergo, un immobile ad uso uffici ed un capannone;
- che gli interventi erano autorizzati con distinti titoli edilizi ma le modalità di assolvimento degli importi dovuti a titolo di Contributo di Costruzione (nelle sue due articolazioni: Costo di Costruzione ed Oneri di Urbanizzazione) nonché a titolo di monetizzazioni degli standard urbanistici venivano disciplinati in modo tra loro distinto, seppur connesso, dalla Convenzione integrativa al Permesso di Costruire relativo al primo intervento, vale a dire quello per la realizzazione della multisala cinematografica;
- che tale convenzione prevedeva la realizzazione di opere di urbanizzazione cui si ricollegava la possibilità di scomputo secondo specifiche e differenziate regole in relazione all’intervento edilizio della multisala cinematografica e al successivo intervento edilizio, prevedendo – in sostanza – la possibilità di scomputare: i) per il primo intervento (art. 1): la monetizzazione degli standard e il Contributo di Costruzione (sia oneri di urbanizzazione che costo di costruzione); ii) per il secondo intervento (art. 4): i soli oneri di urbanizzazione e non invece la monetizzazione e il costo di costruzione/contributo smaltimento rifiuti (doc. 2);
- che, in applicazione di tali previsione, eseguiva le opere a “scomputo” (per un importo accertato di € 4.326.198,20) e versava gli importi non scomputabili del secondo intervento a titolo di costo di costruzione, monetizzazione e smaltimento rifiuti (per un importo complessivo di € 4.389.462,55);
- che, a fronte di un importo complessivo relativo ai due interventi dovuto pari a € 8.536.373,23 (per contributo di costruzione, monetizzazione e smaltimento rifiuti) indicato dallo stesso Comune e non contestato, corrispondeva in opere e oneri un importo complessivo sui due interventi pari a € 8.670.594,991, superiore di € 134.221,65 rispetto a quanto dovuto;
- che il Comune riteneva, invece, dovuto il versamento della somma pari a € 321.205,72, quale conguaglio per la monetizzazione degli standard e smaltimento rifiuti relativi al secondo intervento, con compensazione di alcune somme versate in eccesso.
1.2. Ricostruita la premessa fattuale, la società ricorrente precisa che il giudizio attiene alla corretta interpretazione delle previsioni della Convenzione integrativa al Permesso di Costruire n. 85/2006 e, in particolare, alla possibilità di scomputo degli importi dovuti a titolo di costo di costruzione per il primo intervento (multisala cinematografica) che il Comune non ritiene possibile.
1.3. In punto di fatto, la società espone compiutamente la vicenda relativa alle realizzazione delle opere deducendo:
- di essere proprietaria delle aree e dei soprastanti edifici, site in Milano alla via Sthephenson, catastalmente individuate al Fg. 59 mapp. nn. 10, 11, 13, 137, 138, 96, 9, 106, 145 e 143 (parte) nonché al F. 28 mapp. nn. 58, 62, 63 e 68;
- di aver presentato, in relazione ad alcuni edifici esistenti (di cui ai mappali nn. 10, 11, 13 e 147), una denuncia di inizio attività (DIA – PG 395706/2005) ai sensi dell’art. 41 l.r. n. 12/05, per l’esecuzione opere edilizie consistenti in “modifiche interne con creazione di solaio a quota intermedia ad uso industriale”, oltre ad opere di demolizione di alcuni corpi di fabbrica sul piazzale esterno all’immobile;
- di aver successivamente presentato nel corso dei lavori di cui alla DIA una richiesta di Permesso di Costruire in variante essenziale, consistente in un intervento di ristrutturazione dell’immobile in questione, con cambio di destinazione d’uso da produttivo a multisala cinematografica ed annesse attività commerciali, coerenti con le destinazioni ammesse dal P.R.G;
- che a tale intervento si ricollegava la realizzazione di un’opera pubblica viabilistica con annesse opere e cessioni per l’accesso al compendio della ricorrente;
- che quest’ultimo intervento era regolato da una “Convenzione integrativa di permesso di costruire per la disciplina dell’esecuzione di opera a scomputo e per la cessione di strada”, in autentica Notaio dott. Rep. n. /12102;
- che tale convenzione prevedeva, all’articolo 1, la realizzazione da parte di Alinvest di un’opera viabilistica consistente nel ripristino di un sottopassaggio carrabile tra via Stephenson e Largo Boccioni, nonché la realizzazione di parcheggi pubblici e la cessione di una porzione della nuova viabilità insistente su sedime di proprietà della ricorrente, come da elaborati progettuali allegati alla Convenzione sub lett. G, il cui costo di realizzazione era stimato, nel relativo computo metrico, in € 2.326.932,78;
- che la convenzione disciplinava le modalità di assolvimento degli importi dovuti da Alinvest a titolo di Contributo di Costruzione e di monetizzazione degli standard, prevedendo che la realizzazione dell’opera fosse a scomputo di detti importi;
- che, infatti, l’articolo 1 della Convenzione stabiliva: “Il Comune, come sopra rappresentato, autorizza la Società “Alinvest S.p.a.” a realizzare – a scomputo degli importi dovuti a titolo di monetizzazione conguaglio standard (€ 512.991,07 ...) ed oneri di urbanizzazione (€ 539.670,89 ...), quali indicati nelle premesse che precedono, e per un totale di € 1.052.661,96 – l’opera viabilistica [...]”;
- che, sebbene tale previsione ammettesse lo scomputo con riferimento alla monetizzazione degli standard e agli “oneri di urbanizzazione”, detta ultima espressione veniva utilizzata nella Convenzione in senso impreciso, atteso che l’importo di € 539.670,89 citato in Convenzione quale importo degli “oneri di urbanizzazione” si riferiva all’intero Contributo di Costruzione nelle sue due articolazioni: oneri di urbanizzazione e costo di costruzione;
- che la convenzione stabiliva che l’eventuale maggior costo dell’opera pubblica (rispetto al computo metrico e all’importo scomputabile ai sensi dell’art. 1) sarebbe rimasto a carico della ricorrente, prevedendo, tuttavia, quanto segue: “la società, nel caso in cui prima del collaudo e consegna dell’opera sia autorizzata dal Comune a realizzare altri interventi edilizi sulle aree di sua proprietà potrà portare a scomputo gli eventuali importi dovuti per gli interventi medesimi (a titolo di oneri di urbanizzazione) la somma pari alla differenza tra il valore della suddetta opera viabilistica come risultante dal collaudo tecnico-amministrativo e il conguaglio standard e oneri di urbanizzazione concernenti la multisala cinematografica (€ 1.052.661,96)”;
- che, pertanto, la Convenzione poneva a carico di Alinvest la differenza tra l’importo scomputabile ai sensi dell’art. 1 e il costo dell’opera pubblica, salvo il caso in cui – prima della ultimazione dell’opera viabilistica – il Comune avesse autorizzato la ricorrente ad effettuare ulteriori interventi edilizi sulle aree di sua proprietà; in questo caso – infatti – l’art. 4 consentiva di scomputare i soli oneri di urbanizzazione per detti eventuali ulteriori interventi edilizi dall’importo derivante dal residuo tra l’importo dell’opera pubblica, detratti gli importi già scomputati del cinema multisala;
- che, in attuazione delle previsioni convenzionali, in data 11 maggio 2006, il Comune rilasciava ad Alinvest il Permesso di Costruire n. 85/2006 cui la Convenzione accedeva “per la realizzazione di una multisala cinematografica composta da sei sale e da attività annesse e per la realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo”;
- che tale permesso precisava: “il conguaglio di cui all’art. 16 – comma del DPR 380/01, è determinato in € 539.670,89= salvo conguaglio, di cui: ○ € 131.826,61 = per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria; ○ € 407.844,28 = per contributo costo di costruzione”; - che, pertanto, il permesso chiariva che l’importo indicato in Convenzione pari a € 539.670,89, passibile di scomputo unitamente alla monetizzazione degli standard, era riferito sia agli oneri di urbanizzazione sia al costo di costruzione;
- che, nel corso dei lavori di edificazione delle opere private della multisala cinematografica, ed una volta già avviati i lavori delle opere pubbliche, Alinvest presentava due DIA in variante al Permesso di Costruire n. 85/2006 relativamente alle opere private (DIA 9 novembre 2006 PG 1052274/2006 e DIA 22 dicembre 2006 PG 1193179/2006);
- che tali varianti comportavano un incremento del costo di costruzione per € 47.583,10 che, sommato all’importo di € 407.844,28 indicato (salvo conguaglio) dal Permesso di Costruire n. 85/2006, determinavano un importo complessivo del costo di costruzione pari ad € 455.427,38; le varianti non incidevano invece né sull’importo degli oneri di urbanizzazione, né su quello delle monetizzazioni degli standard relative all’intervento di realizzazione della multisala cinematografica.
- che, pertanto, in esito alla fine lavori per la multisala cinematografica (1 febbraio 2007) gli importi dovuti e complessivamente scomputabili ammontavano ad € 1.100.245,06 (€ 1.052.661,96 indicato in convenzione + € 47.583,10 quale conguaglio del costo di costruzione).
- che, prima dell’ultimazione dei lavori delle opere pubbliche e private assentite con il Permesso di Costruire n. 85/2006, la ricorrente presentava una DIA (PG 1150854/2006 – pratica n. 10024/2006) relativa ad un ulteriore e distinto intervento edilizio su diversi immobili di sua proprietà collocati sempre in via Stephenson (F. 28 mapp. nn. 58/62/63/68), e relativa alla parziale demolizione di alcuni corpi di fabbrica all’interno di un lotto industriale e nella costruzione di un albergo di n. 16 piani fuori terra, di un edificio adibito ad uffici di tre piani fuori terra ed un capannone;
- che tale intervento era anch’esso oggetto di una pluralità di varianti assentite dal Comune di Milano;
- che, in costanza dei lavori, sopraggiungeva la necessità di apportare delle modifiche al progetto dell’opera viabilistica in ampliamento delle opere già assentite e veniva, pertanto, rilasciato il Permesso di Costruire 28 dicembre 2008 n. 164;
- la modifica progettuale determinava un incremento del costo delle opere scomputabili che risultava, infatti, pari ad € 4.326.198,20, ben superiore agli € 2.326.932,78 del progetto di cui alla Convenzione;
1.4. Con specifico riferimento agli importi dovuti, la società deduce:
- di aver provveduto al versamento delle somme non scomputabili rispetto al costo delle opere di urbanizzazioni realizzate secondo le previsioni degli artt. 1, 2 e 4 della Convenzione;
- che, in applicazione delle citate previsioni della Convezione, l’importo delle somme dovute in relazione al primo intervento (multisala) era pari ad € 1.100.245,06 a titolo di monetizzazione degli standard e di Contributo di Costruzione (oneri + costo) integralmente coperto dai costi dell’opera viabilistica (€ 4.326.198,20);
- che, in relazione al secondo intervento, una volta dedotto lo scomputo di cui al primo intervento dal costo di realizzazione dell’opera pubblica, residuava un importo pari € 3.225.953,14 (= € 4.326.198,20 – € 1.100.245,06) passibile di scomputo;
- che, tenuto conto dell’articolo 4 della Convenzione, gli oneri di urbanizzazione del secondo intervento potevano essere integralmente scomputati risultando corrispondenti ad € 3.180.887,27, cifra questa inferiore al residuo (€ 3.225,953,14) del costo di realizzazione dell’opera dedotto lo scomputo del primo intervento;
- che da ciò conseguiva la debenza dell’importo pari a € 45.065,87, determinato dalla differenza tra quanto ancora scomputabile, dedotto lo scomputo del primo intervento e l’importo degli oneri di urbanizzazione del secondo intervento (€ 3.225,953,14 – € 3.180.887,27 = 45.065,87);
- che, ai sensi dell’art. 4 della Convenzione, gli importi relativi al secondo intervento (albergo/uffici/capannone) per i quali Alinvest non poteva fruire dello scomputo consistevano nelle seguenti voci:
a) costo di costruzione per un importo pari ad € 2.546.691,13;
b) monetizzazione degli standard del secondo intervento per un importo di € 1.694.299,57;
c) contributo smaltimento rifiuti della porzione produttiva, per un importo di € 14.250,20.
- che sommando detti importi risultava ancora dovuta la somma pari a € 4.255.240,90, a titolo di monetizzazione degli standard, costo di costruzione e smaltimento rifiuti del solo secondo intervento (albergo/uffici/capannone), al cui pagamento la società provvedeva con due distinti bonifici;
- che l’importo complessivo versato assommava ad € 4.389.462,55, superiore di € 134.221,65 rispetto a quanto dovuto;
- che tale errore era dovuto al fatto che il contributo smaltimento rifiuti era versato considerando le superfici con destinazione produttiva poi superate da una delle varianti al titolo originario;
2. Al contrario, l’Amministrazione comunale chiedeva il pagamento della somma pari a € 321.205,72 quale conguaglio delle somme dovute a titolo di monetizzazione degli standard e del contributo smaltimento rifiuti in relazione al secondo intervento (albergo/uffici/capannone).
2.1. Il Comune provvedeva a specificare che l’importo globale dovuto di € 8.536.373,23 era determinato come segue:
- € 1.857.998,51. = per oneri di urbanizzazione primaria;
- € 1.454.715,37. = per oneri di urbanizzazione secondaria;
- € 14.250,20. = per smaltimento rifiuti;
- € 3.002.118,50. = per contributo commisurato al costo di costruzione;
- € 2.207.290,64. = per monetizzazione standard.
2.2. Il Comune osservava quanto segue: “verificato che codesta società ha provveduto a versare il contributo di costruzione di cui all’art. 43 L.R. 12/05 per un importo complessivo di € 4.389,462,55.= per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, costo di costruzione come risulta dalle reversali n°. 31852/2010 e 31854/2010”. Pertanto, l’Amministrazione comunale riteneva che si fosse determinato un credito a favore della stessa in quanto l’opera a scomputo non copriva lo smaltimento rifiuti, il costo di costruzione e la monetizzazione dello standard al netto di quanto individuato come scomputo nella convenzione, e pertanto, invitava la società a corrispondere la somma pari ad € 321.205,72., quale differenza tra la somma verificata d’ufficio e quella versata, per i titoli sottoelencati:
- € 14.250,20.= in aggiunta per smaltimento rifiuti;
- € 1.387.344,05.= in diminuzione per contributo commissurato al costo di costruzione;
- € 1.694.299,57.= in aggiunta per monetizzazione standard.
2.3. In sostanza, secondo il Comune le previsioni della Convenzione (art. 1 e 4) ammettevano lo scomputo della monetizzazione del primo intervento e dei soli oneri di urbanizzazione dei due interventi (multisala e albergo/uffici/capannone), mentre restava escluso dallo scomputo, per entrambi, il costo di costruzione.
2.4. La compensazione tra le somme non versate per monetizzazioni (€ 1.694.299,57) e smaltimento rifiuti (€ 14.250,20) del secondo intervento e gli importi versati in eccesso a titolo di costo di costruzione sui due interventi (€ 1.387.344,05), conducevano, quindi, il Comune a ritenere sussistente un credito di € 321.205,72. 2.5. Ricevuto l’invito, la società evidenziava con due distinte note l’erroneità del calcolo eseguito dal Comune.
3. La società affida il ricorso a tre distinti motivi.
3.1. Con il primo motivo la società censura il provvedimento impugnato per “Violazione e falsa applicazione art. 11 l. n. 241/1990. Violazione art. 3 l. n. 241/1990. Violazione artt. 1, 2 e 4 della Convenzione Integrativa del Permesso di costruire n. 85/2006. Violazione artt. 1362 e ss. c.c.. Violazione e falsa applicazione artt. 16 DPR n. 380/2001 e art. 44 l.r. n. 12/2005. Violazione art. 48 l.r. n. 12/05. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore di fatto, travisamento, illogicità, difetto dei presupposti”.
3.2. Con il secondo motivo la società deduce: “Violazione art. 2033 c.c.. Violazione art. 2041 c.c.. Violazione e falsa applicazione art. 11 l. n. 241/1990. Violazione art. 3 l. n. 241/1990. Violazione artt. 1, 2 e 4 della Convenzione Integrativa del Permesso di costruire n. 85/2006. Violazione artt. 1362 e ss. c.c.. Violazione e falsa applicazione artt. 16 DPR n. 380/2001 e art. 44 l.r. n. 12/2005. Violazione art. 48 l.r. n. 12/05. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore di fatto, travisamento, illogicità, difetto dei presupposti”.
3.3. Con l’ultimo motivo di ricorso la società deduce: “Violazione art. 2033 c.c.. Violazione art. 2041 c.c.. Violazione e falsa applicazione art. 11 l. n. 241/1990. Violazione art. 3 l. n. 241/1990. Violazione artt. 44 e ss. l.r. n. 12/2005. Violazione e falsa applicazione artt. 16 e 19 DPR n. 380/2001. Violazione art. 4 della Convenzione Integrativa del Permesso di costruire n. 85/2006. Violazione artt. 1362 e ss. c.c.. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore di fatto, travisamento, illogicità, difetto dei presupposti”.
4. Si costituisce in giudizio il Comune di Milano con atto depositato il 5 aprile 2017, successivamente integrato da deposito documentale del 18 aprile 2018 e memoria difensiva del 27 aprile 2018.
5. All’udienza del 27 aprile 2017 l’intestato Tribunale accoglie la domanda cautelare osservando quanto segue: “Considerato che il ricorso presenta profili di elevata complessità, il cui esame non è compatibile con la presente fase cautelare; Considerato che è stata depositata agli atti del giudizio un’istanza congiunta, con la quale le parti chiedono di “fissare, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., l’udienza pubblica di discussione del giudizio in epigrafe, assegnando un termine entro il quale Alinvest S.p.a. debba presentare la fideiussione a garanzia dell’importo di € 321.205,72 richiesto dal Comune a fronte della quale il Comune si impegna a non agire coattivamente per il recupero delle predette somme sino alla definizione nel merito del giudizio”; Ritenuto che la suddetta istanza debba trovare accoglimento e che, pertanto, debba fissarsi la seconda udienza pubblica del mese di maggio 2018 per la trattazione nel merito del ricorso e che, inoltre, a tutela delle ragioni dell’Amministrazione resistente, debba disporsi la prestazione, da parte della ricorrente, di idonea fideiussione bancaria o assicurativa a garanzia dell’importo di € 321.205,72, entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente ordinanza; Ritenuto che sussistano giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese relative alla presente fase cautelare” (ordinanza n. 541/2017).
6. In vista dell’udienza pubblica del 30 maggio 2018 il Comune di Milano deposita memoria difensiva in data 27 aprile 2018. La Alinvest s.p.a. deposita memoria di replica in data 9 maggio 2018.
6.1.1. Il Comune di Milano eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per tardività osservando che l’atto impugnato (richiedente il pagamento di una somma a titolo di monetizzazione dello standard urbanistico) viene notificato alla Alinvest s.p.a. via pec in data 21.11.2016 ed impugnato con ricorso notificato in data 24.03.2017. Pertanto, a parere del Comune, il ricorso deve ritenersi inammissibile per omessa impugnazione nel termine decadenziale di sessanta giorni, citando, a sostegno dell’eccezione, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV. 28 dicembre 2012, n. 6706.
6.1.2. Nel merito, il Comune osserva che:
a) la pretesa di parte ricorrente risulta in constato con la previsione di cui all’articolo 16 del D.P.R. 380/2001 e dell’articolo 45 della L.R. Lombardia n. 12/2015 che prevedono lo scomputo della sola somma dovuta a titolo di oneri;
b) la pretesa risulta, inoltre, in contrasto con la convenzione integrativa stipulata inter partes che non contempla espressamente lo scomputo del costo di costruzione e che deve interpretarsi alla luce delle regole ermeneutiche contenuta nell’articolo 1362 c.c. e secondo il canone fondamentale della buona fede;
c) la possibilità di scomputo del costo di costruzione non potrebbe neppure ammettersi in ragione dell’erronea indicazione dell’importo indicato a titolo di oneri di urbanizzazione (comprensivo anche della quota del costo di costruzione), trattandosi di un mero errore riconoscibile da Alinvest s.p.a. al momento della stipula.
6.2.1. Nella memoria di replica la società ricorrente evidenzia, in primo luogo, che la domanda svolta attiene alla corretta interpretazione delle obbligazioni convenzionali relative non al contributo inerente la monetizzazione degli standard, quanto alle modalità di assolvimento del costo di costruzione del primo intervento (multisala), con conseguente infondatezza dell’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune.
6.2.2. Nel merito, la società replica alla deduzione del Comune esposta al punto 6.1.2, lettera a), osservando che si tratta di un argomentazione esposta soltanto in sede giudiziaria e non contenuta nel provvedimento impugnato e che, in ogni caso, la giurisprudenza amministrativa ammette forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche anche per i costi di costruzione;
6.2.3. In relazione alle difese del Comune esposte al punto 6.1.2, lettera b), la società evidenzia che:
i) l’importo di € 539.670,89 (corrispondente alla somma degli importi dovuti a titolo di oneri di urbanizzazione € 131.826,61 e di costo di costruzione € 407.844,28) non può rappresentare mero refuso essendo indicato nelle premesse della stesa convenzione;
ii) la convenzione non si limita ad indicare detto importo, ma altresì l’importo complessivo scomputabile (salvo conguagli) per il primo intervento, comprensivo anche degli importi dovuti a titolo di monetizzazione, indicando sia all’articolo 1 che all’articolo 2, l’importo complessivo di € 1.052.661,96, pari alla somma della monetizzazione (€ 512.991,07) e del contributo di costruzione comprensivo sia degli oneri sia del costo di costruzione (€ 539.670,89);
iii) il permesso di costruire (cui la convenzione accede) espressamente prevede che “il conguaglio di cui all’art. 16 – comma del DPR 380/01, [sia] determinato in € 539.670,89, salvo conguaglio, di cui: ○ € 131.826,61 = per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria; ○ € 407.844,28 = per contributo costo di costruzione”.
6.6. La società nota, inoltre, che:
- nella stessa richiesta di pagamento impugnata, il Comune evidenzi che le opere “sono state realizzate dalla società Alinvest S.p.a. in luogo del pagamento del contributo di costruzione e della monetizzazione (...) pari ad € 1.052.661,96= (di cui € 131.826,61.= per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, € 407.844,28.= per contributo costo di costruzione ed € 512.991,07.= per monetizzazione degli standard urbanistici)”;
- nel collaudo tecnico-amministrativo dell’opera oggetto di scomputo si rileva che “le opere di urbanizzazione a scomputo della monetizzazione e del contributo concessorio ... [sono] collaudabili”;
- nel verbale di presa in consegna dell’opera redatto dal Comune di Milano in data 17 dicembre 2010 (PG 977873/2010) si legge che “in data 12/04/2006 è stata stipulata la Convenzione Integrativa del permesso di costruire n. 5 del 11/05/06... per la disciplina dell’esecuzione di opere a scomputo del contributo di costruzione e della monetizzazione determinati dal permesso di costruire medesimo”;
- alcuna valenza può attribuirsi alle previsioni di cui all’articolo 2 della Convenzione atteso che il maggior costo dell’opera (pari ad € 45.065,87) rimane effettivamente in capo ad Alinvest s.p.a.
7. All’udienza del 30 maggio 2018 la causa è trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità formulata dal Comune resistente secondo il quale il ricorso dovrebbe considerarsi tardivo perché
notificato oltre il termine decadenziale previsto per l’azione di annullamento.
1.1. A sostegno dell’eccezione il Comune osserva che l’atto impugnato richiede il pagamento di una somma a titolo di monetizzazione dello standard urbanistico e, come tale, impone l’impugnazione entro il termine di sessanta giorni previsto – in generale – dal codice del processo amministrativo.
1.2. L’eccezione è priva di fondamento per le considerazioni che si procede ad esporre.
1.3. Il Comune di Milano richiama, a sostegno dell’eccezione la decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6706. Osserva il Giudice d’Appello che, “se da un lato è pressoché irrilevante, ai fini in esame, la qualificazione della monetizzazione come imposizione di tipo tributario o come corrispettivo di diritto pubblico, dall’altro lato assume, invece, significativo rilievo la considerazione che la prestazione patrimoniale richiesta non vive in alcun modo della natura e delle finalità proprie del contributo concessorio costituito dagli oneri di urbanizzazione e dal costo di costruzione che accompagna naturaliter l’autorizzazione a costruire, la cui debenza o meno, quanto al relativo accertamento, può essere fatta valere, in linea generale, nei termini prescrizionali”.
1.3.1. Infatti, prosegue il Consiglio di Stato, “mentre il pagamento degli oneri di urbanizzazione si risolve in un contributo per la realizzazione delle opere stesse, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita l’area interessata all’imminente trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standard afferisce al reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria all’interno della specifica zona di intervento; e ciò vale ad evidenziare la diversità ontologica della monetizzazione rispetto al contributo di concessione, di talché, sotto il versante processuale, non si può utilizzare lo strumento dell’azione di accertamento ammesso per contestare la legittimità del contributo [...] o comunque la insussistenza di tale obbligazione pecuniaria ancorché già assolta”. 1.3.2. Conclude il Consiglio di Stato notando che la monetizzazione non costituisce una duplicazione del contributo concessorio, venendo in rilievo un obbligo diverso ed aggiuntivo e che “la prestazione patrimoniale derivante dalla “monetizzazione” accede intimamente alla rilasciata concessione edilizia”, con la conseguenza che “la pretesa di non soggiacere a tale obbligo di pagamento deve essere necessariamente fatta valere in sede di contestazione della legittimità degli atti e provvedimenti di imposizione, con l’impugnazione (quanto meno) della concessione, in parte qua, nel termine decadenziale previsto dal codice del processo amministrativo”. 1.4. La decisione richiamata dal Comune e riportata nel precedente punto non risulta, tuttavia, sovrapponibile al caso di specie.
1.4.1. Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato la società propone azione di accertamento “dell’inesistenza dell’obbligo di pagamento della cd. “monetizzazione” delle aree per urbanizzazioni secondarie riconnesse al rilascio delle concessioni edilizie n. 19/99-662 e n.127/2001, quantificato dal Comune di Putignano in €.10.039,92 ai sensi dell’art.52 delle NTA del PRG comunale, in aggiunta al contributo di costruzione di cui all’art. 16 del TU edilizia”, omettendo l’impugnazione dei titoli.
1.4.2. Nel caso sottoposto all’attenzione del Collegio il giudizio verte, al contrario, sulla corretta interpretazione delle disposizioni contenute nella Convenzione integrativa del permesso e, in particolare, sulle modalità attraverso le quali attuare la prestazione relativa al costo di costruzione per il primo intervento realizzato. Inoltre, diversamente da quanto verificatosi nella fattispecie definita dal Consiglio di Stato, la società non avanza alcuna contestazione che sia mediatamente o immediatamente incidente sul titolo edilizio che, al contrario, è, come si vedrà, uno degli elementi posti a fondamento dell’interpretazione della convenzione integrativa fornita dalla società ricorrente.
1.4.3. In una fattispecie come quella in esame trova, pertanto, applicazione il consolidato insegnamento giurisprudenziale a mente del quale “le controversie in tema di oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo” (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 9 febbraio 2001 n. 584, e Sez. IV, 19 luglio 2004 n. 5197); tali controversie introducono, infatti, “un giudizio su un rapporto, sicché le questioni concernenti l'esistenza e l'entità del debito, involgendo posizioni di diritto soggettivo, sono sottratte agli ordinari termini decadenziali del giudizio impugnatorio, pur in presenza di atti amministrativi da definire pertanto come paritetici, presentandosi come un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio, attivabile nell’ordinario termine di prescrizione” (cfr. Cons. Stato, V Sezione, 14 ottobre 2014 n. 5072; C.G.A. n. 462 e n. 466 del 27 maggio 2008; Tar per la Campania – sede di Napoli, sez. VI, 8 settembre 2017, n. 4322).
2. Passando al merito del ricorso si osserva che i primi due motivi formulati dalla società possono trattarsi congiuntamente in quanto fondati su questione logicamente e giuridicamente comune, consistente sulla interpretazione delle previsioni della Convenzione integrativa al permesso di costruire n. 85/2006 per la disciplina dell’esecuzione di opera a scomputo e per la cessione di strada e, in particolare, sulle possibilità di scomputo degli importi dovuti a titolo di costo di costruzione per il primo degli interventi realizzati dalla società.
2.1. La disamina della questione indicata al punto che precede impone di affrontare, in primo luogo, la deduzione svolta dal Comune resistente secondo cui la pretesa della Alinvest s.p.a. risulterebbe in constato con la previsione di cui all’articolo 16 del D.P.R. 380/2001 e dell’articolo 45 della L.R. Lombardia n. 12/2015. Replica la ricorrente osservando che: a) si tratta di argomentazione esposta per la prima volta in sede giudiziaria (evocando, in tal modo, il divieto di integrazione postuma della motivazione); b) la giurisprudenza amministrativa ammette forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche anche in relazione ai costi di costruzione.
2.2. La tesi del Comune non può essere condivisa.
2.2.1. La disposizione contenuta all’interno dell’articolo 16, comma 2, del D.P.R. 380/2001 prevede testualmente: “la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
2.2.2. In coerenza con il precetto dettato dalla legislazione statale, la previsione dell’articolo 45 della L.R. 12/2005 dispone: “1. A scomputo totale o parziale del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione, gli interessati possono essere autorizzati a realizzare direttamente una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici). I comuni determinano le modalità di presentazione dei progetti di valutazione della loro congruità tecnico-economica e di prestazione di idonee garanzie finanziarie, nonché le sanzioni conseguenti in caso di in ottemperanza. Le opere, collaudate a cura del comune, sono acquisite alla proprietà comunale. 2. Non possono essere oggetto di scomputo le opere espressamente riservate, nel programma triennale delle opere pubbliche, alla realizzazione diretta da parte del comune”. 2.2.3. Le due previsioni riprodotte ammettono, pertanto, la possibilità di scomputare totalmente o parzialmente il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione. Tale previsione non pare, tuttavia, potersi interpretare come volta a precludere in termini assoluti la possibilità di scomputo dei costi di costruzione, se prevista in via convenzionale.
2.2.4. Deve, infatti, considerarsi che:
- il contributo afferente al permesso di costruire, commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, è determinato e liquidato all'atto del rilascio del titolo edilizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 19 marzo 2015, n. 1504);
- tale contributo è un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del concessionario a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione e in proporzione all'insieme dei benefici che le nuove costruzioni inducono nel contesto urbano, senza alcun vincolo di scopo in relazione alla zona interessata dalla trasformazione urbanistica e indipendentemente dalla concreta utilità che il concessionario può conseguire dal titolo edificatorio e dall'ammontare delle spese effettivamente occorrenti per la realizzazione delle opere stesse (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 29 ottobre 2015, n. 4950; TAR Lombardia - Brescia, 2 marzo 2012, n. 355; TAR Piemonte, 26 novembre 2003 n. 1675);
- il contributo di urbanizzazione è, invece, commisurato al costo delle opere di urbanizzazione da realizzarsi concretamente nella zona, e differisce dal contributo da pagare all'atto del rilascio della concessione di costruzione, che ha natura contributiva, rappresentando un corrispettivo delle spese poste a carico della collettività per il conferimento al privato del diritto all'edificazione e dei vantaggi che il concessionario ottiene per effetto della trasformazione del territorio;
- si tratta, quindi, di istituti diversi, da cui deriva, quale naturale conseguenza, la determinazione di oneri altrettanto diversi, l'uno relativo al costo sostenuto per rendere urbanizzata ed edificabile la singola area, l'altro relativo al contributo, di carattere tributario, preordinato alla realizzazione del generale assetto urbanistico del territorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2014, n. 4685);
- la diversità tra i due istituti spiega la ragione per la quale il legislatore prevede il solo scomputo degli oneri di urbanizzazione nell’ipotesi in cui il titolare del permesso di costruire si obblighi alla realizzazione diretta di tali opere; in tal caso, infatti, la prestazione patrimoniale è sostituita dall’esecuzione delle opere che il pagamento risulta strumentale a finanziare;
- in altri termini, la previsione dell’articolo 16, comma 2, contempla i soli oneri di urbanizzazione in quanto solo questi sono immediatamente irrelati alle opere di urbanizzazione e, come tali, sostituibili nel caso di diretta realizzazione delle stesse; - ricostruita la ratio della disposizione di cui all’articolo 16, comma 2, può escludersi che lo stesso funga da perimetro applicativo dell’istituto dello scomputo nel diverso caso dei costi di costruzione che, come spiegato, hanno diversa natura giuridica;
- la soluzione della questione non può quindi rinvenirsi all’interno dell’articolo 16, comma 2, ma necessità, al contrario, di un approfondimento da condurre alla luce dei principi regolatori della materia;
- a tal fine, deve, in primo luogo, evidenziarsi che il meccanismo dello scomputo non elide la doverosità della prestazione imposta e il carattere indisponibile della stessa atteso che lo scomputo agisce più propriamente nella fase solutoria dell’obbligazione, postulando e non denegando la prestazione dovuta;
- in altri termini, se la natura tributaria esclude la disponibilità dell’an e del quantum debeatur, non elimina, tuttavia, la possibilità di sostituire il versamento con forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche stabilite dalle parti e, in particolare, dall’Ente comunale;
- il carattere indisponibile dell’obbligazione tributaria non si traduce quindi nella imposizione di una sola forma solutoria dei costi di costruzione che, fermo il quantum e la doverosità della prestazione, non ha alcuna tipizzazione monetaria inderogabile; - deve, pertanto, escludersi che l’articolo 16, comma 2, del D.P.R. 380/2001 possa decretare la nullità assoluta della clausola compensativa convenzionale e imporre una sostituzione automatica della stessa con la regola del versamento pecuniario, che, nel caso di specie, sarebbe aggiuntivo ed implicherebbe il pagamento, da parte del Comune, delle opere ulteriori realizzate dalla società ricorrente (cfr. T.A.R. per l’Abruzzo – sede di Pescara, 18 ottobre 2010, n. 1142);
- inoltre, deve, altresì, escludersi che la natura tributaria dell’obbligazione possa, nella fattispecie in esame, non ammettere un accordo tra le parti inerente, come spiegato, la sola forma solutoria dell’adempimento e, come tale, inidoneo a ledere il principio di indisponibilità che governa la materia.
3. Esclusa, pertanto, la sussistenza di un divieto legale all’inserzione di una clausola di scomputo dei costi di costruzione, può procedersi a verificare la concreta disciplina dettata dal rapporto all’esame del Collegio.
3.1. Simile verifica deve essere preceduta da una notazione di carattere generale sulla natura giuridica dell’accordo in esame, necessaria per la corretta interpretazione della convenzione.
3.1. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, le convenzioni urbanistiche – come quella in esame - rientrano infatti nel novero degli accordi tra privati e amministrazione, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990 (ex multis: Cass. civ., Sez. I, 28 gennaio 2015, n. 1615; Cass., SS.UU., 9 marzo 2012, n. 3689; nella giurisprudenza di questa sezione, cfr. T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 26 luglio 2016, n. 1507).
3.2. Tale qualificazione impone che l’interpretazione della convenzione avvenga utilizzando i criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 e seguenti del codice civile, visto l’esplicito richiamo di cui al comma 2 dell’art. 11 medesimo e come del resto confermato dalla giurisprudenza, sia di questo Tribunale (cfr., ex multis, Tar per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 5 maggio 2015, n. 1103, con la giurisprudenza richiamata e sez. II, 11 maggio 2015, n. 1137), sia del Consiglio di Stato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 17 dicembre 2014, n. 6164).
3.3. L’operazione ermeneutica deve necessariamente prendere le mosse dalla fondamentale disposizione contenuta all’interno dell’articolo 1362 c.c. a mente della quale: “1. Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. 2. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”.
3.4. Sul punto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione chiarisce che:
- “ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate” (cfr., da ultimo, Cassazione civile, sez. III, 19 marzo 2018, n. 6675);
- “il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va invero verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell'art. 1363 c.c., giacchè per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato” (Cfr. Cassazione civile, sez. III, 16 gennaio 2007, n. 828; Cassazione civile, sez. I, 22 dicembre 2005, n. 28479).
3.5. Inoltre, la Corte di Cassazione sottolinea che: “pur assumendo l'elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve invero a tal fine necessariamente riguardarlo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare di quelli (quali primari criteri d'interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto: v. Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 27/6/2011, n. 14079; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 19/5/2011, n. 10998; con riferimento agli atti unilaterali v. Cass., 6/5/2015, n. 9006) dell'interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell'interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta (cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295). Il primo di tali criteri (art. 1369 c.c.) consente di accertare il significato dell'accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta. L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. quale criterio d'interpretazione del contratto (fondato sull'esigenza definita in dottrina di "solidarietà contrattuale") si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628). A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell'accordo negoziale (cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947). Assume dunque fondamentale rilievo che il contratto venga interpretato avuto riguardo alla sua ratio, alla sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale (v. Cass., 22/11/2016, n. 23701), con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale (art. 1372 c.c.)” (cfr., da ultimo, Cassazione civile, sez. III, 19 marzo 2018, n. 6675).
3.6. Nel declinare le coordinate sopra tracciate al caso di specie, l’indagine deve prendere le mosse dal testo della convenzione il cui articolo 1 prevede: “1) Il Comune, come sopra rappresentato, autorizza la Società “Alinvest S.p.A.” a realizzare – a scomputo degli importi dovuti per la costruzione della predetta multisala a titolo monetizzazione conguaglio standard (€ 512.991,07...), oneri di urbanizzazione (€ 539.670,89 ...), quali indicati nelle premesse che precedono, e per un totale pari ad € 1.052.661,96 (...) – l’opera viabilistica costituita dal ripristino provvisorio del sottopasso carrabile di collegamento fra Largo Boccioni e Via Stephenson, e parcheggi. Il tutto, come da elaborato progettuale allegato sub “G” e relativo computo metrico estimativo verificato dai competenti Uffici comunali pari ad € 2.326.932,78 ..., allegato sub “H”, in riepilogo. L’intervento verrà assentito con il predetto permesso di costruire in fase di rilascio per la realizzazione dell’edificio multisala, e verrà eseguito secondo le modalità indicate negli articoli che seguono”.
3.7. In relazione alla clausola in esame, il Comune resistente sottolinea che:
- lo scomputo è espressamente riferito agli importi dovuti a titolo di monetizzazione conguaglio standards e di oneri di urbanizzazione e non menziona il costo di costruzione;
- la circostanza che l’importo indicato a titolo di oneri di urbanizzazione, pari a € 539.670,89, comprenda anche la quota del costo di costruzione, non è sufficiente a desumere la volontà delle parti di ammettere lo scomputo anche del costo di costruzione.
3.8. La tesi del Comune non pare convincente in quanto fondata su una lettura atomistica della sola parte della clausola che esclude lo scomputo dei costi di costruzione, senza, tuttavia, considerare la diversa indicazione numerica che non può ridursi ad un mero errore trattandosi esattamente della somma risultante dalla sommatoria degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
3.9. In presenza di una clausola contrattuale contenenti indicazioni non univoche, occorre verificare – ai fini di ricavare l’esatta intenzione delle parti – se la componente erronea dello stessa risieda nella indicazione dei soli oneri di urbanizzazione o, al contrario e come pretende il Comune, nell’importo complessivo indicato.
3.10. Nel compiere tale operazione deve tenersi conto dell’insegnamento della Suprema Corte secondo cui: “in tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, sicchè le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell'art. 1363 c.c., e dovendosi intendere per "senso letterale delle parole" tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (Cass. nn. 14460/2011;4670/09, 18180/07, 4176/07 e 28479/05). Di qui l'erroneità dell'esegesi fissata esclusivamente su di una singola parola o frase, astratta dal resto della stessa o di altre clausole del contratto, cui pure deve applicarsi il medesimo canone interpretativo” (Cassazione civile, sez. VI, 03 maggio 2018, n. 10478). 3.11. Incentrando la disamina sull’intero contenuto della Convenzione, si osserva che l’importo complessivo di € 539.670,89 (comprensivo, come detto, dei costi di costruzioni) risulta riprodotto – come dedotto dalla società ricorrente – sia nelle premesse della Convenzione stessa che nelle previsioni contenute negli articoli 2 e 4, laddove viene indicato l’importo complessivo scomputabile salvo conguagli. Invero, anche in tali passaggi la convenzione indica un importo che include gli oneri di costruzioni pur senza farne espresso riferimento. Tale circostanza non risulta, tuttavia, decisiva per escludere lo scomputo degli oneri di costruzioni. Infatti, ove si accedesse ad una simile interpretazione si terminerebbe per disattendere il criterio dettato dall’articolo 1369 c.c. che, come spiegato in precedenza, impone di aver riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto, riducendo tale indicazione ad un mero lapsus calami: situazione difficilmente ipotizzabile ove si consideri la rilevanza dell’importo economico in esame che, come tale, non pare potersi ritenere alieno dal concerto negoziale. Su quest’ultimo aspetto deve, inoltre, osservarsi che la tesi comunale si fonda su un dato meramente letterale senza, tuttavia, giustificare l’eliminazione di tale voce dallo scomputo in ragione di un minor valore delle opere che, del resto, non rinviene alcuna evidenza nella documentazione versata in atti. Al contrario, risulta un maggior costo dell’opera, rimasto a carico della società ricorrente ai sensi dell’articolo 2 della convenzione. L’interpretazione suggerita dal Comune finirebbe, quindi, per far gravare sulla società un ulteriore maggior costo: la ritenuta prevalenza del nomen iuris sul dato numerico riportato nella convenzione si tradurrebbe, quindi, nell’evidente alterazione dell’equilibrio delle posizioni della parti e, in fondo, della stessa causa concreta che in parte qua, l’operazione negoziale ha inteso realizzare consentendo al Comune l’acquisizione delle opere indicate dal medesimo articolo 1 in ragione dello scomputo previsto che, ove non comprensivo dei costi di costruzione, diverrebbe una mera locupletatio cum aliena iactura senza chiara giustificazione causale.
3.12. Deve, inoltre, considerarsi che la tesi comunale risulta difficilmente armonizzabile con il disposto di cui all’articolo 1366 c.c. che, come ricordato nella Relazione al codice civile (n. 622), costituisce “il punto di sutura” tra i due momenti dell’interpretazione e “li domina entrambi”. Come spiegato in precedenza, l'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. quale criterio d'interpretazione del contratto “si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628). A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell'accordo negoziale (cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947)”. (cfr., ancora, Cassazione civile, sez. III, 19 marzo 2018, n. 6675). Infatti, l’interpretazione suggerita dal Comune finisce per ledere l’affidamento riposto dalla società nell’integrale scomputo della somma indicata in convenzione chiedendo alla stessa una prestazione patrimoniale ulteriore fondata, in sostanza, sull’unilaterale rimozione dal testo della convenzione di parte degli importi ivi indicati in ragione dell’asserita prevalenza di una sola porzione del testo negoziale e senza corrispondenza con il programma perseguito con questa parte dell’accordo. 3.13. Le considerazioni sin qui esposte rinvengono una rilevante conferma nel testo del permesso di costruire n. 85 del 2006 a cui accede la convenzione integrativa sin qui esaminata. Infatti, il titolo espressamente prevede che “il conguaglio di cui all’art. 16 – comma del DPR 380/01, è determinato in € 539.670,89, salvo conguaglio, di cui: ○ € 131.826,61 = per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria; ○ € 407.844,28 = per contributo costo di costruzione”. Tale documento non risulta privo di significato per l’interpretazione della convenzione che, come spiegato al precedente paragrafo 3.1. rientra nel novero degli accordi tra privati e pubblica Amministrazione. Evidente come nel caso di accordo integrativo di provvedimento, quest’ultimo concorre ad individuare l’intenzione della parte pubblica attesa l’intima connessione tra i due atti giuridici. In tal senso, appare certamente corretto quanto affermato dalla società ricorrente che osserva come il permesso di costruire espliciti in modo inequivocabile che “l’importo di € 539.670,89, passibile di scomputo unitamente alla monetizzazione degli standard ai sensi dell’art. 1 (per l’importo di totale di € 1.052.661,96), era riferito sia agli oneri di urbanizzazione sia al costo di costruzione”.
3.14. Tale esplicitazione si rinviene anche in altra parte del permesso considerato che al foglio 2 del titolo si legge testualmente: “in luogo del pagamento di detti contributi e monetizzazione, nel rispetto di quanto stabilito dalla Convenzione [...], con il presente atto la Società ALINVEST S.p.a. è autorizzata a realizzare le seguenti opere pubbliche a scomputo di detti importi”.
3.15. Deve, in ultimo, considerarsi che, come ricordato di recente dal Consiglio di Stato, “nell’interpretazione del contratto e comunque di strumenti negoziali l’esegesi letterale deve integrarsi con l’indagine sulla volontà delle parti, come obiettivizzata nelle clausole, e che quest’ultima è desumibile anche dal comportamento complessivo delle parti, anche successivo alla conclusione del contratto, ai sensi dell’art. 1362 cod. civ. (cfr. tra le tante e più recenti Cass. Civ., Sez. I, 7 settembre 2017, n. 20888, che precisa come sia “...necessario considerare il negozio nella sua complessità, raffrontare e coordinare tra loro parole e frasi, al fine di ricondurle ad armonica unità e concordanza, in particolare in presenza di un collegamento negoziale o di contenuti non riconducibili ad una unica causa negoziale, essendo allora necessario ricostruire la concreta funzione economica dell'intera operazione negoziale”)” (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 aprile 2018, n. 2327).
3.16. Osservando il comportamento successivo delle parti, si nota che:
a) il verbale di collaudo tecnico – amministrativo evidenzia come le opere di urbanizzazione a scomputo della monetizzazione e del contributo siano collaudabili” (v. documento n. 7 di parte ricorrente, foglio 19);
b) il verbale di presa in consegna dell’opera redatto dal Comune di Milano in data 17 dicembre 2010 (PG 977873/2010) testualmente sottolinea che “in data 12/04/2006 è stata stipulata la Convenzione Integrativa del permesso di costruire n. 5 del 11/05/06... per la disciplina dell’esecuzione di opere a scomputo del contributo di costruzione e della monetizzazione determinati dal permesso di costruire medesimo”.
3.17. Pertanto, anche dalla disamina dei due documenti successivi alla convenzione – e in particolare nel documento indicato sub 3.16, lettera b), redatto dal Comune - si conferma che l’intenzione delle parti è quella di ricomprendere nello scomputo anche i costi di costruzione.
4. In conclusione, i primi due motivi di ricorso devono essere accolti con conseguente declaratoria del diritto della società di fruire dello scomputo del costo di costruzione dovuto per la realizzazione della multisala cinematografica assentita con il Permesso di Costruire n. 85/2006 cui accede la citata Convenzione e dell’insussistenza del diritto di credito fatto valere dal Comune di Milano con la nota PG 584840/2016 del 17 novembre 2016.
5. Passando all’esame della domanda svolta al paragrafo c) del ricorso introduttivo, si osserva che l’importo di € 321.205,72, richiesto dal Comune, corrisponde – per difetto – alla differenza tra l’importo di € 455.427,38, dovuto a titolo di costo di costruzione per la multisala e l’importo di € 134.661,65 versato in eccedenza da Alinvest (€ 455.427,38 - € 134.661,65 = 321.205,72), per smaltimento dei rifiuti. 5.1. La constatazione sopra esposta consente agevolmente di accertare la sussistenza del diritto della Alinvest alla restituzione dell’importo pari ad € 134.221,65, versato in eccedenza dalla società a titolo di contributo per lo smaltimento rifiuti.
5.2. Del resto, lo stesso provvedimento impugnato indica l’importo dovuto per lo smaltimento rifiuti come pari ad € 14.250,20. Anche la memoria difensiva comunale osserva che la domanda di restituzione si fonda “sull’interpretazione della convenzione sostenuta dalla ricorrente [...] che vorrebbe estendere lo scomputo al costo di costruzione dell’intervento relativo alla sala cinematografica”, ritenendo, pertanto l’importo versato a detrazione di quanto asseritamente ancora dovuto. Di conseguenza, accertata l’insussistenza del diritto di credito del Comune di Milano pari ad € 455.427,38, a titolo di costo di costruzione per la multisala, consegue l’obbligo di restituzione della somma in eccesso versata dalla società ricorrente.
5.3. La domanda di restituzione dell’indebito deve essere, pertanto, accolta con condanna del Comune di Milano a restituire alla società l’importo pari ad € 134.221,65, oltre interessi legali dal giorno della domanda giudiziale.
5.4. La limitazione della decorrenza degli interessi legali dal giorno della domanda discende dall’espressa riduzione della domanda da parte della società ricorrente che nelle conclusioni rassegnate nel ricorso introduttivo chiede di “condannare il Comune di Milano a rimborsare ad Alinvest l’importo pari a € 134.221,65 con maggiorazione degli interessi legali dal dì della domanda al saldo, ovvero quella che sarà ritenuta di giustizia”. La formula finale non si riferisce, infatti, alla decorrenza dell’interessi ma all’importo della somma capitale. Lo conferma la proposizione che chiude il motivo sub c) con la quale la società afferma: “l’importo versato in eccedenza, pari ad € 134.221,65, dovrà essere restituito maggiorato degli interessi legali dalla data della presente domanda al dì del saldo, in applicazione di quanto disposto dall’art. 2033 c.c. (ex multis TAR Lombardia-Milano, sez. IV, 16 luglio 2013, n. 1872; Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 2011, n. 3027)”. Pertanto, verificato il contenuto sostanziale della pretesa, deve ritenersi che la società abbia limitato la decorrenza degli interessi dalla data della domanda giudiziale.
5.5. In ogni caso, si osserva che – pur non volendo ritenere la domanda limitata in punto decorrenza degli interessi – non sussisterebbe il diritto della società di conseguire gli stessi dalla data del pagamento tenuto conto che:
- costituisce principio consolidato quello secondo cui, nella ripetizione dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., il debito dell'accipiens, a meno che egli non sia in mala fede, produce interessi solo a seguito della proposizione di un'apposita domanda giudiziale, atteso che all'indebito si applica la tutela prevista per il possessore in buona fede in senso soggettivo dell'art. 1148 c.c., a norma del quale questi è obbligato a restituire i frutti soltanto della domanda giudiziale, secondo il principio per il quale gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della proposizione della domanda (cfr. ex multis, Cass. 18 maggio 2016, n. 10161; 13 maggio 2016, n. 9934; 30 marzo 2015, n. 6401; 25 febbraio 2014, n. 4436; 8 maggio 2013, n. 10815; 15 giugno 2012, n. 9845; 31 luglio 2009, n. 17848, la quale precisa che la buona fede sussiste anche in presenza di dubbio circa la debenza della somma corrisposta; 2 agosto 2006, n. 17558; 10 marzo 2005, n. 5330; 4 marzo 2005, n. 4745; 14 settembre 2004, n. 18518; 28 gennaio 2004, n. 1581);
- nell'ipotesi di azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., pertanto, in parziale deroga rispetto a quanto previsto sia all'art. 1282, che all'art. 1224 c.c., il debito dell'accipiens, pur avendo ad oggetto una somma di denaro liquida ed esigibile, non produce interessi a partire dal momento del pagamento, a meno che l'accipiens non sia in mala fede;
- si deve, dunque, avere riguardo all'elemento psicologico esistente alla data di riscossione della somma, a meno che il creditore non provi la mala fede dell'accipiens: con la precisazione che, anche in questo campo, la buona fede si presume, ed essa può essere esclusa soltanto dalla prova della consapevolezza da parte dell'accipiens della insussistenza di un suo diritto a ricevere il pagamento (così Cass. 10 marzo 2005, n. 5330);
- nel caso di specie, alcuna evidenza in ordine alla mala fede del Comune è stata fornita in giudizio con conseguente piena operatività della presunzione di buona fede.
6. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo, tenendo conto dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e dell’art. 26, comma 1.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e,
per l’effetto,
- accerta e dichiara il diritto della società ricorrente di fruire dello scomputo del costo di costruzione dovuto per la realizzazione della multisala cinematografica assentita con il Permesso di Costruire n. 85/2006 cui accede la citata Convenzione e l’insussistenza del diritto di credito fatto valere dal Comune di Milano con la nota PG 584840/2016 del 17 novembre 2016;
- accerta e dichiara il diritto della società ricorrente alla restituzione della somma indebitamente versata e condanna il Comune di Milano a restituire alla Alinvest s.p.a. l’importo pari ad € 134.221,65, oltre interessi legali dal giorno della domanda giudiziale.
Condanna il Comune di Milano al pagamento delle spese di giudizio in favore della parte ricorrente quantificate in euro 3.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Silvana Bini, Presidente FF
Antonio De Vita, Consigliere
Lorenzo Cordi', Referendario, Estensore