Tributario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 16/03/2025 Scarica PDF

Accertamento dell’usucapione di bene immobile, sorte dell’ipoteca iscritta e opponibilità dell’accertamento

Bruno Rosario Briante, Conservatore dei Registri Immobiliari di Firenze


Sommario: 1. Le massime; 2. La vicenda; 3. La trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione; 4. La controversa questione della trascrivibilità della domanda giudiziale di accertamento dell’usucapione; 5. La trascrizione degli accordi mediazione che accertano l’usucapione; 6. La decisione della Corte di Cassazione.

 

 

La Corte di Cassazione, Sezione III, con l’ordinanza n. 565 del 9 gennaio 2025 ha chiarito che l’accertamento dell’acquisto per usucapione di un bene immobile non produce un effetto estintivo dell’ipoteca iscritta sul bene usucapito, nonché dei pesi e dei vincoli gravanti sullo stesso bene che siano compatibili col possesso ad usucapionem esercitato dall’usucapiente.

Ha altresì affermato che l’usucapione accertato in un procedimento di mediazione a cui non abbia partecipato il creditore ipotecario non è a questi opponibile e non determina quindi il venir meno del suo diritto di ipoteca.


La decisione che si illustra è di estremo interesse perché precisa in maniera sistematica gli effetti prodotti dall’accertamento giudiziale dell’usucapione, dall’accordo accertativo dell’usucapione concluso in sede di mediazione secondo la disciplina di cui al D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 ([1]), nonché dalle trascrizioni di tali accertamenti.

  

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1. Le massime

L’acquisto a titolo originario per usucapione non ha un effetto estintivo dell’ipoteca precedentemente iscritta e, quindi, non determina la caducazione del diritto reale di garanzia che, come altri eventuali pesi e vincoli preesistenti e antecedentemente iscritti o trascritti (ad esempio, alcune servitù), non è incompatibile con le caratteristiche concrete del possesso del bene ipotecato e del conseguente acquisto della proprietà per usucapione.” (Massima non ufficiale)

“Come la sentenza di usucapione resa tra l’esecutato e un terzo non spiega effetto di giudicato nei confronti del creditore garantito da ipoteca anteriore e non può essere invocata come elemento decisivo nell’opposizione di terzo all’esecuzione, allo stesso modo – e a maggior ragione – l’accordo conciliativo raggiunto nell’ambito della mediazione costituisce res inter alios acta inidoneo a determinare il travolgimento dei gravami precedenti.” (Massima non ufficiale)

È quanto deciso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 565 del 9 gennaio 2025, che per arrivare a tali statuizioni ha analizzato gli effetti prodotti dall’accertamento giudiziale dell’usucapione, nonché di quelli prodotti dall’accordo concluso in sede mediazione contenente analogo accertamento, alla luce delle conclusioni cui è giunta di recente la Corte Costituzionale con la sentenza n. 160 del 3 ottobre 2024 e della pregressa giurisprudenza di legittimità in materia.

Ai fini di un’adeguata comprensione della decisione che assume grande rilievo pratico, anche in considerazione dell’esigenza di contemperare i diritti dei creditori ipotecari con quelli di chi afferma di aver acquistato la proprietà del bene ipotecato per usucapione, si ricostruiscono di seguito la vicenda che ha portato alla pronuncia e il quadro normativo in cui la stessa si inserisce.

  

2. La vicenda

In un’espropriazione immobiliare promossa nei confronti di Tizia, il fratello Tizio proponeva opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., affermando di essere proprietario di parte dei beni staggiti perchè riconosciuto tale per effetto di usucapione accertato in due procedimenti di mediazione, svoltisi secondo la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 28 del 2010, e che i verbali che documentavano gli accordi accertativi dell’usucapione erano stati regolarmente trascritti.

Instaurato il contraddittorio coi creditori e nella contumacia dell’esecutata, il giudizio di merito si concludeva con sentenza del Tribunale di Terni che respingeva l’opposizione.

Il giudice di primo grado rilevava innanzi tutto che i verbali di conciliazione erano stati trascritti successivamente alla trascrizione dei pignoramenti in favore della creditrice procedente (che aveva poi rinunciato agli atti esecutivi ex art. 629 c.p.c.) e anche successivamente alla trascrizione dei pignoramenti di altro istituto di credito nonché posteriormente all’iscrizione di ipoteca eseguita in favore di tale banca.

Rigettava quindi l’opposizione perché “l’accertamento dell’usucapione quale esito positivo del procedimento di mediazione implicava un acquisto negoziale (a titolo derivativo) dell’opponente, non potendosi equiparare un atto di acquisto derivante da autonomia privata ad una pronuncia giudiziale di accertamento”, acquisto negozialeche, come tale, “era da reputarsi inefficace rispetto ai gravami pregiudizievoli già iscritti e trascritti”.

Tizio proponeva contro la decisione del Tribunale appello, che il giudice di secondo grado respingeva.

Anche la Corte d’appello di Perugia riteneva che l’accordo di mediazione fosse un modo di risoluzione negoziale delle controversie e che postulare che a un accordo negoziale debba essere applicata la stessa disciplina applicabile a una sentenza significasse voler trattare allo stesso modo situazioni diverse.

In particolare, il giudice di secondo grado, in linea con quanto già sostenuto da quello di primo cure, affermava che “L’accordo di mediazione, data la sua natura contrattuale, non può che produrre effetti solo tra le parti (art. 1372, comma 2, cod. civile), quindi non è opponibile a terzi … In pratica, in base ai principi espressi dall’art. 2644 e dall’art. 2915 cod. civile, deve ritenersi che non abbiano efficacia in pregiudizio del creditore pignorante quegli atti che vengano trascritti successivamente alla trascrizione dell’atto di pignoramento, … Detto in altri termini, l’accordo di mediazione attribuisce alla parte usucapiente il diritto di proprietà da far valere nei confronti dei terzi nel rispetto del principio della continuità delle trascrizioni, con l’ovvia conseguenza che l’accordo non potrà danneggiare i terzi estranei all’accordo che vantino sul bene titoli anteriormente iscritti o trascritti.”.

Avverso tale decisione Tizio proponeva ricorso per cassazione

  

3. La trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione

L’art. 2651 c.c. dispone che “Si devono trascrivere le sentenze da cui risulta estinto per prescrizione o acquistato per usucapione ovvero in altro modo non soggetto a trascrizione uno dei diritti indicati dai numeri 1, 2 e 4 dell'articolo 2643.”.

La trascrizione è un sistema di pubblicità di atti negoziali o giudiziali che operano la costituzione, il trasferimento o la modifica di diritti reali.

Ove uno di tali effetti non consegua ad un atto, ma ad un fatto o sia prodotto direttamente dalla legge, il mezzo che consente di darne pubblicità nei registri immobiliari è la trascrizione della sentenza che lo accerta.

Il più importante dei modi di acquisto della proprietà non soggetto a trascrizione, ai sensi degli artt. 2643 ss. c.c. - in quanto non conseguente ad un atto, è l’usucapione.

L’art. 2651 c.c. dispone quindi la trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione, ma non ricollega a tale formalità la produzione di alcun effetto e la sua collocazione dopo l’art. 2650 c.c. rivela chiaramente che tale trascrizione non rileva neanche ai fini della continuità delle trascrizioni ([2]). Trattasi di una forma di pubblicità notizia.

Tale conformazione dell’istituto della trascrizione della sentenza di usucapione risponde a una precisa scelta del legislatore che non ha ritenuto opportuno ricollegare conseguenze di diritto sostanziale alla mancanza di trascrizione delle sentenze indicate nell'art. 2651 c.c.

Si legge infatti nel n. 1074 della Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942 che se “si fosse voluto applicare anche all'acquisto per usucapione, che è l'ipotesi di gran lunga più rilevante tra quelle previste nell'art. 2651, la sanzione dell'inefficacia delle trascrizioni o iscrizioni prese contro l'usucapiente sino a che non fosse trascritta la sentenza che la dichiara, si sarebbe dato un colpo assai grave all'istituto dell'usucapione che invece nel nostro ordinamento ha un'importanza fondamentale, infatti colui che ha acquistato per usucapione sarebbe costretto, per avere la libera disponibilità di fatto del suo diritto, di provocare l'accertamento giurisdizionale dell'acquisto nei confronti di colui che per effetto dell'usucapione ha perduto il suo diritto. Ora addossare all'acquirente l'onere di un giudizio di accertamento anche quando il suo diritto non subisce alcuna contestazione, e per di più un giudizio nei confronti di persone che possono essere ignote e a distanza di molti anni dal giorno in cui l'usucapiente ha cominciato a possedere in violazione del diritto del proprietario, non sarebbe stato certo molto opportuno, anche a prescindere dal fatto che l'usucapione è un modo di acquisto che ha in sé, nel prolungato esercizio del diritto, la sua virtù e la sua ragione d'essere, e che quindi non può essere condizionato, neppure sotto profilo della disponibilità di fatto della cosa, a una pronuncia giudiziale, che ne accerti il compimento.”.

Anche la giurisprudenza di legittimità è ormai pacifica nel ritenere che l’usucapione, al verificarsi dei presupposti che lo integrano, operi anche ove non accertato giudizialmente, con conseguente possibilità di validamente disporre del diritto usucapito, ma non accertato giudizialmente, senza che ciò integri nullità del contratto di compravendita stipulato dall’usucapiente quale venditore ([3]).

In tali casi, a tutela della parte acquirente, la Suprema Corte ritiene necessario che il notaio stipulante informi adeguatamente l’acquirente del fatto che il venditore non ha un formale titolo di acquisto e dei conseguenti possibili rischi legati a una tale circostanza; il notaio, a tutela dei terzi che consultano i registri immobiliari, deve inoltre evidenziare “l'indicazione della provenienza da dichiarata usucapione (e non già accertata giudizialmente)nella sezione D della nota di trascrizione dell’atto ([4]).

Anche la giurisprudenza di legittimità conferma quindi che la trascrizione della sentenza di usucapione è una forma di pubblicità notizia, che non rileva né ai fini dell’opponibilità dell’acquisto a titolo originario ai terzi né ai fini della continuità delle trascrizioni.

  

4. La controversa questione della trascrivibilità della domanda giudiziale di accertamento dell’usucapione


La trascrizione della domanda di accertamento dell’avvenuto acquisto per usucapione della proprietà di un bene immobile non è espressamente contemplata nell’elencazione contenuta negli artt. 2652 e 2653 c.c.

Nella giurisprudenza di legittimità si rinvengono due pronunce, emesse entrambe in relazione alla questione dell’opponibilità al fallimento dell’accertamento giudiziale dell’usucapione, che hanno escluso che la domanda debba essere trascritta perchè non è previsto “a carico dell'attore per la dichiarazione di usucapione, alcun onere di pubblicità, in quanto l'art. 2651 c.c. dispone al riguardo una forma di trascrizione (della sentenza, e non anche della domanda) priva di effetti sostanziali e limitata a rendere più efficiente il sistema pubblicitario([5]).

Di recente, invece, altre due pronunce, richiamate in motivazione dall’ordinanza che si illustra, hanno ritenuto che non sia opponibile a chi agisce per l’accertamento dell’usucapione, ed abbia trascritto la sua domanda, l’ipoteca iscritta dopo tale trascrizione ([6]).

Vi è poi una copiosa e contrastante giurisprudenza di merito, formatasi all’esito di procedimenti di reclamo avverso trascrizioni eseguite con riserva ex art. 2674-bis c.c., concernente la questione (irrisolta) della trascrivibilità della domanda giudiziale di usucapione.

Esistendo in materia di trascrizione delle domande giudiziali un principio di tassatività, che consente la trascrizione delle sole domande per le quali l’adempimento pubblicitario sia previsto dalle norme che disciplinano tale istituto (anche all’esito di una loro interpretazione estensiva, ma con divieto di interpretazione analogica) ([7]), per affermare la trascrivibilità della domanda di usucapione è necessario individuare la norma che ne consente la trascrizione.

A tal fine viene invocato, nella giurisprudenza di merito cui avanti si è fatto cenno (nessuna affermazione al riguardo si rinviene invece nella giurisprudenza di legittimità), il n. 1 dell’art. 2653 c.c. che dispone che si devono trascrivere per gli effetti di cui alla seconda parte dello stesso numero:

1) le domande dirette a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento su beni immobili e le domande dirette all'accertamento dei diritti stessi.

La sentenza pronunciata contro il convenuto indicato nella trascrizione della domanda ha effetto anche contro coloro che hanno acquistato diritti dal medesimo in base a un atto trascritto dopo la trascrizione della domanda;”.

Pur non essendo questa la sede in cui possa essere adeguatamente esaminata la questione della trascrivibilità della domanda giudiziale di accertamento dell’usucapione, un rilievo s’impone per un’adeguata comprensione del passaggio della motivazione dell’ordinanza in cui, come già detto, si richiamano le due pronunce che tale trascrizione ammettono.

Come emerge chiaramente dalla seconda parte, avanti riportata, del n. 1 dell’art. 2653 c.c., anche ove si dovesse ritenere trascrivibile la domanda di accertamento dell’usucapione ai sensi di tale norma, la sentenza di accoglimento non sarebbe comunque opponibile al creditore ipotecario, anche nell’ipotesi in cui l’ipoteca sia iscritta successivamente alla trascrizione della domanda.

Per una precisa scelta legislativa ([8]), ove le domande di cui al n. 1 dell’art. 2653 c.c. siano state trascritte, le sentenze che le accolgono pregiudicano solo i diritti acquistati dall’avente causa dal convenuto in base ad un atto trascritto dopo la trascrizione della domanda. E che si tratti di una precisa scelta legislativa emerge chiaramente dal fatto che un legislatore particolarmente avveduto, qual è quello che ha redatto gli artt. 2652 e 2653 c.c., quando ha voluto che la sentenza di accoglimento della domanda trascritta pregiudicasse anche i diritti acquistati in forza di un atto iscritto dopo la trascrizione della domanda lo ha detto espressamente (cfr. nn. 1, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 9-bis dell’art. 2652 c.c. e nn. 3 e 5 dell’art. 2653 c.c.).

Alla luce del sintetico quadro avanti delineato è evidente la necessità che sia chiarito, a beneficio della sicurezza dei traffici immobiliari, se la domanda di accertamento dell’usucapione debba essere o meno trascritta e quali sono gli effetti che conseguono a una tale trascrizione ove la si ritenga ammissibile. È in particolare necessario chiarire qual è la norma che consente alla trascrizione della domanda di accertamento dell’usucapione di far conseguire alla sentenza di accoglimento l’idoneità a pregiudicare i diritti acquistati dall’avente causa dal convenuto in forza di un atto iscritto dopo detta trascrizione.

  

5. La trascrizione degli accordi mediazione che accertano l’usucapione

Il D.Lgs. n. 28 del 2010 ha introdotto nell’ordinamento l’istituto della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

Secondo quanto consentito dal nuovo istituto, all’indomani dell’entrata in vigore del D.Lgs. avanti citato, sono stati stipulati molti accordi accertativi dell’usucapione al fine di risolvere in sede stragiudiziale le relative controversie.

Tuttavia, molte delle trascrizioni dei verbali che documentavano detti accordi furono eseguite con riserva, esistendo gravi dubbi in merito alla trascrivibilità di tali atti: il codice civile non prevedeva la trascrizione di atti negoziali di accertamento dell’usucapione, ma solo la trascrizione dell’analogo accertamento fatto in sede giudiziale.

I reclami proposti avverso le riserve apposte alle trascrizioni furono quasi tutti rigettati dai Tribunali aditi, che ritennero, anch’essi, trascrivibili solo gli accertamenti giudiziali dell’usucapione.

Per eliminare le incertezze applicative emerse in relazione alla trascrivibilità degli accordi di mediazione accertativi dell’usucapione, l’art. 84-bis del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 ([9]), ha introdotto nell’art. 2643 c.c. il n. 12-bis, che consente la trascrizione degli “accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Pur trattandosi dell’accertamento di un acquisto a titolo originario, il legislatore disponendone la trascrizione ai sensi dell’art. 2643 c.c., ha reso applicabile a tali acquisti, ai fini pubblicitari, la disciplina riservata dal codice agli acquisti a titolo derivativo.

Alla trascrizione degli accordi di mediazione che accertano l’usucapione sono quindi applicabili il principio fondamentale della pubblicità dichiarativa, per il quale priore in tempore potior in iure, e il principio della continuità delle trascrizioni, a cui consegue ex art. 2650 c.c. che la trascrizione dell’accordo di mediazione accertativo dell’usucapione è efficace solo se il soggetto contro cui tale trascrizione è eseguita risulti legittimato a disporre del bene dichiarato usucapito in forza di una serie continua di trascrizioni.

La decisione che si illustra chiarisce in motivazione quali sono le conseguenze di una tale scelta legislativa.

  

L’ordinanza consente inoltre di fare qualche considerazione in merito alla dibattuta questione concernente la trascrivibilità degli accordi, non stipulati in sede di mediazione, accertativi dell’usucapione. Esiste, infatti, al riguardo un contrasto giurisprudenziale, sempre a livello di decisioni di merito formatesi all’esito di procedimenti di reclamo avverso trascrizioni eseguite con riserva ex art. 2674-bis c.c.

La tesi che esclude la trascrivibilità degli accordi in argomento ritiene che la disciplina di cui all’art. 2643, n. 12-bis, c.c. costituisca un’eccezione al principio di cui all’art. 2651 c.c., secondo cui gli acquisti per usucapione possono essere trascritti solo se accertati giudizialmente. Non sarebbe dunque possibile applicare estensivamente detta disciplina al di fuori dell’ipotesi per la quale l’eccezione è stata introdotta e cioè per gli accordi di mediazione, accordi il cui obiettivo è la deflazione del contenzioso.

La tesi contraria ne sostiene invece la trascrivibilità a partire dalla regola dettata dall’art. 2645 c.c., per la quale è trascrivibile, per gli effetti di cui all’art. 2643 c.c., qualunque atto che produca uno degli effetti dei contratti elencati nell’articolo da ultimo citato e dal rilievo che gli accordi che accertano l’usucapione producono gli stessi effetti sia se conclusi in sede di mediazione sia se conclusi in altra sede.

Come emergerà nel proseguo, per la Corte di Cassazione la regola di cui al n. 12-bis dell’art. 2643 c.c., che consente la trascrizione degli accordi di mediazione che accertano l’usucapione, costituisce effettivamente un’eccezione all’art. 2651 c.c. e un’eccezione di così grande impatto da mettere “a serio rischio la stabilità dei traffici immobiliari”.

  

6. La decisione della Corte di Cassazione

Il ricorso per cassazione veniva proposto in forza di un unico motivo con il quale si affermava la fungibilità tra usucapione accertata giudizialmente ed accordo di accertamento della proprietà acquisita per usucapione”.

Il ricorrente fondava le proprie argomentazioni sull’art. 2643, n. 12-bis, c.c., da cui traeva la conclusione secondo la quale poiché la pronuncia giudiziale di accertamento dell’intervenuta usucapione “determina un acquisto della proprietà dei beni posseduti a titolo originario e, comunque, non è essenziale ai fini del valido trasferimento del diritto reale (…), si deve ritenere che anche nell’accertamento negoziale, compiuto nell’ambito della conciliazione ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2010, siano contenuti il riconoscimento e il trasferimento del diritto ex art. 832 c.c. e che si produca il medesimo effetto estintivo dei preesistenti diritti insistenti sul medesimo bene (incluso il diritto di garanzia a favore del creditore ipotecario)”.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo per plurime e indipendenti ragioni.

Ha innanzitutto richiamato, come argomento da solo sufficiente, per escludere che possa essere affermata l’usucapio libertatis da ipoteche precedentemente iscritte nei registri immobiliari, un passaggio della motivazione della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 160 del 3/10/2024.

Tale sentenza si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (e, in via consequenziale, dell’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, del d.P.R. n. 380 del 2001), norma che prevede che all’inottemperanza all’ingiunzione a demolire consegua la confisca edilizia del bene e, quindi, un acquisto a titolo originario a favore dell’ente locale, considerato idoneo ad estinguere il diritto del creditore ipotecario anteriore. Tesi sostenuta anche dall’Avvocatura Generale dello Stato nel procedimento di legittimità costituzionale.

Il Giudice delle leggi ha invece ritenuto che “…, la sorte di un diritto reale minore non è in sé pregiudicata dalla natura originaria dell’acquisto, bensì dipende dalla funzione di quest’ultimo e da come viene regolamentato dal legislatore. Emblematico, in tal senso, è il dibattito che si è storicamente sviluppato intorno alla fattispecie acquisitiva dell’usucapione e che ha visto, da parte di numerosi interpreti, dubitare della configurabilità della cosiddetta usucapio libertatis.

La sorte dei diritti reali minori dipende – nella fattispecie acquisitiva dell’usucapione ordinaria – dalle caratteristiche concrete del possesso e dal suo essere incompatibile o meno con la permanenza di diritti reali minori (si pensi a ipoteche o a servitù), nonostante l’estinzione del pregresso diritto dominicale (art. 1158 del codice civile). Analogamente, nell’usucapione abbreviata, il destino dei diritti reali minori è condizionato da quanto si evince dal titolo astrattamente idoneo al trasferimento, che può far salvi diritti reali minori, benché venga meno il precedente titolo dominicale (art. 1159 cod. civ.). … La natura originaria dell’acquisto non è in sé logicamente e ontologicamente incompatibile con una disciplina che espressamente preveda (o – come nel caso dell’usucapione – consenta di desumere dai presupposti normativi che compongono la fattispecie acquisitiva) la salvezza di pregressi diritti reali.”.

La Corte di Cassazione ha attribuito a tali affermazioni un grande rilievo sistematico in quanto in grado di chiarire i rapporti tra acquisto a titolo originario (anche per usucapione) e pregresso diritto reale di garanzia e di confutare le tesi dottrinali e giurisprudenziali in forza delle quali anche l’ipoteca è travolta dal possesso ad usucapionem.

In coerenza con la decisione della Corte Costituzionale, avanti citata, le cui motivazioni la Corte di Cassazione ha recepito nella propria pronuncia, ha affermato che “l’acquisto a titolo originario per usucapione non ha un effetto estintivo dell’ipoteca precedentemente iscritta e, quindi, non determina la caducazione del diritto reale di garanzia che, come altri eventuali pesi e vincoli preesistenti e antecedentemente iscritti o trascritti (ad esempio, alcune servitù), non è incompatibile con le caratteristiche concrete del possesso del bene ipotecato e del conseguente acquisto della proprietà per usucapione.”.

Affermato tale principio, la Corte ha continuato con l’esame della censura svolta con il ricorso, censura secondo la quale, come già ricordato, vi è “fungibilità tra usucapione accertata giudizialmente ed accordo di accertamento della proprietà acquisita per usucapione”.

A tal riguardo ha rilevato che la giurisprudenza di legittimità ha escluso l’equiparazione tra l’accordo conciliativo, ancorché trascritto, e la pronuncia di usucapione.

In particolare, ha ricordato che per Cass. n. 32620 del 23/11/2023 ([10]) l’accordo conciliativo che accerta l’usucapione di cui all’art. 2643, n. 12-bis, c.c. non è opponibile al terzo acquirente dal contraente contro il quale viene accertata l’usucapione.

In pratica, se Tizio e Caio concludono un accordo di mediazione con il quale accertano che Caio ha acquistato per usucapione la proprietà di un immobile e poi Tizio vende tale bene a Sempronio, Caio non può opporre a Sempronio quanto accertato in sede di mediazione. Ciò in quanto ex art. 1372, comma 2, c.c. “Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge.”.

È evidente, pertanto, la differenza di tali effetti rispetto a quelli prodotti dalla sentenza di usucapione il cui accertamento è invece opponibile, ex art. 2909 c.c. ([11]), a chi acquista dal soggetto contro cui la sentenza è pronunciata.

La previsione del n. 12-bis dell’art. 2643 c.c., inoltre, come già evidenziato, assimila ai fini della trascrizione l’accordo di mediazione che accerta l’usucapione agli atti che operano trasferimenti a titolo derivativo e al regime di opponibilità di questi li assoggetta.

A tal riguardo, la pronuncia ricorda che sempre Cass. n. 32620 del 23/11/2023 in parte motiva ha manifestato lo smarrimento che consegue al “dovere equiparare l’effetto della trascrizione di un acquisto a titolo originario a quelli a titolo derivativo e cioè che la collocazione topografica della fattispecie di nuova introduzione imponga di assegnare a una tale trascrizione l’effetto di pubblicità dichiarativa, con efficacia “erga omnes” (art. 2644 cod. civ.), invece che nei soli confronti del soggetto contro il quale una tale trascrizione venga operata, mettendo così a serio rischio la stabilità dei traffici immobiliari.

Ancora la stessa pronuncia, pur riconoscendo che l’ordinamento si è indirizzato nel senso di riconoscere come meritevole di tutela l’interesse sottostante al negozio conciliativo dichiarativo dei presupposti dell’usucapione, ha tuttavia inoltre affermato che “Così come l’alienazione, il cui titolo sia costituito dall’affermazione del venditore di essere divenuto proprietario a titolo originario per usucapione ([12]), sia pure trascritta, non resiste alla legittima pretesa del titolare che risulti di non avere perduto la proprietà per usucapione, allo stesso modo l’accordo conciliativo non può frustrare il diritto del terzo acquirente estraneo a un tale negozio. … è di tutta evidenza che la soluzione opposta presterebbe il fianco ad agevoli manovre fraudolente ai danni del terzo acquirente, ancor più probabili ove l’usucapito, gravato di debiti, abbia in corso procedura espropriativa”.

Tale ratio è stata ritenuta applicabile anche alla fattispecie oggetto di decisione, per le numerose analogie riscontrabili con il caso risolto dalla pronuncia citata, stante il fatto che la sorella del ricorrente risultava gravata da numerosi debiti e da procedura espropriativa nel momento in cui ha concluso l’accordo conciliativo.

Proseguendo nella sua argomentazione, la Corte ha ulteriormente ricordato che già in precedenza un’altra pronuncia (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 12736 del 13/05/2021) aveva ritenuto inopponibile a una procedura fallimentare l’usucapione di un immobile riconosciuta dal fallito con un accordo concluso in sede di mediazione e non trascritto.

La motivazione di tale precedente arresto si fonda su rilievo che l’art. 2643, n. 12-bis, c.c. subordina l’opponibilità e l’efficacia nei confronti dei terzi dell’accordo di mediazione che accerta l’usucapione alla sua trascrizione, ove per terzi devono intendersi tanto i terzi acquirenti dal proprietario usucapito che i suoi creditori. Conseguentemente, trovando applicazione l’art. 2644 c.c., l’accordo è improduttivo di effetti rispetto alle trascrizioni e iscrizioni in precedenza eseguite.

Sempre per l’ordinanza n. 12736 del 13/05/2021nell’ottica della responsabilità patrimoniale del debitore” l’accordo di mediazione che accerta l’usucapione “appare propriamente connotato, in effetti, dal contenere una rinuncia dell’ex proprietario a favore del rivendicante”, mentre, la sentenza resa ex art. 2651 c.c. non costituisce solo lo strumento che il sistema positivo ha deputato ad accertare – nel confronto tra il rivendicante e l’ultimo proprietario del bene – la sussistenza dei presupposti dell’intervenuto acquisto del bene da parte del primo (con correlata espropriazione a carico dell’altro), ma costituisce anche «lo strumento istituzionalmente predisposto per rendere opponibile ed efficace l’acquisto di un bene a titolo di usucapione nei confronti dei soggetti che, rispetto alla detta vicenda, rimangono terzi».

Tale conclusione secondo l’ordinanza che si illustra costituiva principio già enunciato da quelle pronunce ([13]) che avevano affermato essere litisconsorte necessario nel giudizio di usucapione il creditore garantito da ipoteca iscritta prima della trascrizione della domanda giudiziale di accertamento dell’usucapione e che, pertanto, la sentenza emessa all’esito del giudizio a cui tale creditore non ha partecipato non spiega effetti nei suoi confronti e può costituire solo elemento di prova nell’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. avente ad oggetto il bene ipotecato/usucapito.

Pertanto, secondo la Suprema Corte ad ulteriore conferma della correttezza della decisione della Corte di merito si può infine affermare che “come la sentenza di usucapione resa tra l’esecutato e un terzo non spiega effetto di giudicato nei confronti del creditore garantito da ipoteca anteriore e non può essere invocata come elemento decisivo nell’opposizione di terzo all’esecuzione, allo stesso modo – e a maggior ragione – l’accordo conciliativo raggiunto nell’ambito della mediazione costituisce res inter alios acta inidoneo a determinare il travolgimento dei gravami precedenti”.

Alla luce delle argomentazioni avanti riportate il ricorso è stato respinto.

La decisione è certamente condivisibile, anche perché si conforma alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, quando sancisce che l’accertamento dell’acquisto per usucapione di un bene immobile non produce un effetto estintivo dell’ipoteca iscritta sul bene usucapito, nonché dei pesi e dei vincoli gravanti sullo stesso bene che siano compatibili col possesso ad usucapionem esercitato dall’usucapiente.

Ed è parimenti condivisibile quando afferma che l’usucapione accertato in un procedimento di mediazione a cui non abbia partecipato il creditore ipotecario non è a questi opponibile e non determina quindi il venir meno del diritto di ipoteca.

La decisione sembra tuttavia voler dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale che ammette la trascrivibilità delle domande di accertamento dell’usucapione e che ritiene opponibile la sentenza di accoglimento al creditore che ha iscritto ipoteca dopo la trascrizione della domanda, ma non chiarisce (come è invece necessario secondo quanto precisato al §4) quale sia la norma che consentirebbe una tale trascrizione e che, soprattutto, renderebbe idonea la sentenza a pregiudicare il diritto del creditore ipotecario.

Infine, la pronuncia - ribadendo quanto già affermato dall’ordinanza n. 12736 del 13/05/2021 e cioè che “la sentenza resa ex art. 2651 c.c. non costituisce solo lo strumento che il sistema positivo ha deputato ad accertare – nel confronto tra il rivendicante e l’ultimo proprietario del bene – la sussistenza dei presupposti dell’intervenuto acquisto del bene da parte del primo (con correlata espropriazione a carico dell’altro), ma costituisce anche «lo strumento istituzionalmente predisposto per rendere opponibile ed efficace l’acquisto di un bene a titolo di usucapione nei confronti dei soggetti che, rispetto alla detta vicenda, rimangono terzi»” – sembra confermare che la previsione del n. 12-bis dell’art. 2643 c.c. costituisca una rilevante eccezione rispetto alla regola generale di cui all’art. 2651 c.c., eccezione che di conseguenza non dovrebbe trovare applicazione oltre il caso espressamente previsto. Conclusione che sembra altresì corroborata dal timore espresso dalla Corte, richiamandoCass. n. 32620 del 23/11/2023, che la scelta legislativa di rendere applicabile, ai fini pubblicitari, all’accertamento dell’usucapione concluso in sede di mediazione la disciplina degli acquisti a titolo derivativo possa mettere a “serio rischio la stabilità dei traffici immobiliari”.

Quanto precede sembra conseguentemente precludere la trascrivibilità, ex art. 2645 c.c. e per gli effetti di cui all’art. 2643 c.c., anche degli atti di accertamento (o di ricognizione) di acquisti a titolo originario, o comunque non conseguenti ad un atto, diversi dall’usucapione.



([1]) Il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, da “Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.”.

([2]) Dispone infatti l’art. 2650 c.c. che “Nei casi in cui per le disposizioni precedenti, un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o iscrizioni a carico dell'acquirente non producono effetto, se non è stato trascritto l'atto anteriore di acquisto.”, e dunque se un atto d’acquisto non è soggetto a trascrizione ai sensi degli articoli da 2643 a 2649 tale acquisto non rileva neanche ai fini della continuità delle trascrizioni.

([3])Non è nullo il contratto di compravendita con cui viene trasferito il diritto di proprietà di un immobile sul quale il venditore abbia esercitato il possesso per un tempo sufficiente al compimento dell'usucapione, ancorché l'acquisto della proprietà da parte sua non sia stato giudizialmente accertato in contraddittorio con il precedente proprietario.” (cfr. Cass. nn. 32147/2018, 7853/2018, 7485/2007).

([4]) Cass. n. 27709 del 2024 ha da es. affermato “la responsabilità disciplinare del notaio che provveda alla stipula di atti di alienazione (e non rileva se a titolo oneroso o gratuito), senza provvedere ad eseguire le visure ipotecarie e catastali, ancorché nell'atto si assuma la provenienza del bene in capo all'alienante da un acquisto a titolo originario, e che ometta altresì di dare avviso alla parte acquirente del potenziale pericolo sotteso all'acquisto.

Inoltre, a supporto delle esigenze di tutela dell'interesse della collettività, deve reputarsi la responsabilità anche per avere poi omesso nella redazione del Quadro "D" della nota di trascrizione, l'indicazione della provenienza da dichiarata usucapione (e non già accertata giudizialmente), onde assicurare a coloro che poi possono essere interessati all'acquisto del medesimo bene di avvedersi a loro volta del potenziale pericolo sotteso all'acquisto, quanto alla certezza della titolarità del bene in capo all'intestatario.”.

([5]) Cfr. Cass., Sez. I, Sent. 26/11/1999, n. 13184; in senso conforme Cass., Sez. III, Ord. 30/12/2009, n. 27668.

([6]) Cfr. il principio di diritto enunciato nell’interesse della legge, ex art. 363, comma 3, c.p.c. da Cass., Sez. III, Sent. n. 29325 del 13/11/2019, Rv. 655793-01 e ribadito da Cass., Sez. III, Ord. n. 18185 del 26/06/2023, Rv. 668455-01: “Nel giudizio avente ad oggetto l’usucapione di beni immobili è litisconsorte necessario il creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione della domanda, in quanto titolare di un diritto reale - risultante dai pubblici registri ed opponibile erga omnes - di cui l’usucapione produce l’estinzione. Ne deriva che la sentenza resa in pretermissione di tale creditore non spiega effetti nei suoi confronti e può essere apprezzata quale mero elemento di prova nella opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. promossa dall’usucapente avverso l’espropriazione dello stesso bene immobile.”.

([7]) Come chiarito da Cass., SS. UU., Sent. 12/06/2006, n. 13523, le norme in materia di trascrizione delle domande giudiziali importano “… una deroga al principio generale (fissato dall’art. 111, comma 4, c.p.c., n.d.r.) che, in quanto tale, deve considerarsi tassativa, id est limitata ai soli casi espressamente disciplinati dalla normativa sulla trascrizione, ed ostativa, quindi, ad interpretazioni intese ad ampliare l'ambito d'applicazione della normativa stessa per il principio inclusio unius exclusio alterius; non di meno, non ne resta esclusa l'interpretazione estensiva, o logica per similitudine, secondo il principio ubi eadem ratio ibi eadem dispositio, laddove il caso previsto e quello non previsto presentino caratteri comuni e questi siano specificamente quelli che hanno determinato la disciplina del caso previsto ...”.

([8]) Le ragioni di tale scelta legislativa possono forse intuirsi considerando quanto affermato dalla Corte d’Appello di Firenze col decreto 19/02/2020, cron. n. 356, inedito. Per la Corte Fiorentina il n. 1 dell’art. 2653 c.c. “… prevede la trascrivibilità delle sole domande di rivendica o di accertamento di altri diritti reali espressamente disciplinate dal codice civile che presuppongono che il bene sia già formalmente intestato a chi richiede la trascrizione ed è perciò evidente che tra le domande giudiziali soggette a trascrizione ai sensi della norma invocata non può essere inclusa la domanda proposta da chi non è già titolare del diritto, ovvero la domanda con la quale si chiede che ne sia accertato l’acquisto soprattutto se tale acquisto consegue all’attuazione di rapporti di natura obbligatoria …”.

Se dunque, secondo quanto affermato dalla Corte d’Appello di Firenze, ai sensi del n. 1 dell’art. 2653 c.c. sono trascrivibili solo le domande proposte da chi è già formalmente titolare del diritto e con le quali si chiede tutela per il diritto di cui l’attore è già formalmente titolare contro chi pone in essere comportamenti che contestino o turbino l’esercizio di detto diritto, è evidente che l’attore non ha bisogno di tutela rispetto ad soggetti ad iscrizione in quanto non si può iscrivere ipoteca contro chi non è proprietario del bene.

([9]) C.d. “decreto del fare”, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98.

([10]) La massima ufficiale di Cass., Sez. II, Sent. 23/11/2023, n. 32620, è la seguente: “L’accordo conciliativo che accerta l’usucapione ex art. 2643 n. 12-bis c.c. non è opponibile al terzo acquirente dal contraente contro il quale viene accertata l’usucapione, così come l’alienazione, sia pure trascritta, compiuta dal soggetto il cui titolo sia fondato sulla sua stessa affermazione di essere divenuto proprietario a titolo originario per usucapione, non resiste alla legittima pretesa del soggetto che si affermi effettivo proprietario dell’immobile, poiché la soluzione opposta consentirebbe manovre fraudolente ai danni di quest’ultimo.” (Rv. 669391-01).

([11]) L’art. 2909 c.c., rubricato “Cosa giudicata.”, dispone infatti che “L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.”.

([12]) Come ricordato al § 3 la giurisprudenza di legittimità è ormai pacifica nel ritenere che l’usucapione, al verificarsi dei presupposti che lo integrano, operi anche ove non accertato giudizialmente, con conseguente possibilità di validamente disporre del diritto senza che ciò integri nullità del contratto di compravendita stipulato dall’usucapiente quale venditore.

([13]) Si tratta di Cass., Sez. III, Sent. n. 29325 del 13/11/2019, Rv. 655793-01 e di Cass., Sez. III, Ord. n. 18185 del 26/06/2023, Rv. 668455-01. Il principio di diritto affermato da tali sentenze è riportato nella nota n. 6.


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