Diritto del Lavoro


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1400 - pubb. 09/11/2008

Trasferimento del titolo sportivo e prosecuzione del rapporto di lavoro

Appello Torino, 28 Ottobre 2008. Pres., est. Peyron.


Lavoro subordinato – Trasferimento d’azienda – Trasferimento del titolo sportivo a in base alle Norme della FIGC – Conservazione dell’identità – Sussistenza – Trasferimento di beni immateriali – Irrilevanza – Inesistenza di rapporto contrattuale – Irrilevanza – Applicazione dell’art. 2112 cod. civ. – Prosecuzione del rapporto di lavoro subordinato – Sussistenza.



Il trasferimento del titolo sportivo da una società ad un'altra, attuato dalla FIGC ai sensi dell’art. 52 delle Norme FIGC, presuppone il mutamento di titolarità dell’attività economica organizzata preesistente e la conservazione in capo alla seconda società dell’identità della precedente, pur in assenza del trasferimento di beni materiali organizzati. Indipendentemente da un rapporto contrattuale diretto tra le due società, sussistono pertanto in ispecie i requisiti richiesti dall’art. 2112 cod. civ. per il trasferimento d’azienda, con conseguente applicazione del regime inderogabile previsto da tale norma a garanzia della prosecuzione del rapporto di lavoro e della conservazione dei diritti che ne derivano. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Segnalazione del Dott. Paolo Giovanni Demarchi


S E N T E N Z A

nella causa di lavoro iscritta al n.ro 756/2008 R.G.L.

promossa da:

B. P. M., C.F.: *, residente in **, rappresentato e difeso, per delega in calce al ricorso introduttivo, dall’avv. **.

APPELLANTE

CONTRO

TORINO F.C. S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti **.

APPELLATA

Oggetto: Qualificazione.

CONCLUSIONI

Per l’appellante:

Voglia la Corte Ecc.ma

respinta ogni diversa domanda, eccezione istanza,

Nel merito:

·                  dichiarare che tra il prof. B. e la Torino F.C. Spa, a partire dal 26 luglio 2005, ovvero dal 13 agosto 2005, ovvero dalla data meglio vista dal Giudicante, si è concluso, per effetto del passaggio ex artt. 2112 c.c. et 52 Norme Fgci oppure per effetto del rapporto di fatto instauratosi anche in forza di autonomi e autosufficienti atti di assunzione, un contratto di lavoro subordinato;

·                  dichiarare la nullità, l’inefficacia e l’illegittimità del licenziamento comminato oralmente dalla Torino F.C. spa nei confronti del prof. M. B. in data 28 settembre 2005;

·                  dichiarare mai cessato il rapporto di lavoro tra il prof. B. e la Torino F.C. Spa, ovvero, in subordine, condannare la Torino F.C. Spa a reintegrare il prof. M. B. nel posto di lavoro (con riserva di scegliere l’alternativa di cui all’art. 18 L. 300/70);

·                  dichiarare che l’inquadramento è quello di impiegato di 4° livello, con mansioni di massaggiatore sportivo e massofisioterapista, rieducatore funzionale; che la retribuzione è quantomeno quella di € 4.339,83 lordi, pari a quanto percepito dal ricorrente da parte della Torino calcio spa, condannando la Torino FC spa al pagamento del dovuto, sulla base della retribuzione globale del prof. B., quale determinata mediante l’esame delle buste paga, ovvero determinanda mediante eventuale ctu;

·                  condannare la Torino F.C. Spa a risarcire il danno per l’ingiustificato licenziamento, in misura non inferiore a 5 mensilità di retribuzione globale di fatto, oltre a tutte le retribuzioni maturate e maturande dal licenziamento all’effettivo reintegro (ovvero alla data di scelta dell’indennità sostitutiva della reintegrazione);

In subordine, salvo gravame, ove ritenuta operante la L. 604/66, così come modificata dalla L. 108/90,

·                  dichiarare l’inefficacie, invalidità e illegittimità del licenziamento disposto dalla Torino F.C. Spa nei confronti del prof. M. B.;

·                  condannare la Torino F.C. Spa a riassumere il medesimo prof. M. B. o in alternativa a indennizzare il danno in misura non inferiore a 6 mensilità di retribuzione globale di fatto.

In ogni caso

·                  condannare la Torino F.C. Spa al risarcimento del danno nella stessa misura prevista dall’art. 18 L. 300/70, e comunque al pagamento di tutte le retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento a quello dell’effettivo reintegro, che parimenti si chiede.

·                  Condannare la Torino F.C. al pagamento delle retribuzioni maturate dal 26 luglio 2005 al 28 settembre 2005, in misura pari ad € 8.680 lordi;

·                  Con le spese (oltre Iva, Cpa, spese forfettarie)”.

Per l’appellata:

Voglia la Corte d’Appello di Torino – Sezione Lavoro rigettare l’appello proposto contro la sentenza in epigrafe indicata (Tribunale Torino – Lavoro n. 1694/2007) confermando la sentenza stessa, con ogni conseguenza”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 12.7.2006 B. P. M., premesso di esser stato alle dipendenze di Torino Calcio spa come massaggiatore sportivo e massioterapista dal 1.7.1997 con retribuzione da ultimo di euro 4.339,83, chiese dichiararsi l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con Torino FC spa (già Società Civile Campo Torino) da date variabili (o 26.7.2005 o 13.8.2005 o altra) alternativamente: a) per applicazione dell’art. 2112 c.c. e 52 norme FIGC; b) per esser sorto nell’agosto 2005 un rapporto di fatto con detta società; di conseguenza impugnò il licenziamento orale intimatogli il 28.9.2005 con le conseguenze di reintegrazione e risarcimento danni.

Con sentenza 15.3/13.6.2007, non notificata, il tribunale respinse il ricorso, compensando le spese.

Con ricorso depositato l’11.6.2008 il B. propone appello assumendo le conclusioni sopra riportate.

Resiste l’appellato chiedendo respingersi l’appello.

La causa è stata oralmente discussa e decisa come da dispositivo in calce.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il tribunale ha respinto le domande sotto entrambi i profili: ha negato che tra il B. e Torino F.C. spa sia sorto, di fatto, un rapporto di lavoro ex novoin relazione all’attività lavorativa dal medesimo prestata nel periodo 19.8/28.9.2005; ha altresì negato che tra Torino Calcio spa e Torino F.C. spa si sia realizzato un trasferimento di azienda comportante la prosecuzione dei rapporti di lavoro ex art. 2112 c.c.; scrive al riguardo il tribunale - dopo aver affermato che, come sostenuto concordemente dalle parti, la fattispecie posta in essere è stata quella prevista dall’art. 52 comma 6° e non quella del comma 3° Norme FIGC – che “secondo la chiara lettera della norma, la fattispecie di cui al 6° comma dell’art. 52 esclude il passaggio d’azienda, ed è quanto si è verificato nel caso di specie, al di là di ogni ragionevole dubbio. Le allegazioni di parte ricorrente (v. i doc. prodotti in data 2.1.07 e cioè medaglie, schede e raccoglitore allegati ai quotidiani, pagine pubblicitarie, articoli di giornale ecc.) mirano a dimostrare una sorta di “continuità”, in quanto fanno riferimento alla non interrotta storia della squadra granata, fondata nel 1906 e di cui la spa Torino F.C. mostrerebbe aver raccolto l’eredità. Di eredità si tratta, ma certamente non in termini di stretto diritto: eredità “morale” per così dire, di storia, di tifoseria, di squadra ma evidentemente un conto è la passione sportiva, la tradizione e l’attaccamento ad una squadra, ai simboli (logo, colore ecc.) aspetti su cui fanno leva le pubblicazioni prodotte e un conto sono le obbligazioni civilisticamente rilevanti …”.

L’appellante ripropone entrambe le tesi.

In fatto è pacifico:

1.              che il B. era dipendente dal 1997 del Torino Calcio spa con mansioni di massaggiatore sportivo, massioterapista addetto alla squadra Primavera;

2.              che il Torino Calcio spa (che nell’anno 2004/2005 aveva partecipato al campionato di serie B ed ottenuto la promozione in serie A) a seguito di irregolarità amministrative fu privato dalla FIGC del titolo sportivo, requisito necessario per potersi iscrivere al campionato successivo, a seguito di lodo 26.7.2005 del collegio arbitrale della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (doc. 2 appellante);

3.              che, avvalendosi del c.d. Lodo Petrucci (riportato nel doc. 1 appellata), la Società Campo Civile Torino srl, costituitasi a fine 2004, ottenne il titolo sportivo ex art. 52 comma 6° delle Norme organizzative interne della FIGC per cui potè iscrivere la squadra al campionato 2005/2006 in serie B;

4.              che il 26.8.2005 la Società Campo Civile Torino srl mutò il nome in Torino Football Club srl, poi le quote vennero cedute alla Stella srl e la società si trasformò in spa ed assunse il nome di “Torino Football Club s.p.a.” o, in forma abbreviata, “Torino F.C. s.p.a”, vicende che attengono alla struttura societaria ma non hanno certamente dato luogo ad un episodio di trasferimento di azienda;

5.              che il 28.9.2005 il B., che aveva continuato a seguire gli allenamenti della squadra Primavera, venne allontanato da un incaricato della Torino FC spa dal campo sul quale la squadra stava per giocare una partita di Coppa Italia;

6.              che con lettera 10.10.2005 del liquidatore della Torino Calcio spa il B. venne licenziato dalla stessa con corresponsione dell’indennità di preavviso.

L’art. 52 delle Norme FIGC recita:

1.              Il titolo sportivo è il riconoscimento da parte della F.I.G.C. delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato Campionato.

2.              In nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione.

3.              Il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione ai sensi dell’art. 16, comma 6, può essere attribuito, entro il termine della data di presentazione della domanda di iscrizione al campionato successivo, ad altra società con delibera del Presidente federale, previo parere vincolante della COVISOC ove il titolo sportivo concerna un campionato professionistico, a condizione che la nuova società, con sede nello stesso comune della precedente, dimostri nel termine perentorio di due giorni prima, esclusi i festivi, di detta scadenza: 1) di avere acquisito l’intera azienda sportiva della società in stato di insolvenza; 2)di aver ottenuto l’affiliazione alla F.I.G.C.; 3) di essersi accollata e di aver assolto tutti i debiti sportivi della società cui è stata revocata l’affiliazione ovvero di averne garantito il pagamento mediante rilascio di fideiussione bancaria a prima richiesta; 4) di possedere un adeguato patrimonio e risorse sufficienti a garantire il soddisfacimento degli oneri relativi al campionato di competenza; 5)….

4.              .

5.              .

6.              In caso di non ammissione al campionato di serie A, B o C1 di una società costituente espressione della tradizione sportiva italiana e con un radicamento nel territorio di appartenenza comprovato da una continuativa partecipazione, anche in serie diverse, ai campionati professionistici di Serie A, B, C1 e C2 negli ultimi dieci anni, ovvero, di una partecipazione per almeno venticinque anni nell’ambito del calcio professionistico, la FIGC, sentito il Sindaco della città interessata, può attribuire, a fronte di un contributo straordinario in favore del Fondo di Garanzia per Calciatori ed Allenatori di calcio, il titolo sportivo inferiore di una categoria rispetto a quello di pertinenza della società non ammessa ad altra società, avente sede nella stessa città della società non ammessa, che sia in grado di fornire garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale. Al capitale della nuova società non possono partecipare, neppure per interposta persona, né possono assumervi cariche, soggetti che, nella società non ammessa, abbiano ricoperto cariche sociali ovvero detenuto partecipazioni dirette e/o indirette superiori al 2% del capitale totale o comunque tali da determinarne il controllo gestionale, né soggetti che siano legati da vincoli di parentela o affinità entro il quarto grado con gli stessi…..”.

L’appellante critica la decisione del tribunale osservando che l’art. 52 cit. è norma regolamentare che non può derogare a norma imperativa come è l’art. 2112 c.c. e che l’assegnazione del titolo sportivo comporta il trasferimento di un rilevante bene immateriale di valore economico; contesta la sentenza ove parla di “eredità morale” osservando che “grazie all’acquisizione del titolo sportivo, è stata esercitata proprio la stessa attività, sugli stessi campi, con alcuni dei precedenti giocatori (quasi tutti per quanto attiene la Primavera), utilizzando le stesse maglie (i colori sociali), lo stesso marchio (seppur, cfr. deposizione Ferrato, leggermente modificato, per evitare la ravvisabilità della continuità aziendale: come se bastasse una leggera modifica ad escluderla). La sentenza parla di simboli ma, in verità, i termini giuridici sono marchio e avviamento, che costituiscono elementi squisitamente economici, benché cc.dd. immateriali, imprescindibili ed essenziali in ogni azienda, e di cui la nuova società ha proseguito l’utilizzazione e lo sfruttamento …”.

Risponde l’appellata che la fattispecie dell’art. 52 comma 6° non concreta un trasferimento di azienda poiché è basata proprio sulla discontinuità aziendale, diversamente da quella del comma 3°; che il titolo sportivo in nessun caso può essere oggetto di valutazione economica o di cessione; che difetta in radice il fenomeno della cessione di azienda, come rilevato dal tribunale.

E’ palese che la fattispecie regolata dal comma 3° (che prevede l’attribuzione del titolo nella stessa categoria spettante alla società che lo ha perduto), richiedendo da parte della nuova società l’acquisizione dell’intera azienda sportiva ed il pagamento dei debiti, presuppone una cessione di azienda nel senso tradizionale mentre l’ipotesi del comma 6° (che prevede l’attribuzione del titolo nella categoria inferiore) prescinde dall’acquisizione dell’intera azienda e dal pagamento dei debiti. E’ pure evidente che nel caso in esame si è realizzata l’ipotesi regolata dal comma 6° dell’art. 52: la Torino F.C. non ha acquisito l’intera azienda, non ne ha pagato i debiti ed ha ottenuto il titolo sportivo inferiore, con conseguente iscrizione al campionato in serie B.

Basta ciò per affermare l’inapplicabilità dell’art. 2112 c.c. come ritenuto dal tribunale? Il problema è assai delicato e nuovo per la giurisprudenza.

Ad avviso di questa corte non ha rilevanza, come indice di discontinuità, il divieto di partecipazione alla nuova società di soggetti che abbiano ricoperto cariche sociali od abbiano avuto partecipazioni di rilievo nella vecchia società: ciò attiene alla discontinuità degli assetti proprietari ma non incide sulla continuità aziendale e sportiva.

Ritiene la corte necessaria una più approfondita indagine poiché, da un lato, il concetto di trasferimento di azienda ai fini dell’art. 2112 c.c. è certamente diverso da quello tradizionale applicabile ad altri fini e, dall’altro, si tratta di un’azienda organizzata per l’esercizio di un’attività sportiva, soggetta quindi alla normativa del settore dello sport calcistico professionistico, attività peraltro dai rilevanti risvolti economici, tanto da esserne previsto l’esercizio sotto la forma della società per azioni.

L’art. 2112 c.c. prevede a tutela dei lavoratori per il caso di cessione di azienda, un regime inderogabile diverso da quello previsto in generale per tutti i contratti dell’azienda ceduta dall’art. 2558 c.c., norma invece dispositiva; in particolare garantisce ai lavoratori la prosecuzione del rapporto di lavoro e la conservazione dei diritti che ne derivano.

La norma ha subìto nel tempo numerose modifiche rispetto alla formulazione originaria del 1942 (basti pensare che per questa era sufficiente la tempestiva disdetta da parte del cedente per evitare la prosecuzione del rapporto) nel costante intento di migliorare la tutela dei lavoratori; in particolare si è progressivamente ampliato il concetto di trasferimento di azienda, differenziandolo a questi fini da quello tradizionale di alienazione e facendogli assumere una connotazione specifica e propria.

Il punto di arrivo di questo sviluppo, influenzato dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria e dalle direttive comunitarie, a loro volta modificatesi col tempo sino all’ultima 2001/23/CE, è la nuova formulazione dell’art. 2112 come sostituito dall’art. 1 d.lgs. 18/01 con decorrenza dal 1.7.2001.

Il comma 5° recita: “Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato, ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda….”.

Di fronte a questa norma non è sufficiente per negare il trasferimento di azienda porre in rilievo che la fattispecie realizzata è quella del comma 6° e non quella del comma 3° dell’art. 52 norme FIGC ma occorre chiedersi se l’assegnazione da parte della FIGC del titolo sportivo perso dal Torino Calcio spa alla Società Campo Civile Torino srl (poi trasformatasi in Torino F.C. spa) configuri un trasferimento d’azienda nel senso descritto dall’art. 2112 comma 5° c.c..

L’evidente particolarità del caso in esame è data dal fatto che non vi è trasferimento di beni materiali da una società all’altra ma unicamente perdita da parte della vecchia società del titolo sportivo ed acquisizione del medesimo da parte della nuova per effetto di una decisione dell’autorità sportiva FIGC.

La circostanza che non vi sia stato un rapporto contrattuale diretto avente ad oggetto il trasferimento del titolo da Torino Calcio spa a Torino FC spa è irrilevante: la giurisprudenza aveva già affermato che la mancanza di tale rapporto contrattuale non osta a configurare un trasferimento di azienda (v. Cass. 21023/07; Id. 5934/04) e la dizione dell’art. 2112 comma 5° (“qualsiasi operazione … a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato”) è di tale ampiezza da ricomprendere il caso in esame.

Né è dubbio che la gestione di una squadra di calcio dia luogo ad un’attività economica organizzata al fine dello scambio di servizi.

Né, infine è dubbio che vi sia stato mutamento della titolarità dell’attività economica poiché Torino Calcio spa era soggetto preesistente e Torino FC spa è soggetto giuridico diverso (ed anche con assetto proprietario totalmente diverso).

Il punto delicato è, come già sopra anticipato, se sia sufficiente il passaggio del titolo sportivo ad integrare il trasferimento di azienda.

Indubbiamente la giurisprudenza ha progressivamente ampliato il concetto, giungendo ad affermare che “può configurarsi un trasferimento aziendale che abbia ad oggetto anche solo un gruppo di dipendenti stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, la cui capacità operativa sia assicurata dal fatto di essere dotati di un particolare know how (o comunque dall’utilizzo di copyright, brevetti, marchi, ecc) …” (Cass. 206/04; Id. 19842/03).

Tuttavia ritiene questa corte che la nuova formulazione della norma imponga di spingersi più avanti; essa, infatti, individua il trasferimento di azienda non già nel passaggio di beni materiali o immateriali organizzati quanto nel fatto che, attraverso non importa quale operazione, vi sia stato il mutamento di titolarità dell’attività economica organizzata preesistente e che questa conservi nel trasferimento la propria identità.

La conservazione dell’identità pur in assenza di passaggio di beni materiali organizzati, è il punto decisivo e qui viene in rilievo la particolarità dell’attività economica sportiva. Certamente il passaggio di beni materiali ed immateriali organizzati facilita l’accertamento della conservazione dell’identità e, probabilmente, è sufficiente quando si tratti di normali imprese industriali o commerciali (peraltro la giurisprudenza, in tema di cessione del marchio e tutela del consumatore prima della novella del 1992, riteneva “sufficiente ad integrare la cessione del ramo di azienda la circostanza del trasferimento dei procedimenti e delle notizie indispensabili alla ripetizione, da parte del cessionario del marchio del prodotto marcato, con i suoi pregi essenziali così da non produrre confusione nel pubblico” (così in motivazione Cass. 1424/00).

Per decidere sul punto occorre muovere dal quadro di fatto in cui si inserisce l’assegnazione del titolo sportivo alla nuova società a norma dell’art. 52 comma 6°.

Presupposto per il ricorso a detta norma è che la società che ha perso il titolo sportivo sia una “società costituente espressione della tradizione sportiva italiana e con un radicamento nel territorio di appartenenza”, radicamento individuato in certi requisiti; in tal caso la FIGC, sentito il sindaco della città, può attribuire, entro termini assai stretti che consentano l’iscrizione al campionato successivo, il titolo “ad altra società, avente sede nella stessa città della società non ammessa, che sia in grado di fornire garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale”. La nuova società deve, quindi, aver sede nella città (per confermare il radicamento sul territorio), garantire la sua solidità finanziaria (per non ritrovarsi in breve nella situazione che ha fatto perdere il titolo sportivo alla società precedente) e la “continuità aziendale”. Cosa significa la garanzia della continuità aziendale? Non può essere, come afferma l’appellata, la garanzia della propria continuità (chè, allora, il requisito sarebbe un doppione inutile della solidità finanziaria), bensì proprio la garanzia della continuità con la precedente azienda, in modo che possa continuare la tradizione sportiva (il che, in altre parole, significa che i tifosi della vecchia squadra possano continuare ad identificarsi con la nuova).

L’intento sportivo perseguito dalla FIGC è all’evidenza, si pensi anche ai ristretti tempi della procedura, quello di non lasciare “orfani” gli sportivi e di non disperdere i tifosi della squadra gestita dalla società che ha perso il titolo.

Se questo è vero, ne discende che l’assegnazione del titolo sportivo non è solo un asettico “riconoscimento da parte della F.I.G.C. delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato Campionato” ma è soprattutto un trasferimento del patrimonio immateriale della precedente società. E questo patrimonio non ha solo un valore di eredità morale bensì un rilevante valore economico costituito dalla possibilità di sfruttare economicamente la continuità (si pensi alle sponsorizzazioni, ai diritti per le riprese televisive ecc.); non per nulla la nuova squadra ha conservato il nome ed i colori della vecchia e, last but not least, la tifoseria granata ha trasferito la propria passione sportiva, come è dato notorio, alla nuova squadra, pur composta in gran parte da calciatori diversi (sul passaggio dei calciatori – che non è oggetto della presente causa – opera la normativa che consente loro di liberarsi dal vincolo contrattuale con la squadra in casi come il presente).

Allora, pur in assenza di trasferimento di beni materiali organizzati, si realizza il requisito della conservazione dell’identità.

Ritiene pertanto la corte che vi siano tutti i requisiti richiesti dall’art. 2112 comma 5° per configurare il trasferimento di azienda: vi è un’operazione a prescindere dalla tipologia negoziale (assegnazione da parte della F.I.G.C. del titolo sportivo al Torino F.C. spa) che comporta il mutamento della titolarità (da Torino spa a Torino F.C. spa) di un’attività economica organizzata al fine dello scambio di servizi (la gestione di una squadra professionista di calcio rientra senz’ombra di dubbio in tali parametri), attività preesistente (la Torino spa esisteva da anni) e che conserva nel trasferimento la propria identità (per effetto della richiesta garanzia di continuità aziendale).

Da ciò consegue che il rapporto di lavoro del B. è proseguito automaticamente col nuovo datore di lavoro, con conservazione dei diritti relativi (art. 2112 comma 1° c.c.).

L’accoglimento di questo motivo esonera dall’esame dell’altro, relativo alla costituzione di fatto del rapporto di lavoro.

Deve perciò affermarsi l’esistenza di rapporto di lavoro subordinato con l’appellata dal 26.7.2005, data indicata dall’appellante.

Ne consegue che l’allontanamento dal campo di allenamento avvenuto verbalmente il 28.9.2005 integra l’ipotesi di licenziamento, inefficace perché verbale in violazione dell’art. 2 l. 604/66.

L’appellata deve pertanto essere condannata a corrispondere la retribuzione dal 26.7.2005 sino alla data di ripristino del rapporto, con rivalutazione monetaria ed interessi.

Le spese di entrambi i gradi sono a carico dell’appellata, soccombente.

P . Q . M .

Visto l’art. 437 c.p.c.,

in accoglimento dell’appello,

dichiara che il rapporto di lavoro tra B. P. M. e spa Torino Calcio è proseguito dal 26.7.2005 con Torino FC spa (già Società Civile Campo Torino srl) a sensi dell’art. 2112 c.c.;

dichiara l’inefficacia del licenziamento intimato il 28.9.2005;

condanna Torino FC spa a pagare a B. P. M. le retribuzioni dal 26.7.2005 sino all’effettivo ripristino del rapporto;

condanna l’appellata a rimborsare all’appellante le spese di entrambi i gradi liquidate  [omissis].

Così deciso all’udienza del 28.10.2008

IL PRESIDENTE Estensore

Dott. Carlo PEYRON

consegnata in Cancelleria per la pubblicazione il 4.11.2008


Testo Integrale