Diritto e Procedura Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 561 - pubb. 01/01/2007
Diritto industriale e illegittimità del rito societario
Corte Costituzionale, 17 Maggio 2007, n. 170. Pres. Bile. Est. Tesauro.
Procedimenti in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale – Applicazione delle norme del nuovo processo societario – Illegittimità costituzionale – Sussistenza
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 134, comma 1, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), nella parte in cui stabilisce che nei procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, la cui cognizione è delle sezioni specializzate, quivi comprese quelle che presentano ragioni di connessione anche impropria, si applicano le norme dei capi I e IV del titolo II e quelle del titolo III del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366); dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 134, comma 1, del decreto legislativo n. 30 del 2005, nella parte in cui stabilisce che nei procedimenti giudiziari in materia di illeciti afferenti all'esercizio di diritti di proprietà industriale ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e degli articoli 81 e 82 del Trattato UE, la cui cognizione è del giudice ordinario, ed in generale in materie di competenza delle sezioni specializzate, quivi comprese quelle che presentano ragioni di connessione anche impropria, si applicano le norme dei capi I e IV del titolo II e quelle del titolo III del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.
SENTENZA N. 170
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-
Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK
Giudice
- Francesco AMIRANTE "
-
Ugo DE
SIERVO "
-
Romano VACCARELLA "
-
Paolo MADDALENA "
-
Alfio FINOCCHIARO "
-
Alfonso QUARANTA
"
-
Franco GALLO "
-
Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
-
Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art.134, comma 1, del decreto
legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a
norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), nonché degli
artt. 15 e 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire
l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza), promosso con ordinanza
del 12 aprile 2006 dal Tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra
Sterilfarma s.r.l. e Belmont s.r.l., iscritta al n. 536 del registro ordinanze
2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima
serie speciale, dell'anno 2006.
Udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2007 il Giudice relatore
Giuseppe Tesauro.
Ritenuto in fatto
1. – Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di
proprietà industriale ed intellettuale, con ordinanza del 12 aprile 2006, ha
sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell'art. 134, comma 1, del decreto legislativo 10
febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo
15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), nonché degli artt. 15 e 16 della
legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire l'iniziativa privata e lo
sviluppo della concorrenza).
2. – Il rimettente premette che la controversia sottoposta al suo
giudizio concerne una domanda di accertamento della contraffazione di un
marchio registrato e di atti di concorrenza sleale interferenti con la tutela
della proprietà industriale, riservata alla cognizione della sezione
specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi
dell'art. 3 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168 (Istituzione di
Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso
tribunali e corti d'appello, a norma dell'articolo 16 della legge 12 dicembre
2002, n. 273). Inoltre, espone che, in virtù dell'art. 134, comma 1, del
d. lgs. n. 30 del 2005, «nei procedimenti giudiziari in materia di proprietà
industriale e di concorrenza sleale […] ed in generale in materie di competenza
delle sezioni specializzate […] si applicano le norme dei capi I e IV del
titolo II e quelle del titolo III» del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n.
5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di
intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in
attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366) e, quindi, il
giudizio principale, tenuto conto della data di entrata in vigore del codice
della proprietà industriale ex art. 245, comma 1, del d. lgs. n. 30 del
2005, è disciplinato dalle norme che regolano il cosiddetto rito societario.
2.1. – L'art. 16 della legge n. 273 del 2002 ha delegato il Governo ad
adottare uno o più decreti legislativi diretti ad assicurare una più rapida ed
efficace definizione dei procedimenti giudiziari nelle materie ivi indicate,
anche mediante l'istituzione delle sezioni specializzate in materia di
proprietà industriale ed intellettuale. Secondo il giudice a quo,
la delega, esercitata con l'emanazione del d. lgs. n. 168 del 2003, è anche
scaduta ed ha realizzato, dunque esaurito, i suoi effetti. Inoltre, poiché
detto decreto legislativo non conteneva norme di carattere processuale, fatta
eccezione per quelle in tema di collegialità dell'organo decidente e di
attribuzioni del presidente della sezione, alle controversie devolute alle
sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale (infra,
sezioni specializzate) sarebbero state applicabili le norme del codice di
procedura civile che disciplinano il rito ordinario. Sotto un primo
profilo, il rimettente deduce che il d. lgs. n. 30 del 2005 è stato emanato in
virtù della delega prevista dall'art. 15 della legge n. 273 del 2002, il quale
non costituirebbe adeguata base giuridica dell'art. 134, comma 1, del decreto
delegato. L'art. 15 ha, invero, ad oggetto «il riassetto delle disposizioni
vigenti in materia di proprietà industriale», allo scopo di realizzare una
«ripartizione della materia per settori omogenei e[d il] coordinamento, formale
e sostanziale, delle disposizioni vigenti per garantire coerenza giuridica,
logica e sistematica» (comma 1, lettera a), anche al fine dello
«adeguamento della normativa alla disciplina internazionale e comunitaria»
(comma 1, lettera b). Inoltre, benché alcune delle disposizioni
interessate dal «riassetto» avessero carattere procedurale, la delega non
concerneva la disciplina delle sezioni specializzate e del rito applicabile
alle controversie a queste attribuite, poiché detti profili costituivano
oggetto della distinta delega prevista dall'art. 16 della legge n. 273 del
2002. Ad avviso del rimettente, sebbene la relazione ministeriale al d. lgs. n.
30 del 2005 esponga che il denunciato art. 134, comma 1, «attua ed integra le
prescrizioni della L. 273/02, nella parte in cui delega il Governo per
l'istituzione di sezioni specializzate», è assai dubbio che la più ampia delega
dell'art. 15 di detto decreto legislativo ricomprenda quella dell'art. 16,
dovendo altresì escludersi che, anche implicitamente, sia stato prorogato il
termine di quest'ultima delega, avendo, peraltro, detta relazione dato atto che
il d. lgs. n. 30 del 2005 ha innovato la disciplina introdotta dal d. lgs. n.
168 del 2003. Sotto un secondo profilo, l'ordinanza di rimessione deduce
che il censurato art. 134, comma 1, del d. lgs. n. 30 del 2005, innovando in
materia di rito applicabile innanzi alle sezioni specializzate (nonché in
materia di competenza), e stabilendo che le relative controversie (anche quelle
in tema di diritto d'autore) sono disciplinate dal rito societario, si porrebbe
in contrasto con l'art. 76 Cost., in quanto costituisce esercizio della delega,
ormai attuata e scaduta, prevista dall'art. 16 della legge n. 273 del 2002, che
aveva ad oggetto l'istituzione di dette sezioni e concerneva i profili sia
organizzativi, sia processuali.
2.2. – In linea subordinata, il giudice a quo sostiene che,
qualora l'art. 16 della legge n. 273 del 2002 fosse interpretato nel senso che
autorizzava il legislatore delegato a disciplinare il rito applicabile alle
controversie di competenza delle sezioni specializzate, detta norma – ma
anche l'art. 15 della stessa legge – si porrebbe in contrasto con l'art.
76 Cost., per mancanza di princípi e criteri direttivi, in quanto stabilisce
soltanto che i decreti legislativi avrebbero dovuto «assicurare una più rapida
ed efficace definizione dei procedimenti giudiziari». Dunque, l'estensione alle
controversie attribuite alla cognizione delle sezioni specializzate del rito
disciplinato dal d. lgs. n. 5 del 2003, che non è solo semplificato rispetto a
quello ordinario, ma è alternativo rispetto a quest'ultimo e caratterizzato da
principi e presupposti del tutto diversi, non rinverrebbe adeguato fondamento
nell'art. 16 della legge n. 273 del 2002. Infine, conclude il rimettente,
sulle questioni non inciderebbe il sopravvenuto art. 70-ter delle
disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, inserito
dall'art. 2, comma 3-ter, lettera a), del decreto legge 14 marzo
2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo
sviluppo economico, sociale e territoriale), aggiunto dalla relativa legge di
conversione 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni,
d.l. 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano
di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo
per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di
cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle
procedure concorsuali), poiché questa disposizione ha reso applicabile il rito
societario a tutte le controversie, indipendentemente dal loro oggetto, ma
esclusivamente nel caso in cui le parti, concordemente, abbiano operato una
tale scelta.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di
proprietà industriale ed intellettuale, con ordinanza del 12 aprile 2006, ha
sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell'art. 134, comma 1, del decreto legislativo 10
febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo
15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), nonché degli artt. 15 e 16 della
legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire l'iniziativa privata e lo
sviluppo della concorrenza).
2. – Secondo il rimettente, l'art. 134, comma 1, del d. lgs. n. 30 del
2005, nella parte in cui stabilisce che alle controversie attribuite alla
cognizione delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed
intellettuale è applicabile il cosiddetto rito societario, disciplinato dal
decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in
materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in
materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3
ottobre 2001, n. 366), si porrebbe in contrasto con l'art. 76 Cost. La
delega prevista dall'art. 15 della legge n. 273 del 2002 non concerneva,
infatti, le sezioni specializzate, sotto il profilo organizzativo e della
disciplina processuale, dato che queste costituivano oggetto della diversa,
distinta, delega contenuta nell'art. 16 di detta legge. Inoltre, neanche la
delega prevista da quest'ultima norma costituirebbe adeguata base giuridica del
citato art. 134, comma 1, in quanto alla data di emanazione del decreto
legislativo n. 30 del 2005 era ormai scaduta e neppure era compresa nella
delega dell'art. 15, quindi non può ritenersi prorogata, neppure
implicitamente. In linea subordinata, il Tribunale di Napoli, per il caso
in cui si ritenga il citato art. 134, comma 1, riconducibile alla delega di cui
agli artt. 15 e 16 della legge n. 273 del 2002, censura dette norme in
riferimento all'art. 76 Cost. La genericità di entrambe le deleghe e la
mancanza di specifici principi e criteri direttivi non avrebbero, infatti,
permesso di stabilire l'applicabilità del rito societario alle controversie
attribuite alle sezioni specializzate, dal momento che tale rito non è
meramente semplificato rispetto a quello ordinario, ma è alternativo rispetto a
quest'ultimo e caratterizzato da principi del tutto diversi.
3. – Prima di esaminare nel merito le censure, va osservato che il
Tribunale di Napoli ha denunciato sia l'art. 134, comma 1, del d. lgs. n. 30
del 2005, sia le norme della legge delega che ne costituirebbero la base
giuridica (artt. 15 e 16 della legge n. 273 del 2002), ponendo i quesiti di
costituzionalità in rapporto di subordinazione logica; pertanto, le questioni
devono ritenersi ammissibili (ordinanze n. 14 del 2003 e n. 273 del
2002). Il rimettente ha, inoltre, non implausibilmente motivato in ordine
all'applicabilità al giudizio principale del citato art. 134, comma 1, anche
se, in considerazione dell'oggetto della controversia, come identificato dalla
stessa ordinanza, la questione deve ritenersi rilevante esclusivamente in
riferimento alla parte della disposizione concernente i procedimenti giudiziari
in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale.
4. – La questione avente ad oggetto l'art. 134, comma 1, del d. lgs. n.
30 del 2005, preliminare rispetto alle altre sotto il profilo logico-giuridico,
è fondata. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il
sindacato di costituzionalità sulla delega legislativa si esplica attraverso un
confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l'uno, relativo
alle norme che determinano l'oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati
dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si
collocano e si individuano le ragioni e le finalità poste a fondamento della
legge di delegazione; l'altro, relativo alle norme poste dal legislatore
delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi ed i
criteri direttivi della delega (ex plurimis, sentenze n. 54 del 2007; n.
280 del 2004; n. 199 del 2003). Inoltre, qualora, come nella specie, la
delega abbia ad oggetto il riassetto di norme preesistenti, questa finalità
giustifica l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al
sistema legislativo previgente soltanto se siano stabiliti principi e criteri
direttivi volti a definire in tal senso l'oggetto della delega ed a
circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato (sentenze n. 239 del
2003 e n. 354 del 1998). La norma censurata, come dedotto dal rimettente,
sia pure con qualche incertezza, rinviene la sua base giuridica esclusivamente
nell'art. 15 del d. lgs. n. 30 del 2005. Decisiva è in tal senso la
circostanza che nella stessa premessa del decreto legislativo n. 30 del 2005,
dopo il generico riferimento alla legge delega n. 273 del 2002, è richiamato
espressamente soltanto l'art. 15, non anche l'art. 16 della stessa legge.
D'altra parte, il termine per l'esercizio della delega prevista dal citato art.
16 era comunque scaduto alla data di emanazione del decreto legislativo n. 30
del 2005. In particolare, detto termine era scaduto già alla data in cui è
stato prorogato, per la prima volta, quello della delega conferita con l'art.
15, ad opera dell'art. 2 della legge 27 luglio 2004, n. 186, il quale aveva
avuto ad oggetto soltanto il termine fissato dall'art. 15. La delega
prevista dal citato art. 15 concerne «il riassetto delle disposizioni vigenti
in materia di proprietà industriale» e la sua formulazione, anche in considerazione
dei principi e dei criteri direttivi enunciati, è riferibile esclusivamente
alle norme di diritto sostanziale, a quelle di diritto processuale previste
dalle leggi speciali oggetto del riassetto, alla disciplina dei procedimenti
amministrativi richiamati in detti principi e criteri, alla modalità di
realizzazione della semplificazione e del riassetto normativo (in virtù del
rinvio all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nel testo sostituito
dall'art. 1, comma 1, della legge 29 luglio 2003, n. 229, e del comma 2 di
quest'ultima norma). In tal senso, è significativo che la relazione al
disegno di legge poi divenuto legge n. 273 del 2002, in riferimento alla delega
prevista dall'art. 15, precisa che sua finalità era il «riordino normativo
della disciplina sulla proprietà industriale», che «passa, dunque, attraverso
la razionalizzazione e la semplificazione delle disposizioni di diritto
sostanziale». Con detta delega, pertanto, è stato conferito al legislatore il
potere di comporre in un testo normativo unitario le molteplici disposizioni
vigenti nella materia, modificandole nella misura strettamente necessaria,
adeguandole alla disciplina internazionale e comunitaria, organizzandole in un
quadro nuovo, ponendo in rilievo i nessi sistematici esistenti tra i molteplici
diritti di proprietà industriale. Nessuno dei principi e criteri direttivi
permette di ritenere che, sia pure implicitamente, il legislatore delegato sia
stato autorizzato a stabilire la disciplina processuale delle controversie attribuite
alla cognizione delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale
ed intellettuale, mediante la previsione dell'applicabilità di un rito diverso
da quello ordinario, caratterizzato da elementi peculiari rispetto a
quest'ultimo, realizzando in tal modo una sostanziale innovazione del regime
vigente. Peraltro, alla data di promulgazione della legge delega (12 dicembre
2002), la disciplina del processo societario non era stata ancora emanata (in
quanto stabilita dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5), sicché, avendo riguardo
alla data della delega, non erano enunciabili neppure principi e criteri
direttivi stabiliti per relationem, mediante rinvio, sia pure implicito,
ad una disciplina già presente nell'ordinamento. Il contesto normativo
nel quale è inserita la delega in esame conforta questa
interpretazione. Nella stessa legge n. 273 del 2002, subito dopo l'art.
15, e cioè nell'art. 16, è stata infatti prevista una distinta ed ulteriore
delega, avente ad oggetto l'emanazione di decreti legislativi diretti proprio
«ad assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti
giudiziari», esercitata mediante l'emanazione del d. lgs. n. 168 del 2003, che
ha istituito le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed
intellettuale, intervenendo anche sulla disciplina del processo (sia pure
limitatamente alla previsione della riserva di collegialità e delle attribuzioni
del presidente della sezione: artt. 2, comma 1, e 5). La disciplina in
una stessa legge di queste due distinte deleghe, una delle quali (quella
dell'art. 16) concerneva dette sezioni specializzate, in relazione ai profili
inerenti sia all'organizzazione che alla disciplina del processo, è
univocamente espressiva dell'intento del legislatore delegante di escludere
tali profili dalla delega oggetto dell'art. 15. Le ragioni di opportunità
e la finalità di «maggiore efficienza», richiamate nella relazione ministeriale
al d. lgs. n. 30 del 2005 a conforto dell'intervento sulla disciplina del
processo, non giustificano, inoltre, una soluzione adottata in difetto di ogni
previsione in tal senso nel citato art. 15 e che, conseguentemente, neppure rientra
nella sfera di discrezionalità spettante al legislatore delegato. Deve
essere, pertanto, dichiarata, per violazione dell'art. 76 Cost.,
l'illegittimità costituzionale, dell'art. 134, comma 1, del d. lgs. n. 30 del
2005, nella parte in cui stabilisce che nei procedimenti giudiziari in materia
di proprietà industriale e di concorrenza sleale, la cui cognizione è delle
sezioni specializzate, ivi comprese quelle che presentano ragioni di
connessione anche impropria, si applicano le norme dei capi I e IV del titolo
II e quelle del titolo III del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5,
restando assorbite le ulteriori questioni. Le considerazioni svolte
valgono anche al fine di affermare che il legislatore delegato era privo del
potere di stabilire che in materia di illeciti afferenti all'esercizio di
diritti di proprietà industriale ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287,
e degli articoli 81 e 82 del Trattato CE, la cui cognizione è del giudice
ordinario, ed in generale in materie di competenza delle sezioni specializzate,
ivi comprese quelle che presentano ragioni di connessione anche impropria, si
applicano le norme dei capi I e IV del titolo II e quelle del titolo III del
decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5. Pertanto, ai sensi dell'art. 27
della legge 11 marzo 1953, n. 87, va dichiarata l'illegittimità costituzionale
del citato art. 134, comma 1, anche in questa parte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 134, comma 1, del decreto
legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a
norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), nella parte in
cui stabilisce che nei procedimenti giudiziari in materia di proprietà
industriale e di concorrenza sleale, la cui cognizione è delle sezioni
specializzate, quivi comprese quelle che presentano ragioni di connessione
anche impropria, si applicano le norme dei capi I e IV del titolo II e quelle
del titolo III del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei
procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria,
nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della
legge 3 ottobre 2001, n. 366);
dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
l'illegittimità costituzionale dell'art. 134, comma 1, del decreto legislativo
n. 30 del 2005, nella parte in cui stabilisce che nei procedimenti giudiziari
in materia di illeciti afferenti all'esercizio di diritti di proprietà
industriale ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e degli articoli 81 e
82 del Trattato UE, la cui cognizione è del giudice ordinario, ed in generale
in materie di competenza delle sezioni specializzate, quivi comprese quelle che
presentano ragioni di connessione anche impropria, si applicano le norme dei
capi I e IV del titolo II e quelle del titolo III del decreto legislativo 17
gennaio 2003, n. 5.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 18 aprile 2007.
F.to: Franco BILE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2007.
Il Cancelliere
F.to: FRUSCELLA



