Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 281 - pubb. 01/07/2007

Dovere dell'investitore di informarsi sulla natura dell'operazione

Tribunale Parma, 03 Marzo 2006, n. 0. ..


Giudizio promosso dall’investitore contro l’intermediario – Ammissibilità della testimonianza del dipendente dell’intermediario – Condizioni


Intermediazione finanziaria – Dovere di diligenza e di informazione dell’investitore – Consapevolezza del natura dell’operazione – Sussistenza



Nel giudizio promosso dall’investitore contro l’intermediario è ammissibile la testimonianza del dipendente di quest’ultimo qualora l’attore, nel proporre la domanda basata sulla violazione delle norme del T.U.I.F., non faccia alcun riferimento alla responsabilità prevista dall’art. 2049 cod. civ. Il cliente investitore non deve partecipare in modo acritico alle trattative, adeguandosi supinamente alle proposte dell’intermediario. L’investitore, prima di effettuare un investimento in strumenti finanziari, deve infatti informarsi presso il proprio intermediario sulla natura ed i rischi delle operazioni che si accinge a compiere ed ha il dovere di concludere una operazione solo dopo aver ben compreso la sua natura ed il grado di esposizione al rischio che essa comporta.



SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto di citazione ex art. 2 D. lgs. 17.1.2003 n. 5, notificato il 30 agosto 2004, G. V. acquirente presso la Filiale di Parma della Banca di obbligazioni Cirio 6,25% per complessivi € 63.000,00, evocò in giudizio il C. B. S.p.a. (invitandolo a costituirsi in giudizio nelle forme e nei termini di cui all'art. 5 D.Lgs. 17.1.2003 n. 5 ed a comparire all'udienza che sarebbe stata fissata dal giudice designato ai sensi dell'art. 12 D. Lgs. n. 5/2003) per sentire, in via principale dichiarare la nullità, per violazione degli artt. 21 D.Lgs. n. 58/98 e 26, 27, 28 e 29 Reg. Consob 11522/98, dell'incarico ad acquistare obbligazioni Cirio per complessivi € 63.000,00 conferito alla convenuta ed eseguito in data 5.4.2001; in subordine, la pronuncia di annullamento di detto incarico ai sensi degli artt. 1394 e 1395 c.c. stante il conflitto d'interesse, con la condanna della Banca alla restituzione di quanto versato per l'acquisto delle obbligazioni Cirio, cioè € 63.000,00, oltre agli interessi legali dal dovuto al saldo; in ulteriore subordine: la condanna del C. B. S.p.a. al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi ascrivibili alla condotta della Banca convenuta.

Sostenne l'attore di essersi rivolto alla Filiale di Parma del C. di cui era ed è cliente, "per ricevere utili consigli su investimenti sicuri e che i dipendenti dell'Istituto l'avevano "indotto a comprare" in data 5.4.2001 obbligazioni Cirio;

-  che "nel 2000 il gruppo Cirio aveva registrato il peggiore esercizio dal 1997, con una perdita di 78,6 milioni di Euro, e nel 1999 era esposto nei confronti di diversi istituti di credito, per 873 milioni di Euro (...) somma, questa, ridottasi a soli 125,5 milioni di Euro grazie al "prezioso" ed "instancabile" lavoro di collocamento di obbligazioni emesse da società del gruppo aventi sede in Lussemburgo effettuato da banche creditrici;

- che, intervenuti il default ed il cross default di tutte le obbligazioni emesse, inutilmente aveva chiesto al C. B. il rimborso del controvalore delle obbligazioni acquistate.

Con comparsa di risposta ex art. 4 D.Lgs. n. 5/2003, notificata a mezzo ufficiale giudiziario il 12 novembre 2004, il C. B. S.p.a., si costituì, concludendo per il rigetto delle domande.

In particolare, parte convenuta, denunciate le infondate illazioni ed anche gli errati richiami normativi contenuti in citazione, espose, preliminarmente, riproducendo ampi stralci di uno studio della Banca d'Italia (Lo sviluppo del mercato obbligazionario per le imprese italiane, a cura del Servizio Studi e dei Servizi di Vigilanza della Banca d'Italia, in Bollettino Economico n. 41-Novembre 2003), i tratti caratteristici delle procedure - governate da prassi largamente diffuse e consolidate a livello internazionale - di emissione di prestiti obbligazionari sul c.d. euromercato e le principali norme che disciplinano, in Italia, le attività di sollecitazione all'investimento, di collocamento e di negoziazione di strumenti finanziari; nel contestare integralmente l'esposizione in fatto ed in diritto dell'attore, sottolineò la sua completa estraneità ai consorzi e sindacati che avevano organizzato l'emissione ed il collocamento delle obbligazioni Cirio e l'assenza di qualsiasi rapporto contrattuale con le società di detto gruppo (fatta eccezione per un rapporto di conto corrente, non assistito da alcun affidamento, intercorso con Cirio S.p.a.), ricostruendo lo svolgimento del rapporto avuto con l'attore precisando, al riguardo, di non aver mai sollecitato e consigliato alcun tipo di investimento e di aver unicamente espletato, anche in occasione dell'acquisto delle obbligazioni Cirio, un servizio di pura e semplice negoziazione nel pieno rispetto della normativa dettata dal D.Lgs. n. 58/98 (TUF) e dal Regolamento Consob 11522/98.

Nel dettaglio, confutò le violazioni contestate dall'attore, come enunciate e non sostenute da concreti elementi di prova; sottolineò la non pertinenza, tra le altre norme, delle disposizioni, parzialmente riprodotte in citazione, previste dall'art. 44 del Regolamento Consob 11522/98.

In data 17 novembre 2004 parte convenuta, dopo essersi ritualmente costituita in giudizio, notificò all'attore istanza di fissazione di udienza ex art. 8, 2° c. lettera c) d. Lgs. n. 5/2003.Seguivano la notifica ed il deposito della nota ex art. 10 D.Lgs. n. 5/2003 con la quale la difesa V. nel riprodurre le conclusioni assunte nel merito ed in via istruttoria, produceva due documenti (tra i quali un articolo di dottrina) e si opponeva all'ammissione della prova testimoniale dedotta dalla Banca "essendo itesti dipendenti dalla società convenuta ed essendo, di conseguenza, i medesimi interessati all'esito del giudizio".

Con decreto ex art. 12 D.Lgs. n. 5/2003 - in data 19.1.2005 - il Giudice Relatore fissava l'udienza del 2.3.2005 per la discussione della causa avanti al Collegio, proponendo l'ammissione delle "prove per interrogatorio formale e testi hinc et inde dedotte", disponeva consulenza tecnica con riserva dl nomina dei CTU e formulazione dei quesiti.

L'attore depositava la comparsa conclusionale in data 21.2.2005 e parte convenuta la memoria conclusionale datata 18.2.2005 ove, rifiutato ogni nuovo argomento ed ogni immutazione della causa petendi riconducibile all'opinione dottrinale allegata dall'attore, ribadiva, tra l'altro, la perfettacapacità a testimoniare dei testi indicati alla luce dell'opinione espressa da autorevole dottrina e di noto e consolidato indirizzo sia della Suprema Corte, sia della giurisprudenza di merito, l'inammissibilità dell'interrogatorio formale del presidente dei Consiglio di Amministrazione e, infine, l'inammissibilità della CTU.

Con ordinanza emessa in esito alla discussione, il Collegio, dopo aver ordinato alla Banca la produzione dei prospetti, delle offering circulars e dei documenti informativi, previsti ex lege, inerenti alle obbligazioni vendute al V., confermava il decreto del Giudice Relatore ammissivo delle prove orali rilevando, circa l'interrogatorio formale richiesto dall'attore, che "nelle aziende di grandi dimensioni esiste sempre un preposto al settore dal quale dovrebbe dipendere una data parte della "attività dell'azienda ragion per cui all'interrogatorio ben avrebbe potuto presentarsi "anche il preposta".

All'udienza del 30.6.2005 venivano assunte le prove orali avanti al relatore appositamente delegato; il difensore del C. B. produceva copia dell'offering circular relativa all'obbligazione oggetto di negoziazione quindi si procedeva, nell'ordine, all'interrogatorio formale del rag. M. C. dirigente della Funzione Corporate e procuratore speciale della Banca (giusta procura in atti rilasciati dal Presidente del Consiglio di Amministrazione Avv. C. Z. in data 15,6.2005 con sottoscrizione autenticata dal Notaio F. S. di B., n. 101383 di rep.), nonché all'escussione dei testi G.M., G. C. e M. T. Esaurito l'incombente, il Giudica Relatore dichiarava chiusa la prova orale e rimetteva la causa avanti al Collegio sulla richiesta di nomina del CTU avanzata dall'attore, fissando all'uopo l'udienza del 16 novembre 2005, allorché la difesa attrice rinunciava alla richiesta di consulenza; all'odierna udienza la causa è stata trattenuta dal Collegio a sentenza.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Lamenta il V. di essersi rivolto alla Filiale di Parma del C. B. di cui era, ed è, cliente, "per ricevere utili consigli su investimenti sicuri" e che i dipendenti dell'Istituto l'avevano "indotto a comprare" in data 5.4.2001 obbligazioni Cirio; che, intervenuti il default ed il cross default di tutte le obbligazioni emesse, inutilmente aveva chiesto il rimborso del controvalore delle obbligazioni acquistate.

Nella esposizione in diritto denuncia, in primo luogo, la nullità de contratto di acquisto quale effetto:

a) della violazione dell'art. 21, 1° c. D.Lgs. n. 58/98 (c.d. TUF) sostenendo che "i piccoli risparmiatori, tra i quali l'attore, non sono stati (..) informati di diverse circostanze sintomatiche della rischiosità delle obbligazioni acquistate..: a) che si trattava di titoli emessi senza rating;

b) che mancava il prospetto informativo;

c) che i medesimi non potevano essere collocati sul mercato, in quanto destinati a investitori istituzionali;

d) che gli stessi erano stati emessi da società estere;

e) che si era al cospetto di operazioni in conflitto di interessi”.

Alcune banche avrebbero "prestato alla Cirio assistenza, inducendola ad emettere obbligazioni per spostare l'indebitamento dagli istituti creditori ai risparmiatori, con l'evidente coscienza di danneggiare questi ultimi, ben conoscendo la difficile situazione economica del gruppo. (...) Da aggiungere che i bond Cirio, trattandosi di obbligazioni estere, sulla base di diverse disposizioni CONSOB avrebbero potuto essere offerte e vendute soltanto a investitori istituzionali, non invece, come è in realtà accaduto, a privati..."; b) della violazione del Regolamento Consob 11522/98: art. 26, 1° c. lett. a), art, 27, art. 28, 2° c. ("non avendo nel caso in esame l’intermediario mai dato, come invece avrebbe dovuto, adeguate informazioni sulla natura e sui rischi dell'operazione") e 3° c. ("che impone alle banche di informare prontamente e per iscritto l’investitore appena le operazioni in strumenti (derivati e in warrant), ma anche azioni e obbligazioni da lui disposte abbiano subito una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 30%") e, infine, art. 29 ("il quale obbliga gli Intermediari a non effettuare per conto degli investitori "operazioni non adeguate” per tipologia, oggetto, frequenza, o dimensione, non essendo, in realtà, stata assunta alcuna informazione circa la propensione al rischio, la capacità finanziaria e gli obiettivi di investimento...").

Osserva il Tribunale come, dall'istruttoria, sia emerso che il C. B., S.p.a. è stato completamente estraneo ai consorzi e sindacati che hanno organizzato l'emissione, ed il collocamento, delle obbligazioni delle società del gruppo Cirio Finanziaria S.p.a.; negli anni antecedenti, coevi e successivi all'emissione delle suddette obbligazioni, non ha istituito ed intrattenuto rapporti aventi ad oggetto l'erogazione di finanziamenti, con le emittenti od altre società del gruppo (così il teste C. dirigente Funzione Corporate presso la convenuta).

In verità - come dimostra il doc. 11 della medesima - l'unico rapporto intrattenuto con le società del gruppo in questione, era costituito da un conto corrente intestato alla Cirio S.p.a., non assistito da alcun affidamento.L'assenza di crediti della odierna convenuta, esclude il profilo di annullabilità del contratto evidenziato, in via subordinata, dall'attore per conflitto d'interessi, ai sensi degli artt. 1394 e 1395 c.c., avendo il C. agito in nome e per conto del V. nell'acquisto delle obbligazioni, sebbene fosse creditore delle società Cirio.

Inoltre sia presso la propria sede di B. che presso le proprie filiali e dipendenze, in particolare quella di Parma, il C. B. S.p.a. non ha sollecitato e promosso l'acquisto delle obbligazioni per cui è giudizio, avendo svolto, in favore dell'attore, tra i "servizi di investimento" ed i "servizi accessori" (elencati dall'art. 1 del D.Lgs. 24.2.1998 n. 58 "Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria .."), unicamente attività di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini nonché di custodia degli strumenti finanziari, il tutto in esecuzione del "Contratto per i servizi di negoziazione, collocamento, ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione, concernenti strumenti finanziari" e del contratto di "Deposito di titoli a custodia e in amministrazione e di valori a custodia" ( v. all. 3 e 6 della comparsa di risposta - teste Masper, all'epoca responsabile raccolta titoli).

Orbene, ciascuna serie di notes Cirio è stata emessa in forza di un contratto, tra l'emittente, il garante e il Trustee - The Law Debenture Trust Corporation p.l.c. - contenuto in un atto di trust - il Trust Deed - ed in regolamenti, contenenti i termini e le condizioni delle emissioni, ed allegati al Trust Deed, retti dal diritto inglese.

Detti regolamenti contengono la c.d. selling restriction, clausola con la quale il Joint Lead Manager, nel dare atto che l'offerta delle notes non è stata registrata presso la Consob in conformità alla legislazione italiana, dichiara e conviene che non sarà proposta, o venduta, alcuna obbligazione in Italia in una sollecitazione all'investimento rivolta al pubblico diffuso (disciplinata dall'art. 94 e ss. del TUF), e che le vendite delle notes saranno negoziate solo individualmente con gli investitori professionali come definiti dagli artt. 25 e 31 del Regolamento Consob n. 11522/98.

L'inserimento di selling restriction nei regolamenti di emissione degli eurobonds costituisce prassi largamente diffusa e prevalente, in quanto l'iniziale collocamento degli strumenti finanziari presso gli investitori professionali, generalmente assicurato da tali clausole consente, tra l'altro, di concludere con maggiore rapidità l'operazione, permettendo all'emittente di disporre dei proventi dell'emissione con certezza ad una data prestabilita.

Detta clausola non preclude affatto la successiva vendita delle notes, nel c.d. secondo mercato, dagli investitori professionali (banche ed altri intermediari autorizzati) ai risparmiatori, tanto più che, in Italia, non vi è alcuna norma che impone all'investitore professionale di conservare i titoli nel proprio portafoglio per un dato periodo di tempo, prima di negoziarli con il pubblico e che, anche in considerazione del loro taglio minimo (€ 1.000,00), le obbligazioni Cirio ben si potevano adattare alle esigenze della clientela c.d. retail.

In altri termini, quando il consorzio di collocamento ha concluso l'operazione con la cessione agli investitori istituzionali, si chiude la fase del mercato primario o di emissione (cioè, appunto, quella intercorrente fra l'emissione del titolo da parte dell'impresa e la sua sottoscrizione da parte dell'investitore istituzionale), e si entra nella fase del mercato secondario (in cui un titolo, già in possesso di un investitore, viene negoziato con un altro investitore), dove non opera più la selling restriction, che ha ormai esaurito in suoi effetti e le sue finalità nella precedente fase, e dove le regole rilevanti sono quelle che governano la compravendita di titoli già emessi.

Alcuna illegittimità può dunque farsi discendere dalla circostanza che gli investitori istituzionali, dopo aver acquisito titoli sul mercato primario o, a maggior ragione, da altri intermediari professionali, li negozino poi sul mercato retail.

Né potrebbe mai configurarsi una violazione dell'obbligo di allegazione e pubblicazione del prospetto informativo ogniqualvolta la banca, esattamente come verificatosi nella fattispecie, si limiti a svolgere attività di semplice negoziazione e non di sollecitazione all'investimento.

L'art. 94 dei TUF (rubricato obblighi degli offerenti ed inserito nel titolo II "Appello al pubblico risparmio", Capo I "Sollecitazione all'investimento"'), prevede, al prima comma, l'obbligo di allegazione del prospetto esclusivamente a carico di coloro "che intendono effettuare una sollecitazione all'investimento"' e sollecitazione non si può ritenere, rientrando se mai nell'attività c.d. "propositiva", così come precisato dalla Banca d'Italia, "l'inserimento in appositi elenchi dei titoli che gli intermediari intendono negoziare con le clientela, con l'indicazione del relativi prezzi di acquisto o vendita" ("Lo sviluppo del mercato obbligazionario per le imprese Italiane", così in nota 29, in Bollettino Economico n. 41 Novembre 2003).

La differenza fra sollecitazione e negoziazione dei titoli obbligazionari, in fase di mercato secondario, è ormai ben delineata, nel senso che precede, dalla giurisprudenza di merito (così, ad es., Trib. Venezia 8 giugno 2005, Chiggiato ed altro c. Deutsche Bank; Trib. Trani 7 giugno 2005 Bianchi c. M.P.S.; Trib. Roma 31 marzo 2005, Gonzales c. Banca Intesa, ed è condivisa da questo Collegio nella sentenza Frati c. Cariparma & F. del 16 giugno 2005).

In conseguenza la Banca convenuta neppure avrebbe potuto informare l'attore che i titoli '"non potevano essere collocati sul mercato in quanto destinati a investitori istituzionali", secondo la tesi della difesa attrice.

Ciò posto, com'è noto, l'art. 21 cit. dispone che nella prestazione dei servizi di investimento ed accessori, i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati, b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti ed operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati.

Tra i "servizi" possibili (ai sensi dell'art. 1 Tuf. richiamato dall'art. 25 Regol.), relativamente al V., già intestatario, dal gennaio 1995, di un "Deposito di titoli a custodia e in amministrazione e di valori a custodia" (all. 6), il C. B., per quanto si ricava dalla documentazione allegata, ha svolto unicamente attività di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini (art. 1, 5° c., lett. a), e) TUF) e di custodia degli strumenti finanziari (art. 1, 6° c., lett. a) TUE), in conformità alle condizioni previste dai contratto per il servizio di negoziazione stipulato con l'investitore, in data 1 luglio 1998 (doc. 3 fasc. conv.).

Risulta redatta la "Schede cliente" (v. doc. 4) contenente le informazioni acquisite dall'odierno attore - sull'esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari (barrata come scarsa), sugli obiettivi di investimento (compresenza di redditività e moderata rivalutabilità rapportata al rischio dell'andamento del corso dei cambi) e sulla propensione al rischio (barrata come bassa) - e consegnato il "Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari sottoscritto per ricevuta in data 1.7.1998 (doc. 5).

In data 5 aprile 2001, infine, l'attestazione ordine di acquisto obbligazioni Cirio 6,25% (doc. 7).

La convenuta ha allegato, altresì, l'estratto al 31.12.2000 del deposito titoli custodia n. 125.0457327 (doc. 8) e quello al 30.6.2001 (doc. 9);

La superiore documentazione conferma il puntuale rispetto, nella fattispecie, di tutti i requisiti formali richiesti dal TUF e dai regolamenti emanati dalla Consob.

Il contratto avente ad oggetto lo specifico servizio di investimento (negoziazione di strumenti finanziari) è stato redatto per iscritto in conformità all'art. 23 del TUF ed all'art. 30 del Regolamento Consob n. 11522.

Contestualmente alla sottoscrizione del contratto, e prima dell'inizio della prestazione dei servizi di investimentodi quelli accessori a casi collegati la Banca ha chiesto all'investitore notizie come disposto dall'art. 28, 1° c., lett. a) seconda parte del Regolamento Consob, consegnando il "Documento sui rischi generali.." in conformità all'art. 28, 1° c., lett. b) del menzionato Regolamento.

Dall'ordine di acquisto (doc. 7 cit.) si evince, altresì, che la Banca, all'atto della ricezione di una disposizione apparsa non adeguata, ha avvertito ed informato di tale inadeguatezza l'investitore e dato esecuzione all'incarico ricevuto solo previa autorizzazione scritta del cliente, il tutto in ossequio al disposto dell'art. 29 del Regolamento Consob n. 11522.

Nel caso in questione, inconferente si palesa, infine, il richiamo all'art. 28, terzo comma, Regolamento Consob, avente ad oggetto l'avvertenza all'investitore “dei verificarsi di perdite in misura pari o superiore al 30% del controvalore del patrimonio dell'investitore".

Trattasi, infatti, di norma relativa esclusivamente alla "gestione di portafogli di investimento" disciplinata dall'art. 24 TUF con la previsione di norme di comportamento specifiche in considerazione della sua peculiarità.

Nella fattispecie, invece, non siamo in presenza di un servizio di gestione su base discrezionale della Banca ma, al contrario, come visto, di un servizio di raccolta e trasmissione di ordini collegato ad un contratto di amministrazione c.d. statica, avente ad oggetto la mera custodia degli strumenti finanziari dei clienti.

Nell'ambito di tale ultimo rapporto, la banca è abilitata a porre in essere esclusivamente le operazioni specificamente disposte dal cliente ed, in presenza di uno specifico ordine scritto, non avrebbe né dovuto né potuto esimersi dal dare esecuzione alle operazioni volute dai clienti, perché la mancata esecuzione di tali disposizioni l'avrebbe esposta a sicura responsabilità per i mancati guadagni che l'eventuale apprezzamento dei titoli stessi avrebbe comportato per i clienti.

Resta da esaminare soltanto il rispetto, o meno, dell'art. 27 Regol. in materia di operazione compiuta in conflitto d'interesse.

Fermo restando - come anche la stessa Consob ha già avuto modo di riconoscere - il fatto che l'esistenza di una esposizione creditoria della banca nei confronti dello stesso emittente non determina di per sé la sussistenza del conflitto dl interesse, poiché altrimenti e per assurdo le maggiori banche italiane dovrebbero sempre segnalare il conflitto in occasione della negoziazione di obbligazioni societarie, "con il possibile risultatodi far perdere selettività e quindi effettività alla segnalazione medesima", rileva il Collegio che, a maggior ragione, deve escludersi anche la astratta possibilità di un conflitto di interesse nel caso, come il presente, in cui la convenuta non era creditrice, li particolare, della società emittente il prestito obbligazionario né, come visto, di altra società del gruppo.

Del resto, e fermi restando gli oneri probatori gravanti in riguardo sugli attori, tutte le operazioni di negoziazione in questione erano completamente indifferenti per la banca convenuta poiché, quale che fosse l'obbligazione venduta, il suo guadagno era rappresentato unicamente dalle commissioni per l'operazione.Il teste T., funzionario della filiale di Parma, ha escluso la diffusione di note interne all'Istituto per promuovere la vendita di bond Cirio; neppure si trattava di titoli detenuti nel portafoglio di sua proprietà,provvedendo essa ad acquistare via, i titoli che negoziava su base individuale con la propria clientela (così il teste M.).

In ogni caso, la situazione di conflitto di interessi rilevante agli effetti della contestazione di violazioni comportamentali é solo quella attuale, ossia una situazione in cui l'intermediario non solo potenzialmente, ma anche effettivamente, realizzi un suo interesse in conflitto con quello del cliente. Il conflitto neppure esiste nel caso in cui nell'operazione di negoziazione la banca si ponga in contropartita diretta (cfr., in arg., Trib. Mantova 5 aprile 2005, G.M. c. Cassa Carpi). Tale caso non costituisce affatto una situazione di conflitto dl interessi ma più semplicemente quella forma di negoziazione che il TUF riconosce come legittima e disciplina all'art. 1 comma 5 letta), denominandola "negoziazione in conto proprio". La stessa Consob è stata assolutamente esplicita nel senso che la negoziazione in conto proprio non determina, di per sé, una situazione di conflitto di interessi, che va valutato in concreto e si ha solo quando l'intermediario persegua - contemporaneamente alla operazione - un interesse diverso ed ulteriore rispetto a quello tipico del contratto di investimento, circostanza non emersa nel presente giudizio.

La difesa attrice prospetta, infine, una responsabilità risarcitoria della banca, per avere omesso di fornire alla cliente le informazioni a suo carico, comunque violato l'art. 21 d.lgs. cit., ed infine spinto quest'ultima all'acquisto nonostante l'evidente conflitto d'interesse, responsabilità disciplinata dall'art. 23 d.lgs. cit. ai sensi del quale "nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta".

Va premessa la capacità di testimoniare del funzionario che ebbe a concludere con il V. l'operazione per cui è causa (M.T.). La difesa attrice, in verità, si è opposta alla utilizzabilità della deposizione resa, all'udienza dei 30 giugno scorso, provenendo da soggetto responsabile dei vizi di negoziazione dei titoli, relativamente alla dedotta disinformazione.

Interpretando l'art. 246 c.p.c., la S.C. identifica "l'interesse a partecipare al giudizio, previsto come causa d'incapacità a testimoniare con l'interesse a proporre la domanda e a contraddirvi previsto dall'articolo 100 cpc., sicché deve ritenersi colpito da detta incapacità chiunque si presenti legittimato all'intervento in giudizio, senza che possa distinguersi tra legittimazione attiva e legittimazione passiva, tra legittimazione primaria e secondarla (intervento adesivo dipendente), tra intervento volontario e intervento su istanza di parte. In particolare, è incapace di testimoniare chi potrebbe, o avrebbe potuto, essere chiamato dall'attore, in linea alternativa o solidale, quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro il convenuto originario, nonché, il soggetto da cui il convenuto originario potrebbe, o avrebbe potuto, pretendere di essere garantito" (cfr. CASS. Sez. lav. 23 ottobre 2002 n. 14963).

Nella fattispecie, i giudici di legittimità hanno più volte escluso l'incapacità dei dipendenti della banca che, in ipotesi, potrebbero essere responsabili verso la stessa di quelle operazioni, in base alle quali essa è stata evocata in giudizio (Cass., 28.1.1983 n. 771).

Alla stregua dell'indicato orientamento non importa incapacità a testimoniare in capo ai dipendenti della banca la circostanza che questa avrebbe potuto convenirli in garanzia nello stesso giudizio. Le due cause, difatti, si fondano su un rapporto diverso (e 'sarebbe irrilevante, al fine, che esse siano proposte nello stesso giudizio o in giudizio separato) e quindi i dipendenti avrebbero un interesse solo riflesso, e cioè di mero fatto, ad una determinata soluzione della causa principale, e un interesse siffatto non li legittimerebbe a partecipare al giudizio, in quanto l'esito dello stesso, di per sé, non sarebbe idoneo ad arrecare pregiudizio ad essi (così CASS. Sez. I, 4 marzo 1993 n. 2541; Sez. III, 27 gennaio 1979 n. 623, nello stesso senso, più di recente Trib. Mantova 18 marzo 2004).

Il Tribunale di Genova, con sentenza in data 15 marzo 2005 ha diversamente argomentato: ".. in particolare, è incapace di testimoniare chi potrebbe, o sarebbe potuto, essere chiamato dall'attore, in linea alternativa o solidale, quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro il convenuto originario la presente fattispecie rientra, pertanto, nella suddetta previsione in quanto ai sensi dell'art. 2049 cod. civ. il committente è responsabile in solido con li dipendente nei confronti del danneggiato (v. Cass. 11/05/1973 n. 1267) per cui l'investitore avrebbe potuto convenire quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro li convenuto originario anche il funzionario della banca che ha curato l'operazione finanziaria. Ne consegue che quest'ultimo è incapace a testimoniare secondo il disposto dell'art. 246 cod. proc. civ."

La domanda dell'attore, però, come abbondantemente visto, poggia sulla violazione delle norme disciplinanti l'intermediazione finanziaria, in alcun modo viene richiamata la responsabilità da illecito prevista dal cit. art. 2049 c.c., a sostegno delle richieste di restituzione del capitale investito.

Ne discende che alcun interesse diretto ed attuale poteva configurarsi in capo ai testi, non potendo essere evocati in questo giudizio dagli attori.Ciò posto, al Collegio appare opportuno chiarire che, imposto all'istituto di credito, intermediario, l'onere di provare la profusione della dovuta diligenza nel gestire l'operazione di investimento (art. 23 ult. comma TUF), concretizzatasi, in particolare, nel diretto rapporto fra l'investitore retail ed il dipendente, l'incapacità a deporre della persona che intrattenne il rapporto, produce una limitazione del diritto di difesa, mentre il cliente non avrebbe preclusioni nell'indicare testimoni; in caso di coinvolgimento dei dipendenti diventerebbe necessario per garantire parità di condizioni, il ricorso all'art. 117 c.p.c., le cui risultanze possono essere utilizzate ai sensi dei secondo comma dell'art. 116, stesso codice.

Orbene, ha riferito il T., rispondendo sul capitolato dedotto dalla convenuta in comparsa di risposta, che il V gestiva in autonomia il suo portafoglio, impartendo alla banca gli ordini di acquisto dei titoli; anche l'ordine di acquisto - doc. 7 - era stato sottoscritto in autonomia dall'attore, previa illustrazione al cliente delle condizioni e caratteristiche dello strumento finanziario, compreso il rischio insito nella specifica operazione; il teste si era, astenuto da qualsiasi consiglio ed aveva precisato che i titoli erano già presenti nel portafoglio di proprietà della banca.

".. Preciso che il V. scelse il titolo tra un elenco di quelli a paniere, paniere comprendente anche titoli di stato e corporate bond, mi chiese se il gruppo Cirio faceva riferimento al sig. Cragnotti patron della Lazio .."; il teste ha confermato che l'odierno attore si determinò all'acquisto delle obbligazioni Cirio rappresentate nel cit. doc. 7, ordine che confermava dopo essere stato avvertito che si trattava di titoli non quotati e del rischio dell'investimento "., preciso che gli fu dato preventivo avvertimento della inadeguatezza sulla dimensione della operazione"; quello stesso giorno il V. acquistò anche obbligazioni Ford MC 5,625% 04, operazione anch'essa segnalatagli come inadeguata.

Quanto precede esclude che l'Istituto convenuto sia venuto meno al dovere di diligenza (dell'operatore particolarmente qualificato - ex artt. 22 lett. a) TUF e 1176 2° comma c.c. - nell'ambito di un rapporto in come gli èimposto di tutelare l'interesse dei clienti - art. 21 cit., nonché art. 47 Costi che tutela il risparmio), dovere prescritto dai cit. art. 23, con riferimento alla Informazione fornita sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione, resa nei termini necessari onde consentiti e al cliente di effettuare una consapevole scelta di investimento.

Per ritenere che l'istituto bancario sia venuto meno all'obbligo di fornire ulteriori informazioni - rispetto a quelle normalmente evincibili dall'oggetto e tipologia dell'operazione - sui rischi e le implicazioni della specifica scelta d'investimento dell'attore, occorrerebbe provare che lo stesso fosse effettivamente in possesso di particolari notizie sulla (disastrata) solidità economica dell'emittente, tali che, se conosciute, avrebbero totalmente disincentivato l'attore dall'investimento.

"Né può invocarsi l'inversione dell'onere della prova di cui all'art. 23, sesto comma T.u.f. applicandosi tale principio soltanto qualora sia pacifico che la banca fosse in possesso di quelle particolari informazioni e l'oggetto del contendere sia limitato all'osservanza o meno dell'obbligo di diligenza della banca nel rivelarlo al cliente.." (cfr.Trib. Venezia 8 giugno 2005 cit.). In proposito la posizione in concreto della banca ed i suoi rapporti con l'emittente (o meglio con il "gruppo" del quale fa parte la società emittente), diventano, dunque, decisivi per ipotizzare il possesso di cognizioni colposamente non acquisite, ovvero se acquisite, non esternate al cliente.

Nel caso del C. B.non avendo erogato crediti a favore di società del Gruppo Cirio, non avendo partecipato ad alcuno dei consorzi sindacati che hanno organizzato l'emissione ed il collocamento delle obbligazioni e non avendo intrattenuto rapporti con le emittenti, non vi sono elementi per arguire il possesso di conoscenze ulteriori.

Sulla scorta dei dati e degli elementi contenuti nello studio della Banca d'Italia, allegato dalla convenuta, le obbligazioni Cirio, all'apparenza e per le informazioni all'epoca disponibili, presentavano connotazioni non univocamente indicative di una particolare e specifica rischiosità; I prestiti obbligazionari risultavano organizzati ed emessi sul c.d. euromercato in conformità a prassi e procedure consolidate e largamente diffuse; - rispondevano all'altrettanto diffusa finalità di consentire, parzialmente, la ristrutturazione del debito a breve termine; - non erano accompagnati da rating alla stessa stregua di molti altri titoli; - non dovevano essere corredati dal prospetto informativo ex art. 94 TUF se, come verificatosi nella fattispecie, oggetto di negoziazione.

La giurisprudenza, esaminando investimenti analoghi a quelli del V., effettuati nel febbraio 2001 ed anche nel novembre 2001 (rispettivamente Trib. Venezia 8 giugno 2005 e Trib. Trani 7 giugno 2005 citt.) ha concluso che non si avevano, all'epoca elementi sufficienti a concludere che la banca, pur con la diligenza richiesta all'operatore qualificato potesse avvertire una qualsiasi avvisaglia del default.

Del resto, il cliente non può - né deve - partecipare supinamente alle trattative, adattandosi in maniera acritica a quanto prospettatogli dall'intermediario.Il suo ruolo è attivo. L'Allegato n. 3 del citato Regolamento, nelle "Avvertenze generali", documento ricevuto dal V., impone all'investitore, prima di effettuare un investimento in strumenti finanziari, il preciso "dovere" di informarsi presso il proprio intermediario sulla natura ed i rischi delle operazioni che si accinge a compiere nonché il "dovere" di concludere un'operazione solo dopo aver ben compreso la sua natura ed il grado di esposizione al rischio che essa comporta.

Sempre il predetto Allegato, nella Parte "A" ("La valutazione del rischio di un investimento in strumenti finanziari), avverte l'investitore non soltanto del rischio generico o sistematico dell'investimento in titoli di capitale e di debito ma anche di quello specifico (dipendente "dalle caratteristiche peculiari dell'emittente) insito in siffatte operazioni (cfr. § 1.2) e nel soffermarsi, in particolare, sul "rischio emittente dei titoli di debito, enuncia chiaramente alcuni semplici criteri atti ad individuarlo e percepirlo: "..il rischio che le società o gli enti finanziari emittenti non siano in grado di pagare gli interessi o di rimborsare il capitale prestato si riflette nella misura degli interessi che tali obbligazioni garantiscono all'investitore. Quanto maggiore è la rischiosità percepita dell'emittente tanto maggiore è il tasso d'interesse che l'emittentedovrà corrispondere all'investitore. Per valutare la congruità del tasso d'interesse pagato da un titolo si devono tenere presenti l tassi d'interessi corrisposti dagli emittenti il cui rischio è considerato più basso, ed in particolare il rendimento offerto dai titoli dl Stato, con riferimento a emissioni con pari scadenza" (così al § 1.3, Parte "A", Allegato n. 3).

Nella fattispecie tenuto conto che, all'epoca nella quale furono acquistati i bonds (aprile 2001) i tassi offerti dai titoli di Stato erano, notoriamente assai contenuti, l'attore (avendo, tra l'altro, già in portafoglio dai 1999 un BTP decennale, con un tasso d'interesse lordo non superiore al 4%), attraverso la semplice lettura del cit. documento sui rischi generali non poteva non essere consapevole, usando l'ordinaria diligenza, che acquistando obbligazioni che assicuravano un rendimento notevolmente superiore a quello dei titoli di debito pubblico si esponeva ad un rischio elevato.

L'inadeguatezza della operazione era stata, come visto, segnalata. L'acquisto, nella medesima data, non soltanto di obbligazioni Cirio ma anche di obbligazioni Ford MC 5,625% 04 al prezzo di € 63.000,00, operazione anch'essa segnalata dalla Banca come non adeguata, dimostra la ricerca, da parte dell'odierno attore, di una remunerazione beo superiore a quella assicurata dai titoli di Stato e la piena accettazione, di fatto, degli inerenti ed inevitabili rischi.

Le spese seguono la soccombenza, nella misura in dispositivo.


P. Q. M.


definitivamente pronunciando, ogni diversa od ulteriore istanza eccezione o deduzione disattesa, così provvede:

a) rigetta le domande;