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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/04/2024 Scarica PDF
Ancora su interessi moratori e commissione di estinzione anticipata del finanziamento ai fini della verifica dell'usurarietà
Andrea Gallina, Dottore in giurisprudenzaCass. civ., Sez. I, Ord., 3 novembre 2023, n. 30581, Pres. De Chiara, Rel. Catallozzi.
Usura – Interessi – Banche – Anatocismo – Contratti bancari – di credito – finanziamento e garanzia – conto corrente
L’art. 1815, secondo comma, cod. civ., secondo cui “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”, deve interpretarsi nel senso che alla pattuizione di interessi usurari non segue la sanzione della non debenza di qualsiasi interesse, ma solo quella della non debenza di quel tipo di interessi – corrispettivo o moratorio – che ha superato la relativa soglia. Da ciò consegue che ai fini dell’accertamento della usurarietà degli interessi pattuiti, in relazione al superamento delle soglie previste nei decreti emanati in attuazione della L. n. 108 del 1996, non è corretto procedere alla cd. sommatoria degli interessi corrispettivi con quelli moratori, ma occorre effettuare valutazioni separate, una relativa ai primi e una relativa ai secondi. (Massima non ufficiale – Redazione One legale)
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Sommario: 1. La vicenda. – 2. Assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura. – 3. Il calcolo degli interessi ai fini dell’accertamento dell’usurarietà. – 4. Le conseguenze dell’usurarietà ai sensi dell’art. 1815, co. 2 c.c. – 5. La non assoggettabilità alla disciplina antiusura della commissione di estinzione anticipata del finanziamento. – 6. Conclusioni.
1. La vicenda
Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile la domanda di accertamento della nullità di un mutuo fondiario concluso con una banca per la pattuizione di interessi moratori usurari e la conseguente condanna dell’istituto di credito alla restituzione di quanto versato a titolo di interessi corrispettivi.
Con il primo motivo di doglianza, l’attore lamentava il fatto che la Corte d’Appello, nell’andare a verificare il rispetto del tasso soglia da parte del tasso di interessi pattuito, avesse omesso di procedere alla cd. sommatoria degli interessi corrispettivi e moratori, nonostante l’art. 4 del contratto di mutuo stabilisse che, in caso di inadempimento, il mutuatario fosse tenuto a versare interessi di mora nella misura pari al 5,20% dell’intera somma dovuta, comprensiva, a sua volta, di interessi corrispettivi pari al 7,25%: la loro somma, infatti, pari al 12,45%, avrebbe superato la soglia del 7,50%, stabilita dalla Banca d’Italia in applicazione della l. n. 108 del 7 marzo 1996.
Con il secondo motivo di impugnazione, inoltre, il ricorrente denunciava che il giudice di merito aveva ritenuto che non potesse essere introdotta per la prima volta nel corso del giudizio di secondo grado la questione relativa all’esistenza della clausola di estinzione anticipata del finanziamento, la quale sarebbe rilevante ai fini della individuazione del tasso effettivo globale del finanziamento.
Nel respingere la domanda attorea, il giudice di legittimità offre all’interprete l’opportunità di ritrovare riuniti nella medesima decisione i recenti orientamenti della S.C. in tema di interessi moratori, accertamento dell’usurarietà degli interessi pattuiti ed eventuali conseguenze, nonché commissione anticipata di estinzione del finanziamento: nel presente contributo, pertanto, si cercherà di mettere in risalto, secondo una prospettiva unitaria, quei principi di diritto espressi altrove e che qui trovano un’importante conferma.
2. Assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura
La sanzione prevista dall’ordinamento nei confronti del fenomeno dell’usura trova la sua ratio nella sproporzione tra la prestazione del debitore e quella del creditore, consistente nella pattuizione di un interesse in una misura superiore al tasso consentito dalla legge[1]. In ambito penale l’usura è disciplinata dall’art. 644 c.p., ai sensi del quale è punito colui che si fa dare o promettere interessi usurari come corrispettivo di una prestazione di denaro: sono usurari quegli interessi pattuiti in misura superiore al limite consentito dalla legge[2], ovvero quelli che, anche se inferiori al tasso soglia, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro, in quest’ultimo caso, però, a condizione che il soggetto passivo si trovi in una situazione di difficoltà economica o finanziaria[3]. In ambito civile, invece, l’usura è sanzionata dall’art. 1815, co. 2 c.c., il quale prevede che «se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi»[4].
In entrambi i casi, il tasso legale oltre il quale gli interessi risultano usurari è individuato attraverso il meccanismo delineato dall’art. 2 della l. n. 108 del 7 marzo 1996, ai sensi del quale il Ministro dell’Economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio (Tegm), comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dalla Banca d’Italia ai sensi degli artt. 106 e 107 del d. lgs. n. 385 del 1° settembre 1993, nel corso del trimestre precedente per operazioni per categorie omogenee (co. 1); il tasso soglia si determina aumentando del 25% il Tegm e aggiungendo il margine di ulteriori quattro punti percentuali, con la precisazione che la differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali (co. 4)[5]. La verifica del rispetto del limite usurario, pertanto, avviene attraverso il confronto tra il tasso effettivo globale del singolo rapporto di credito (cd. Teg) e il Tegm, aumentato così come appena indicato.
La prima questione che si ritiene opportuno affrontare attiene all’assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura, posto che, da un lato, sia l’art. 644 c.p., sia l’art. 2 della l. 108/1996 fanno esplicito riferimento alla corrispettività dei tassi usurari[6], e che, dall’altro, gli interessi di mora hanno tutt’altra natura.
La risposta definitiva al quesito, alla quale la pronuncia in commento rinvia, è stata data dalla Cassazione nel 2020[7], la quale ha risolto il contrasto tra la tesi c.d. restrittiva, sostenuta da alcune Corti di merito e da parte della dottrina, e quella c.d. estensiva, faro della quasi totalità delle pronunce di legittimità.
I fautori della non applicabilità agli interessi di mora della disciplina antiusura si richiamavano, innanzitutto, come già anticipato, alla lettera della norma di cui agli artt. 644, co. 1 e 3, c.p. e 2, co. 1, l. 108/1996, i quali fanno riferimento alla corrispettività degli interessi usurari: gli interessi corrispettivi, infatti, hanno la funzione di remunerare la banca per il godimento del denaro concesso al cliente, mentre quelli moratori, ai sensi dell’art. 1224 c.c.[8], risarciscono il danno subito dalla stessa derivante dall’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria. La natura di questi ultimi sarebbe equiparabile a quella della clausola penale di cui all’art. 1382 c.c.[9], ritenuta insindacabile ai sensi della disciplina antiusura[10], con la conseguenza che il rimedio esperibile in caso di sproporzione tra le prestazioni non sarebbe quello previsto dall’art. 1815, co. 2, ma quello ex art. 1384 c.c., il quale stabilisce che la penale può essere ridotta equamente dal giudice se il suo ammontare è manifestamente eccessivo[11]. Ulteriore argomento a favore di questa tesi è costituito da quanto disposto dall’art. 1284, co. 4 c.c., secondo cui «se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali», dovendosi, pertanto, escludere la rilevanza degli interessi di mora convenzionali dalla disciplina antiusura, dal momento che, altrimenti, essendo il tasso previsto dalla disciplina speciale di cui all’art. 5 d. lgs. n. 231/2002 spesso superiore al tasso soglia usurario, si ammetterebbe una «usura legale»[12]. Infine, elemento decisivo sarebbe la mancata rilevazione da parte dei decreti ministeriali, sulla scorta delle istruzioni della Banca d’Italia[13], degli interessi di mora ai fini della definizione del Tegm, da cui deriverebbe l’illogicità, secondo il principio di simmetria[14], di una rilevanza degli stessi quale voce di costo nella definizione del Teg.
Di diverso avviso sono i sostenitori della c.d. tesi estensiva[15], secondo cui gli interessi moratori condividono con quelli corrispettivi la medesima funzione di remunerare la prestazione del creditore, consistente nella messa a disposizione della somma di denaro per un determinato periodo di tempo, non tanto nella fase fisiologica del rapporto, ossia quella nel rispetto dei termini di adempimento da parte del soggetto finanziato, ma in quella patologica, la quale ha inizio dal momento in cui quest’ultimo è inadempiente, con la conseguenza che le norme in materia di interessi, in realtà, disciplinano un «fenomeno sostanzialmente unitario»[16]. Tale «omogeneità funzionale[17]» troverebbe un riscontro nella medesima lettera della norma di cui agli artt. 1815, co. 2 c.c., 644, co. 4, c.p., 2, co. 4, l. n. 108/1996, in cui non si distingue tra le tipologie di interesse, menzionandosi, invece, le pattuizioni «a qualsiasi titolo», e di cui all’art. 1, co.1, d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, conv. in l. 28 febbraio 2001, n. 24, di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., ai sensi del quale sono usurari gli interessi al «momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento»[18]. Irrilevanti, inoltre, sarebbe il fatto che i decreti ministeriali non includono gli interessi moratori nella definizione del Tegm, dal momento che l’individuazione di questo ha una finalità di carattere statistico in relazione al costo medio di un rapporto di credito, con la conseguenza che a confluire nella sua determinazione sono quelle voci di costo che normalmente fanno parte di un rapporto di credito: l’eventualità di un costo derivante dall’inadempimento del soggetto finanziato sarebbe assorbita da quello spread tra tasso medio e tasso soglia contemplato dall’art. 2, co.4 l. 108/1996.
La pronuncia in commento si conforma al filone giurisprudenziale della giurisprudenza di legittimità, la quale, con la sentenza n. 19597/2020, ha definitivamente consolidato l’accoglimento della c.d. tesi estensiva. In quest’ultima decisione, infatti, nella massima espressione della sua funzione nomofilattica, la S.C. afferma l’assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura, non tanto a partire dal dato letterale, ma sulla base di un’interpretazione teleologica della l. 108/1996: se il «criterio-guida è costituito dalla ratio del divieto di usura e dalle finalità che con esso si siano intese perseguire»[19], non può che concludersi che il fine ultimo a cui risponde la norma è quello «di non lasciare il debitore alla mercè del finanziatore: il quale, se è subordinato al rispetto del limite della soglia usuraria quando pattuisce i costi complessivi del credito, non può dirsi immune dal controllo quando, scaduta la rata o decorso il termine pattuito per la restituzione della somma, il denaro non venga restituito e siano applicati gli interessi di mora, alla cui misura l’ordinamento e la disciplina ad hoc dettata dal legislatore ordinario non restano indifferenti»[20].
Volendo anche attribuire al criterio teleologico (intentioauctoris) prevalenza rispetto a quello letterale nell’esegesi della norma[21], rimane qualche perplessità quando la S.C. afferma che non è «di ostacolo la loro [n.d.a. degli interessi moratori] mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.), individuato nei decreti ministeriali di cui all’art. 2, primo comma, della predetta legge»[22]. Ancora una volta, le ragioni per cui la Corte perviene a questa conclusione devono rinvenirsi altrove: nella già citata sentenza n. 19597/2020, infatti, si enuncia il principio di diritto per cui «la mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del T.e.g.m. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio [n.d.a. di mora] praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché “fuori mercato”»; adde che «ove i decreti ministeriali non rechino neppure l’indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.e.g.m. così come rilevato, con la maggiorazione ivi prevista»[23].
Gran parte della dottrina rileva come difficilmente possa ammettersi il valore precettivo di tali decreti ministeriali trimestrali, la cui finalità è puramente statistica[24]: i chiarimenti[25] dell’Autorità che tali indagini statistiche conduce, ossia la Banca d’Italia, evidenziano che «l’assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori» non può che imporre l’utilizzo di questi risultati soltanto a fini interni, ossia per il controllo degli intermediari nell’utilizzo delle procedure[26]. Tali rilevazioni, inoltre, non sembrano del tutto oggettive, dal momento che esse sono condotte su un numero di operatori individuato tra le «primarie banche e i principali intermediari finanziari operativi sul mercato […] in base a un criterio di rappresentatività riferito al numero dei contratti segnalati per categoria di operazioni»[27]. Infine, i risultati derivanti dalle rilevazioni statistiche sono tutt’altro che attuali, non potendosi verosimilmente ammettere che tali valori medi siano rimasti immutati dal 2017[28].
3. Il calcolo degli interessi ai fini dell’accertamento dell’usurarietà
Dopo aver ribadito l’orientamento consolidato della S.C. in materia di assoggettabilità degli interessi di mora alla disciplina antiusura, la stessa prosegue dando risposta a ciò che nello specifico lamenta il ricorrente, vale a dire il fatto che la sentenza impugnata, nell’andare a verificare il rispetto del tasso soglia da parte del tasso di interessi pattuito, avesse omesso di procedere alla cd. sommatoria degli interessi corrispettivi e moratori. Sul punto, ancora una volta, si rinviene una conferma di quanto, pressoché senza soluzioni di continuità, la giurisprudenza di legittimità afferma in tema di accertamento dell’usurarietà degli interessi pattuiti, ovverosia che «in relazione al superamento delle soglie previste nei decreti emanati in attuazione della l. n. 108 del 1996, non è corretto procedere alla cd. sommatoria degli interessi corrispettivi con quelli moratori, ma occorre effettuare valutazioni separate, una relativa ai primi e una relativa ai secondi»[29]. La questione sorge prevalentemente di fronte a casi di finanziamenti con un piano di ammortamento prestabilito, in cui la restituzione del capitale prestato avviene attraverso il pagamento di singole rate, comprensive di una quota di capitale e una di interessi corrispettivi, con la conseguenza che, in caso di inadempimento anche di una singola rata, gli interessi di mora si producono sull’intero canone scaduto, costituito da entrambe le quote[30]. Nel caso di specie, infatti, la doglianza della parte attorea si fonda sull’art. 4 del contratto di mutuo, il quale prevedeva il medesimo meccanismo di calcolo degli interessi moratori.
Salva qualche pronuncia contraria, specialmente dei giudici di merito[31], la giurisprudenza è unanime[32] nel ritenere erroneo il metodo della sommatoria sulla base dell’ontologica differenza tra gli interessi corrispettivi – che costituiscono, appunto il corrispettivo della messa a disposizione del denaro e, pertanto, debbono riferirsi al capitale, calcolarsi su questo e applicarsi nella fase fisiologica del rapporto – e gli interessi moratori, i quali scattano al momento dell’inadempimento, nella fase, cioè, patologica, e si calcolano sulla somma per cui si è verificato il ritardo, andando così a sostituire gli interessi corrispettivi, e non ad aggiungersi[33].
Quanto detto sul piano teorico si traduce, da un punto di vista pratico-operativo ed ai fini dell’accertamento del rispetto del tasso soglia usurario, in un primo momento, nella comparazione del Teg del singolo rapporto, contenente il tasso degli interessi corrispettivi, con il tasso soglia così come individuato ex art, 2, co.4, l. 108/1996; in un secondo momento, si dovrà procedere con un autonomo e separato confronto del tasso di mora con il tasso «mora-soglia»[34], determinato a partire dal Tegm maggiorato secondo quanto rilevato statisticamente dalla Banca d’Italia e confluito nei decreti ministeriali, o, nel caso in cui questi non indichino la maggiorazione media dei moratori, maggiorato secondo quanto previsto dalla l. 108/1996[35].
4. Le conseguenze dell’usurarietà ai sensi dell’art. 1815, co. 2 c.c.
Non resta che vedere a quali conseguenze porti l’esito positivo dell’accertamento dell’usurarietà dei tassi di mora: se questi, infatti, come si è detto, soggiacciono alla disciplina antiusura, dovranno subire la sanzione da questa prevista, ossia l’art. 1815, co. 2 c.c.[36]. Nella pronuncia in commento, la S.C. afferma che ove «si assuma che l’interesse corrispettivo sia lecito e solo il calcolo degli interessi moratori convenuti comporti il superamento della soglia usuraria, solo questi ultimi saranno illeciti e non dovuti, mentre resta ferma la debenza degli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti ai sensi dell’art. 1224, primo comma, cod. civ.[37][38]». Tale principio è, evidentemente, un corollario del rifiuto della teoria della sommatoria: a rigore, se gli interessi corrispettivi e moratori sono suscettibili di valutazioni separate circa la coerenza con i rispettivi parametri-soglia, l’esito negativo di una di queste non comporterà l’illiceità degli interessi il cui tasso, invece, non è ultra-soglia[39].
Ancora una volta si noti come la decisione in esame si ponga nel solco tracciato dall’importante sentenza del 2020 della stessa Corte[40], nella quale si affermava che «tale conclusione è confortata dalla primaria esigenza di coerenza e non contraddittorietà col diritto Eurounitario, come vive dalle interpretazioni rese ad opera della Corte di giustizia dell’Unione, che più volte è stata adita in via pregiudiziale con riguardo alle direttive in materia di consumatori», riferendosi a casi in cui la stessa Corte di Lussemburgo giudicava legittima la pattuizione secondo cui, laddove vi sia la caducazione della clausola sugli interessi moratori perché abusiva, continuano ad essere dovuti quelli corrispettivi[41]. A detta degli Ermellini, inoltre, tale interpretazione dell’art. 1815, co. 2 risulta necessaria ai fini della tutela «dell’intero ordinamento sezionale del credito (cui si assegna una funzione di interesse pubblico), a cui si perverrebbe applicando la sanzione a tutte le voci di costo del Teg, rendendo, in questo modo, il finanziamento gratuito e premiando «il debitore inadempiente rispetto a colui che adempie ai suoi obblighi con puntualità»[42].
Tuttavia, tale impostazione non può dirsi esente da critiche. In primis, risulta evidente come essa non sia sorretta dal dato positivo, dal momento che il co. 2 dell’art. 1815 c.c. dispone che «se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi», da cui sembrerebbe derivare, quindi, che tutto ciò che costituisce voce di costo del credito e che viene valutato ai fini dell’accertamento circa il rispetto dei limiti usurari (Teg), nel caso in cui vada oltre il tasso soglia, dovrebbe subire tale sanzione e, di conseguenza, non essere dovuto[43].
Inoltre, se, da un lato, l’interpretazione della Corte che ritiene assoggettabili alla disciplina antiusura anche gli interessi moratori può dirsi coerente con quella teleologica della l. 108/1996[44], dall’altro, non sembra esserlo quella secondo la quale l’art. 1815, co.2 c.c. farebbe salva la debenza degli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti. Va necessariamente fatto notare, infatti, che la norma nella sua formulazione originaria prevedeva che «se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura legale»: a ben vedere, se la l. 108/1996 ha modificato tale disposizione stabilendo, ora, la non debenza di alcun costo usurario, l’interpretazione della S.C. la quale, non solo fa salva l’applicazione degli interessi corrispettivi pattuiti, ma afferma la sostituzione degli interessi moratori usurari con interessi nella misura di quelli lecitamente pattuiti, si pone non soltanto contra legem[45], ma contro l’obiettivo della l. 108/1996 di aumentare il grado di tutela del debitore[46].
5. La non assoggettabilità alla disciplina antiusura della commissione di estinzione anticipata del finanziamento
L’ultima questione affrontata nella decisione in commento attiene alla rilevanza della commissione di estinzione anticipata del finanziamento nella determinazione del costo complessivo dell’erogazione del credito e, di conseguenza, nell’applicazione della disciplina antiusura.
Se, da un lato, sono, ormai, copiose la giurisprudenza e la letteratura in materia di interessi moratori, dall’altro, non lo sono in tema di commissione di estinzione anticipata: è recente, infatti, la pronuncia con la quale la Cassazione risolve la questione[47].
Prima di questa, una tesi minoritaria sosteneva che, a partire dalla più volte affermata assoggettabilità della mora alla disciplina antiusura, il costo pattuito per l’estinzione anticipata del finanziamento potesse essere a questa accomunato e considerato collegato all’erogazione del credito, «seppure incerto e potenziale circa il verificarsi in concreto, atteso che entramb[i] dipendono da un fatto del mutuatario»[48]; inoltre, tale costo sarebbe ricompreso fra gli «altri vantaggi usurari» e «utilità» di cui all’art. 644 c.p.[49]
Maggioritario è, invece, sia in dottrina sia in giurisprudenza[50], l’orientamento opposto: innanzitutto, non potrebbe trascurarsi quanto si rinviene nelle Istruzioni della Banca d’Italia[51], in cui, al par. C4, è previsto che «Le penali a carico del cliente previste in caso di estinzione anticipata del rapporto, laddove consentite, sono da ritenersi meramente eventuali, e quindi non vanno aggiunte alle spese di chiusura della pratica». Inoltre, pur essendo entrambi costi eventuali, interessi moratori e commissione di estinzione anticipata sarebbero funzionalmente distinti e non equiparabili, in quanto i primi costituirebbero il corrispettivo per l’inadempimento del debitore, la seconda, invece, l’indennizzo in favore della banca per il mancato guadagno derivante dalla cessazione anticipata del rapporto di credito e, in altri termini, «un vantaggio promesso a fronte di utilità (quale è lo ius penitendi)»[52].
È questo secondo orientamento ad essere accolto nel 2022 dalla Corte di legittimità[53], in cui, in primo luogo, viene confermata l’impossibilità di procedere al cumulo degli interessi corrispettivi con quelli moratori ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia[54], stante la loro diversa funzione e natura[55]; in secondo luogo, si rammenta come il principio di simmetria escluda la possibilità di accomunare voci del costo del credito corrispondenti a distinte funzioni[56]; infine, da ciò fa derivare l’impossibilità di cumulare la commissione di estinzione anticipata con gli interessi moratori, dal momento che «la primacostituisce infatti una clausola penale di recesso, che viene richiesta dal creditore e pattuita in contratto per consentire al mutuatario di liberarsi anticipatamente dagli impegni di durata, per i liberi motivi di ritenuta convenienza più diversi, e per compensare, viceversa, il venir meno dei vantaggi finanziari che il mutuante aveva previsto, accordando il prestito, di avere dal negozio; i secondi, come noto, costituiscono una clausola penale risarcitoria volta a compensare il ritardo nella restituzione del denaro, così da sostituire, incrementati, gli interessi corrispettivi; ma, a ben vedere, proprio la natura di penale per recesso, propria della commissione di estinzione anticipata, comporta che si tratta di voce non computabile ai fini della verifica di non usurarietà».
In sostanza, «la commissione in parola non è collegata se non indirettamente all’erogazione del credito, non rientrando tra i flussi di rimborso, maggiorato del correlativo corrispettivo o del costo di mora per il ritardo nella corresponsione di quello; non si è di fronte, cioè, a “una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente” (arg. D.L. n. 185 del 2008, ex art. 2-bis, quale convertito), posto che, al contrario, si tratta del corrispettivo previsto per sciogliere gli impegni connessi a quella».
Nel solco segnato dalla decisione appena richiamata si pone anche l’ordinanza in esame, laddove è ribadito che «la commissione di estinzione anticipata del finanziamento non costituisce una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla concessione del finanziamento, bensì un corrispettivo previsto per lo scioglimento anticipato degli impegni a quella connessi»[57], da cui deriva, dunque, la sua irrilevanza ai fini della determinazione del Teg e dell’applicazione della disciplina antiusura e, di conseguenza, la dichiarazione di inammissibilità del secondo motivo di ricorso.
6. Conclusioni
Tuttavia, anche questa ultima statuizione desta qualche perplessità: le argomentazioni con cui la Corte perviene a tale conclusione – la quale, va detto, appare chiara e si fonda su premesse condivise – a tratti risultano incoerenti, invece, con quelle sulla base delle quali la stessa, da un lato, afferma l’assoggettabilità alla disciplina antiusura degli interessi moratori, dall’altro, rifiuta categoricamente la teoria della sommatoria. Più precisamente, in un primo momento ritiene non sufficiente sia il dato normativo, sia la diversa natura degli interessi moratori (rispetto a quelli corrispettivi) per escluderne la verifica di usurarietà; in un secondo momento, di contro, tale diversità assurge a elemento cardine ai fini del rifiuto della teoria della sommatoria; e questo vale anche in tema di commissione di estinzione anticipata, per cui sia il dato normativo, interpretato, questa volta, letteralmente, sia la natura di questa diventano argomenti validi ai fini dell’esclusione della stessa dalla disciplina antiusura.
Ciò che emerge dalla pronuncia in esame, in definitiva, è una giurisprudenza di legittimità che sulle questioni in questo scritto affrontate si dimostra costante e consolidata, ma che non sempre riesce a rimanere ancorata al dato normativo, il quale, almeno nel nostro ordinamento, dovrebbe continuare ad essere elemento guida per l’interprete: si ritiene, dunque, di condividere il pensiero di chi avverte la necessità di intervenire sull’assetto normativo, mediante la predisposizione di una disciplina antiusura che tenga conto degli importanti orientamenti giurisprudenziali e delle incertezze da questi suscitate[58].
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Cass. civ., Sez. I, Ord., 3 novembre 2023, n. 30581, Pres. De Chiara, Rel. Catallozzi.
Omissis.
- con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 644 c.p. e art. 1815 c.c., comma 2, per aver la sentenza impugnata, nel verificare la coerenza del tasso di interessi pattuito rispetto al cd. tasso soglia, omesso di procedere alla sommatoria degli interessi corrispettivi con quelli moratori benché il contratto prevedesse espressamente che il tasso moratorio dovesse computarsi sull'intera rata non pagata, comprensiva degli interessi corrispettivi;
- evidenzia, a sostegno della doglianza, che ai sensi dell’art. 4 del contratto di mutuo, il mutuatario, in caso di inadempimento, era tenuto a versare interessi di mora da calcolarsi, nella misura pari al 5,20%, sull’intera somma dovuta, comprensiva, a sua volta, di interessi corrispettivi pattuiti nella misura del 7,25%, per cui il tasso di interessi complessivo doveva quantificarsi nella misura del 12,45% (pari alla somma del 5,20% con il 7,25%), superiore alla soglia del 7,50% prevista in applicazione della L. 7 marzo 1996, n. 108;
- il motivo è inammissibile;
- questa Corte ha autorevolmente affermato (sentenza, resa a Sezioni Unite, del 18 settembre 2020, n. 19597) che la disciplina introdotta dalla l.n. 108 del 1996, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, non essendo di ostacolo la loro mancata ricomprensione nell'ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) individuato nei decreti ministeriali di cui all'art. 2, comma 1, della predetta legge;
- ha, tuttavia, ritenuto che l’art. 1815 c.c., comma 2, secondo cui "Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi", deve interpretarsi nel senso che alla pattuizione di interessi usurari non segue la sanzione della non debenza di qualsiasi interesse, ma solo quella della non debenza di quel tipo di interessi - corrispettivo o moratorio - che ha superato la relativa soglia;
- da ciò consegue che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, ai fini dell’accertamento della usurarietà degli interessi pattuiti, in relazione al superamento delle soglie previste nei decreti emanati in attuazione della L. n. 108 del 1996, non è corretto procedere alla cd. sommatoria degli interessi corrispettivi con quelli moratori, ma occorre effettuare valutazioni separate, una relativa ai primi e una relativa ai secondi;
- pertanto, ove, come nel caso in esame, si assuma che l’interesse corrispettivo sia lecito e solo il calcolo degli interessi moratori convenuti comporti il superamento della soglia usuraria, solo questi ultimi saranno illeciti e non dovuti, mentre resta ferma la debenza degli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 1;
- laddove, infatti, si affermasse che alla usurarietà della (sola) pattuizione relativa agli interessi moratori segua la non debenza (anche) degli interessi corrispettivi, si perverrebbe all’irragionevole conclusione di premiare il debitore inadempiente rispetto a colui che adempie ai suoi obblighi con puntualità, nonché a un generale pregiudizio all'intero ordinamento sezionale del credito (cui si assegna una funzione di interesse pubblico) e dello stesso principio generale di buona fede di cui all'art. 1375 c.c.;
- da quanto precede discende che la questione prospettata dal ricorrente non è concludente ai fini dell'esame della domanda proposta dinanzi al giudice di merito, in quanto l'allegata usurarietà dei tassi moratori pattuiti – quand’anche sussistente - non è idonea a far sorgere il diritto di credito vantato alla restituzione degli interessi corrispettivi versati o, comunque, a determinare la non debenza di tali interessi;
- con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 644 c.p. e art. 345 c.p.c., per aver il giudice di appello ritenuto che la questione relativa all’esistenza della clausola di estinzione anticipata e della sua rilevanza ai fini della individuazione del tasso effettivo globale del finanziamento non potesse essere introdotta per la prima volta nel corso del giudizio di secondo grado;
- il motivo è inammissibile;
- la commissione di estinzione anticipata del finanziamento non costituisce una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla concessione del finanziamento, bensì un corrispettivo previsto per lo scioglimento anticipato degli impegni a quella connessi (cfr. Cass. 1° agosto 2022, n. 23866; Cass. 7 marzo 2022, n. 7352);
- da ciò deriva che la relativa pattuizione non assume rilevanza ai fini della determinazione del costo complessivo dell’erogazione del credito e, dunque, dell’applicazione della disciplina in tema di usura, così come delineata dall'art. 644 c.p.;
- anche tale censura, dunque, pecca della necessaria specificità, in quanto la questione prospettata non è idonea, qualunque ne sia la soluzione, a incidere sulla decisione impugnata;
- pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
- le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Omissis.
[1] Per un excursus storico-giuridico sul fenomeno dell’usura e sulla sua disciplina normativa si v. V. Donato, Sull’usura nei contratti bancari, in Giust. civ., 2018, pp. 955 ss.
[2] È l’ipotesi della cd. usura ex lege o oggettiva (si v. in tema A. Manna, Usura (La nuova normativa sull’), in Digesto pen., Agg., 1, Torino, 2000, p. 657; F. Mantovani, Diritto penale P.S., II, p. 251).
[3] È, questa, la cd. usura in concreto o soggettiva.
[4] Le due norme sono state oggetto di modifica ad opera della l. n. 108 del 7 marzo 1996, la quale, da un lato, ha eliminato quale presupposto per la costituzione della fattispecie di reato l’approfittamento dello stato di bisogno del soggetto passivo (ora circostanza aggravante), in quanto «elemento talora difficile da accertare» (si v. Rel. della II commissione permanente del 4 ottobre 1994 sul disegno di legge n. 1242, presentato il 17 settembre 1994). Dall’altro lato, è intervenuta facendo derivare dal superamento del tasso soglia la non debenza degli interessi, adottando, in questo modo, una linea più severa rispetto alla regola precedente, in forza della quale l’interesse usurario si riduceva automaticamente al tasso legale, in deroga all’art. 1343 c.c.
[5] Così prevede la norma dopo la modifica dell’art. 2 della l. 108/1996 ad opera dell’art. 8, co. 5, lett. d, del d.l. n. 70 del 13 maggio 2011.
[6] Si si riferisce alle espressioni «corrispettivo di una prestazione di denaro» (art. 644, co. 1, c.p.) e «remunerazioni a qualsiasi titolo» (art. 2, co.1, l. 108/1996).
[7] Ci si riferisce a Cass., SU, 18 settembre 2020, n. 19597, in ilcaso.it, 2020.
[8] Esso stabilisce, al co.1, che «Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno».
[9] Si v. ad esempio R. Nicolò, Gli effetti della svalutazione della moneta nei rapporti di obbligazione, in Foro it., 1944-1946, IV, 44; T. Ascarelli, Obbligazioni pecuniarie, in AA.VV., Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja - G. Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, artt. 1277-1284, Bologna-Roma, 1959, 564, nt. 1; A. Marini, La clausola penale, Napoli, 1984, pp. 53 ss. In giurisprudenza, Cass. civ., 17 ottobre 2019, n. 26286, in Contratti, 2020, 134 ss., Cass. civ. 18 novembre 2011, n. 23273, in Contratti, 2011, pp. 179 ss.; e, in ambito comunitario, Corte di Giustizia UE 14 giugno 2012, C-618/10, Banco Español de Crédito SA c. J. C. Camino, in i Contratti, 2013, 16 ss., con nota di A. D’Adda, Giurisprudenza comunitaria e “massimo effetto utile per il consumatore”: nullità (parziale) necessaria della clausola abusiva e integrazione del contratto.
[10] Si v., in materia penale, Cass. pen., 25 ottobre 2012, n. 5683, in Foro it., 2013, II, p. 484; Trib. Roma, 3 giugno 2014, n. 9577, in Dejure; in materia civile, Trib. Roma, 7 maggio 2015, in Dejure, secondo cui «la clausola penale [...] non può essere considerata come parte di quel “corrispettivo” che previsto dall’art. 644 c.p. può assumere carattere di illiceità»; conclude, poi, che «anche l’interpretazione del dato normativo condotta sotto il profilo più strettamente economico conduce, dunque, alla conclusione dell’impossibilità di attribuire rilevanza, ai fini dell’usura, agli interessi moratori» (e ciò sulla notazione che il Teg si basa sui soli interessi corrispettivi); Trib. Vercelli, 16 novembre 2011; Corte d’Appello di Perugia, 26 gennaio 2023, n. 5379, in Dejure, dove si afferma che «va escluso il carattere usurario della clausola penale, in quanto questa non costituisce il corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità in relazione alla quale si possa parlare di carattere usurario, ma è lo strumento preventivo finalizzato a rafforzare il vincolo contrattuale e a determinare anticipatamente il danno da risarcire». Contra, si v. a titolo esemplificativo Cass., civ., 21 febbraio 2023, n. 3042, in Mass. giust. civ., 2023, dove si afferma che «la clausola penale e la convenzione di interessi moratori hanno funzioni diverse, poiché, per il caso di inadempienza o di ritardo nell’adempimento, la prima ha una finalità sanzionatoria e risarcitoria del danno, che viene predeterminato pattiziamente col limite della manifesta eccessività, mentre la seconda ha uno scopo di corrispettivo o retribuzione per il creditore, entro il limite inderogabile del c.d. tasso soglia di cui alla l. n. 108 del 1996; ne consegue che anche i rimedi di tutela sono differenti, dato che alla clausola penale non si applica la disciplina in tema di usurarietà dei tassi di interesse, bensì la reductio ad aequitatem ex art. 1384 c.c., non predeterminata dalla legge, ma affidata all’apprezzamento del giudice secondo equità, la quale va fondata non già sulla valutazione della prestazione, bensì sulla considerazione dell’interesse all’adempimento della parte creditrice e sulle ripercussioni del ritardo o dell’inadempimento sull’effettivo equilibrio sinallagmatico del rapporto».
[11] In questo senso, si v., in dottrina, G. D’Amico, Interessi usurari e contratti bancari, in Gli interessi usurari. Quattro voci su un tema controverso, a cura di D’Amico, Torino, 2017, pp. 43 s.; Realmonte, Stato di bisogno e condizioni ambientali: nuove disposizioni in tema di usura e tutela civilistica della vittima del reato, in Riv. dir. comm., 1997, I, pp. 779 ss.; G. Porcelli, La disciplina degli interessi bancari tra autonomia ed eteronomia, Napoli, 2003, 248 ss.; F. Volpe, Interessi moratori e usura, in Contratti, 2015, pp. 37 ss. Nella consolidata giurisprudenza arbitrale, si v. ex multis ABF, Coll. Roma, 17 gennaio 2014, n. 260, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 495 ss.; ABF, Coll. Coord., 23 maggio 2014, n. 3412, in arbitrobancariofinanziario.it, 9; ABF, Coll. Coord., 30 aprile 2014, n. 2666, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 495 ss., con nota di F. Volpe, Usura e interessi moratori nel linguaggio dell’Arbitro bancario e finanziari; ABF, Coll. Coord., 28 marzo 2014, n. 1875, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 928 ss., con nota di M.N. Mizzau, La riduzione equitativa degli interessi moratori sproporzionati nell’attuale mercato del credito: presupposto comune alle sentenze citate è la non applicabilità della l. n. 108/1996 agli interessi moratori. Si v. anche Cass. Civ. 17 ottobre 2019, n. 26286, cit., con nota di F. Piraino, Interessi moratori, usura e c.d. clausola di salvaguardia, secondo cui troverebbero contemporanea applicazione, alla luce dei differenti presupposti ed effetti applicativi, tanto l’art. 1815 c.c. quanto l’art. 1384 c.c.; Trib. Milano, 17 gennaio 2020, n. 446 e 24 gennaio 2020, n. 696, entrambe in One legale; Trib. Sassari, 11 gennaio 2021, n. 20, in One legale, in cui si afferma che "l’usurarietà dell’interesse di mora convenzionale, ove pure in astratto configurabile e in concreto provata, non costituirebbe causa di azzeramento, perché la natura di clausola penale della previsione convenzionale dell’interesse di mora quale liquidazione preventiva e forfettaria del danno da ritardo esclude comunque l’applicazione della previsione ex art. 1815 c. 2 c.c. a favore dell’art. 1384 c.c. sulla riduzione a equità della penale eccessiva, cosicché un interesse di mora sarà comunque dovuto sia pure, se del caso, ridotto ad equità".
[12] Si cfr. sul punto A. Spatuzzi, Interessi moratori e disciplina antiusura, in Contratti, 2023, p. 221.
[13] Ci si riferisce alle ultime istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi, emanate nel luglio del 2016 dalla Banca d’Italia, dove si stabilisce che sono esclusi dal calcolo del TEG «gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo» (par. c4).
[14] Secondo il principio di simmetria (o di omogeneità) ci deve essere assoluta corrispondenza tra le voci considerate per quantificare il costo del credito nel singolo rapporto e quelle rilevanti ai fini della determinazione del TEGM, prima, e del tasso soglia, poi (in giurisprudenza, si v. ABF, Coll. Coord., 23 maggio 2014, n. 3412, cit. e ABF, Coll. Coord., 28 marzo 2014, n. 1875, cit., pp. 928 ss., le quali conferiscono al principio di simmetria «rilevanza decisiva», ritenendolo «il solo» in grado di dirimere i dubbi circa la corretta definizione di interesse usurario. Così anche ABF, Coll. Coord., 28 marzo 2014, n. 1875, cit., 928 ss.; in dottrina, si v. R. Marcelli - A. Valente, Usura e oneri eventuali: mora, penale di risoluzione e indennizzo di anticipata estinzione. La sentenza del Tribunale di Torino, 14 dicembre 2019, in ilcaso.it, 2020).
[15] La tesi è ancora sostenuta in modo costante dalla giurisprudenza di legittimità: si v., ex multis, Cass. civ. 17 ottobre 2019, n. 26286, cit.; Cass. civ. 13 settembre 2019, n. 22890; Cass. civ. 30 ottobre 2018, n. 27442; Cass. civ. 6 marzo 2017, n. 5598; Cass. civ. 9 gennaio 2013, n. 350; Cass. civ. 4 aprile 2003, n. 5324; si v. anche Corte Cost. 25 febbraio 2002, n. 29.
[16] In questo senso, cfr. E. Quadri, Le obbligazioni pecuniarie, in AA.VV., Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Obbligazioni e contratti, IX, Torino, 1984, p. 652; N. Rizzo, Il problema dei debiti di valore, Padova, 2010, p. 266 e Id., Gli interessi moratori usurari nella teoria delle obbligazioni pecuniarie, in Banca, borsa, tit. cred., 2018, pp. 363 ss. Negli stessi termini, si v. B. Inzitari, Delle obbligazioni pecuniarie, in AA.VV., Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja - G. Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, artt. 1277-1284, Bologna-Roma, 2011, pp. 292 ss. e in Interessi: legali, corrispettivi, moratori, usurai, anatocistici. Quaderni de ildirittodegliaffari.it, Torino, 2017, pp. 23 ss., il quale ritiene che sia impossibile distinguere i vari tipi di interesse «sulle differenze terminologiche che, in modo sempre più evidente, appaiono più il frutto di una particolare tradizione dogmatica che il risultato di una precisa ed opportuna descrizione espressiva dell’attuale realtà normativa». Per un più ampio approfondimento si v. L. Morisi, Usura e interessi di mora: in medio statvirtus?, in Contratti, 2021, pp. 113 ss.
[17] Si cfr. sul puntoTrib. Massa, 23 marzo 2016.
[18] Tale prospettiva troverebbe ulteriore base argomentativa nella relazione parlamentare della l. n. 24/2001, in cui si fa riferimento «a qualunque tipo di interesse, sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio». Tuttavia, va precisato che, in verità, la legge è rivolta a risolvere il diverso tema dell’usura sopravvenuta: pertanto, sembra opportuno condividere la tesi di chi ha sostenuto che «quando la disposizione discorre di interessi pattuiti a qualsiasi titolo, non intende modificare il testo della norma penalistica (che fa riferimento agli interessi corrispettivi e ai vantaggi conseguiti nel rapporto, da cui restano escluse le pattuizioni relative all’inadempimento), e intende invece riferirsi al momento in cui tale squilibrio deve essere valutato (il momento, cioè, della pattuizione e non quello della corresponsione). In altre parole, l’inciso “a qualunque titolo” va riferito alla natura della pattuizione e non già alla tipologia di interessi» (A. Barenghi, Usura interessi moratori - Mora usuraria e interessi corrispettivi: le Sezioni unite disinnescano il contenzioso, in Giur. it., III, 2021, p. 574).
[19] Cass., 18 settembre 2020, n. 19597, cit., pt. 5.
[20]Ivi, pt. 6.
[21] Sulle questioni sollevate dall’art. 12 prel. e sui rischi di un’attività interpretativa condotta solamente secondo il criterio dell’intentio legis si v., rispettivamente, P. Schlesinger, L’interpretazione della legge per i casi “dubbi” od “omessi”, in Riv. dir. civ., 2001, pp. 489 ss.; Ivi, pp. 489 ss., dove l’Autore sostiene che «proprio perché comprendere un messaggio non è possibile tramite una mera percezione di una realtà oggettiva e senza la mediazione di strutture mentali, di ipotesi e ricostruzioni più o meno complesse, l’interprete vi si accosta necessariamente attraverso i suoi paraocchi, attraverso il prisma del suo, di mondo, anche qui ricco di convinzioni, emozioni, ideologie, ecc.». Si v. anche Cass. Civ., SS.UU., 22 marzo 2019, n. 2230, in Foro it., 2019, I, c. 2370 e, in dottrina, G. Zaccaria,voce Interpretazione della legge, in Enc. Dir., Annali, V, Milano, 2012, p. 700, il quale ritiene che «risulta immediatamente evidente come la volontà del legislatore non possa essere vista come un criterio interpretativo, ma sia essa stessa un risultato dell’interpretazione».
[22] Cass., 3 novembre 2023, n. 30581, in One legale, p. 2.
[23] Cass., 18 settembre 2020, n. 19597, cit., pt. 9.
[24] Si v. ex multis L. Morisi, Usura e interessi di mora, cit., pp. 122 ss.; A. Barenghi, Mora usuraria, cit., pp. 576 ss.; F. Grasselli, Interessi di mora al vaglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione: aspetti critici e prospettive future un anno dopo la pronuncia della Suprema Corte, in dirittobancario.it, 2022.
[25] Ci si riferisce ai Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura, 3 luglio 2013, in bancaditalia.it. Per un approfondimento in materia, si v. U. Malvagna, A commento della Comunicazione Banca d’Italia 3 luglio 2013: sull’usura sopravvenuta, in ilcaso.it, 2013; R. Marcelli, I chiarimenti della Banca d’Italia in materia di applicazione della legge antiusura: uno sgarbo alla giurisprudenza, in ilcaso.it, 2013.
[26] Ciò si evince, da ultimo, dal comunicato 28 giugno 2023 della Banca d’Italia, in cui si legge che «i Decreti trimestrali riportano inoltre i valori della maggiorazione media dei tassi di mora contrattuali rispetto ai tassi di interesse corrispettivi, risultanti da una rilevazione statistica campionaria condotta a fini conoscitivi dalla Banca d’Italia, d’intesa con il Ministero».
[27] Si v. le note metodologiche a margine di ogni decreto.
[28] L’ultima indagine, statistica, infatti, risale al secondo trimestre del 2015 ed è contenuta nei decreti a partire dal d.m. 21 dicembre 2017. Sulla questione si v. anche chi rileva che «è la legge a ritenere che il potere di declinare il Tegm in ragione di categorie omogenee sia esercitato sulla base di criteri particolarmente ampi e generici, che sembrano legittimare l’adeguamento della rilevazione non solo al tipo di operazione considerata, ma anche alle vicende del rapporto obbligatorio. Ma anche a prescindere da ciò […] le rilevazioni medie di valori di costo estranei al Tegm strettamente inteso, destinate a integrare quest’ultimo solo in certi casi, rappresentano solo una differente modalità di rilevazione, non in grado di incidere “sulla sostanza e sulla completezza” dell’operazione: sarebbe allora del tutto legittima, all’interno dei decreti trimestrali, una rilevazione media dei tassi moratori praticati – peraltro come attualmente accade, seppur in termini statisticamente irrilevanti – che sfoci in un autonomo tasso soglia» (L. Morisi, Usura, cit., p. 124).
[29] Cass., 3 novembre 2023, n. 30581, cit., p. 2.
[30] Si avrà, in questi termini, un caso di anatocismo, legittimo ex art. 120, co. 2, lett. b) TUB e relativa delibera CICR 3 agosto 2016, n. 343. Per un approfondimento del tema, si v. N. Rizzo, Gli interessi moratori usurarinella teoria delle obbligazioni pecuniarie, in Banca, borsa, tit. cred., 2018, I, p. 375; F. Piraino, Usura e interessi, in Gli interessi usurari, cit., pp. 162 e 165 ss.; M. Semeraro, Usura originaria, usura sopravvenuta e interessi moratori, in Riv. dir. Bancario, 2015, p. 6. Contra G. D’Amico, Interessi usurari e contratti bancari, in Gli interessi, cit., pp. 22 ss., e S. Pagliantini, Spigolature su un idolum fori: la c.d. usura legale del nuovo art. 1284, in Gli interessi usurari, cit., p. 74, e in giurisprudenza ABF, Coll. Coord., 30 aprile 2014, n. 2666, cit., pp. 482 ss.
[31] Si v., ad esempio, Trib. Viterbo, 5 gennaio 2017, n. 9, in giustiziacivile.com, con nota di E. Tamborlini; Trib. Parma, 25 luglio 2014, ord., in Foro it., 2014, 12, 3601; Trib. Palermo, 11 febbraio 2014, ord., in dirittobancario.it; Trib. Udine, 26 settembre 2014, in Danno e resp., 2015, 522 ss., con Commento di V. Sangiovanni, Interessi corrispettivi e moratori, tasso-soglia usura e clausola penale; Trib. Parma, 25 luglio 2014, ord., in www.altalex.com; Trib. Padova, 13 maggio 2014, in www.dirittobancario.it; da ultimo, App. Genova, 12 agosto 2020, n. 782, in Dejure.
[32] La pronuncia in commento, difatti, si pone nel solco segnato, in maniera definitiva, da Cass., 28 giugno 2019, n. 17447, in ilcaso.it, 2019.
[33] A. Stilo, Ancora sulla pretesa sommatoria degli interessi moratori e degli interessi corrispettivi, in Contratti, 2018, p. 163. Si v. quanto autorevolmente stabilito da Cass., 28 giugno 2019, n. 17447, cit., pp. 7-8, secondo cui «in prospettiva del confronto con il tasso soglia antiusura non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori. Alla base di tale conclusione vi è la constatazione che i due tassi sono alternativi tra loro: se il debitore è in termini deve corrispondere gli interessi corrispettivi, quando è in ritardo qualificato dalla mora, al posto degli interessi corrispettivi deve pagare quelli moratori; di qui la conclusione che i tassi non si possano sommare semplicemente perché si riferiscono a basi di calcolo diverse: il tasso corrispettivo si calcola sul capitale residuo, il tasso di mora si calcola sulla rata scaduta; ciò vale anche là dove sia stato predisposto, come in questo caso [n.d.a. e nel caso di specie], un piano di ammortamento, a mente del quale la formazione delle varie rate, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene ad una modalità dell’adempimento dell’obbligazione […] di restituire la somma capitale aumentata degli interessi; nella rata concorrono, infatti, la graduale restituzione del costo complessivo del bene e la corresponsione degli interessi; trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni».
[34] L. Morisi, Usura, cit., p. 124.
[35] Ad avviso di parte della dottrina, tuttavia, tale prospettiva non sarebbe esente da critiche, soprattutto sulla base del dato normativo: come taluno ha fatto notare (L. Morisi, Usura, cit., p. 125), infatti, «la L. n. 108/1996, nel descrivere il termine di paragone da cui dipende il vaglio usurario, fa riferimento a un “tasso effettivo globale medio, [...], riferito ad anno”, presumendo necessariamente che anche ciò che a questo va raffrontato - il TEG - assuma le stesse sembianze: un tasso unitario, effettivo, globale e annuo» (così anche D. Nardone - F. Cappelluti, Usura pattizia, costi eventuali e penali da inadempimento nei contratti di finanziamento e di leasing: un approccio “virtuoso”, in assoctu.it, 2016). E ancora, «Le stesse esigenze di simmetria che impongono di confrontare due valori definiti sulla base delle stesse voci di costo, rendono necessario - a fortiori - che tali grandezze siano rappresentate allo stesso modo: valori effettivi - rapportati all’intero capitale - calcolati su base annua» (in questi termini, si cfr. G. Colangelo, Le Sezioni Unite della Cassazione e la salvezza degli interessi moratori: il divorzio dalla matematica e la tutela del contraente forte, in Contratti, 2021, p. 93). Adde che «è chiaro che il tasso moratorio, al pari delle altre collegate all’erogazione del credito, non è connotato da queste caratteristiche, rappresentando un tasso nominale, disomogeneo rispetto agli altri poiché calcolato su una specifica base - la quota di capitale scaduto - e in ragione di un determinato lasso temporale: è tramite la reciproca integrazione di ogni flusso finanziario e la conseguente omogeneizzazione - quale ponderazione in funzione dell’intero credito concesso e annualizzazione - che si dà vita a un tasso effettivo globale annuo. È allora solo in questi termini che si può parlare di una “sommatoria” tra interessi corrispettivi e moratori».
[36] Come taluno rileva, infatti, una conclusione contraria sarebbe incoerente se si assume che entrambe le tipologie di interessi soggiacciono alla disciplina antiusura perché caratterizzate da una «omogeneità funzionale» (G. Guizzi, La Cassazione e l’usura…per fatto del debitore, in Corr. giur., 2019, p. 155).Contra, F. Piraino, Interessi moratori, usura e c.d. clausola di salvaguardia, cit., 151 ss., secondo cui l’applicazione dell’art. 1815, co. 2 andrebbe limitata alle sole voci di costo convenzionali e non, quindi, agli interessi moratori, i quali, secondo l’Autore, hanno fonte legale, anche se determinati nel quantum dalle parti, con la conseguenza che questi dovrebbero subire la sanzione di cui all’art. 1419 c.c. (nullità parziale), affinché sia caducata quella porzione che «assolve ad una funzione remunerativa in senso stretto e che corrisponde alla misura percentuale pari al tasso degli interessi corrispettivi giudicati usurari, conservando, invece, la parte percentuale che assolve alla funzione schiettamente ed esclusivamente riparatoria».
[37] Tale periodo viene riportato tale e quale dalla cit. Cass., 18 settembre 2020, n. 19597, eccetto che per le ultime parole («ai sensi dell’art. 1224 etc.), andando, in questo modo, a modificare il senso della frase originaria, secondo la quale «resta l’applicazione dell’art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente applicazione degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente pattuiti» (Cass., 18 settembre 2020, n. 19597, cit., pt. 7, iv): a ben vedere, infatti, a parere di chi scrive, tale «applicazione», non è quella relativa agli interessi corrispettivi pattuiti ex contractu, di cui, peraltro, già si è detto circa la loro debenza, ma si riferisce al fatto che, ai sensi, appunto, dell’art. 1224, co. 1 c.c., una volta caducata la clausola sugli interessi moratori ultra-soglia, decorreranno interessi, ancora funzionalmente moratori, ma «nella misura dei corrispettivi lecitamente pattuiti».
[38] Si ritiene opportuno precisare che, come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità, l’art. 1815, co. 2 c.c., pur essendo contenuto all’interno del capo XV (del titolo III, del libro IV, c.c.) dedicato al contratto di mutuo, è «regola applicabile per tutti i contratti [bancari] che prevedono la messa a disposizione di denaro dietro una remunerazione» (Cass., 22 giugno 2016, n. 12965, in ilcaso.it, 2016).
[39] Di contro, si è sostenuto che se il tasso di mora rientra come voce di costo nel Teg ed è questo, quale tasso effettivo globale unitario, ad essere confrontato con il tasso soglia, nel caso in cui superi quest’ultimo, la sanzione di cui all’art. 1815, co. 2 dovrebbe colpire tutto ciò che sta dentro al Teg e concorre alla sua usurarietà (si v. in tal senso Cass., 4 ottobre 2017, n. 23192; Trib. Ancona, 4 novembre 2020; Trib. Bari, 14 luglio 2020; Trib. Chieti, 1° luglio 2020; Trib. Bari, 20 aprile 2020; tutte in ilcaso.it; in dottrina, R. Marcelli, Usura e tasso di mora, in ilcaso.it, 2018, p. 16.
[40] Si v. Cass., 18 settembre 2020, n. 19597, cit.
[41] E questo «in quanto la direttiva 93/13/CEE [n.d.a.: concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori] non osta a che si giunga alla “soppressione integrale di questi interessi, mentre continuano a maturare gli interessi corrispettivi previsti da detto contratto” […]: ciò in quanto “gli interessi corrispettivi hanno una funzione di remunerazione della messa a disposizione di una somma di denaro da parte del mutuante fino al rimborso della somma stessa” […] e ove “la clausola abusiva consiste in tale maggiorazione, la direttiva 93/13 esige unicamente che la maggiorazione stessa venga annullata” […] con la conseguenza definitiva che “il giudice nazionale, il quale abbia constatato il carattere abusivo della clausola di un contratto di mutuo che fissa il tasso degli interessi moratori, escluda molto semplicemente l’applicazione della clausola suddetta o della maggiorazione che tali interessi rappresentano rispetto agli interessi corrispettivi, senza poter sostituire alla clausola di cui sopra disposizioni legislative suppletive, né rivedere la clausola in questione, conservando al tempo stesso la validità delle altre clausole di tale contratto, e segnatamente quella relativa agli interessi corrispettivi”» (Ivi, pt. 7, che richiama C. giust., 7 agosto 2018, cause riunite C 96/16, Banco Santander SA e C-94/17, Rafael Ramon Escobedo Cortes, in One Legale, pt. 76-78). Anche qui non manca chi ha ritenuto improprio il richiamo effettuato dalla S.C. alla giurisprudenza comunitaria, la quale si sarebbe pronunciata su questioni relative alla «valutazione di abusività delle clausole che stabilivano gli interessi moratori, in quanto non negoziate con il consumatore, e non l’usurarietà del suddetto saggio di interessi richiesti in pagamento» (F. Grasselli, Interessi di mora, cit., p. 23).
[42] Pronuncia in commento, cit., p. 3.
[43] Si v. L. Morisi, Usura, cit. p. 128. Secondo i fautori della tesi dell’applicabilità dell’art. 1815, co. 2 c.c. ai soli interessi corrispettivi, a loro sostegno vi sarebbe il fatto che l’articolo non specifica quali interessi non sono dovuti, e questo proprio perché esso darebbe per scontato il riferimento ai soli interessi corrispettivi. È parzialmente di questo avviso anche Trib. Bari, 22 settembre 2023, n. 3659, massimata da Redazione Giuffrè 2023, secondo cui «il superamento del tasso soglia antiusura e la conseguente nullità di una specifica clausola contrattuale, non determina la gratuità dell’intero contratto poiché persiste l’obbligo di corrispondere gli interessi corrispettivi ai sensi dell’articolo 1224 del codice civile. Ciò in quanto l’articolo 1815, comma 2, c.c. si riferisce esclusivamente agli interessi corrispettivi, non trovando applicazione per gli interessi moratori convenzionali».
[44] Si v. supra, par. 2: ci si riferisce all’interpretazione della disciplina antiusura che porta a ritenere assoggettabili a questa anche gli interessi moratori.
[45] L. Morisi, Usura, cit., p. 129.
[46] Condivide tale critica anche P. Iamiceli, Credito al consumo, nullità parziale e integrazione del contratto: la sorte dei tassi moratori tra vessatorietà della clausola e disciplina anti-usura, in Contratti, 2021, p. 102 e A. Spatuzzi, Interessi moratori, cit., pp. 224 ss. Secondo quest’ultimo, attraverso questo orientamento la Cassazione si scosterebbe dalla ratio della disciplina antiusura, andando a ridimensionare lo scopo sanzionatorio a tutela del debitore, nell’ottica dell’esigenza di salvaguardare gli interessi del sistema bancario «a non veder compromessa la remuneratività del contratto» di finanziamento. In aggiunta, ad opinione condivisibile dell’Autore, incorretta sarebbe anche l’affermazione degli Ermellini per cui sono dovuti (in sostituzione degli interessi moratori usurari, oltre, quindi, a quelli corrispettivi), ai sensi dell’art. 1224, co. 1, gli interessi nella stessa misura (anche ultra-legale) di quelli corrispettivi, dal momento che non coglierebbe la ratio di tale articolo, volto, invece, a perseguire un trattamento favorevole per il creditore qualora manchi la pattuizione sugli interessi moratori, e non laddove, diversamente, questa sia illecita perché usuraria. Il rimedio dell’art. 1815 co. 2 c.c. escluderebbe, pertanto, quello di cui all’art. 1224, co. 1 c.c.
[47] Ci si rif. a Cass., 7 marzo 2022, n. 7352, in ilcaso.it, 2022, richiamata e confermata espressamente dalla pronuncia in commento.
[48] Trib. Pescara, 28 novembre 2014, in cloudfinance.it; in tal senso anche Trib. Torino, 19 marzo 2017.
[49] Trib. Lecco, 28 febbraio 2018; Trib. Chieti, 13 aprile 2018; Trib. Chieti, 31 gennaio 2019; Trib. Teramo, 21 febbraio 2019; Trib. Pavia, 15 gennaio 2019; Trib. Bari, 5 febraio 2020; Trib. Palmi, 15 giugno 2020; Trib. Benevento, 8 ottobre 2021; Trib. Patti, 19 gennaio 2021; Trib. Teramo, 2 ottobre 2021.
[50] In giurisprudenza si v., ad esempio, Trib. Roma, 2 marzo 2018; Trib. Treviso, 24 gennaio 2018; Trib. Treviso, 27 settembre 2018; Trib. Brescia, 19 aprile 2018; Trib. Grosseto, 21 giugno 2018; Trib. Frosinone, 3 luglio 2018; Trib. Modena, 19 settembre 2018; Trib. Bologna, 20 settembre 2018; Trib. Genova, 22 gennaio 2019; Trib. Napoli, 16 giugno 2020; Trib. Lucca, 7 luglio 2020; Trib. Torino, 5 marzo 2021.
[51] Si v. supra, nota n. 13.
[52] F. Cappai, Il rilievo degli oneri economici eventuali nel vaglio dell’usura dei contratti di mutuo, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, II, p. 484. In giurisprudenza, inoltre, si v. Cass. pen., 13 febbraio 2018, n. 29010, in Dejure, in cui si afferma che «il dato testuale dell’art. 644 c.p., pone in stretta correlazione diretta: gli interessi o i vantaggi (usurari) conseguibili dall’accipienscon la prestazione da quest’ultimo effettuata (dazione di denaro o di altra utilità). Il collegamento che il legislatore ex art. 644 c.p., pone tra le prestazioni, rispettivamente dovute dall’accipiens e dal solvens, con l’uso del termine “corrispettivo”, rende evidente come il “pagamento” (usurario) debba trovare causa e relazione diretta con quanto dato dal soggetto attivo.Da quanto sopra deriva, in via generale, che la “clausola penale” per la sua funzione (desumibile dal dettato degli artt. 1382 - 1386 c.c.) ex se, non può essere considerata come parte di quel “corrispettivo” che previsto dall'art. 644 c.p., può assumere carattere di illiceità, perché sul piano giuridico l’obbligazione nascente dalla clausola penale non si pone come corrispettivo diretto dell’obbligazione principale, ma è l’effetto susseguente ad una diversa causa che è l’inadempimento. Tale principio vale, ovviamente nella misura in cui le parti, con la “clausola penale” non abbiano dissimulato il pagamento di un corrispettivo (usurario) attraverso un simulato o preordinato inadempimento». Ad analoghe conclusioni perviene l’ABF (Coll. Milano, 12427/2018), il quale asserisce che tale clausola è «un elemento del tutto accidentale del negozio, poiché viene corrisposta quando la banca non percepisce più alcun interesse per essere il rapporto di credito cessato a seguito del recesso del cliente e non può pertanto dirsi collegata all’erogazione del credito, secondo quanto previsto dall’art. 644, comma 4, c.p.».
[53] Cass., 7 marzo 2022, n. 7352, cit.
[54] Si v. supra, par. 3.
[55] Esplicitamente si dice «stante la diversa funzione che gli stessi perseguono in relazione alla natura appunto corrispettiva dei primi e di penale per l’inadempimento dei secondi».
[56] Si cfr., in tema di commissione di massimo scoperto, Cass., 20 giugno 2018, n. 16303, in ilcaso.it, 2018 e Cass., 18 gennaio 2019, n. 1464, in One legale.
[57] Cass., 3 novembre 2023, n. 30581, cit., p. 3.
[58] Si v., ad esempio, A. Spatuzzi, Interessi moratori, cit., p. 226; G. Fauceglia, Brevi note sull'accertamento dell'interesse di mora nel superamento del tasso soglia, in Banca, borsa, tit. cred., 2018, II, pp. 435 ss.
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