Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 765 - pubb. 01/07/2007

Art. 24 l.f. e domanda riconvenzionale: incompetenza o inammissibilità?

Tribunale Mantova, 28 Febbraio 2002. Est. Alessandra Venturini.


Opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal debitore in bonis del fallito - Eccezione di incompetenza ex art. 24 l.f. del giudice dell'ingiunzione e dell'opposizione - Infondatezza.

Domanda riconvenzionale di condanna del fallimento - Specialità del rito di accertamento del passivo - Inammissibilità della domanda.



 


 


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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 31/10/96 la società Alfa S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto n. 723/96 emesso dal Pretore di Mantova in data 13/9/96, in favore del Fallimento “S. Scalori S.r.l”, con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di 3 31.913.289, con interessi e spese, per saldo di forniture e prestazioni eseguite dalla società Scalori, in esecuzione di contratto di fornitura e posa in opera.

L’opponente esponeva che con contratto stipulato in data 21/1/1992 la società Scalori aveva assunto l’obbligo di eseguire prestazioni di fornitura e posa in opera di arredi tecnici (nell’ambito di un appalto assegnato dall’Istituto Nazionale per la Ricerca sul cancro); con specifica clausola contrattuale era stato previsto che il 10% del corrispettivo dovuto (pari a circa 26,8 milioni più IVA) sarebbe stato trattenuto dalla società attrice, committente a titolo di garanzia, e che lo stesso sarebbe stato svincolato solo a seguito di collaudo favorevole.

Fin dal gennaio 1993, continuava l’opponente, la società Scalori aveva disertato il cantiere, tanto che nel corso delle operazioni di collaudo era emerso che alcune lavorazioni non erano state ultimate; l’attrice aveva quindi invitato la suddetta società a provvedere tempestivamente all’ultimazione dei lavori, avvertendo che, in difetto, si sarebbe rivolta a terzi, con addebito dei relativi costi; a fronte del persistente inadempimento dell’appaltatrice, l’opponente aveva affidato ad altre ditte l’ultimazione dei lavori, comunicando alla società Scalori , con lettera raccomandata del 3/12/93, che il corrispettivo relativo a tali interventi sarebbe stato ad essa addebitato.

Solo nel dicembre 1993 il Curatore della Scalori aveva informato l’attrice circa l’avvenuta dichiarazione di fallimento della società, motivo per il quale la stessa aveva dovuto interrompere le lavorazioni intraprese; ciononostante il Curatore aveva negato ogni addebito, ribadendo il credito della fallita e notificando, in data 24/9/96, il decreto ingiuntivo sopra indicato.

L’attrice concludeva eccependo, in via preliminare l’incompetenza del giudice adito, sia nell’emissione del decreto opposto, sia a pronunciarsi nell’istaurato giudizio di opposizione, per essere competente, ai sensi dell’art. 24 l. fall. il tribunale fallimentare.

Nel merito, l’opponente chiedeva accertarsi l’inadempimento della società Scalori, dichiararsi le somme trattenute a garanzia definitivamente acquisite dall’attrice, accertarsi che nulla dovuto al fallimento opposto e, per l’effetto, revocarsi il decreto ingiuntivo; in via riconvenzionale avanzava altresì domanda di risarcimento dei danni patiti, dedotti e compensati gli importi delle ritenute a garanzia.

Si costituiva il fallimento opposto chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo e contestando, in fatto ed in diritto, le eccezioni e domanda svolte da controparte: nel merito eccepiva la decadenza dell’attrice dalla garanzia per vizi e difetti dell’opera, non essendo stati gli stessi contestati nel termine di legge.

Verificata la regolare instaurazione del contraddittorio, all’udienza di trattazione parte opposta chiedeva la concessione della provvisoria in esecuzione del decreto opposto; il giudice, previa concessione di termini per memoria, sciogliendo la riserva assunta, con ordinaza 12/8/97, ritenuto doversi pronunciare sulla preliminare eccezione di incompetenza del giudice adito, rinviava per la precisazione delle conclusioni, ai sensi dell’art. 187, 3° c. , c.p.c., all’udienza del 6/2/98. A seguito di rinvio d’ufficio , di successivi rinvii richiesti dalle parti, e di costituzione di nuovo difensore per l’opponente, la causa veniva trattenuta in decisione all’udienza del 19/11/99 e successivamente rimessa in istruttoria, con ordinanza 8/2/2000, al fine di acquisire il fascicolo relativo alla fase monitoria della procedura, non allegato agli atti.

La causa, rinviata d’ufficio, veniva nuovamente trattenuta in decisione , avanti il nuovo giudice designato, all’udienza del 26/06/2001, sulle conclusioni precisate dalle parti alla stessa udienza ed in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il credito monitoriamente azionato dal “Fallimento S. Scalori S.r.l.” è costituito dall’importo pari al 10% del corrispettivo dovuto per i lavori eseguiti, trattenuto dalla Alfa a titolo di “garanzia”.

Nell’atto di opposizione la ditta ingiunta ha allegato l’inesistenza di tale credito, lo svincolo del quale era condizionato, secondo quanto previsto dal contratto, “dall’esito favorevole del collaudo”, condizione che non si sarebbe verificata, sempre secondo quanto dedotto, a causa dell’inadempimento della società Scalori, che non avrebbe concluso i lavori commissionati.

A tal fine , ed allo scopo di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo opposto, parte attrice ha richiesto, previo accertamento dell’inadempimento della società fallita e della conseguente legittima acquisizione delle somme trattenute a garanzia, accertamento in ordine all’insussistenza del credito monitoriamente azionato “vuoi perché inesigibile l’importo richiesto delle trattenute a garanzia, vuoi perché lo stesso interamente compensato dai maggiori danni subiti”, a seguito dell’inadempimento e costituiti dalle somme corrisposte a ditte terze per l’ultimazione dei lavori, danni  il cui risarcimento, previa compensazione con gli importi delle ritenute a garanzia , è stato richiesto in via riconvenzionale.

L’inadempimento della società fallita viene quindi fatto valere dall’opponente sotto un duplice profilo: ai fini di paralizzare la domanda oggetto del procedimento monitorio ed al fini di ottenere il risarcimento di danni ulteriori.

Tale precisazione si è resa necessaria al fine di esaminare l’eccezione di incompetenza del giudice adito in sede monitoria, fondata sul disposto dell’art. 24 L.F., e di incompetenza del giudice del procedimento di opposizione, per effetto della vis attractiva del foro fallimentare.

In ordine al primo motivo l’opponente sottolinea che la competenza del Tribunale fallimentare è funzionale ed inderogabile e che essa si estende a tutte le azioni che trovino origine nell’insolvenza o che risultino comunque influenzate dal fallimento e debbano trovare il loro svolgimento della procedura fallimentare, per assicurare l’unità dell’esecuzione concorsuale e la par condicio creditorum, nonché a quei rapporti giuridici, preesistenti al fallimento., che abbiano subito, a causa del fallimento, deviazioni dal loro schema legale tipico, ipotesi tutte ricorrenti nel caso di specie.

L’eccezione non può essere accolta.

Com’è noto l’art. 24 L.F. attribuisce alla competenza del tribunale che ha dichiarato il fallimento la conoscenza “di tutte le azioni che ne derivano”; fra queste non rientrano, come ribadito dalla Suprema Corte (v. da ultimo Cass. Civ. Sez. I, n. 520/1999), le azioni esperite dal procuratore per recuperare i crediti del fallito, in quanto tali azioni, essendo già comprese nel patrimonio del fallito (nella cui posizione, quale sostituito processuale, il curatore subentra), non “derivano” dal fallimento; le stesse vanno quindi esercitate o proseguite avanti il giudice ordinariamente competente.

Nel caso il curatore, che ha vantato nei confronti dell’opponente un credito pari a £ 31.913,28+, per saldo di prestazione varie, fornite dalla società Scalori in epoca anteriore al fallimento, ha legittimamente proposto ricorso per ingiunzione avanti il Pretore di Mantova, competente per territorio e valore.

Parte attrice ha sollevato altresì eccezione di incompetenza del giudice dell’opposizione a pronunciarsi nel presente giudizio, per effetto della vis attractiva del foro fallimentare funzionalmente competente, operante qualora il convenuto chieda in via riconvenzionale la condanna del fallimento, previa compensazione di un proprio debito, al pagamento della differenza caso, secondo l’assunto dell’opponente , verificatosi nella fattispecie.

Deve preliminarmente rilevarsi che “la competenza dell’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, a conoscere della relativa opposizione”, avendo “carattere funzionale ed inderogabile”, è stata riaffermata dalla Supreme Corte anche nell’ipotesi in cui l’opposizione venga svolta nei confronti di un credito monitoriamente azionato dal fallimento e verso quest’ultimo il debitore in bonis proponga domanda riconvenzionale , nel qual caso, afferma la Corte di Cassazione, il giudice, trattenendo la causa relativa all’opposizione, deve rimettere al tribunale fallimentare soltanto la causa relativa alla domanda riconvenzionale (Cass. Civ. Sez. I, n. 562/1999).

Questo giudice ritiene che debba essere condiviso l’orientamento (accolto dalla sentenza sopra indicata) che riconosce la competenza del giudice ordinario a pronunciarsi in ordine al giudizio di opposizione proposto nei confronti del fallimento, opposizione che, introducendo una causa a cognizione piena, avente ad oggetto l’accertamento dell’esistenza o meno del credito monitoriamente azionato, in nulla differisce da una causa di accertamento e condanna per un credito del fallito, instaurata sin dall’origine dal curatore nelle forme ordinarie, per la quale, come sopra si è ricordato, non ricorre ipotesi di competenza del tribunale fallimentare.

Non può invece accogliersi l’interpretazione che attribuisce al tribunale fallimentare, ex art. 24 L.F., la competenza a pronunciarsi in ordine alla domanda riconvenzionale di condanna del fallimento, proposta dal debitore in bonis.

Tale soluzione prescinde da un indefettibile presupposto, l’art. 52 della L.F., a norma del quale “il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo “V” della stella legge.

Il creditore del fallito che intenda ottenere un titolo da far valere nei confronti del fallimento, e quindi nei confronti della massa dei creditori, può farlo solo all’interno della procedura concorsuale, mediante domanda di ammissione  al passivo, con verifica dell’esistenza, entità e collocazione del credito da parte del giudice delegato.

Solo nell’ipotesi di esclusione del creditore dallo stato passivo e successiva opposizione, l’ accertamento in ordine all’esistenza del credito contestato rientra nella competenza del tribunale fallimentare. Il procedimento di accertamento del passivo è procedimento esclusivo, volto alla tutela della par condicio creditorum, caratterizzato da una fase a cognizione sommaria, avanti il giudice delegato, e ad una eventuale fase successiva a cognizione piena avanti il tribunale fallimentare.

La particolarità del rito e l’attribuzione di una speciale competenza al giudice delegato comportano l’inclusione del procedimento di accertamento dello stato passivo dell’ambito dei c.d. “procedimenti speciali” previsti dal nostro ordinamento, la cui esclusività determina altresì l’inamissibilità di domande di condanna e/o di accertamento di crediti, proposte nei confronti del fallimento al di fuori di tale procedimento speciale, vengano esse avanzate in via principale o in via riconvenzionale, non esistendo alcuna ragione, sostanziale o processuale, per distinguere le due ipotesi.

Ciò premesso deve pertanto rigettarsi l’eccezione di incompetenza del giudice adito in sede monitoria e del giudice  dell’opposizione, con prosecuzione del giudizio nel merito come da separata ordinanza (anche in ordine alla eccezione di compensazione del credito vantato dal fallimento con il credito derivante dal risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento del primo, svolta in via subordinata da parte attrice, eccezione che, come tale, può essere fatta valere indipendentemente da una preventiva istanza di insinuazione al passivo), mentre deve essere dichiarata inammissibile la domanda riconvenzionale svolta dall’opponente avverso il fallimento opposto, volta ad ottenere la condanna al risarcimento dei danni ulteriori.

Attesa la natura non definitiva alla sentenza appare opportuno riservare all’esito del giudizio ogni statuizione relativa alle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, non definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così giudica:

-rigetta l’eccezione di incompetenza ex art. 24 L.F. del giudice adito e la conseguente domanda di revoca del decreto ingiuntivo opposto, formulata in via preliminare da parto opponente;

-dichiara inammissibile la domanda di condanna al risarcimento dei danni svolta in via rinconvenzionale da parte opponente;

-spese al definitivo;

-provvede per la prosecuzione del giudizio come da separata ordinanza.