Diritto Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26345 - pubb. 24/12/2021
Quali contestazioni sono compatibili con l'eccezione di prescrizione presuntiva?
Tribunale Ravenna, 18 Dicembre 2021. Est. Farolfi.
Eccezione presuntiva – Comportamenti incompatibili
L’eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con la contestazione dell’entità del credito o con la dichiarazione di non aver effettuato il pagamento o di averne estinto solo una parte. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Fatto e diritto
1. La società V.P.. s.r.l. unipersonale proponeva opposizione a decreto ingiuntivo n. 1383/2018 del Tribunale di Ravenna, evocando in giudizio la M. s.r.l. avanti questo ufficio giudiziario, chiedendo la revoca del citato provvedimento monitorio, nonché invocando la dichiarazione di prescrizione presuntiva del credito ex adverso azionato, l’accertamento dell’inadempimento contrattuale di M. s.r.l. con conseguente affermazione della legittimità della risoluzione contrattuale intimata con mail del 03.08.2015. l’attore chiedeva inoltre, in via subordinata, l’accertamento e la dichiarazione dell’intervenuta soddisfazione delle pretese avversarie a seguito del pagamento della somma €4.690,90, anche mediante valutazione equitativa del compenso, nonché la condanna di M. s.r.l. al risarcimento del danno causato alla opponente dal proprio inadempimento contrattuale, da liquidarsi in via equitativa e comunque nel limite della somma ingiunta, con compensazione rispetto alla richiesta economica della opposta eventualmente riconosciuta in giudizio, con vittoria di spese e compensi professionali di lite.
A sostegno di tali domande l’opponente esponeva che, nel 2015 intratteneva una collaborazione professionale con la società M. s.r.l. volta a far aumentare i propri clienti e le vendite delle calzature commercializzate da V.P.. s.r.l. In seguito ad incontri nei quali venivano definite le esigenze di marketing di V.P.. s.r.l., M. formalizzava dei preventivi, in data 8, 23 e 26 aprile 2015. In data 15.06.2015, M. emetteva fattura n. 206, richiedendo il pagamento di €14.072,70 per le prestazioni precedentemente concordate in sede di preventivo.
Secondo la ricostruzione di parte opponente, M. s.r.l. era tuttavia rimasta inadempiente rispetto alle obbligazioni assunte, disattendendo le aspettative contrattuali della committente e cagionando danni al proprio brand. Riteneva pertanto che il pagamento di €4.690,90, effettuato il 29.06.2015 fosse stato più che sufficiente a retribuire l’operato dell’opposta, a fronte degli inadempimenti di M. rispetto a quanto pattuito in sede di preventivo.
V.P.. eccepiva inoltre l’intervenuta prescrizione presuntiva del credito ingiunto da parte di M.
Si costituiva la società convenuta M. s.r.l., contestando integralmente le difese e domande avversarie. Chiedeva quindi, in via preliminare, di concedersi la provvisoria esecutorietà al decreto ingiuntivo opposto, nonché, nel merito, di rigettare l’eccezione di prescrizione in quanto infondata e quindi di confermare il decreto ingiuntivo opposto, con vittoria di spese, compensi professionali ed accessori di legge. L’opposta, più in particolare, contestava la ricostruzione dei fatti effettuata dall’opponente: a detta dell’opposta, infatti, l’attività svolta da M. avrebbe trovato riscontro documentale; inoltre, l’obbligazione assunta dall’opposta consisteva semplicemente nell’effettuare l’attività pubblicitaria richiesta e nel fornire i servizi accessori pattuiti, cosa che era puntualmente avvenuta. Si contestava inoltre la richiesta di risarcimento del danno richiesto da V.P.., in quanto non documentato e dimostrato e, con riguardo all’eccezione di prescrizione presuntiva, riteneva l’opposta che il debitore avesse ammesso di non aver effettuato il pagamento, considerando le fatture emesse non congrue rispetto alle prestazioni ricevute. Avendo quindi V.P.. riferito di aver pagato la sola somma di €4.690,90 rispetto ai €14.072,70 indicati nella fattura n. 206 del 16.06.2015, l’eccezione doveva essere respinta.
In seguito all’udienza del 08.05.2019, con ordinanza dell’11.07.2019 il Giudice concedeva la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto, assegnando i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c. e rinviando ogni decisione istruttoria all’udienza del 15.11.2019.
Con ordinanza del 20.12.2019, il Giudice fissava udienza per l’assunzione di testimoni, ammettendo i capitoli da 10 a 14, 16, 19, 20 e 22 di parte opponente e i capitoli da 7 a 14 di parte opposta. Ammetteva inoltre la prova contraria reciprocamente richiesta.
In corso di causa si è proceduto all’assunzione delle prove testimoniali richieste (vds. verbale udienza del 3 marzo 2020: testi M., T., M., C., nonché verbale 16 settembre 2020: teste T.) quindi è stata fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni ed all’esito il Giudice, in data 22.01.2021, ha trattenuto la causa in decisione, assegnando i termini massimi di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di conclusionali e repliche. Decorsi i quali la causa passa in decisione.
2. In ordine all’eccezione preliminare di prescrizione presuntiva sono ancora attuali le considerazioni svolte con l’ordinanza di concessione della provvisoria esecuzione, in data 11/07/2019. Tale eccezione infatti è incompatibile con la contestazione dell’entità del credito o con la dichiarazione di non aver effettuato il pagamento o di averne estinto solo una parte (ex multiis, Cass. 28/05/2014, n. 11991).
Più recentemente, Cassazione civile, sez. VI, 28/08/2020, n. 17980, ha correttamente rilevato che “La prescrizione presuntiva ai sensi dell'art. 2959 c.c., si fonda non sull'inerzia del creditore e sul decorso del tempo - come accade per la prescrizione ordinaria - ma sulla presunzione che, in considerazione della natura dell'obbligazione e degli usi, il pagamento sia avvenuto nel termine previsto. Conseguentemente, l'eccezione di prescrizione deve essere rigettata qualora il debitore ammette di non avere pagato, dovendo considerarsi sintomatica del mancato pagamento e, dunque, contrastante con i presupposti della relativa presunzione, la circostanza che l'obbligato abbia contestato di dovere pagare in tutto o in parte il debito, essendo tali circostanze incompatibili con la prescrizione presuntiva che presuppone l'avvenuto pagamento e il riconoscimento dell'obbligazione”.
Tale ultima affermazione si attaglia perfettamente alla fattispecie in esame, non essendovi pertanto spazio per indagare ulteriormente sul punto.
3. Venendo al merito, va subito ricordato che l’approccio pressochè costante della giurisprudenza di legittimità, in ordine ai contratti che hanno per oggetto l’espletamento di attività pubblicitaria, suole ricondurre i contratti in parola alla nozione di contratto misto la cui causa prevalente viene assimilata al contratto d’appalto di servizi. Tale affermazione va, tuttavia correttamente intesa: la figura sinallagmatica dell’appalto – consistente nel do ut facias – con assunzione del rischio a carico dell’appaltatore, non va infatti formulata quanto ai motivi del contratto (id est: l’effetto di mercato rivolto all’aumento dei propri clienti e ad una maggiore penetrazione commerciale del brand propalato attraverso l’advertising pubblicitario o le sponsorizzazioni), bensì con riguardo al messaggio pubblicitario in sè, che va effettivamente predisposto e diffuso. Costituisce invece un auspicio, o secondo migliore terminologia, un’aspettativa giuridicamente non tutelabile in quanto attinente ai motivi soggettivi sottostanti la contrattazione, la circostanza che la pubblicità “colga nel segno”, ossia aumentino effettivamente le vendite o si creino maggiori sbocchi sul mercato per la merce reclamizzata. Si tratta di effetti indiretti del cui mancato raggiungimento – una volta che il soggetto erogante l’attività pubblicitaria secondo quanto si è preventivato – il pubblicitario non può essere chiamato a rispondere.
In questo senso è ancora attuale la decisione resa da Cassazione civile, sez. III, 25/01/2002, n. 886, secondo cui “il contratto di pubblicità, qualificabile quale appalto di servizi, ha per oggetto un'obbligazione di risultato, il quale non è costituito dall'aumento delle vendite, bensì dal messaggio pubblicitario. Se si assume, di conseguenza, l'unitarietà della prestazione pubblicitaria, la risoluzione ai sensi dell'art. 1668, comma 2, c.c. non può che avere effetto retroattivo tra le parti”.
Pertinente anche Cassazione civile, sez. II, 26/01/2004, n. 1327, secondo cui “il contratto avente ad oggetto lo svolgimento di attività pubblicitaria è riconducibile alla figura dell'appalto di servizi e, essendo ad esso applicabili, in quanto compatibili, le norme relative al contratto di appalto ed a quello di somministrazione, il contraente che fruisce di detta attività è obbligato a corrispondere all'altra parte un corrispettivo in danaro, salvo che le parti abbiano convenuto la facoltà di quest'ultimo di eseguire una diversa prestazione e, in questo caso, la pattuizione configura previsione di una datio in solutum, sicché l'obbligazione può ritenersi adempiuta soltanto quando siffatta prestazione sia stata eseguita”.
Sulla scorta di detta premessa, si deve osservare che i testi escussi in corso di causa hanno confermato l’esecuzione delle prestazioni oggetto dei preventivi in atti e, poi, della fattura n. 206 del 16/06/2015 emessa dalla M. a V.P.. s.r.l. In questo senso le dichiarazioni rese dalla teste T., che ha confermato i documenti mostrati, l’effettuazione dei post sulla pagina facebook della committente sino al 31 luglio (del 2015), il restyling grafico del sito internet dell’azienda, il lay out grafico, nonché i due focus group volti a verificare le osservazioni di potenziali clienti od acquirenti, al fine di tarare la campagna promozionale intrapresa.
Del pari la teste M., che ah confermato come per la committente agisse sia la sig.ra Lindi che l’Avv. M. (nel frattempo divenuto coniuge della prima), la quale ha pure confermato come – pur rimanendo la comittente la stessa – fu richiesto di intestare la fattura alla società V.P.: invece che alla ditta individuale della sig.ra Lindi.
Anche il teste C. ha confermato le predette circostanza, ricordando come ai focus group partecipò persino l’avv. M. da una stanza attigua, dalla quale era possibile osservare i colloqui e le reazioni dei potenziali clienti.
Alla luce di quanto precede, appare certamente illegittimo per la convenuta invocare una pretesa risoluzione contrattuale, avendo l’opposta dimostrato, anche attraverso i documenti prodotti ed i preventivi sottoscritti dalla sig.ra Lindi, i fatti costitutivi del proprio credito.
Si aggiunga una considerazione ulteriore: i preventivi per lo “studio creativo, naming, payoff e logo” di Euro 5.000 + IVA (doc. 3 di parte opposta) e quello per restyling creativo sito – programmazione esclusa a carico dell’agenzia già esistente nonché ideazione, impaginazione e revisione testi per un folder aziendale di Euro 2.950 complessivi + IVA (doc. 3 di parte opponente), sono entrambi datati 8 aprile 2015. Non è perciò pensabile che quando la ditta individuale della sig.ra Lindi ha concluso un contratto per alcuni shot fotografici con la Nima B. (vds. doc. 8 di parte opponente in data 10 aprile 2015) si sia rivolta a quest’ultima a fronte di pretesi inadempimenti della parte opposta. La distanza di appena due giorni porta infatti a ritenere – tenuto anche conto che nel preventivo sottoscritto si parla di revisione testi e impaginazione, ma non di scattare fotografie o di compiere riprese audiovisive – che entrambe le iniziative facessero parte di un’unica strategia aziendale e promozionale, non potendosi perciò decurtare quanto previsto per la fotografa Nima B. dai preventivi – di appena due giorni prima – predisposti da M. ed accettati.
Del resto i testi hanno ammesso senza problemi che queste foto venivano consegnate dalla stessa committente e poi utilizzate sul sito e su altri prodotti o messaggi. Anche la prima lettera di contestazioni in data 3 agosto 2015 (vds. doc. 12 di parte opponente), del resto, si lamenta specificamente della sola mancata pubblicazione di un post su facebook, poi ammettendo che dopo la richiesta di attivazione ciò era avvenuto, mentre più in generale non contesta alcun inadempimento specifico se non una scasa efficacia delle iniziative poste in essere al fine di guadagnare quella clientela che la committente sperava. Il che, tuttavia, non attiene come si è detto inizialmetne alla causa contrattuale, ma ai motivi della contrattazione che sta alla base del rapporto negoziale con l’agenzia pubblicitaria o di promozione in genere.
Quanto allo sviluppo del sito, peraltro, come anche affermato dalla teste T., il preventivo in data 8 aprile 2015 già citato fa riferimento ad un restyling grafico dello stesso, salva l’attività di programmazione da parte di un’altra agenzia già esistente, ragion per cui anche il preteso coinvolgimento di quest’ultima, forse riconducibile a tale Plurale.com, non è in grado di incidere sul corrispettivo previsto ed accettato come dovuto alla M..
Parte opponente ha inoltre documentato un solo pagamento, mediante bonifico, di Euro 4.690,90 in data 30/06/2015 (vds. doc. 15 fascicolo telematico dell’opponente), espressamente indicante quale causale “prima scadenza fatt 206 15”, il che porta ad escludere che la V.P.. s.r.l. possa lamentare una qualunque estraneità a questo rapporto contrattuale, avendo con tale pagamento ratificato l’accettazione dei preventivi eventualmente sottoscritti dalla sig.ra Lindi spendendo il nome di una propria ditta individuale e posti a base dell’emissione della citata fattura, del cui residuo pagamento è causa.
L’opposizione proposta, pertanto, non è risultata fornita di prove sufficienti, come pure ogni questione relativi a pretesi danni. Avendo invece l’opposta dimostrato l’espletamento dell’attività di cui si è chiesto il (residuo) pagamento, lìil decreto ingiuntivo opposto deve essere confermato definitivamente.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
p.q.m.
Il Tribunale di Ravenna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel giudizio R.G. 4524/2018, rigetta l’opposizione proposta da V.P.. s.r.l. e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto, già reso esecutivo in corso di causa;
condanna altresì parte opponente a rifondere le spese di questo giudizio di opposizione a favore della parte opposta, che liquida complessivamente in Euro 4.835 oltre spese generali del 15%, IVA e CPA se dovute come per legge.
Ravenna, 18 December 2021
Il Giudice
dott. Alessandro Farolfi