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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 21/11/2016 Scarica PDF
Mediazione e negoziazione assistita: i primi risultati e le prospettive di riforma. Sguardo all'Europa
Giuseppe Buffone, Magistrato, esperto giuridico presso la rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europeaSommario. 1. Tratti generali dell’istituto della mediazione civile in Italia. 1.1 Dati statistici. 2. Tratti generali dell’istituto della negoziazione assistita in Italia. 2.1. Dati statistici. 3. Esame comparatistico europeo 3.1. Germania 3.2. Francia 3.3. Spagna 3.4. Inghilterra 3.5. Belgio 3.6. Grecia. 4. Prospettive di riforma
[1]. Tratti generali dell’istituto della mediazione civile in Italia
La mediazione civile è stata introdotta in Italia dal decreto legislativo n. 28 del 2010, in attuazione della delega legislativa contenuta nell’art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e al fine di trasporre la direttiva europea n. 2008/52/CE. I tratti funzionali dell’istituto sono stati nel tempo modificati dal Legislatore, anche per colmare il vuoto normativo provocato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 2012 che, come noto, ha giudicato incostituzionale la cd. mediazione obbligatoria per difetto di valida delega legislativa. Il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, ha introdotto importanti modifiche in seno al decreto legislativo n. 28 del 2010, riscrivendo l’art. 5 ove è contenuto il regime giuridico in materia di giurisdizione condizionata. Le modifiche di maggiore importanza sono le seguenti. 1) La mediazione cd. obbligatoria – come entrata in vigore in data 20 settembre 2013[2] - ha la durata temporanea di quattro anni (con scadenza, dunque, in data 20 settembre 2017), ex art. 5 comma 1-bis d.lgs. 28 del 2010; 2) l’azione per il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti non è più sottoposta alla giurisdizione condizionata[3]; 3) la «mediazione su invito del giudice» viene espunta dal decreto 28/2010: ciò non esclude che il giudice possa comunque farvi ricorso[4]; 4) il Legislatore licenzia il nuovo istituto della «mediazione ex officio»: il magistrato procedente – sulla base di una sua motivata scelta discrezionale – «può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione»[5]; 5) in linea con l’orientamento interpretativo prevalente, la «nuova» mediazione esclude espressamente, dall’ambito delle procedure sottoposte alla giurisdizione condizionata, la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c.[6]; 6) il Legislatore alleggerisce il costo della mediazione. Ai sensi dell’art. 8, comma 1, durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. Nel caso di mancato accordo all'esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l'organismo di mediazione (art. 17, comma 5-ter). Nel caso di prosecuzione nel procedimento di mediazione, i costi sono comunque alleggeriti (v. art. 17, comma 5bis). Va precisato, però, che all’esito del primo incontro sono comunque dovute le spese di avvio, anche quando non è dovuto il compenso (v. Cons. Stato, sez. IV, ordinanza 22 aprile 2015 n. 1694[7]). 7) Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza dell'avvocato.
[1.1]. La Direzione Generale di Statistica del Ministero ha condotto importanti studi e rilievi statistici, autonomamente o in collaborazione con altri istituti/enti. E’ così possibile verificare il funzionamento dell’istituto in Italia. Di particolare interesse sono i dati più recenti, relativi all’ultima rilevazione del 2016 (fino al 31 marzo 2016). Nel 52,6% dei casi, l’aderente non è comparso; nel 46% dei casi si è invece presentato; nell’1,4% dei casi, il proponente ha rinunciato prima dell’esito. Dal 2013 al 2016, la percentuale di aderenti comparsi è in costante aumento: si è passati dal 23,7% del terzo trimestre del 2013, al 46% del primo trimestre del 2016. L’introduzione della presenza dell’Avvocato pare dunque aver favorito l’accesso all’istituto. Le materie in cui è prevalente la comparizione dell’aderente sono le seguenti: successioni e divisioni, patti di famiglia, diritti reali, locazione e condominio, affitto di aziende, contratti bancari. E’ interessante osservare che, nelle successioni ereditarie, la comparizione è del 60,1%. Risulta dai dati che quando le parti accettano di sedersi al tavolo della mediazione dopo il primo incontro, l’accordo è raggiunto nel 43,2% dei casi. Il maggior tasso di accordo si registra nelle cause di valore compreso tra 1.001 e 10.000 euro. Maggiore è il valore della causa è minore è il tasso di raggiungimento di accordi. Le materie in cui si realizza il maggior tasso di accordi sono le seguenti: diritti reali, comodato, divisione, locazione. Sempre dai dati, emerge che al crescere dell’incidenza delle mediazioni volontarie aumenta il tasso di successo. La rilevazione statistica mette in risalto un aumento del ricorso, da parte del giudice, alla mediazione giudiziale: ciò in coincidenza con la introduzione della mediazione su prescrizione del giudice. Nel 2011, le mediazione demandate dal giudice costitutiva l'1,7% delle mediazioni; nel 2015, sono pari al 9,7%. Nel caso di mediazione prescritta dal giudice, il tasso di successo è però quello più basso rispetto alla mediazione obbligatoria o volontaria. L’analisi geografica delle definizioni mette in risalto che il tasso più alto di mediazioni si registra in Lombardia, seguita dal Lazio e dalla Campania. Nel primo trimestre del 2016, la durata media del procedimento di mediazione è stata di 80 giorni.
[2]. Tratti generali dell’istituto della negoziazione assistita in Italia
La negoziazione assistita da Avvocati è stata introdotta in Italia dalla legge 10 novembre 2014 n. 162, entrata in vigore l’11 novembre 2014 (con cui il Legislatore ha convertito in diritto positivo vigente la decretazione d’urgenza n. 132 del 12 settembre 2014, entrata in vigore il 13 settembre 2014). L’istituto, nei suoi tratti funzionali, integra una misura di degiurisdizionalizzazione ossia il tentativo dello Stato di definire controversie civili ricorrendo a forme alternative alla giurisdizione. Analogamente alla mediazione civile, la negoziazione assistita è disegnata in termini di giurisdizione condizionata per le controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti deve e per le controversie aventi ad oggetto il pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro (art. 3 d.l. 132 del 2014). Si tratta di istituto passato indenne dal vaglio di Costituzionalità. La Corte delle Leggi, infatti, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione[8]. Secondo il giudice delle Leggi la «negoziazione assistita» non è un “inutile doppione” della cosiddetta “messa in mora” di cui agli artt. 145, 148 e 149 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 atteso che l’istituto introdotto nel 2014 presuppone che (nel contesto della procedura di messa in mora) l’offerta risarcitoria non sia stata ritenuta satisfattiva dal danneggiato, ovvero che non sia stata neppure formulata dall’assicuratore. La Corte Costituzionale afferma, anche, che la tutela garantita dall’art. 24 Cost. non comporta l’assoluta immediatezza dell’esperibilità del diritto di azione (sentenze n. 243 del 2014 e n. 276 del 2000, per tutte) e non è, dunque, compromessa dal meccanismo della negoziazione assistita, attesa la sua complementarità rispetto al previo procedimento di messa in mora dell’assicuratore, agli effetti dell’auspicata realizzazione anticipata, in via stragiudiziale, dell’interesse risarcitorio del danneggiato. Né è sostenibile, secondo il giudice delle Leggi, che la compresenza dei due istituti sia idonea a protrarre «sine die» l’esercizio del diritto di azione, attesa la brevità del termine («non superiore a tre mesi», prorogabile solo «su accordo delle parti» per non più di trenta giorni) entro il quale deve essere comunque conclusa la negoziazione (art. 2, lettera a, del d.l. n. 132 del 2014)[9].
[2.1]. La Direzione Generale di Statistica del Ministero non ha ancora pubblicato un campionario statistico di dati ma il Ministro della Giustizia ha reso noti alcuni dati di interesse. L’analisi dei flussi in entrata ha evidenziato, sin dai primi mesi di attuazione dell’istituto, una sensibile flessione, nella misura del 14%, rispetto all’anno precedente 2013. Con i primi dati del 2015 si vede confermata una tendenza alla riduzione dell’iscrizione della cause al ruolo, registrandosi un risultato su base nazionale, nel - 20%. Il maggior numero di procedimenti di negoziazione assistita riguarda le cause in materia di famiglia. Questo dato è invero confermato dalle rilevazioni statistiche dei singoli Distretti. Guardando alla realtà di Milano, nel 2014, le convenzioni di negoziazione assistita, in materia di famiglia, sono state appena 15. Nel 2015, le convenzioni sono state ben 689 (289 in materia di separazione, 366 in materia di divorzio, 34 in materia di revisione). Nei primi tre mesi del 2016, le convenzioni di negoziazione assistita sono già state 190. Il Consiglio Nazionale Forense presso il Ministero della Giustizia - Osservatorio Nazionale Permanente sull’esercizio della Giurisdizione – ha a sua volta diramato dati di interesse. Risultano segnalati al Consiglio nazionale forense 3835 accordi conclusi. I dati pervenuti provengono da circa il 50% degli Ordini degli avvocati (79 su 139); mancano, tra l’altro, all’appello Consigli di dimensioni grandi o medie come per esempio, Napoli, Firenze, Reggio Calabria. In altri casi (Bologna, Terni tra gli altri) il Coa si è limitato a trasmettere i questionari compilati dai singoli iscritti. In definitiva si tratta di dati parziali e incompleti. Tanto premesso può essere rilevato che: a) la stragrande maggioranza delle procedure sono state svolte nella materia della crisi coniugale 3009 accordi raggiunti): in particolare risultano raggiunti 1603 accordi in materia di separazione personale dei coniugi, 1350 in materia di divorzio o cessazione degli effetti civili del matrimonio, 56 relativi a modifiche delle condizioni di separazione o divorzio. b) Pari a 499, sono gli accordi conclusi nelle materie per cui la negoziazione assistita è prevista a pena di improcedibilità della domanda. Nel dettaglio si rilevano: 1) 79 accordi relativi a controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti; 2) 420 relativi pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro (al di fuori dei casi in cui è previsto obbligatoriamente il ricorso alla mediazione). Frequente, in questo settore, il ricorso all’istituto per il pagamento del credito professionale dell’avvocato. 3) nessuno relativamente alle controversie in materia di trasporto e subtrasporto per le quali il ricorso alla procedura di negoziazione è stato reso obbligatorio ex l. n. 190/2014. 4) Gli ulteriori 192 accordi dei quali risulta specificata la materia (genericamente indicati come «altro contenzioso») riguardano in parte pagamenti di somme di valore superiore a € 50.000 (25 casi), in qualche caso materie per le quali è obbligatorio il ricorso alla mediazione (scioglimento della comunione, controversie rientranti nel novero delle azioni relative a diritti reali di cui all’art. 5, d.lgs. n. 28/2010), in altre ipotesi controversie relative all’esecuzione di contratti anche nell’ambito della crisi di impresa.
[3]. Esame comparatistico europeo
E in Europa? Come funzionano e quali sono gli strumenti di ADR? Volgendo uno sguardo alla mediazione, va rilevato che, negli Stati Membri, la mediazione è in fasi di sviluppo differenti. Alcuni Stati membri dispongono di un'estesa legislazione o di norme procedurali in materia; mentre in altri gli organi legislativi hanno mostrato scarso interesse per una regolamentazione della mediazione. Tuttavia, in taluni Stati membri esiste una solida cultura della mediazione, basata principalmente sull'autoregolamentazione.
[3.1]. Germania. Un primo sistema giudiziario interessante è quello della Germania. Il codice di procedura tedesco (art. 278) disciplina la figura del GUTERICHTER, termine che potrebbe essere tradotto come: "giudice-conciliatore", "giudice mediatore". Nel corso del procedimento civile, per risolvere la controversia in modo amichevole, il Tribunale può raccogliere il consenso delle parti per una udienza di conciliazione, che viene delegata ad un "giudice conciliatore", il quale non è autorizzato ad assumere alcuna decisione. Il giudice conciliatore è un magistrato togato dell'ufficio che ha delle specifiche competenze tecniche in materia di mediazione (frutto di corsi di specializzazione e formazione dedicati) e aiuta le parti a trovare da sole, sotto la loro responsabilità, una soluzione ragionevole della lite, mediante accordo. E' un giudice neutrale che non può decidere la causa e non può offrire consulenza legale sul caso sottoposto: può solo fare da mediatore e gestire l'udienza di conciliazione, dove devono essere presenti gli Avvocati. L'udienza di conciliazione è regolata dal principio della "libertà del metodo" e, dunque, il giudice conciliatore può scegliere egli stesso le tecniche per mediare il conflitto, non esclusa la mediazione civile. Proceduralmente, la fase di conciliazione presuppone il consenso delle parti, raccolto dal Tribunale. Quando le parti hanno prestato il consenso, il Tribunale rinvia le parti davanti al giudice conciliatore che, studiato il fascicolo, le convoca davanti a sé. L'udienza è confidenziale e informale; l'atmosfera è tranquilla e vengono offerti caffè o soft drinks. Avvocati e giudici non indossano la toga. Il giudice conciliatore, differentemente dal giudice del processo, può anche avere colloqui separati con le singole parti. La mediazione non ha costi per i litiganti che devono solo pagare il costo di una udienza ai loro difensori. Il giudice non è pagato; per ogni fascicolo in cui svolge la mediazione, ha un fascicolo contenzioso in meno (che non gli viene assegnato). Se le parti raggiungono un accordo, il giudice conciliatore lo mette a verbale e definisce il procedimento. Guardando all’istituto in generale, la Germania, con legge del 26 luglio 2012, ha introdotto una normativa unitaria sulla promozione della mediazione e di altri metodi stragiudiziali di risoluzione delle controversie. Il tribunale può proporre alle parti una mediazione o un altro procedimento stragiudiziale di risoluzione della controversia e, nel caso in cui le parti accettino detta proposta, può decidere la sospensione della procedura. Attualmente non è previsto un sostegno finanziario per la mediazione
[3.2]. Francia. In Francia la mediazione è sostanzialmente volontaria, in quanto il ricorso alla stessa è soggetto al previo consenso delle parti. Tuttavia, nel momento in cui viene introdotta un'azione dinanzi al tribunale, "il giudice adito può, con il previo consenso delle parti, nominare una terza persona affinché le ascolti e confronti i rispettivi punti di vista per consentire loro di trovare una soluzione alla controversia che le contrappone" (articolo 131-1 del codice di procedura civile). Il giudice può inoltre imporre alle parti, nel settore della determinazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale o delle misure provvisorie in materia di divorzio, di partecipare a un incontro informativo sulla mediazione, che è gratuito per le parti e che non può costituire oggetto di alcuna sanzione particolare (articoli 255 e 373-2-10 del codice civile). La Francia ha trasposto la direttiva 2008/52/CE introducendo le codice di procedura civile un libro dedicato alla risoluzione amichevole delle controversie. Il compenso del mediatore è fissato dal magistrato preposto alla tassazione dopo l'esecuzione dell'incarico e dietro presentazione di una memoria o di una nota spese.
[3.3]. Spagna. Anche la Spagna (nel 2012) ha recepito la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, fissando un quadro minimo per l'esercizio della mediazione, fatte salve le disposizioni approvate dalle Comunità autonome. La normativa spagnola prevede la possibilità di informare le parti nell'udienza preliminare della possibilità di fare ricorso alla mediazione per trovare una soluzione alla controversia. Il giudice può comunque invitare le parti a procedere alla mediazione al fine di trovare un accordo che ponga fine al procedimento giudiziario e può concedere alle parti la possibilità di chiedere la sospensione del processo per fare ricorso alla mediazione o all'arbitrato. Il settore in cui è maggiore il ricorso alla mediazione è quello delle cause familiari. In generale la mediazione promossa dal tribunale è gratuita.
[3.4]. Inghilterra. L’Inghilterra ha regolato in modo differente il servizio di mediazione per le cause familiari, per le cause bagatellari (small claims) e per le cause non bagatellari. L'istituto della mediazione civile non è disciplinato dalla legge né è un presupposto necessario per i procedimenti giudiziali. Tuttavia, alle parti di cause civili viene chiesto di considerare seriamente l'ipotesi della mediazione prima di avviare una causa dinanzi a un giudice. Fanno eccezione le cause in materia di famiglie: i litiganti, prima di poter accedere al giudice devono partecipare a una riunione informativa e di valutazione sulla mediazione (salvo il caso in cui si tratti di conflitto transnazionale). Mentre la mediazione è interamente volontaria, le civil procedure rules definiscono i fattori di cui è necessario tener conto quando si tratta di fissare l'importo delle spese da stabilire. Il giudice è tenuto a considerare gli eventuali tentativi effettuati, prima e durante il procedimento, per cercare di risolvere la controversia. Di conseguenza, se la parte vittoriosa ha in precedenza rifiutato una ragionevole offerta di mediazione, il giudice potrebbe decidere che la parte soccombente non debba essere obbligata al pagamento delle spese della suddetta parte vittoriosa.
[3.5]. Belgio. In Belgio la mediazione è ammissibile in: Diritto civile (comprendente le controversie di diritto di famiglia); Diritto commerciale; Diritto del lavoro. Esiste inoltre una mediazione penale e attinente al risarcimento. Il settore della mediazione più frequente è il diritto civile, più in particolare le cause di diritto di famiglia. Il ricorso alla mediazione, in Belgio, è una scelta volontaria delle parti, e non è sottoposta a sanzioni in caso di fallimento. Esiste un "Codice di comportamento" dei mediatori.
[3.6]. Grecia. In Grecia le controversie private possono essere oggetto di mediazione con il consenso delle parti, qualora esse possano liberamente disporre dell’oggetto della controversia. La mediazione è possibile se: a) le parti si accordano sul ricorso alla mediazione prima o dopo una procedimento giudiziario; b) la corte adita chiede alla parti di ricorrere alla mediazione, considerando tutti gli aspetti del caso (il giudice, previo accordo delle parti, rinvia la discussione del caso da tre a sei mesi); c) un tribunale in un altro Stato membri ordina il ricorso alla mediazione; d) la mediazione è prevista dalla legge.
[4]. Prospettive di riforma
Il Ministero della Giustizia ha costituito una apposita Commissione ad hoc, presso l’Ufficio legislativo del Ministero, per l’elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie (Comunicato stampa Ministero della Giustizia, 8 marzo 2016). I lavori della Commissione dovrebbero porre rimedio ad alcuni problemi concreti che rallentano la funzionalità degli istituti della mediazione e della negoziazione. Una certa urgenza si avverte per rimediare all’errore commesso, a parere del sottoscritto e di altri commentatori, dalla Circolare del Ministero della Giustizia del 29 luglio 2015 nell’affermare che, in materia di convenzione di negoziazione assistita avente ad oggetto accordo di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, «l’originale dei provvedimenti adottati dal Procuratore della Repubblica deve essere restituito all’avvocato che ha presentato la convenzione o a quello eventualmente indicato nel caso di più avvocati, per la successiva eventuale trasmissione all’Ufficiale dello stato civile». La scelta di lasciare un atto originale con provvedimento della Procura in mano privata, senza una normativa che ne regoli la custodia, non è condivisibile e soprattutto scoraggia i difensori a procedere alle convenzioni. Sempre in materia di negoziazione assistita, un profilo che meriterebbe un intervento correttivo e chiarificatore è quello relativo all’art. 12, comma 3, terzo periodo, del d.l. n. 132/2014, che così recita “L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”. La circolare del Ministero dell’Interno n. 6/15 del 24.4.2015, ha offerto una interpretazione (correttamente) estensiva di questo inciso, come proibitivo di sole stipule aventi ad oggetto patti di trasferimento immobiliare. La giustizia amministrativa, tuttavia, ha – in una recente occasione - annullato la cennata circolare ritenendo che detta norma ricomprenda ogni ipotesi di trasferimento patrimoniale, intendendosi per tale il trasferimento avente ad oggetto beni ben individuati o una somma di denaro (dunque, anche gli assegni di mantenimento: v. Tar Lazio, Roma, sez. I-ter, sentenza 7 luglio 2016 n. 7813, Pres. Panzironi, est. Tricarico). Questa lettura non ha avuto seguito nella successiva giurisprudenza: in particolare, proprio la pronuncia a cui si è fatto riferimento, è stata annullata in sede di appello (v. Cons. Stato, sez. III, sentenza 26 ottobre 2016 n. 4478, Pres. Maruotti, est. Noccelli[10]). Sarebbe opportuno, a questo punto, chiarire che la direzione seguita dal Ministero è quella corretta, salvo non voler neutralizzare l’istituto dell’accordo davanti al Sindaco. In materia di mediazione prescritta dal giudice, come noto la giurisprudenza maggioritaria ritiene che la condizione di procedibilità sia soddisfatta solo se il procedimento di mediazione è effettivamente iniziato. Tuttavia, l’art. 5 comma 2-bis dlgs 28 del 2010 espressamente prevede che “quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”. Forse sarebbe il caso di tradurre in testo normativo quando la prevalente giurisprudenza va osservando. Resta anche sul campo il problema del patrocinio a spese dello Stato: non copre i procedimenti pre-trial (mediazione e negoziazione assistita) se non nei casi specifici indicati dalla legge e, in genere, con esclusione del procedimento volontario (che comunque evita la lite). Potrebbe pensarsi ad ipotesi di gratuito patrocinio (piuttosto che patrocinio a spese dello Stato) riconoscendo però benefici fiscali ai difensori che hanno erogato il loro servizio pro bono. Infine, de jure condendo, è importante investire nella informazione dell’utenza e a ciò potrebbero essere delegati, con vincoli e compiti, gli Enti Locali, anche mediante iniziative periodiche e di ampio respiro. La mediazione si pratica se si conosce. Le ADR diventano quotidiane se quotidiana ne è la loro diffusione. I processi di cambiamento sono lenti; ma alla fine, consentono una evoluzione culturale che tanto è oggi necessaria, per il servizio pubblico di Giustizia italiano.
[1] Relazione tenuta al corso “Il processo e le sue alternative”, organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura, in data 12-14 ottobre 2016, Scandicci - Firenze
[2] Ai sensi dell’art. 84, comma 2, le disposizioni in materia di mediazione obbligatoria si applicano decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto 69/2013 (entrata in vigore: 21 agosto 2013)
[3] Una scelta da salutare con favore, se non altro tenuto conto della serie di inconvenienti che si verificava in conseguenza dell’innesto della condizione di procedibilità (art. 5 comma I dlgs. 28/2010) sulla disciplina già governata da una condizione di proponibilità (art. 145 d.lgs. 209/2005); come gli esperti della materia non avevano mancato di evidenziare (v. Gallone G., La mediazione in materia di R.C.A. - Parte I - in Arch. Giur. Circ. e Sin., 2011, 5, 374 e ss.).
[4] La mediazione demandata dal giudice, come noto, altro non è se non una forma di mediazione volontaria, veicolata dal suggerimento del magistrato: l’espunzione dell’istituto, pertanto, non esclude e nemmeno limita la facoltà del giudicante di sollecitare una riflessione nei litiganti, mediante invito a rivolgersi spontaneamente ad un organismo di mediazione. Si ricade nell’ambito dei normali poteri di governance giudiziale (175 c.p.c.). Né più e né meno di quanto già avviene per il celebre «rinvio per trattative».
[5] Che si tratti di una mediazione decisa dal giudicante, si ricava anche dall’art. 17 comma IV in cui, nella lettera d), la norma discorre di mediazione «prescritta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2». In questo caso l’esperimento del procedimento di mediazione diventa condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
[6] La previsione s’impone per soffocare i timidi tentativi di una parte (minoritaria) della giurisprudenza (Trib. Siracusa, sez. II civ., 14 giugno 2012 in www.ilcaso.it, 2012) che aveva ritenuto applicabile l’art. 5 comma I c.p.c. anche alla CTU preventiva, a fronte di una giurisprudenza prevalente di segno nettamente contrario (Trib. Varese, 21 aprile 2011 in Foro It., 2012, 1; Trib. Pisa, 4 agosto 2011 in Foro It., 2012, 1; Trib. Milano, sez. VI civ., 24 aprile 2012 in www.ilcaso.it, 2012), confortata dalla Dottrina (v. MASONI, Mediazione e processo: rassegna della prima giurisprudenza edita in Giur. Merito, 2012, 5, 1085; sia consentito citare anche: Buffone, Le anfibologie della consulenza tecnica preventiva (696-bis c.p.c.) ed il tentativo obbligatorio di mediazione (art. 5 comma I d.lgs. 28/2010): non si interpelli la Sibilla per capire se occorre «mediare per chiedere di mediare», in Il Caso.it, II, 300/2012).
[7] Per il Consiglio di Stato, le spese di avvio non sono riconducibili al concetto di “compenso” ex art. 17, comma 5-ter, d.lgs. nr. 28/2010. A tenore del comma 2 dell’art. 16, esse comprendono, a loro volta, da un lato le “spese vive documentate” e dall’altro le spese generali sostenute dall’organismo di mediazione
[8] Corte Cost., sentenza 7 luglio 2016 n. 162 (Pres. Grossi, est. Morelli). Quanto ai costi della procedura di negoziazione (che non necessariamente gravano solo sull’attore, potendo formare oggetto di diversa regolamentazione in sede di accordo, od essere posti a carico del soccombente in caso di successivo giudizio), deve escludersi, secondo la Corte delle Leggi, che questi – certamente inferiori ai costi del giudizio, che l’interessato ha la possibilità, peraltro, di risparmiare – siano tali da limitare o rendere eccessivamente difficoltosa la tutela giurisdizionale. “Dal che, appunto, la conclusione che il meccanismo della negoziazione assistita – reso obbligatorio dalla disposizione denunciata nelle controversie risarcitorie di danno da circolazione di veicoli o natanti – riflette un ragionevole bilanciamento tra l’esigenza di tutela del danneggiato e quella (di interesse generale), che il differimento dell’accesso alla giurisdizione intende perseguire, di contenimento del contenzioso, anche in funzione degli obiettivi del “giusto processo”, per il profilo della ragionevole durata delle liti, oggettivamente pregiudicata dal volume eccessivo delle stesse”.
[9] Per una analisi della decisione, v. Morlini, La negoziazione assistita supera il vaglio di legittimità costituzionale in RIDARE, 2016
[10] Osserva il Consiglio di Stato: è legittima la Circolare del Ministero dell’Interno n. 6/15 del 24.4.2015, laddove interpreta l’art. 12, comma 3, terzo periodo, del d.l. n. 132/2014 che così recita “L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”. Per la circolare citata “Non rientra… nel divieto della norma la previsione, nell’accordo concluso davanti all’ufficiale dello stato civile, di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile)”. La posizione così assunta è condivisibile atteso che l’espressione «patti di trasferimento patrimoniale» si riferisce, letteralmente, agli accordi traslativi della proprietà (o di altri diritti) con i quali i coniugi decidono, mediante il c.d. assegno una tantum (v., in particolare, l’art. 5, comma ottavo, della l. n. 898 del 1970), di regolare l’assetto dei propri rapporti economici una volta per tutte e di trasferire la proprietà o la titolarità di altri diritti sui beni da uno all’altro, anziché prevedere la corresponsione di un assegno periodico
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