Sovraindebitamento
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 07/03/2016 Scarica PDF
Il concetto di colpa nella legge n. 3/2012 sul sovraindebitamento del consumatore
Giuseppe Limitone, Presidente della sezione procedure concorsuali presso il Tribunale di VicenzaLa legge n. 3/2012 interviene, come il canto della civetta (che arriva alla fine del giorno), dopo che si sono rivelati i bisogni dell’uomo, che la legge stessa appunto va a regolare.
Tre sono le ragioni, tutte di pari importanza, che hanno indotto il Legislatore a regolare il fenomeno del sovraindebitamento del consumatore (e assimilati).
La prima risale al 1° gennaio del 2002, data di conversione della Lira in Euro, cui è seguita la progressiva perdita del potere di acquisto della moneta, stimata dopo 10 anni (2012) dal CODACONS nel 39,7/% in meno.
Chi guadagnava un milione di lire al mese si è ritrovato con € 500 in busta paga, ed un potere di acquisto pari a circa seicentomila lire.
Di conseguenza, considerato che la stragrande maggioranza degli italiani percepisce un reddito fisso, che non si è potuto adeguare (come quello, ad esempio, di artigiani, di commercianti e di professionisti) all’aumento del costo della vita (comunque progressivo per tutti i beni di largo consumo, con qualche eccezione, come per la telefonia fissa e mobile), l’incapacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni, che era stata appannaggio della sola categoria degli imprenditori commerciali, è invece divenuta un fatto riguardante larghissimi strati della popolazione, insomma l’insolvenza è divenuta un fenomeno di massa.
Pertanto, in primo luogo, la l. n. 3/2012 offre una risposta concreta all’esigenza collettiva di regolamentazione dell’insolvenza del consumatore (lato sensu considerato), inteso come soggetto non fallibile, introducendo anche il concordato (o la liquidazione giudiziale) del consumatore o del piccolo imprenditore.
In secondo luogo, anche come effetto collegato al precedente, negli ultimi dieci-dodici anni, non arrivando più le famiglie – come si dice - a fine mese, è andato aumentando il ricorso al prestito al consumo, non sempre seguendo i canali ufficiali, e comunque con la conseguenza dell’incremento abnorme dell’usura, con tassi di interesse soprasoglia, sicché, oltre alla perdita del potere di acquisto dello stipendio, gli Italiani si sono ritrovati anche con meno denaro a disposizione, assorbito dal progressivo debito di restituzione.
La l. n. 3/2012, che, per la parte relativa al sovraindebitamento, inizia dall’art. 6 (e non, come avviene di solito, dall’art. 1), nei primi cinque articoli si occupa di modifiche alla disciplina dell’usura e dell’estorsione, vuole essere infatti una risposta efficace dello Stato al fenomeno criminale, e, per quanto ci riguarda, alle sue conseguenze sul piano del sovraindebitamento, dando la possibilità ai consumatori di uscire esdebitati dalle morse degli usurai ed estorsori.
Infine, la l. n. 3/2012 colma il vuoto venutosi a creare nel tempo con il mutamento di mentalità (a partire dalle riforme del 2006) che ha riguardato l’evento fallimento (terminologia infamante ormai desueta ed in via di aggiornamento ad opera della Commissione RORDORF), non più inteso come un accidente solamente negativo e definitivo dell’imprenditore, ma come una possibile risorsa, dato che alla fine del percorso liquidatorio vi è comunque la possibilità dell’esdebitazione, che è anche tra gli obiettivi della Raccomandazione della Commissione UE 12 marzo 2014, che ha invitato gli Stati Membri a dare una seconda possibilità agli imprenditori (ed ai consumatori) onesti, i quali in questo modo potranno riprendere ad operare evitando di commettere gli errori del passato, e sollevati del debito anteriore rimasto insoddisfatto.
La legge, insomma, consente questa opportunità anche a tutti coloro che, fino alla sua emanazione, non potevano esdebitarsi perché non potevano accedere alle procedure concorsuali previste dalla legge fallimentare, in quanto solo all’esito di queste procedure (fallimento, concordato preventivo o fallimentare) era prevista l’esdebitazione.
Ora invece, colmata la disparità di trattamento tra soggetti fallibili e soggetti non fallibili, l’esdebitazione è alla portata di tutti, e questa è la terza ragione per cui la l. n. 3/2012 è stata emanata.
Amplissimo il bacino dei potenziali interessati a questa legge, solo esemplificando: i consumatori (in senso più ampio rispetto al concetto stretto di cui al codice di consumo), quindi i lavoratori dipendenti, i pensionati, casalinghe e disoccupati, etc.; gli imprenditori non fallibili perché al di sotto delle soglie di cui all’art. 1 l.f.; gli imprenditori agricoli; i professionisti e le società di professionisti (di engineering solo se sottosoglia, di avvocati in ogni caso); i soci fallibili di società di persone; i soci di società di capitali; i prestatori di garanzie, se escussi; le start up; gli imprenditori non più fallibili ex art. 10 l.f.; associazioni e fondazioni svolgenti attività non lucrativa o comunque sotto le soglie di fallibilità.
Sul piano oggettivo, il sovraindebitamento nasce essenzialmente dal ricorso sproporzionato al credito al consumo, ed il fenomeno interessa larghi strati della popolazione.
Infatti, secondo un’indagine riportata dal quotidiano La Repubblica del 29 novembre 2013, nel solo primo semestre del 2013 erano state aperte 71 mila posizioni nuove (almeno quelle “visibili”) di prestito alle famiglie, per un totale di circa € 23,4 mld, di cui deteriorate (insolventi) la metà circa, pari ad € 12,9 mld (fonte Banca d’Italia), e con riferimento a prestiti di entità media non superiore ad € 10.000,00.
Risultavano coinvolte in questi prestiti circa un milione e mezzo di famiglie, praticamente, con mogli, figli e nipoti, sei milioni di italiani, il 10% della popolazione.
Ora, si tratta di stabilire che atteggiamento si vuole tenere nei confronti di questa insolvenza di massa.
Il Legislatore ha dato una risposta chiara, sulla base di una considerazione realistica, e cioè che un soggetto sovraindebitato, che non è in grado di restituire il prestito, né lo sarà mai, rimane un soggetto improduttivo per sempre, specialmente a livello macroeconomico.
I suoi creditori non rivedranno, comunque, mai più i loro soldi.
Al contrario, un soggetto esdebitato, al quale, secondo la Raccomandazione Europea, se onesto, va data una seconda possibilità, riprenderà a produrre un reddito (magari aprendo una gelateria), assumerà forse una o due persone, che muoveranno denaro e che pagheranno le imposte, determinando, a livello dei grandi numeri, una piccola ripresa economica.
Ben lo sanno le economie più forti del mondo, e cioè quella statunitense e quella tedesca, ma anche quella francese, che non lesinano le esdebitazioni a chi non è più in grado di far fronte al suo debito, così favorendo anche, nel medio periodo, la ripresa economica.
Negli USA il Bankruptcy Act, con il Chapter 7 (liquidation) con l’esdebitazione immediata, ed il Chapter 13 (rehabilitation) con l’esdebitazione solo all’esito del piano di pagamento; in Francia una legislazione che favorisce le famiglie senza troppi distinguo sulle cause del sovraindebitamento ed in Germania circa 100.000 esdebitazioni all’anno fanno pensare che la logica del perdono, praticata dalle economie più forti del mondo, possa avere dei risvolti non solo di pregnanza religiosa, ma anche, e soprattutto, per quanto qui interessa, di rilievo macroeconomico, nel senso che i “perdonati” onesti possono concorrere alla ripresa economica molto di più che restando a piangere sui propri debiti.
Questo dovrebbe essere il fresh start, se si vuole dare una sferzata positiva all’economia di questi tempi.
Tuttavia, la l. n. 3/2012 non ha ancora avuto il riscontro applicativo che merita, per lo più per difficoltà legate all’interpretazione del concetto di colpa nel sovraindebitarsi, che rende in pratica immeritevoli della sua tutela la più parte dei potenziali fruitori.
Chi è senza colpa nell’essersi sovraindebitato scagli la prima pietra.
Così ragionando, però, nessuno potrà dirsi di fatto meritevole dei benefici previsti dalla legge, la quale, all’art. 12bis, prevede che il giudice può omologare il piano del consumatore (che non abbisogna dell’approvazione dei creditori) “quando esclude che il consumatore ha assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali”, cioè praticamente mai, salvo i casi in cui il sovraindebitamento sia l’effetto (evento) di un fatto sopravvenuto ed imprevedibile, come la perdita del posto di lavoro, o la separazione e il divorzio, un infortunio o una malattia inaspettata, etc.
Ma la legge non ha affatto inteso costruire il sovraindebitamento come una situazione-evento sopravvenuta, cioè come l’effetto di una causa aliunde posita, ma come una situazione presupposta, cioè la causa di fatto che legittima il ricorso alla legge: non l’effetto di un contegno dunque, ma causa legittimante.
Il che trova lampante spiegazione proprio nella collocazione del testo normativo e nella sua ratio manifesta, che è quella di far fronte al fenomeno dell’usura e dell’estorsione, cioè alle migliaia di persone strozzinate già quando la legge (proprio per loro) è stata emanata, e che la legge stessa voleva aiutare a tirarsi fuori dai guai.
Altro che evento imprevedibile e sopravvenuto.
Situazione di fatto preesistente alla legge, invece.
Infatti, nelle legge n. 3/2012 non esiste alcun requisito che riguardi eventi sopravvenuti, anzi il sovraindebitamento è visto come una conseguenza di ulteriori indebitamenti, senza riferimenti (in termini oggettivi) alle cause, e sovente frutto di un processo graduale al quale può essere molto difficoltoso, se non persino impossibile, porre rimedio in itinere: si pensi ad es. all’aumento incessante e verticale del costo della vita ed alla contemporanea stasi, quando non è anche una riduzione, dei redditi di lavoro, che porta in modo graduale ed inarrestabile un nucleo familiare verso la povertà, senza alcun contegno che possa dirsi in alcun modo riprovevole, cioè senza alcuna colpa, del debitore.
Oltre al caso di chi ha subito l’usura, che certo non può ricondursi alla tipologia dell’evento sopravvenuto ed imprevedibile, si consideri anche il caso del ludopatico (giocatore compulsivo, non capace di determinarsi diversamente), che pure si indebita progressivamente, al di fuori di qualsiasi shock esogeno.
Il caso esaminato dal Tribunale di Pistoia con il decreto del 27 dicembre 2013 (Il Caso.it, 2014, 9947) è emblematico nel senso indicato, infatti un genitore si era indebitato, e poi sovraindebitato, per far fronte alle nuove esigenze sorte a causa della malattia del figlio (già imprenditore), andando a contrarre nuovi debiti per far fronte al crescente indebitamento: proprio l’aver contratto l’ultimo debito con una società finanziaria, essendo in una situazione già di serio indebitamento, ha fatto sì che il Tribunale in sede (collegiale) di reclamo revocasse il decreto del giudice monocratico che aveva omologato il piano del consumatore.
Al contrario, in una situazione di questo tipo, in cui il sovraindebitamento è comunque collegato causalmente con l’iniziale evento sopravvenuto ed imprevedibile (la malattia del figlio convivente), il debitore deve essere ritenuto senza colpa anche volendo (erroneamente) ipotizzare che la legge si applichi solo ai casi di eventi successivi che comportino shock esogeni.
I debiti successivi vengono contratti per far fronte al crescente indebitamento, tutti i debiti sono collegati causalmente con l’evento originario che ha scatenato la necessità del prestito.
La situazione deve essere globalmente valutata come immune da colpa: quale colpa avrebbe chi ha dovuto contrarre dei debiti in uno stato simile di necessità? E che alternative aveva?
In realtà, come si è detto, la legge copre le situazioni ad essa pregresse allo stesso modo di quelle che si sono create in modo improvviso dopo la sua emanazione, sicché non è affatto fuor di luogo declinarne l’applicazione anche ai casi in cui il sovraindebitamento sia il mero frutto di un processo graduale durante il quale nessun rilievo colposo possa essere mosso al sovraindebitato circa le cause che lo hanno condotto a tal punto (ad es. il costo della vita che aumenta e gli stipendi che restano fermi o diminuiscono), mentre certo non gli si può precludere l’accesso alla procedura perché si rendeva conto di sovraindebitarsi, visto che comunque non ha creato con colpa le condizioni di base del maggior debito.
Essenziale rimane l’esame delle ragioni (sia oggettive che soggettive) che hanno determinato il sovraindebitamento: erano bisogni essenziali o voluttuari? Il cibo o le vacanze? L’utilitaria per andare a lavorare e dar da mangiare ai figli o l’auto sportiva?
E il consumatore aveva alternative? Oppure si è trovato costretto ad agire per evitare il peggio?
Tutti questi elementi debbono concorrere alla valutazione della colpa del consumatore, tenendo sempre presente che di colpa non si può parlare in assenza di alternative valide.
In tal modo, forse anche l’Italia, come le altre potenze economiche mondiali, potrà giovarsi dell’aiuto alla ripresa economica di questi milioni di persone, destinati altrimenti alla produzione di un reddito non visibile o di nessun reddito.
In questo caso, lo si percepisce, il perdono avrebbe non tanto valenza religiosa, come nel Vangelo di Luca (7, 36-50, in cui, educativamente, viene concesso indistintamente a chi non ha di che restituire)[1], quanto invece economica, anzi invero macroeconomica.
[1] La peccatrice perdonata
[36]Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. [37]Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; [38]e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
[39]A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice». [40]Gesù allora gli disse: «Simone, ho una cosa da dirti». Ed egli: «Maestro, dì pure». [41]«Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. [42]Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?». [43]Simone rispose: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». [44]E volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. [45]Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. [46]Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. [47]Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco». [48]Poi disse a lei: «Ti sono perdonati i tuoi peccati». [49]Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?». [50]Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; và in pace!».
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