EsecuzioneForzata
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 27/10/2015 Scarica PDF
Il procedimento di espropriazione della quota di S.r.l.
Pietro Gobio Casali, Avvocato in Mantova1. Il pignoramento della quota. – 2. La fase successiva al pignoramento. – 3. Vendita e assegnazione.
1. Il pignoramento della quota
Nella società a responsabilità limitata, a differenza che in quella per azioni, il capitale è diviso in parti in base al numero dei soci e ciascuno diviene titolare di un’unica quota di partecipazione. Questa, secondo la giurisprudenza, esprime una posizione contrattuale che va considerata come un bene immateriale equiparato ai beni mobili materiali[1]. A tal proposito è stato osservato che “la riforma del 2003, ammettendo all’art. 2471 bis che la quota possa essere oggetto di pegno, usufrutto o sequestro, ha sciolto definitivamente ogni dubbio sulla natura della quota quale cosa mobile”[2].
La partecipazione in una s.r.l. può formare oggetto di espropriazione da parte dei creditori personali del socio[3], ma il codice di procedura civile non contiene alcuna disposizione specifica sul relativo procedimento[4]; è invece l’art. 2471 c.c. a contenere alcune scarne indicazioni processuali. La norma stabilisce anzitutto che “il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese”.
Prima che la riforma del 2003 introducesse questa disposizione, si riteneva che la procedura dovesse seguire le forme dell’esecuzione presso terzi, considerate le uniche utilizzabili[5]. La riforma non ha avuto un effetto chiarificatore se ancora oggi vi sono sostenitori di questa tesi[6], ma per l’orientamento prevalente ora si tratta di un pignoramento “diretto” da eseguirsi secondo quanto previsto dall’art. 2471 c.c.[7]
A parte il fatto che manca testualmente un richiamo all’art. 543 c.p.c., l’opinione prevalente va condivisa, in quanto non è necessario l’impiego delle forme dell’esecuzione presso terzi, che ricorrono quando è essenziale l’apporto di un terzo per identificare l’oggetto del pignoramento. L’identificazione della quota risulta dal registro delle imprese e la società nella persona del suo amministratore – quale terza pignorata – nulla potrebbe dichiarare che possa integrare il pignoramento[8].
L’esecuzione presso terzi comportava poi il rischio che il rappresentante della società omettesse di rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., costringendo il creditore ad instaurare un inutile giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo; ma di recente la disciplina della mancata dichiarazione del terzo è stata modificata in senso favorevole al procedente[9].
Il pignoramento sarà quindi un atto che conterrà, oltre ai dati relativi alle parti, al titolo esecutivo e al precetto, l’ingiunzione ex art. 492 c.p.c., l’indicazione specifica della partecipazione, l’ammontare nominale della quota da espropriare, la denominazione e la sede della società[10]. Lo schema sarà quindi più simile a quello del pignoramento immobiliare, sebbene differisca per la presenza di un terzo chiamato a collaborare nell’ambito della procedura[11].
Dopo la notifica il pignoramento deve essere iscritto nel registro delle imprese, affinché sia opponibile ai terzi[12]. La legge non specifica a carico di chi sia l’iscrizione, da effettuarsi ora in via telematica[13]: in analogia con quanto disposto per la trascrizione del pignoramento immobiliare (art. 555 c.p.c.) si profila una legittimazione concorrente del creditore e dell’ufficiale giudiziario, ma di fatto dovrà provvedervi il primo, risultando improbabile che la effettui il soggetto che ha eseguito la notifica[14].
L’art. 2471 c.c., come novellato nel 2003, disponeva altresì che “gli amministratori procedono senza indugio all’annotazione nel libro soci”; la norma è stata però soppressa dal D.L. n. 185/2008 (convertito nella L. n. 2/2009) che ha abolito il libro soci nella s.r.l.[15]
Se si tratta di pignoramento “diretto” c’è il problema della competenza territoriale: la natura immateriale della quota rende infatti inapplicabile il criterio della competenza del giudice del luogo in cui la cosa si trova (art. 26 c.p.c.). Visto che il pignoramento va iscritto nel registro delle imprese, si può allora richiamare l’art. 2470 c.c. laddove prevede che l’atto di trasferimento delle partecipazioni va depositato presso l’ufficio “nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale”; pertanto per la procedura esecutiva dovrebbe essere competente il tribunale del luogo in cui si trova la sede della società[16].
2. La fase successiva al pignoramento
L’art. 2471 c.c. non dice nulla sugli adempimenti da eseguirsi successivamente all’iscrizione del pignoramento nel registro delle imprese. Secondo quanto ora previsto per tutti i tipi di espropriazione forzata, dopo la notifica del pignoramento il creditore deve farsi restituire gli atti dall’ufficiale giudiziario e iscrivere a ruolo tempestivamente la procedura in via telematica[17].
Seguendo la disciplina generale dell’espropriazione forzata, entro quarantacinque[18] giorni dalla notifica del pignoramento il creditore deve poi presentare l’istanza di vendita (art. 497 c.p.c.)[19]. Ad essa sarebbe bene allegare, oltre al certificato dell’avvenuta iscrizione nel registro imprese, l’atto costitutivo della società e la visura camerale, così che il giudice appuri il valore nominale della partecipazione e l’esistenza di eventuali vincoli alla sua circolazione[20]: come vedremo, infatti, se essa non è liberamente trasferibile la procedura segue un percorso particolare.
In questa fase può essere opportuna la nomina di un custode della quota[21], il quale eserciti diligentemente i diritti patrimoniali e corporativi, anche alla luce di quanto dispone l’art. 2352 c.c. in caso di sequestro delle azioni (richiamato dall’art. 2471 bis c.c.). L’istanza per la sua nomina potrebbe essere contestuale a quella di vendita; ma è dubbio se il potere di nominare il custode - in sostituzione del debitore – spetti all’ufficiale giudiziario ex art. 520 c.p.c. o al giudice ex art. 559 c.p.c.[22]; anche in base a quanto disposto da entrambe le norme, sarà comunque necessario un impulso del creditore.
Se la partecipazione è liberamente trasferibile, la fase liquidativa si svolge con le modalità stabilite dagli artt. 529 c.p.c. e seguenti che siano compatibili con la natura di tale partecipazione e con la disciplina specifica per essa prevista dal legislatore[23]. Del resto pure il codice della proprietà industriale, che tratta di beni immateriali, in tema di esecuzione rimanda alle norme per l’espropriazione dei beni mobili (art. 137 D.Lgs. n. 30/2005).
Se quindi si applica l’art. 530 c.p.c., a seguito della domanda di vendita il giudice deve fissare un’apposita udienza – invece che provvedere direttamente – solo se il valore del bene pignorato supera i ventimila euro[24]. Se la quota non è liberamente alienabile è però necessario che venga fissata sempre l’udienza per discutere le modalità della vendita, visto che l’art. 2471 c.c. (come vedremo) impone il tentativo di un accordo tra le parti prima di un eventuale incanto. Proprio per favorire quest’accordo è opportuno che l’ordinanza di fissazione dell’udienza venga comunicata alla società, anche se nessuna norma lo impone.
Se l’accordo manca - e comunque se la partecipazione è trasferibile senza vincoli - già all’udienza il giudice può nominare un consulente per stimare il suo valore[25]: quello nominale, pari alla frazione del patrimonio sociale che la quota rappresenta, è infatti probabilmente fuorviante.
Se però si considera che nell’esecuzione mobiliare la nomina del ctu non è obbligatoria[26], si potrebbe fare a meno dello stimatore e prendere come riferimento l’importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio. Così, se il patrimonio netto è di centomila euro e la quota rappresenta il 20% del capitale, si potrebbe mettere in vendita la quota al prezzo di ventimila euro.
La voce “patrimonio netto” dello stato patrimoniale (art. 2424 c.c.), infatti, indica la differenza tra l’attivo e il passivo e rappresenta la ricchezza della società; ad essa si fa appunto riferimento per determinare il valore di una quota o di un pacchetto azionario[27]. Ed al valore risultante dal bilancio fa riferimento l’art. 2466 c.c. per determinare il prezzo della vendita forzata della partecipazione del socio che non esegue i conferimenti[28].
Evitare la perizia di stima, con tutti gli adempimenti conseguenti, consente un notevole risparmio di tempi e di costi, soprattutto considerando che in alcuni casi il compenso del consulente tecnico potrebbe addirittura superare il valore del bene[29]. Del resto la partecipazione in una s.r.l. non ha un vero e proprio mercato e quindi un relativo valore: è appunto questa la ragione per cui raramente i creditori intraprendono la sua espropriazione.
Se poi gli aspiranti acquirenti vogliono farsi un’idea del presumibile valore effettivo, possono consultare i bilanci della società depositati presso il registro delle imprese, che sono gli stessi documenti sui quali dovrebbe evidentemente fondarsi la stima del ctu.
3. Vendita e assegnazione
Se la quota è liberamente trasferibile ne viene disposta la vendita, da effettuarsi probabilmente all’incanto, stante la natura di bene mobile iscritto in un pubblico registro e stante il riferimento a questa modalità contenuto nell’art. 2471 comma 3 c.p.c.[30] In applicazione del novellato art. 534 bis c.p.c. il giudice deve delegare le operazioni di vendita. Essendo arduo reperire degli acquirenti è opportuno che ai sensi dell’art. 534 coma 2 c.p.c. si disponga la pubblicità straordinaria indicata dall’art. 490 comma 3 c.p.c. ed eventualmente quella del comma 2, pur non essendo scontata la qualifica della quota come “bene mobile registrato”[31].
“L’ordinanza del giudice che dispone la vendita della partecipazione deve essere notificata alla società a cura del creditore” (art. 2471 comma 2 c.c.); ciò consente agli altri soci di intervenire e farsela aggiudicare, impedendo che vada ad estranei non graditi.
Se invece la partecipazione non è liberamente trasferibile, il creditore, il debitore e la società devono accordarsi sulla vendita e, solo in difetto di accordo, questa ha luogo all’incanto (art. 2471 comma 3 c.c.)[32]. L’accordo potrà comprendere le modalità della cessione, il prezzo e il nominativo dell’acquirente; dovrà poi essere formalizzato all’udienza ex 530 c.p.c., in modo che il giudice possa prenderne atto e disporre l’aggiudicazione[33].
Sempre con riguardo all’ipotesi di non libera trasferibilità – e sempre per consentire ai soci un controllo sui componenti della compagine sociale - l’art. 2471 comma 3 c.c. aggiunge che la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall’aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offre lo stesso prezzo[34]. La nuova offerta opera come condizione risolutiva dell’acquisto precedente, ma deve essere accompagnata dal versamento della somma[35], altrimenti il meccanismo processuale rischia di arrestarsi in un punto morto. Il giudice deve contestualmente ordinare la restituzione del prezzo all’aggiudicatario estromesso.
Se l’asta va deserta, in applicazione dell’art. 538 c.p.c. va fissato un nuovo incanto al prezzo ribassato di un quinto[36]; ma anch’esso può rimanere senza esito, essendo in effetti arduo reperire un terzo interessato all’acquisto della quota, secondo quanto si è già rilevato.
Se la stessa resta invenduta i creditori possono chiederne l’assegnazione, per il prezzo fissato a norma dell’art. 535 comma 2 c.p.c. e quindi con le modalità dell’espropriazione mobiliare presso il debitore[37]. Ciò nonostante la recente modifica dell’art. 538 c.p.c. faccia pensare alla (incomprensibile) eliminazione della possibilità di chiedere l’assegnazione in questo tipo di espropriazione[38]. Va invece escluso che si possa chiedere subito l’assegnazione in alternativa alla vendita, essendo ciò consentito solo per le cose il cui valore risulti da listino di mercato (art. 529 comma 2 c.p.c.)[39].
Per “monetizzare” il subentro nella posizione di socio, il creditore assegnatario tenterà di recedere prima possibile dalla società, così da ottenere il rimborso della partecipazione ai sensi dell’art. 2473 c.c., ma va considerato che di solito il recesso non è per nulla agevole[40].
In assenza di richieste di assegnazione, alla luce dell’art. 535 comma 2 c.p.c. è prospettabile la fissazione di un ulteriore incanto senza prezzo minimo[41]. Infatti, se da un lato la vendita deve avvenire al prezzo migliore per soddisfare i creditori, dall’altro è bene che questi possano contare almeno su un ricavato – seppur insoddisfacente – invece che terminare la procedura con il bene invenduto.
Pur in assenza di una specifica disposizione, al termine dell’esecuzione anche il provvedimento di aggiudicazione va iscritto presso il registro delle imprese, conformemente al regime pubblicitario previsto dall’art. 2470 c.c. Anche se non è chiaro chi debba provvedere al relativo deposito, appare ragionevole prospettare una legittimazione concorrente del cancelliere e dell’aggiudicatario[42].
[1] Cfr. Cass., 21 ottobre 2009, n. 22361, in Giur. Comm., 2010, 6, 1112, con nota di Parmigiani; Cass., 26 maggio 2000, n. 6957, in Giur. It., 2000, 2309, con nota di Grassi Reverdini.
[2] GALGANO, Le società, Bologna, 2003, 456.
[3] L’art. 2471 c.c., con un enunciato che può apparire superfluo, si apre appunto stabilendo che “la partecipazione può formare oggetto di espropriazione”. Va ricordato che, secondo la tesi dominante, i creditori del socio di società di persone non possono invece espropriare la sua quota: cfr. di recente COTTINO, Diritto societario, Padova, 2011, 75 ss.; Cass., 7 novembre 2002, n. 15605, in Giur. It., 2003, 1866, ha peraltro affermato che ciò è possibile laddove la quota sia liberamente trasferibile.
[4] Il fatto appare curioso se si considera che il codice di procedura civile disciplina invece fattispecie a dir poco rare quali il pignoramento dei bachi da seta (art. 516 c.p.c.).
[5] Cfr. Cass., 12 dicembre 1986, n. 7409, in Foro It., 1987, I, 1101; CORSARO - BOZZI, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano, 1987, 206. Di recente, però, nella giurisprudenza di merito si era fatta strada la tesi secondo cui il pignoramento si esegue mediante iscrizione nel registro delle imprese: cfr. Trib. Milano, 17 febbraio 2000, in Giur. It., 2000, 2069 (e 2109); Trib. Torino, 9 ottobre 2002, ivi, 2003, 70, con nota di Corsini. Per una sintesi delle varie tesi prima della riforma cfr. ACONE, Note in tema di pignoramento di quote di società a responsabilità limitata, in Riv. esecuz. forzata, 2004, 627 ss.
[6] Cfr. Trib. Melfi, 13 gennaio 2010, in Giust. Civ., 2010, 5, 1245, con nota di Gasperini; FERRARA – CORSI, Gli imprenditori e le società, Milano, 2006, 914.
[7] Cfr. Cass., 18 giugno 2014, n. 13903; Trib. Parma, 24 maggio 2013, in www.ilcaso.it, 9135; Idem, 20 maggio 2013, ivi, 9292; Trib. Udine, 18 febbraio 2013, in Giur. It., 2013, 864, con nota di Gobio Casali. Nello stesso senso in dottrina ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, in Cod. Civ. Comm., diretto da Busnelli, Milano, 2010, 683 ss.; MANDRIOLI, Diritto processuale civile, IV, Torino, 2015, 119; MONTESANO – ARIETA, Tratt. dir. proc. civ. (banca dati), a cura di Arieta, Padova, 2009; CORSINI, L’espropriazione di una quota di società a responsabilità limitata tra diritto vigente e prospettive di riforma (con qualche accenno al pignoramento di azioni non emesse), in Giur. It., 2003, 71. Sul punto si vedano anche CRIVELLI, Pignoramento presso terzi, Milano, 2011, 35 ss.; CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, in Tratt. dir. comm., diretto da Cottino, V, 1, Padova, 2007, 152.
[8] Pure la dichiarazione circa precedenti sequestri o pignoramenti è superflua, visto che dovrebbero essere iscritti nel registro delle imprese. Quanto agli utili, rientrano nel pignoramento della quota, che ex art. 2912 c.c. si estende ai suoi frutti, i quali ex art. 509 c.p.c. vanno a comporre la somma da distribuire. La notifica del pignoramento alla società, oltre ad avere scopi informativi (anche per l’annotazione nel libro soci, quando era vigente), potrebbe avere appunto lo scopo di impedire alla società di distribuire gli utili pignorati, anche se in realtà – seguendo la tesi del pignoramento diretto – la società non diviene custode del bene (e non è destinataria dell’ingiunzione ex 492 c.p.c.). In merito all’accertamento degli utili da distribuire ai creditori in sede esecutiva va ricordato che “la decisione dei soci che approva il bilancio decide sulla distribuzione degli utili ai soci” (art. 2478 bis c.c.).
[9] La Legge n. 228/2012 e successivamente la Legge n. 162/2014 hanno infatti modificato gli artt. 548 e 549 c.p.c. relativi alla mancata o contestata dichiarazione del terzo pignorato, introducendo una disciplina più snella in cui il silenzio del terzo equivale al riconoscimento del credito.
[10] Cfr. ACONE, op. cit., 635; CORSINI, op. cit., 72. Per una esemplificazione della struttura dell’atto si veda FANTICINI – GHIACCI, L’esecuzione civile: formulario commentato, Torino, 2015, 233.
[11] Cfr. MAJORANO, L’espropriazione presso terzi, in L’esecuzione forzata riformata, a cura di Miccolis – Perago, Torino, 2009, 202.
[12] Cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 2011, 966; CAGNASSO, op. cit., 153; ZANARONE, op. cit., 677. Cass. pen., 18 febbraio 2015, n. 11302, ha precisato che ai fini del vincolo di indisponibilità è sufficiente la notifica del pignoramento, mentre la successiva iscrizione al registro delle imprese rileva ai soli fini dichiarativi.
[13] Come ricorda PICCININI, Commento all’art. 2471 c.c., in Codice commentato delle s.r.l., diretto da Benazzo e Patriarca, Torino, 2006, 190 (nt. 57), ora le Camere di Commercio accettano per l’iscrizione solo documenti in formato elettronico, trasmessi mediante intermediario abilitato con firma digitale. Con circolare n. 3615/c in data 8 febbraio 2008 il Ministero dello sviluppo economico ha dettato le istruzioni per la compilazione della modulistica elettronica per l’iscrizione e il deposito degli atti nel registro delle imprese (in essa si precisa che il modulo S6 va utilizzato per pure per l’iscrizione del pignoramento).
[14] In più dal modulo S6 della circolare citata alla nota precedente si ricava che è il creditore il soggetto obbligato a presentare la domanda al registro delle imprese. Secondo CRIVELLI, op. cit., 42, invece, l’iscrizione non può che spettare all’ufficiale giudiziario.
[15] L’abolizione, dettata per esigenze di semplificazione, rischia in realtà di complicare le cose: cfr. COTTINO, op. cit., 641. Sul punto vedasi Trib. Verona, 5 ottobre 2009, in Giur. It., 2010, 612.
[16] Per GASPERINI, L’espropriazione delle partecipazioni di società, in Le espropriazioni presso terzi, a cura di F. Auletta, Bologna, 2011, 494, tale competenza vale in quanto la sede della società è il luogo in cui si esercitano le facoltà connesse alla partecipazione societaria quale “posizione contrattuale obiettivata”. Non dovrebbe influire sulla competenza territoriale la Legge n. 27/2012 (di conversione del D.L. n. 1/2012), che ha modificato l’art. 3 D.Lgs. n. 168/2003 stabilendo che appartengono alla competenza delle sezioni specializzate – presenti solo presso alcuni tribunali – i procedimenti relativi alle s.r.l. e in particolare quelli “relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti”. La norma si riferisce infatti ai trasferimenti volontari; si ricorda inoltre che la competenza del giudice dell’esecuzione forzata è funzionale e inderogabile (cfr. Cass., 26 maggio 1994, n. 5180).
[17] In applicazione della disciplina sulla espropriazione mobiliare, l’iscrizione a ruolo deve avvenire entro il termine perentorio di quindici giorni decorrenti da quando l’ufficiale giudiziario ha restituito gli atti al creditore (art. 518 comma 6 c.p.c.). Secondo la Legge n. 162/2014 a decorrere dal 31 marzo 2015 il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. L’art. 14 D.p.r. 115/2002 stabilisce che, nei processi di espropriazione forzata, è tenuta al pagamento del contributo unificato la parte che fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati; pertanto tale contributo non deve essere pagato già al momento della mera iscrizione a ruolo (v. circolare ministeriale del 3 marzo 2015).
[18] I precedenti novanta giorni sono stati ridotti a quarantacinque dal D.L. n. 83/2015, convertito nella Legge n. 132/2015.
[19] Cfr. Trib. Parma, 24 maggio 2013, cit.; Idem, 20 maggio 2013, cit.
[20] Cfr. PICCININI, op. cit., 191.
[21] Ciò in quanto, come rileva SOLDI, op. cit., 966, il pignoramento si estende al complesso di diritti e situazioni giuridiche connesse che spettano al debitore nella sua qualità di socio. Secondo Cass., 9 dicembre 1992, n. 13019, in Giust. Civ., 1993, I, 3303, “in conseguenza del pignoramento il singolo socio rimane tale e non perde il diritto di proprietà della quota, né la legittimazione a disporre di essa e neppure l’esercizio di tutti gli altri diritti, obbligatori e amministrativi inerenti la qualità di socio”. Si ricordi però che il pignoramento contiene l’ingiunzione a non compiere atti diretti a sottrarre il bene e i suoi frutti alla garanzia del credito (art. 492 c.p.c.). Trib. Roma, 27 aprile 2011, in Giur. Comm., 2012, 6, 1260, con nota di D'Aiuto, ha poi affermato che “in ipotesi di pignoramento delle azioni o quote sociali, sia il socio sia il creditore pignorante possono ritenersi legittimati ad esercitare, in concorso fra loro, l'azione di responsabilità e le azioni cautelari di revoca dell'amministratore”.
[22] Per la prima opzione v. ACONE, op. cit., 636; MANDRIOLI, op. cit., 120 (nt. 27). Per la seconda v. GASPERINI, Pignoramento e sequestro di partecipazioni sociali, Torino, 2007, 122 ss. Secondo ZANARONE, op. cit., 689, competente in prima battuta è l’ufficiale giudiziario “mentre, una volta depositata l’istanza di vendita, è il giudice che dispone la sostituzione del custode nominando in suo luogo un istituto appositamente autorizzato”.
[23] Cfr. Trib. Milano, 8 ottobre 2014, in Giur. It., 2015, 858, con nota di Gobio Casali; GASPERINI, op. cit., 322. Per l’applicazione delle norme sull’esecuzione mobiliare si pronunciano pure ZANARONE, op. cit., 688; MONTESANO – ARIETA, op. cit., i quali contestano la tesi risalente secondo cui sarebbero applicabili le norme sull’espropriazione dei beni indivisi di cui agli artt. 599 ss. c.p.c.
[24] In questa fase, in mancanza di altri elementi, il giudice non può che accertare il superamento del limite dei ventimila euro in base al valore nominale della quota.
[25] Sulla nomina dello stimatore cfr. PICCININI, op. cit., 191; MONTESANO – ARIETA, op. cit.; SOLDI, op. cit., 968, secondo cui la nomina del consulente può avvenire con le modalità previste per l’esecuzione immobiliare.
[26] In sede di pignoramento è l’ufficiale giudiziario che determina il presumibile valore di realizzo del bene, con l’assistenza di uno stimatore “se ritenuta utile o richiesta dal creditore” (art. 518 c.p.c.). In sede d’incanto il giudice fissa il prezzo di apertura “sentito quando occorre uno stimatore” o “autorizza, se le circostanze lo consigliano, la vendita al miglior offerente senza determinare il prezzo minimo” (art. 535 c.p.c.).
[27] Cfr. SANGIOVANNI, Contratto di cessione di partecipazioni sociali e clausole sul prezzo, in Contratti, 2011, 1163; GALGANO, op. cit., 356. Ovviamente il patrimonio netto è iscritto al passivo del bilancio per mere ragioni contabili (c.d. passivo ideale), non rappresentando una vera e propria passività: v. di recente CIAN, Diritto commerciale, II, Torino, 2014, 551.
[28] Pure l’art. 2426 n. 4 c.c., con riguardo alla valutazione in bilancio delle partecipazioni in imprese collegate, fa riferimento alla frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio. L’art. 2473 c.c., relativo al recesso del socio dalla s.r.l., stabilisce invece che egli ha diritto al rimborso in proporzione del patrimonio sociale, precisando che “esso a tal fine è determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso”. Infine ricordiamo che, in tema d'imposta sulle donazioni o successioni, il valore di una partecipazione societaria va calcolato, ai sensi dell'art. 16, lett. b), D.lgs. 346/1990, in base al patrimonio netto della società risultante dalla redazione dell'ultimo bilancio approvato o dall'ultimo inventario.
[29] Si consideri il caso di una piccola s.r.l., con il capitale sociale minimo (diecimila euro), in cui il debitore ha una quota del valore nominale di mille euro.
[30] Così MONTESANO – ARIETA, op. cit.; così anche GASPERINI, op. cit., 323 ss. Secondo PICCININI, op. cit., 191, invece, se la partecipazione è liberamente trasferibile la vendita può avvenire a mezzo commissionario. Si ricordi che in tema di espropriazione mobiliare il novellato l’art. 532 c.p.c. si apre ora stabilendo che “il giudice dell’esecuzione dispone la vendita senza incanto o tramite commissionario dei beni pignorati”; tuttavia, come si è detto, la disciplina dell’espropriazione mobiliare è da applicarsi in quanto compatibile. In più, come si è anticipato, l’art. 2471 comma 3 c.c. fa esplicito riferimento alla vendita all’incanto.
[31] Trib. Milano, 17 febbraio 2000, cit., riconduce però la quota alla categoria dei beni mobili registrati.
[32] Ai sensi dell’art. 2471 comma 4 c.c. le norme sulla vendita di quota non liberamente trasferibile si applicano anche in caso di fallimento di un socio. Cass., 14 gennaio 2005, n. 691, in Giur. It., 2005, 1429, ha poi precisato che tali norme si applicano anche se la non libera trasferibilità derivi da una clausola statutaria di prelazione. Secondo taluni non è invece consentita l’espropriazione se c’è il divieto assoluto di alienazione: in tal senso GALGANO, op. cit., 460; contra SANTINI, Società a responsabilità limitata, in Commentario del cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna - Roma, 1971, 141. Quest’ultima sembrerebbe la tesi da seguire, visto che l’art. 2471 c.c. si apre statuendo che “la partecipazione può formare oggetto di espropriazione”, senza ulteriori precisazioni, e del resto la nozione di “partecipazione non liberamente trasferibile” dovrebbe comprendere l’ipotesi del divieto di alienazione.
[33] GRAMAGLIA, Guida al processo civile, Milano, 2001, 179: “il giudice si limiterà, pertanto, ad aggiudicare la quota pignorata alla persona indicata o, comunque, a concedere un termine a quest’ultima, affinché si determini e, in caso positivo, provveda al versamento del prezzo, che sarà poi assegnato al creditore procedente”. Così anche GASPERINI, op. cit., 330 ss.; sul punto si veda pure ROSSI, Sull’espropriazione di quote di società a responsabilità limitata, in Giur. Comm., 1999, 5, 531 ss.
[34] Secondo Cass., 29 febbraio 2008, n. 5493, tale disposizione si applica anche qualora l’aggiudicazione sia avvenuta a favore di un socio della società, a meno che la previsione statutaria di intrasferibilità non sia limitata al caso del trasferimento della quota ad un non socio. Per Cass., 11 giugno 1980, n. 3715, in Giust. Civ., 1980, I, 2702, la facoltà di designare il nuovo acquirente appartiene, salvo diversa disposizione statutaria, all’assemblea e non agli amministratori; la dottrina è però orientata in senso contrario: cfr. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, II, Torino, 2009, 568 (nt. 30); FERRARA – CORSI, op. cit., 915 (nt. 2); SANTINI, op. cit., 142.
[35] Cfr. SANTINI, op. cit., 143.
[36] Per un’applicazione si veda Trib. Bologna, 14 maggio 2007, in www.ilcaso.it, 567. Corte Cost., 30 maggio 2008, n. 186, in Giur It., 2009, 667, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2471 c.c. e 538 c.p.c. nella parte in cui non prevedono – in caso di mancata vendita della quota anche dopo il secondo incanto – la possibilità di disporne un altro a prezzo ribassato fino a un quinto, senza che la società possa presentare un altro acquirente che offra lo stesso prezzo entro dieci giorni dall’aggiudicazione.
[37] Così Cass., 1 ottobre 1997, n. 9577, in Giur. Comm., 1999, 5, 531, con nota di Rossi. Nello stesso senso MONTESANO – ARIETA, op. cit.
[38] Trib. Milano, 8 ottobre 2014, cit., ha affermato la possibilità di assegnare la quota dopo un primo tentativo di vendita, nonostante la nuova formulazione dell’art. 538 c.p.c. La riforma del 2006 ha soppresso l’art. 538 c.p.c. nella parte in cui prevedeva la possibilità di chiedere l’assegnazione dei beni pignorati, ma PENZA, L’espropriazione mobiliare, in Il nuovo rito civile, III, a cura di Demarchi, Milano, 2006, 297, osserva giustamente che “tale esclusione appare, più che altro, come un effetto non voluto della riforma dell’art. 538 c.p.c., anche perché non se ne comprende la ratio”, precisando che la richiesta di assegnazione è proponibile, come nel precedente sistema, dopo il primo tentativo di vendita; nello stesso senso ACONE, Il pignoramento e la vendita mobiliare, in Il processo civile di riforma in riforma, a cura di Consolo, Milano, 2006, 40. In effetti l’assegnazione dovrebbe considerarsi istituto di applicazione generale; non manca però chi ritiene che, alla luce della modifica dell’art. 538 c.p.c., non vi sia più la possibilità di chiedere l’assegnazione nell’espropriazione mobiliare: cfr. L. FERRI, L’assegnazione e la vendita, in La nuova esecuzione forzata, a cura di Demarchi, Bologna, 2009, 446; SOLDI, op. cit., 555.
[39] Così GASPERINI, op. cit., 322. Per Cass., 4 aprile 1997, n. 2926, in Foro It., 1999, I, 1616, è però legittima l’assegnazione della quota al creditore subito dopo la dichiarazione del terzo resa ex art. 547 c.p.c.
[40] C’è infatti il rischio che l’assegnatario rimanga a lungo “prigioniero” della partecipazione, in particolare se socio di minoranza; e ciò sia per la (probabile) limitatezza delle ipotesi di recesso, sia per la difficoltà di rivendere la quota. Spesso gli statuti rimandano alle ipotesi estreme di recesso indicate dalla legge, senza introdurne di ulteriori, mentre è improbabile il caso di società a tempo indeterminato, in cui si può recedere ad nutum con un semplice preavviso. E’ poi dubbio se possa considerarsi a tempo indeterminato la s.r.l. il cui termine di durata sia superiore alla normale durata della vita umana: risponde di sì Trib. Roma, 19 maggio 2009, in Foro It., 2010, 12, 3567; risponde di no Trib. Terni, 28 giugno 2010, in Banca Dati Juris Data; in senso affermativo da ultimo Cass., 22 aprile 2013, n. 9662, in Giur It., 2013, 2271, con nota di Revigliono. Va comunque ricordato che, se l’atto costitutivo prevede l’intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordina il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni o limiti, il socio può esercitare il recesso ai sensi dell’art. 2473 c.c. (art. 2469 comma 2 c.c.).
[41] Con riguardo alla precedente versione dell’art. 538 c.p.c., Corte Cost., 9 maggio 2003, n. 161, in Giust. Civ., 2003, I, 1727, aveva affermato che l’effettuazione del secondo incanto “non impedisce né le successive domande di assegnazione, né l’indizione di un terzo incanto, sulla base dell’esigenza che la procedura di esecuzione abbia comunque una sua conclusione di fronte all’assenza di offerte”. In tal senso v., con riguardo alla nuova formulazione dell’art. 538 c.p.c., CARPI – TARUFFO, Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 2006, 1430, secondo cui il terzo incanto dovrebbe però essere fissato con un ulteriore ribasso di un quinto; così anche VENTURA, L’espropriazione mobiliare presso il debitore, in L’esecuzione forzata riformata, a cura di Miccolis – Perago, Torino, 2009, 180.
[42] Cfr. ZANARONE, op. cit., 691 (nt. 74); Secondo FERRARA – CORSI, op. cit., 915 (nt. 1), è il cancelliere a dover provvedere.
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