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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 18/06/2015 Scarica PDF
L'accertamento "telematico" del passivo
Giovanni Battista Nardecchia, GiudiceI. L’avviso ai creditori. – II. La domanda. – III. Il progetto. – IV. Le osservazioni.
I. L’avviso ai creditori
In forza delle norme del d.l. n. 179/2012, convertito
dalla l. n. 221/2012, l’art.
Si discuteva, nella vigenza della precedente disciplina, se, in presenza di un rilevante numero di destinatari dell’avviso, fosse possibile effettuare la comunicazione, anziché con lettera raccomandata, con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ed eventualmente in altri giornali, previa autorizzazione del tribunale e sentiti il pubblico ministero ed il comitato dei creditori. Possibilità che ora va esclusa alla luce della totale riforma delle disposizioni in tema di modalità di trasmissione delle comunicazioni del curatore.
La nuova disciplina si applica a tutte
le procedure, per le quali alla data del 19.12.2012 non era stata ancora
inviata la comunicazione ex art.
Per le procedure in cui la comunicazione
ex art.
Il Curatore dovrà, pertanto, comunicare l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale dover inviare la domanda di ammissione al passivo, e ciò in quanto tutti i ricorsi inviati tramite l’uso tradizionale del PCT direttamente in Cancelleria risulteranno irricevibili e le domande ivi contenute non saranno esaminate.
Lo stesso vale anche per i ricorsi inviati o depositati in formato cartaceo nella Cancelleria del Tribunale o presso lo studio del Curatore.
All’atto della comunicazione il Curatore inviterà, inoltre, il ricevente a indicare l’indirizzo di Posta Elettronica Certificata al quale inviare tutte le successive comunicazioni.
Altrimenti, tutte le comunicazioni successive ai soggetti che non avranno indicato il proprio indirizzo di PEC ovvero per i quali il recapito della comunicazione è impossibile per cause non imputabili al Curatore, avverranno mediante deposito in Cancelleria di una sola copia cartacea, che sarà a disposizione dei predetti creditori per la presa visione o l’estrazione di copia (con attestazione di conformità all’originale da parte del cancelliere).
L’avviso ai creditori e a coloro che
sono legittimati a proporre domande ai sensi degli artt. 93 e
Nell’avviso, che va spedito senza indugio, il curatore deve altresì indicare tutto ciò che può rivelarsi utile per il creditore in funzione di agevolare la presentazione della domanda di ammissione al passivo. Disposizione innovativa quest’ultima, di carattere generale, che può e deve assumere una grande rilevanza, traducendosi sia nell’invio ai creditori di modelli di domande, sia, soprattutto, nell’avviso del concreto pregiudizio che possono subire ove le domande non vengano trasmesse nelle forme e nei termini previsti dalla legge.
Il che appare necessario dopo il passaggio da un sistema cartaceo di trasmissione delle domande e di comunicazione degli atti ad uno telematico. Modifica che ha determinato l’obbligo di integrazione della comunicazione ex art. 92 l.fall. con l’avvertimento delle conseguenze derivanti dalla mancata indicazione dell’indirizzo di posta elettronica al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura, nonché della sussistenza dell’onere previsto dall’art. 93, terzo comma n. 5 l.fall.
Modifica che, pur in assenza di un’espressa previsione a riguardo, si deve ritenere comporti l’onere del curatore di integrare la comunicazione con l’avviso che tutti i ricorsi inviati in via telematica in Cancelleria, ovvero ad un indirizzo diverso da quello indicato nell’avviso, risulteranno irricevibili e le domande ivi contenute saranno dichiarate inammissibili, al pari delle domande inviate o depositate in formato cartaceo nella Cancelleria del Tribunale o presso lo studio del Curatore.
Mancanza dell’avvertimento che dovrebbe comportare il diritto del creditore, divenuto tardivo a causa della precedente erronea trasmissione della domanda, di concorrere al riparto con diritto di prelevare le quote che gli sarebbero spettate nelle precedenti ripartizioni in quanto il ritardo deve ritenersi, in questo caso, non dipendente da causa a lui imputabile (in forza dell’art. 112 l.fall.).
Se è pur vero, infatti, che la conoscenza delle regole processuali per la parte che agisce o che è evocata in giudizio discende dalla generale regola della legale conoscenza della legge e quindi della tendenziale, ancorché non assoluta, inescusabilità dell'errore di diritto, canone, questo, che rimane come principio generale (cfr. da ultimo Cass. S.u. 9407/2013) e se è altrettanto vero che, a fronte di questo canone generale, che nella materia processuale civile è stato enunciato come "principio della legale conoscenza delle norme legislative" (C. Cost. 61/1980), le prescrizioni di "avvertimenti" che ricordano alla parte il contenuto di una determinata regola processuale, che comunque appartiene alla legge la cui ignoranza non scusa, costituiscono altrettante deroghe a tale principio ed, in quanto disposizioni speciali, esse non rappresentano norme di sistema e mal si prestano all'estensione in via interpretativa da una fattispecie ad un'altra, è altrettanto vero che tali principi vanno mitigati nel caso di specie per una serie di valide ragioni.
In primo luogo, la presenza di una norma in bianco che impone espressamente al curatore l’obbligo di comunicare “ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda”.
In secondo luogo, la possibilità di presentare personalmente la domanda, senza l’ausilio di un avvocato, fa ritenere costituzionalmente dovuto rafforzare la consapevolezza di una regola processuale (peraltro non ancora supportata da un orientamento giurisprudenziale consolidato) con un "avvertimento" a garanzia del creditore, affinché questi sia ben consapevole delle conseguenze di un invio della domanda con modalità diverse da quelle prescritte.
La prescrizione dell'avvertimento persegue, nel caso di specie, una peculiare finalità di garanzia e tutela della parte destinataria di tale avvertimento; finalità che ha, come detto, una sua riconoscibile ragionevolezza a giustificazione dell’onere processuale posto a carico del curatore.
In definitiva quindi il curatore, con la
comunicazione ex art.
In continuità con l’interpretazione dell’art. 101 l.fall. previgente, in analogia con quanto già sostenuto con riferimento alla disciplina delle spese ivi contenuta, la suprema corte ha affermato che il creditore cui non sia stato fatto l’avviso ex art. 92 l.fall. può proporre domanda di insinuazione tardiva al passivo senza esser pregiudicato dal termine decadenziale il cui spirare impedisce, altrimenti, la partecipazione al concorso, fatta salva la possibilità, per il curatore, di provare l’avvenuta conoscenza da parte del creditore del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso[1]
II. La domanda
La domanda di ammissione al passivo produce tutti gli effetti della domanda giudiziale, e, quindi, sia quelli sostanziali che processuali; oltre ad impedire la decadenza, la domanda provoca l’interruzione della prescrizione ex art. 2943 c.c., con effetti permanenti fino alla cessazione o revoca del fallimento, ed è ritenuta essere, attualmente, l’unico strumento idoneo a tal fine.
Infatti, soltanto la presentazione dell’istanza di ammissione del credito al passivo fallimentare, la sua trasmissione al curatore, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina l’interruzione della prescrizione del credito medesimo. L’interruzione della prescrizione determinata dalla presentazione della domanda di insinuazione al passivo riguarda anche i debitori solidali non falliti, ex art. 1310, comma 1, c.c. Fra le decadenze impedite dalla domanda v’è anche quella nei confronti del fideiussore, ex art. 1957 c.c.
La forma della domanda è quella del ricorso che può essere presentato personalmente dalla parte senza la necessità di avvalersi di un avvocato: conseguentemente, l’opera di rappresentanza e assistenza in questa fase non costituisce titolo per l’insinuazione di compensi e onorari in favore del professionista.
Ai sensi del novellato secondo c.
dell’art.
La disciplina si applica a tutte le
procedure, per le quali alla data del 19.12.2012 non era ancora stata inviata
la comunicazione ex art.
Ai sensi dell’art. 93 comma 2 del Regio Decreto 267/1942: “Il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte ed è formato ai sensi degli articoli 21, comma 2, ovvero 22, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni e, nel termine stabilito dal primo comma, è trasmesso all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nell’avviso di cui all’articolo 92, unitamente ai documenti di cui al successivo sesto comma. L’originale del titolo di credito allegato al ricorso è depositato presso la cancelleria del tribunale. “.
L’art. 93, così come modificato dal D.L. 179/2012, indica quindi due diverse ed alternative modalità di formazione della domanda di insinuazione al passivo del fallimento:
1)quella prevista dall’art. 21 comma II del Codice dell’Amministrazione Digitale (Decreto Legislativo 07/03/2005, n. 82: di seguito:CAD):documento informativo sottoscritto con firma digitale;
2)quella prevista dall’art. 22 III del CAD: copie informatiche di documenti analogici.
Ove il creditore scelga la prima opzione la domanda deve essere redatta nel rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 71 CAD (l’art. 21 comma II richiama, infatti, l’art. 20 del CAD, il quale, a sua volta, richiama espressamente il suddetto art. 71) e quindi nelle forme di cui all’art. 3 del dpcm 13/11/2014[2] (normativa tecnica attuativa dell’art. 71 del CAD), in vigore dall’11 febbraio 2015[3].
Il creditore ha quindi la facoltà di predisporre la domanda con un qualsiasi software predefinito di videoscrittura (Word, OpenOffice, etc.) apponendovi la firma digitale.
Ove, al contrario, il creditore prepari la domanda in un qualsiasi formato scritto, vi apponga la sua firma autografa e scannerizzi il documento, ottenendo un file pdf, l’art. 93 l.fall. richiama espressamente l’art. 22 comma terzo del CAD, in forza del quale “Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta”.
Il documento così redatto è un file formato pdf; lo stesso non è però un atto nativo digitale, ottenuto mediante la trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti, ma è un file ottenuto mediante la scansione di immagini.
La norma risolve una questione assai delicata: quella relativa alle possibili problematiche collegate all’accertamento del contenuto dell’atto, privo di firma digitale, inviato al curatore, posto che la firma digitale di un documento informatico si propone di soddisfare tre esigenze: che il destinatario possa verificare l'identità del mittente (autenticità); che il mittente non possa disconoscere un documento da lui firmato (non ripudio); che il destinatario non possa inventarsi o modificare un documento firmato da qualcun altro (integrità).
Ove sorgano dubbi o contestazioni sulla conformità del pdf-immagine con l’originale, troverà quindi applicazione l'art. 2719 c.c., con conseguente idoneità anche della mera fotocopia al raggiungimento dello scopo processuale dell’atto (salvo disconoscimento del creditore nella prima difesa e salva la possibilità di dimostrare la conformità all'originale, provvedendo all'esibizione o al deposito (questa volta del documento informatico con firma digitale).
Questa modalità di redazione dell’atto sarà presumibilmente preferita ove il creditore, come è sua facoltà, si rivolga ad un legale fornito di una regolare procura per la predisposizione e l’invio della domanda.
A norma dell'art. 83, co. 2, cpc, la procura può essere conferita
con atto notarile o scrittura privata autenticata, ovvero, secondo quanto
previsto dal co. 3 rilasciata anche a margine o in calce all'atto stesso, non
con atto separato autonomo. Ciò in quanto, il potere dato all'avvocato di
certificare l'autografia della persona che gli rilascia il mandato alla lite
risulta condizionato dal conferimento della procura a margine e/o in calce ad
uno degli atti processuali di parte indicati dalla predetta norma processuale,
per cui, in caso di procura alle liti rilasciata con atto separato ed autonomo,
l'autenticazione della firma della parte ricorrente può essere effettuata ex
art. 2703 c.c. soltanto da un notaio.
Con la conseguenza che, nel caso di specie, dovendo la procura essere apposta
sulla domanda, appare evidente come nella gran parte dei casi si formi la
domanda cartacea con il mandato a margine o in calce, con la relativa
autentica, e poi si scannerizzi e trasmetta al curatore, essendo altrimenti
necessaria una doppia firma digitale, del cliente e dell'avvocato.
La spedizione delle domande (tempestive o tardive) all’indirizzo PEC del curatore, sia sottoscritte in forma digitale, sia con sottoscrizione apposta manualmente e successiva scansione digitale, deve essere effettuata da un indirizzo PEC, anche se non di titolarità del ricorrente (per es. di un professionista) (cfr, modalità operative del tribunale di Milano 19/12/2012 e del Tribunale di Roma 19/2/2013).
La trasmissione della domanda in via telematica all’indirizzo di posta certificata comunicato dal curatore costituisce l’unico mezzo per partecipare al concorso o avanzare domanda di rivendica o restituzione di beni.
L'obbligo di invio delle domande al curatore con modalità telematica è stato, come noto, introdotto con atto normativo di modifica della legge fallimentare.
In assenza di previsione sanzionatoria specifica, è quindi necessario comprendere quale tipo di vizio affligga l'atto depositato con modalità diversa da quella “vincolata” dalla norma, che in tanto ha una sua ragione d'essere, in quanto sia dotata di un significato prescrittivo effettivo.
La norma prescrive le modalità di invio della domanda e, di rimando, la forma della domanda medesima.
E ciò in quanto l’obbligo di invio della domanda in via telematica all’indirizzo PEC indicato dal curatore implica per l'atto la redazione in “forma” immateriale, non cartacea, digitale.
In presenza di un’espressa previsione di legge che prescrive le modalità di invio della domanda e, quindi, vincola la domanda medesima ad una certa forma, deve quindi escludersi l’applicabilità,del principio generale di libertà di forme contenuto nell'art. 121 c.p.c. in forza del quale gli atti del processo, per cui la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo.
Il preciso riferimento alle modalità di deposito/invio della domanda parrebbe altresì escludere l’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 156 cpc. dato che in questo caso, come detto, la norma è diretta in primo luogo a regolare in maniera precettiva le modalità di invio/deposito dell’atto e solo di riflesso la forma dell’atto.
Conclusione che appare confortata anche dalla considerazione che il mancato rispetto delle suddette regole di invio telematico influisce sulla capacità dell’atto di produrre gli effetti giuridici dato che nel procedimento di accertamento dello stato passivo la fondatezza della domanda deve essere vagliata (e può essere contestata) non soltanto dal curatore o dal giudice delegato, ma anche dagli altri creditori concorrenti.
Il che significa che deve essere assicurata a tutti la conoscibilità della domanda, onde assicurare l’effettività del contraddittorio incrociato voluto dal legislatore della riforma.
Raggiungimento dello scopo ex art. 156 cpc che nel caso di specie equivale quindi all’effettiva conoscibilità della domanda e dei documenti giustificativi da parte del curatore, del giudice e dei creditori concorrenti.
Conoscibilità che presupporrebbe un’attività (non prevista e non prevedibile) di supplenza del curatore il quale dovrebbe eventualmente trasformare il documento cartaceo in digitale scannerizzato inserendo lo stesso nel progetto da depositare in via telematica.
La domanda cartacea ovvero redatta in forma digitale ed inviata in via telematica ad un indirizzo diverso da quello indicato dal curatore deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile[4].
Interpretazione cui si giunge alla luce di una lettura sistematica delle norme, diretta ad equiparare il trattamento delle domande affette da vizi attinenti alla mancanza dei requisiti, formali e sostanziali, intrinsechi ed estrinsechi previsti dalla legge fallimentare espressamente indicati dall’art. 93 l.fall.
Declaratoria di inammissibilità che prevede, come conseguenza, l'impedimento alla pronuncia nel merito, salvo riproposizione in via tardiva della domanda sempre che non sia scaduto il termine decadenziale di dodici o diciotto mesi dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo.
Medesima sanzione deve essere riservata alla domanda inviata in via telematica in cancelleria.
In forza dell’espresso disposto del
comma 2 dell’art.
Eccezione che si giustifica alla luce della considerazione che il deposito in originale del titolo è necessario per evitare la possibilità di insinuazione da parte di altri creditori in via cambiaria ovvero per assicurare al debitore l’esercizio di eventuali azioni cambiarie di regresso.
Ratio evidenziata dalla norma contenuta nell’ult. comma
dell’art.
La domanda deve essere trasmessa al curatore entro il termine perentorio di trenta giorni dall’udienza per l’esame dello stato passivo.
Il termine perentorio per la
presentazione delle domande di insinuazione al passivo fallimentare, sancito
dagli artt. 16, comma 1, n. 5, e 93, comma
La domanda si ritiene tempestivamente trasmessa se la ricevuta di avvenuta consegna all’indirizzo PEC indicato dal curatore è generata entro le ore 24 del giorno di scadenza (trentesimo giorno da computarsi con esclusione del dies a quo, ovvero del giorno dell’adunanza).
Principio che si ricava dalla lettura dell’art. 51, comma 2, D.l. n.90/2014, che aggiunge, al termine dell’art. 16 bis, comma 7, d.l. n.179/12, un periodo volto a rimuovere l’incertezza interpretativa creatasi in merito al giorno in cui doveva ritenersi perfezionato l’invio telematico alla cancelleria di un atto o documento, nell’ipotesi di generazione della ricevuta di avvenuta consegna oltre le ore 14.
A seguito della modifica in esame, è definitivamente chiarito che “il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza”.
Principio che deve applicarsi, estensivamente, anche all’invio delle domande di insinuazione al passivo, non essendo sicuramente ipotizzabile un limite dettato o ricavabile da un orario di apertura al pubblico dello studio del curatore.
La norma in esame aggiunge, inoltre, che “si applicano le disposizioni di cui all’art. 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile”.
In tal modo si chiarisce che si applica anche all’ipotesi di deposito telematico la proroga di diritto del giorno di scadenza di un termine, laddove tale termine scada in un giorno festivo, ovvero, in caso di atti processuali da compiersi fuori udienza, di sabato.
Ne consegue che bisogna interrogarsi se siano applicabili anche al deposito telematico della domanda di insinuazione al passivo i criteri di calcolo fissati dall'art. 155 c.p.c., comma 4, diretti a prorogare al primo giorno non festivo il termine scadente in giorno festivo e l'art. 155 c.p.c., comma 5, volto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata di sabato.
La Corte di cassazione in più di un'occasione ha affermato che l‘art. 155 comma 4 cpc, diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine scadente in giorno festivo e l’art. 155 comma 5 cpc, (introdotto dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. f) volto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata di sabato opera con esclusivo riguardo ai termini a decorrenza successiva e non anche per quelli che si computano a ritroso, con l'assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività in quanto si produrrebbe altrimenti l'effetto contrario di una abbreviazione dell'intervallo, in pregiudizio delle esigenze garantite con la previsione del termine medesimo (Cass. s.u. 1418/2012)
E’ altrettanto vero che secondo una recente decisione le norme di cui all'art. 155 c.p.c., commi 4 e 5, pur dettate per i termini a scadenza successiva, trovano in effetti applicazione anche relativamente al termine a ritroso, con la particolarità che, rispetto al termine a scadenza successiva la proroga in questione necessariamente opera in tal caso in modo speculare, in ragione della relativa modalità di calcolo. A tale stregua, nei termini a ritroso lo slittamento contemplato all'art. 155 c.p.c., commi 4 e 5 andrebbe invero inteso come necessariamente riferito al giorno cronologicamente precedente non festivo rispetto al giorno festivo o al sabato in cui cada il 5 giorno, costituente il dies ad quem, escluso dal computo il dies a quo costituito dal giorno dell'udienza[6].
E’ necessario valutare che il termine perentorio di 30 giorni per l’invio delle domande in via telematica al curatore, è acceleratorio e dilatorio nello stesso tempo, al pari di tutti i termini perentori che si computano a ritroso.
Nel senso che da una parte esso impone al creditore di agire entro un dato termine a pena di tardività della domanda, dall’altra garantisce al curatore un lasso di tempo minimo, predeterminato dal legislatore, per l’esercizio del diritto di difesa a garanzia e tutela della corretta formazione dello stato passivo a tutela degli interessi di tutti i creditori.
Con la conseguenza che qualsiasi scelta si faccia in ordine all’applicabilità o meno degli articoli 155 comma 4 e 5 cpc, essa comporterà, comunque, la compressione di uno degli interessi in gioco.
L’intera disciplina del fallimento è connotata da una chiara ed esplicita valorizzazione dei profili di speditezza e celerità della procedura, ragioni tanto più evidenti nell’accertamento del passivo, dove la necessità di una rapida definizione dell’esame delle domande giustifica la compressione del diritto del singolo creditore all’immediato accertamento del suo diritto.
Accertamento che, ove richieda, ad esempio, l’ammissione di prove costituende o di una ctu, viene di norma rimandato alla fase successiva, quella dell’eventuale opposizione.
Il che farebbe propendere per un’applicazione delle norme di cui all'art. 155 c.p.c., commi 4 e 5 nel senso indicato dalla richiamata Cass. 14767/2014.
III. Il progetto
Il mutamento delle modalità di presentazione ed invio delle domande di insinuazione non influisce sul contenuto delle prestazioni demandate al curatore per la formazione del progetto di stato passivo. La norma ribadisce come il curatore, una volta ricevute le domande all’indirizzo di posta elettronica comunicato ai creditori, debba formare due elenchi separati: uno per le domande di insinuazione, l’altro per quelle di rivendica e restituzione e debba formulare le sue conclusioni su ciascuna domanda. Tutte le conclusioni devono essere motivate.
Il progetto di stato passivo si forma confrontando le domande dei creditori con le conclusioni motivate del curatore che possono essere organizzate in forma analitica, al modo di una memoria difensiva, o in forma sintetica, al modo di prospetto; al giudice delegato sarà così offerto il quadro fattuale e le ragioni di diritto, sulle quali fondare la decisione.
Prima della novella del 2012 il curatore
non doveva più dare comunicazione ai creditori ed al fallito dell’avvenuto
deposito del progetto di stato passivo in quanto il legislatore aveva eliminato tale prescrizione, foriera di
inutili rinvii dell’udienza di verifica nel caso in cui il curatore non fosse
stato in grado di provare l’adempimento dell’onere informativo prescritto dalla
vecchia formulazione dell’art.
In definitiva il curatore, una volta scaduto il termine per l’invio delle domande e della relativa documentazione in via telematica, deve depositare telematicamente in cancelleria il progetto di stato passivo corredato dalle relative domande almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, e deve trasmettere, nello stesso termine, ai creditori ed ai terzi il solo progetto di stato passivo.
Il curatore, in forza del combinato disposto dell’art. 93, comma 5 e dell’art. 31 bis, comma 2, l.fall., dovrà comunque depositare in cancelleria una copia cartacea del progetto di stato passivo e delle domande, qualora vi siano creditori e terzi aventi diritti sui beni che non abbiano comunicato l’indirizzo PEC o ai quali non sia pervenuto il progetto per causa loro non imputabile.
Il che rappresenta un’evidente eccezione alla regola generale stabilita dall’art.16 bis, comma 1, d.l. 179/12, convertito in legge 221/2012, in forza del quale nei procedimenti dinanzi al tribunale iniziati dopo il 30 giugno 2014 (norma che ai sensi dell’art. 44 comma 1 d.l. 90/2014 si applicherà a decorrere dal 31 dicembre 2014 anche a tutti i procedimenti iniziati prima del 30 giugno 2014) il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall’autorità, tra i quali il curatore ed il commissario giudiziale, ha luogo esclusivamente con modalità telematiche.
Eccezione che varrà per tutti gli atti che la legge fallimentare prescrive siano comunicati ai creditori (in particolare quindi: progetto di stato passivo, stato passivo reso esecutivo dal giudice, fissazione udienze di verifica delle domande tardive e relativi stati passivi, relazione periodica del curatore ex art. 33, comma 5, l.fall. progetto di ripartizione, deposito del rendiconto e fissazione dell'udienza ai sensi dell’art. 116 l.fall…..).
Ove si ritengano applicabili al termine di quindici giorni per il deposito del progetto le norme di cui all’art. 155, quarto e quinto comma del codice di procedura civile, deve ritenersi che (in analogia a quanto sostenuto per il deposito delle domande), ove il quindicesimo giorno cada di sabato o domenica, il deposito dovrà avvenire nel giorno cronologicamente precedente non festivo.
Il deposito (telematico o cartaceo che sia) riguarda espressamente il solo progetto e le domande, mentre la norma non menziona la documentazione inviata a corredo delle domande di insinuazione.
Lacuna che deve essere colmata facendo ricorso ai principi generali della nuova disciplina dell’accertamento del passivo fondata sulla verifica in contraddittorio tra le parti.
Verifica che presuppone che i documenti allegati alle domande siano nella disponibilità sia del giudice (in modo da poter essere consultati il giorno dell’udienza di verifica, unitamente al progetto di stato passivo ed alle domande), che dei creditori, in quanto il loro esame è evidentemente indispensabile per formulare eventuali osservazioni alle proposte del curatore sulle domande presentate da altri creditori.
Per consentire l’esercizio del potere decisionale di verifica del giudice e quello di eventuale impugnazione dei creditori deve quindi ritenersi che il curatore debba depositare anche la documentazione allegata alle domande di insinuazione a lui pervenute ed inserite nel progetto di stato passivo, o che comunque tale documentazione sia altrimenti messa a disposizione delle parti contestualmente al deposito del progetto.
Se il progetto di stato passivo non viene depositato e trasmesso ai creditori nel termine prescritto dalla legge è necessario disporre il rinvio dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo. Peraltro, poiché il legislatore ha voluto imprimere un’accelerazione al procedimento, imponendo alle parti incisivi oneri sul versante delle domande di ammissione, l’inerzia del curatore, se non adeguatamente giustificata, deve essere valutata ai fini della revoca ex art. 37, l. fall.
IV. Le osservazioni
Con la riforma si è voluto consentire a tutti i
creditori di poter prendere conoscenza tempestivamente delle altre domande e di
poter sindacare le conclusioni del curatore. I creditori, come detto, possono
formulare osservazioni. Il termine
utilizzato dal legislatore sembra evocare la possibilità dei creditori di
formulare un sollecito al giudice delegato, affinché adotti determinate
decisioni; viceversa, se si vuole riconoscere al creditore concorrente
un’effettiva possibilità di condizionare i risultati dell’accertamento del
passivo, allora tale espressione deve essere rettamente intesa come
equipollente a quella di “eccezione” (che così è lo si ricava, peraltro, dal
comma 3, art.
In tale cornice ai creditori concorrenti è quindi offerta la possibilità di svolgere eccezioni anche prima dell’udienza, che si sovrappongono alle conclusioni ed eccezioni del curatore e che potrebbero essere sia quelle rilevabili ad iniziativa di parte (le eccezioni in senso stretto), sia quelle attinenti alla inefficacia del titolo del credito o della prelazione, non potendosi ritenere che il curatore abbia il monopolio non solo delle azioni ma anche delle eccezioni revocatorie. Osservazioni/eccezioni che possono riguardare sia il proprio credito che le altre domande di insinuazione esaminate dal curatore e riportate nel progetto di stato passivo
L’esigenza di tutela del diritto dei creditori, che sta alla base del contraddittorio incrociato previsto dal legislatore nel procedimento di verifica dello stato passivo presuppone, naturalmente, che i creditori abbiano la possibilità di conoscere le domande degli altri creditori ed i titoli depositati a supporto delle domande medesime.
Diritto dei creditori che, nei fatti, viene, allo stato, vanificato, posto che la gran mole di documentazione che sovente accompagna le domande di insinuazione del passivo, rende, di fatto, assai difficile, il caricamento dei documenti allegati alle domande, di talché il curatore si limita, sovente, al deposito digitale del solo progetto contenente le richieste avanzate dai creditori.
L’effettiva tutela del diritto di difesa degli altri creditori presuppone il miglioramento delle modalità di caricamento dei dati e l’ampliamento del novero dei soggetti cui è consentito l’accesso e la visione del fascicolo telematico del fallimento.
E ciò in quanto, a tutt’oggi, l’accesso al fascicolo telematico del fallimento è negato ai creditori e consentito al solo curatore (oltre che, naturalmente, al giudice ed al cancelliere)[7].
La novella del
E’ dubbia la valenza del termine ordinatorio di 5 giorni anteriori all’udienza per l’invio di osservazioni e documenti integrativi.
Deve tuttavia ritenersi che il rispetto di tale termine di 5 giorni dall’udienza integri un vero e proprio onere cui è tenuto il creditore nel proprio interesse, il cui mancato rispetto fa venir meno l’obbligo del curatore di esaminare e valutare tali osservazioni e documenti, e facoltizza il giudice delegato a decidere prescindendo dalla tardiva produzione.
E ciò in quanto il termine di cinque giorni normativamente stabilito dal legislatore costituisce il lasso di tempo minimo che deve essere assicurato al curatore, agli altri creditori ed al giudice per esaminare le osservazioni ed i documenti.
Termine il cui mancato rispetto, provocando una compressione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. del curatore e degli altri creditori, espone il creditore al rischio derivante dalla tardività dell’invio.
Detto termine deve infatti essere valutato nel contesto di un procedimento sommario in cui il diritto del creditore alla prova (che costituisce come è ben noto il "nucleo essenziale del diritto di azione e di difesa" (Corte cost. n. 139/1975) è comunque limitato e compresso dalle esigenze di celerità della procedura.
Una diversa interpretazione, con l’onere del curatore di esaminare sempre e comunque le osservazioni ed i documenti tardivamente inviati, anche il giorno stesso dell’udienza (il che rappresenterebbe un obbligo non concretamente assumibile, non essendo certamente ipotizzabile un onere a carico del curatore di esaminare, nel corso dell’udienza di verifica, la posta elettronica del suo indirizzo pec) comporterebbe inevitabilmente il diritto del curatore di chiedere un termine per poter effettuare, a sua volta, osservazioni sulle nuove eccezioni o sui documenti tardivamente trasmessi. Rinvio che potrebbe essere richiesto anche dagli altri creditori per garantire l’effettività del c.d. contraddittorio incrociato
La presentazione di osservazioni scritte e documenti integrativi dopo il termine di cinque giorni dall’udienza deve comunque avvenire nelle forme previste dall’art. 93 comma 2 c.p.c., con trasmissione all’indirizzo pec indicato dal curatore.
Il che determina la conseguente inammissibilità di osservazioni scritte e documenti integrativi inviati o depositati con modalità diverse da quelle indicate dalla norma.
[1] Cass. 25 settembre 2013, n. 21935 secondo cui “Il motivo è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che ai fini dell'ammissibilità della domanda tardiva di ammissione del credito ai sensi della L. Fall., art. 101, u.c. (c.d. supertardiva), il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dalla L. Fall., art. 92, integra la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore; resta per altro, fatta salva per il curatore la facoltà di provare, ai fini dell'inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell'avviso predetto. Negli stessi termini Cass. 19 marzo 2012, n.. 4310, in Fall., 2012 1205 secondo cui “In relazione a detta formulazione, questa Corte si è espressa puntualmente nella pronuncia 4735/1979, nel ritenere non tenuto a sopportare le spese conseguenti alla tardiva presentazione della domanda di ammissione al passivo il creditore, a cui l'avviso L. Fall., ex art. 92, non sia pervenuto o sia stato comunicato con un ritardo che non gli abbia consentito di provvedere all'insinuazione del credito prima dell'esaurimento delle operazioni dell'adunanza dei creditori, di cui all'art. 96, salvo che il Curatore dimostri che il creditore, avuta notizia del fallimento indipendentemente dalla ricezione dell'avviso, avrebbe potuto procedere tempestivamente all'insinuazione del credito in oggetto; anche nella pronuncia 11969/1999, sia pure esaminando il profilo della ricorribilità del decreto di esecutività dello stato passivo, è stato affermato che "l'eventuale omissione o irritualità dell'avviso può essere invocata dal creditore per dimostrare, ai fini previsti dalla L. Fall., art. 101, comma 4 e art. 112, che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile. Tale orientamento, condiviso da autorevole dottrina, può essere adottato in relazione alla questione oggetto del presente procedimento, nella ricorrenza della identica formulazione della fattispecie impediente, nella previgente normativa, l'addebitabilità delle spese, e nell' attuale normativa, la decadenza dalla presentazione della domanda, fermo il limite ultimo per la presentazione, costituito dalla ripartizione finale dell'attivo. Negli stessi termini Trib. Reggio Calabria, 24 giugno 2011, in Fall., 2012, 1209; Trib. Treviso 9 dicembre 2011, www.ilcaso.it; Trib. Monza 20 marzo 2009, in Fall., 2010, 67; contra Trib. Taranto 8 maggio 2009, in Fall., 2011, 120. In dottrina M. Fabiani, Commento sub. Art. 101 l.f. in G. Lo Cascio (diretto da) Codice commentato del fallimento, Milano, 2013, 1244; D. Bonaccorsi Di Patti Sui termini di ammissione al passivo del creditore sopravveniente, inDir. fall., 2013, 114;A. Didone, Note in tema di insinuazione C.D. “ultratardiva”o “supertardiva”in questa Rivista, 2012, 453 ss.; L. De Simone, Oneri delle parti e preclusioni nell’accertamento del passivo, in questa Rivista, 2012, 1216; G. Lo Cascio, L'accertamento del passivo nel fallimento: lineamenti generali, in questa Rivista, 2011, 1021 ss.; P.P. Ferraro Commento sub art. 101 l.f., cit. 1297; Cavalli, L'accertamento del passivo, in Ambrosini-Cavalli-Jorio, Il fallimento, in Cottino (diretto da), Trattato di diritto commerciale, XI, 2, Padova, 2009, 602.
[2] Disciplina non applicabile al processo civile telematico il deposito degli atti endoprocessuali, oggetto di una specifica regolamentazione in forza delle regole di dettaglio emanate nel provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia, (in G.U. n. 99 del 30.4.2014)[2], in attuazione dell’art. 34 del DM 44/2011, il rispetto delle quali è imposto dalle norme primarie di cui all’art. 4 del menzionato decreto legge e dall’art 16 della l. 179/2012.
[3] “1. Il documento informatico è formato mediante una delle seguenti principali modalità
- a) redazione tramite l’utilizzo di appositi strumenti software;
- b) acquisizione di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico, acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico;
- c) registrazione informatica delle informazioni risultanti da transazioni o processi informatici o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari resi disponibili all’utente;
- d) generazione o raggruppamento anche in via automatica di un insieme di dati o registrazioni, provenienti da una o più basi dati, anche appartenenti a più soggetti interoperanti, secondo una struttura logica predeterminata e memorizzata in forma statica.
Il documento informatico assume la caratteristica di immodificabilità se formato in modo che forma e contenuto non siano alterabili durante le fasi di tenuta e accesso e ne sia garantita la staticità nella fase di conservazione.
Il documento informatico, identificato in modo univoco e persistente, e’ memorizzato in un sistema di gestione informatica dei documenti o di conservazione la cui tenuta puo’ anche essere delegata a terzi.
Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettera a), le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate da una o più delle seguenti operazioni:
- a) la sottoscrizione con firma digitale ovvero con firma elettronica qualificata;
- b) l’apposizione di una validazione temporale;
- c) il trasferimento a soggetti terzi con posta elettronica certificata con ricevuta completa;
- d) la memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino idonee politiche di sicurezza;
- e) il versamento ad un sistema di conservazione.
Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettera b), le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate dall’operazione di memorizzazione in un sistema di gestione informatica dei documenti che garantisca l’inalterabilità del documento o in un sistema di conservazione. Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettere c) e d), le caratteristiche di immodificabilità e di integrita’ sono determinate dall’operazione di registrazione dell’esito della medesima operazione e dall’applicazione di misure per la protezione dell’integrità delle basi di dati e per la produzione e conservazione dei log di sistema, ovvero con la produzione di una estrazione statica dei dati e il trasferimento della stessa nel sistema di conservazione. Laddove non sia presente, al documento informatico immodificabile è associato un riferimento temporale. L’evidenza informatica corrispondente al documento informatico immodificabile è prodotta in uno dei formati contenuti nell’allegato 2 del presente decreto in modo da assicurar l’indipendenza dalle piattaforme tecnologiche, l’interoperabilità tra sistemi informatici e la durata nel tempo dei dati in termini di accesso e di leggibilità. Formati diversi possono essere scelti nei casi in cui la natura del documento informatico lo richieda per un utilizzo specifico nel suo contesto tipico.Al documento informatico immodificabile vengono associati i metadati che sono stati generati durante la sua formazione. L’insieme minimo dei metadati, come definiti nell’allegato 5 al presente decreto, è costituito da:
- a) l’identificativo univoco e persistente;
- b) il riferimento temporale di cui al comma 7;
- c) l’oggetto;
- d) il soggetto che ha formato il documento;
- e) l’eventuale destinatario;
- f) l’impronta del documento informatico.
Eventuali ulteriori metadati sono definiti in funzione del contesto e delle necessita’ gestionali e conservative”.
[4] A tale conclusione non sembra essere d’ostacolo la sentenza delle Sezioni Unite Civili 4 marzo 2009, n. 5160 che, nell'affermare la validità (nullità sanata ex art. 156, c. 3, c.p.c.) del deposito di un atto processuale realizzato tramite invio a mezzo posta alla cancelleria, definisce l'attività di deposito come “priva di un requisito volitivo autonomo”, che può perciò non “essere compiuta necessariamente dal difensore o dalla parte che sta in giudizio personalmente”, ma “anche da persona da loro incaricata (c.d. nuncius)” (l'ufficiale postale, in quel caso). In tale pronuncia si discuteva della validità del deposito di un atto attraverso uno strumento non consentito o non previsto dall'ordinamento; nel caso in esame la questione attiene alla validità del deposito effettuato con una modalità diversa da quella non solo prevista e consentita, ma imposta dalla legge.
[5] Dovendo il termine per la presentazione delle domande
di ammissione essere calcolato a ritroso rispetto all’udienza fissata per
l’esame dello stato passivo, la sospensione che esso incontra nel periodo
feriale ne comporta la retrocessione di ulteriori 46 (ora 30) giorni. Tuttavia,
nel caso in cui il Tribunale che ha dichiarato il fallimento abbia fissato
l’udienza per l’esame dello stato passivo senza tener conto che i termini di
cui all’art. 16, comma 1, nn. 4) e 5) sono soggetti a sospensione feriale, l’applicazione
della regola solo al secondo dei due termini potrebbe comportare un grave pregiudizio del diritto di azione
dei creditori, impedendo loro di usufruire di un tempo adeguato ad approntare
le domande ed a reperire la necessaria documentazione probatoria. In tale
ipotesi, non potendosi porre a carico dei creditori incolpevoli l’errore procedurale
compiuto dal giudice, l’udienza anticipatamente fissata dal Tribunale per
l’esame dello stato passivo dovrà ritenersi automaticamente differita per un
numero di giorni corrispondente a quelli di sospensione feriale intercorsi fra la data di deposito della
sentenza dichiarativa e la data dell’adunanza; ove, poi, tale udienza si sia
già tenuta, la verifica in fatto della tempestività delle domande di ammissione
presentate, ai fini della delibazione in ordine alla ricorrenza dell’ipotesi di
chiusura di cui all’art. 118, n.
[6] Cass. 30 giugno 2014, n. 14767, negli stessi termini Trib. Milano 31 ottobre 2014.Facendo un esempio concreto in applicazione dei principi esposti con riferimento, ad esempio, ad un’udienza di accertamento del passivo fissata il giorno 31 ottobre, escluso il dies a quo (31/10), se il 30 giorno (dies ad quem) cade di domenica (1/10), con proroga pertanto ex art. 155 c.p.c., comma 4, al sabato 30/9, nonchè ex art. 155 c.p.c., comma 5, (ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 3, applicantesi a tutti i procedimenti, anche se instaurati anteriormente al 1/3/2006) al venerdì, il termine perentorio per l’invio della domanda andrebbe a scadere il precedente venerdì 29/9.
[7] Lacuna che dovrebbe presto essere colmata posto che una circolare DGSIA del 31 marzo 2014 parla della possibilità di generare una password da comunicare ai creditori per consentire loro l’accesso al fascicolo telematico del fallimento.
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