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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/05/2015 Scarica PDF

L'art. 118 Codice appalti: negata la natura prededucibile al credito del subappaltatore che soggiace alle regole della verifica concorsuale

Dario Finardi, Avvocato in Verona


Premessa

L’art. 118 Codice dei Contratti Pubblici (di seguito, per brevità, CCP), comma 3 e comma 3 bis[2], entrambi in vigore dal 22 febbraio 2014, e, in particolare, le relative ripercussioni nelle procedure concorsuali, hanno provocato nell’ultimo anno un fiorente dibattito, tuttora non sopito, circa la riconoscibilità o meno della natura prededuttiva del credito maturato dal subappaltatore nei confronti dell’appaltatore che abbia fatto accesso ad una procedura di concordato preventivo o nei cui confronti sia stato dichiarato il fallimento.

Problematica ulteriore, di cui si dirà nel prosieguo, è quella relativa all’individuazione del giudice competente per le azioni di accertamento aventi ad oggetto la natura del credito di cui si discute, in particolare successivamente all’introduzione delle sezioni specializzate in materia di impresa ad opera dell’art. 2 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1.

   

Il primo intervento della cassazione sull’art. 118 e la natura del credito del subappaltatore

Sul tema della natura del credito del subappaltatore, come noto, non si sono pronunciate molte decisioni, nonostante la frequenza con la quale, di recente, si è manifestata nella pratica la problematica della pretesa di detto soggetto al riconoscimento della prededucibilità[3].

Un primo intervento della Cassazione[4] ha affermato che “ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale[5] con la procedura concorsuale, ora menzionato dall’art. 111 l.fall., va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare” (nella specie, è stato ammesso in prededuzione il credito, sorto in periodo anteriore al fallimento[6], relativo al corrispettivo di un subappalto concluso con il gruppo della società fallita, cui le opere erano state appaltate da un ente pubblico, sussistendo il nesso di strumentalità tra il pagamento del credito del subappaltatore, da eseguire con detta preferenza e seppur a seguito di riparto, e la soddisfazione del credito della fallita, tenuto conto che il pagamento di quest’ultimo risulta sospeso, ai sensi dell’art. 118, comma 3, del D.Lgs. n. 163 del 2006, da parte della stazione appaltante, ed invece può essere adempiuto se consti il pagamento al predetto subappaltatore).

La sentenza della Suprema Corte si riferisce alla prededucibilità dei crediti nel fallimento, non quindi ad una procedura di concordato ed è intervenuta prima delle modifiche al comma 3 e dell’inserimento del comma 3 bis nell’art. 118 CCP[7].

La pronuncia della Cassazione allarga l’interpretazione della prededuzione, sino ad oggi vigente, agganciando la stessa anche al concetto di utilità, per la procedura stessa, dell’attività svolta prima del fallimento, “nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura in quanto inerisce alla procedura fallimentare”[8].

La Suprema Corte ha affermato il principio per cui, a norma dell’art. 118, comma 3, CCP e dell’art. 111 l.fall., la sospensione del pagamento a favore dell’appaltatore e l’eventuale pagamento diretto della committente al subappaltatore per un contratto di appalto pubblico in corso, opera laddove la società fallita (appaltatore) vanti un credito nei confronti della stazione appaltante.

Il pagamento del subappaltatore si pone, quindi, quale “condizione di esigibilità” del predetto credito dell’appaltatore in procedura concorsuale e, dunque, il pagamento del credito del subappaltatore risponderebbe allo scopo della procedura, inerendo alla gestione fallimentare. Ma nell’affermare il predetto principio, la Corte ha cassato il provvedimento impugnato, disponendo il rinvio al giudice fallimentare, “che, se verificherà l’effettiva sospensione da parte della stazione appaltante del pagamento del credito di spettanza della società fallita disposta a mente del disposto del D.Lgs. n. 163 del 2006, l’art. 118, comma 3, attribuirà al credito dell’odierna ricorrente (cioè il subappaltatore), già ammesso allo stato passivo, la chiesta collocazione in prededuzione”.

A parere dello scrivente, quindi, la Cassazione, come verrà evidenziato dalle successive pronunce di merito di cui si dirà infra, non stabilisce un principio di prededucibilità tout court del credito del subappaltatore, ma conferma che per riconoscersi detta prededuzione deve accertarsi il legame di funzionalità tra il credito della società appaltatrice verso la stazione appaltante e il pagamento del subappaltatore, nel senso che l’incasso del primo è subordinato al soddisfacimento del secondo.

         

Il superamento della posizione ad opera della giurisprudenza di merito

La sentenza della Cassazione, tuttavia, parrebbe non aver affrontato funditus la questione. Ed è per tale motivo che le decisioni che sono seguite nella giurisprudenza di merito hanno tutte negato il riconoscimento della natura prededucibile del credito del subappaltatore nel caso il cui l’affidatario sia stato dichiarato fallito o abbia fatto accesso ad una procedura di concordato liquidatorio.[9]

La giurisprudenza di merito ha, infatti, posto l’accento sulle sorti del contratto di appalto, analizzando la normativa del codice degli appalti pubblici unitamente alla disciplina posta dalla legge fallimentare.[10]

Sul tema è intervenuto, il Tribunale di Bolzano, con decisione del 25 febbraio 2014[11]; con questa pronuncia il giudice di merito parrebbe compiere un passo in avanti rispetto al ragionamento della Suprema Corte, affermando l’applicabilità dell’art. 118 CCP solamente nei rapporti tra ente pubblico e società appaltatrice che continui o sia in grado di continuare la propria attività oggetto del contratto d’appalto (l’art. 118, comma 3, CCP parla di contratto di appalto in corso), in ciò supportato anche dall’introduzione del comma 3 bis di detta norma, riferita al solo concordato con continuità aziendale. Per contro, secondo il Tribunale altoatesino, in caso di fallimento dell’affidatario, il contratto fra questo e la stazione appaltante si scioglie ipso iure.

Nello stesso senso si era già espresso il Trib. Bolzano 8 novembre 2013[12], escludendo che negli appalti pubblici vi fosse la possibilità che, a seguito di fallimento dell’appaltatore, il rapporto contrattuale potesse proseguire, ancorché il giudice fallimentare avesse autorizzato l’esercizio provvisorio dell’impresa.

Una successiva decisione del Trib. Pavia 26 febbraio 2014[13], confermando quanto sopra esposto, ha stabilito che la normativa di cui al codice degli appalti si riferisce chiaramente all’ipotesi di società in bonis. Il legislatore, infatti, quando ha voluto far riferimento a procedure concorsuali le ha espressamente citate, come si è verificato con l’introduzione nell’art. 118 del comma 3 bis con riferimento al concordato in continuità aziendale. Del resto, ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

Intervenuto il fallimento, anche alla luce della ratio della normativa come sopra sviluppata, vengono meno le ragioni di tutela del subappaltatore e della committenza. L’accertamento del credito concorsuale del subappaltatore in sede di verifica del passivo, quindi, da un lato fa venir meno il potere/dovere di sospensione dei pagamenti dovuti all’appaltatore da parte della committenza e, dall’altro, esclude quel nesso di strumentalità tra pagamento al subappaltatore e pagamento all’appaltatore che la sentenza della Suprema Corte richiamata riteneva sussistente e qualificante il riconoscimento del rango prededucibile.

La decisione sul tema del Trib. Milano 5 settembre 2014[14] precisa: “… è indubbio che, negli appalti pubblici, la qualità soggettiva dell’appaltatore costituisca sempre un motivo determinante il contratto, stante la normativa stringente che concerne i requisiti che vengono richiesti all’affidatario degli stessi (artt. 34 e seguenti CCP)”.

Inoltre il comma 2 dell’art. 81 l.fall.[15] va interpretato nel senso che il rapporto contrattuale si scioglie automaticamente col fallimento dell’impresa affidataria dei lavori e che la clausola di salvezza prevista in favore del committente (“salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto”) deve essere coordinata con la disciplina in materia di contratti di appalto per le opere pubbliche. Tale normativa esclude la possibilità di prosecuzione del rapporto, atteso che, a mente dell’art. 38 CCP, “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”. Sotto il profilo interpretativo, può infatti ragionevolmente desumersi che, se non possono essere stipulati contratti con imprese sottoposte a procedure concorsuali (salvo la deroga specificamente prevista per i concordati in continuità), nemmeno possano proseguire i rapporti con le imprese che, successivamente all’affidamento, vengano assoggettate ad esse. Poste tali premesse, deve concludersi che, essendo il contratto di appalto pubblico sciolto, conseguentemente all’apertura di una procedura concorsuale, non può trovare applicazione la relativa disciplina, e specificamente quella dettata in materia di pagamento delle imprese affidatarie e di quelle subappaltatrici, quale più sopra sinteticamente descritta. Non è pertanto configurabile il presupposto giuridico al quale la Suprema Corte ha ancorato la prededucibilità del credito del subappaltatore, ossia che il credito della stazione appaltante (recte, appaltatore, [N.d.R.]) - fallita - sia esigibile solo previo pagamento di quello del subappaltatore, il quale sarebbe perciò funzionale all’interesse dei creditori concorsuali.

Da segnalare il recente Trib. Rovereto 13 ottobre 2014[16], pronunciatosi, tuttavia, con riferimento ad una fattispecie di concordato con continuità aziendale e che ha quindi affermato che il precedente della Cassazione che riconosce la prededuzione al credito dei subappaltatori nel caso di fallimento dell’appaltatore di lavori pubblici è riferibile anche al concordato in continuità, sì che - in sede di delibazione della fattibilità giuridica - non può non orientare la proposta ed il piano della debitrice concordataria.


I recenti interventi normativi: il decreto sulla semplificazione fiscale

Dall’analisi della giurisprudenza sopra riportata appare fondato evidenziare come la tematica del riconoscimento della prededucibilità del credito del subappaltatore necessiti di ulteriore approfondimento ed analisi[17], ciò anche alla luce dei più recenti sviluppi legislativi, tra cui l’abrogazione, ad opera del decreto sulla semplificazione fiscale[18], dell’art. 35, commi 28, 28 bis e 28 ter del D.L. n. 223/2006 che prevedeva la responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore per il versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente dovute dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto.

Per effetto delle modifiche introdotte[19] rimarrà in vigore la responsabilità solidale, come sostituto d’imposta, del committente[20] e la c.d. solidarietà retributiva e contributiva ex art. 29 CCP; il committente e gli appaltatori, per evitare di rispondere in solido dei mancati versamenti, dovranno continuare a richiedere il rilascio del DURC per verificare la regolarità contributiva. E in ogni caso potranno comunque avvalersi del beneficio della preventiva escussione.

La nuova disciplina (finalmente) si sta orientando verso un’eliminazione, nelle società in bonis, delle responsabilità solidali negli appalti (già era stata abrogata la responsabilità solidale in tema di IVA con il D.L. n. 69/2013), anche al fine di consentire alle stazioni appaltanti di superare il rischio di eventuali duplicazioni di spesa ma soprattutto al fine di evitare la “sospensione” dei pagamenti che detti committenti applicano con solerzia.

Perché mai, di conseguenza, pendente una procedura concorsuale (eccetto l’ipotesi del concordato con continuità aziendale) la committente non dovrebbe pagare l’appaltatore ma dovrebbe operare un pagamento diretto del subappaltatore? O quest’ultimo vantare un diritto di credito prededucibile?

A queste considerazioni suggestive de iure condendo, comunque, de iure condito vi sono alcuni necessari elementi da verificare.

A parere dello scrivente, con tutti i limiti della presente opinione, vista la complessità della materia, i principi da utilizzare per orientarsi nella ricerca di una soluzione corretta non solo sotto un profilo di stretto diritto ma che sia anche convincente da un punto di vista pratico, sono due: la tutela dell’interesse “pubblico” specifico alla realizzazione dei lavori o all’acquisizione dei beni o servizi oggetto di quell’appalto, sotteso alla procedura di gara, inibendo alla stessa stazione appaltante di ammettere a gara e di affidare l’appalto stesso ad un soggetto di cui sia dubbia l’idoneità ad eseguire il contratto (se non nel caso del concordato in continuità sorretto dagli specifici requisiti di cui all’art. 186 bis l.fall.); l’esigenza di salvaguardia delle imprese in crisi, nel quadro del sostegno e dell’impulso al sistema produttivo del Paese tesi a fronteggiare l’attuale situazione generale di congiuntura economico - finanziaria e sociale, contemperando tale salvaguardia con la pari tutela dei creditori dell’impresa in crisi (l’alterazione dell’ordine delle cause legittime di prelazione e della par condicio creditorum al più è consentita nell’eccezionalità ex art. 182 quinquies, comma 4, l.fall. nel concordato in continuità ex art. 186 bis l.fall.).

I predetti principi sono stati di recente richiamati da un’attenta sentenza del Consiglio di Stato[21], pronunciatasi sul tema della persistenza dei requisiti di cui all’art. 38 CCP di un’impresa che aveva depositato ricorso “in bianco” ex art. 161, comma 6, l.fall., qualificando la procedura come concordato con continuità aziendale, ma che non risultava ancora ammessa con il decreto ex art. 163 l.fall..[22]

La sentenza citata, con una motivazione convincente e logicamente ragionata, afferma che nell’anteriore fase dello svolgimento della gara e fino alla stipulazione del contratto di appalto pubblico, in cui non vi sono lavori, servizi o forniture in corso né lavoratori già impegnati, la normativa ha inteso trovare un punto di equilibrio tra la tutela dell’impresa ammessa al concordato ai sensi dell’art. 163 l.fall. (in ordine alla quale è stata quindi già accertata la ricorrenza dei presupposti che le rendano possibile evitare il fallimento e continuare la propria attività, perciò anche portare regolarmente a termine l’eventuale contratto con la p.a.), che intenda partecipare alla nuova gara e che fornisca alla stazione appaltante le ulteriori garanzie di legge ex art. 186 bis l.fall. (rappresentate dalla relazione del professionista e dall’impegno di altro operatore: comma 4), e la tutela dell’interesse pubblico specifico alla realizzazione dei lavori.

Conclude, quindi, il Consiglio di Stato, escludendo la possibilità di risultare affidatario del contratto pubblico per quel soggetto che abbia ottenuto solo il provvedimento ex art. 161, comma 6, l.fall., ricadente ancora nella fase anteriore a quella di “ammissione al concordato”; nella materia delle gare pubbliche, infatti, il legislatore ha circondato di cautele l’applicazione della normativa di favore, sia richiedendo in ogni caso opportune garanzie, sia limitando la partecipazione al concorrente sottoposto a concordato con continuità, con conseguente permanere della preclusione qualora prima della scadenza del termine prefissato per la presentazione delle istanze di partecipazione alla gara, l’iter iniziato dall’imprenditore non sia approdato al decreto di ammissione del Tribunale del ricorrente al concordato con continuità e di formale apertura di detta specifica procedura di concordato finalizzata all’omologazione.

Fatte queste premesse, nel caso di contratto disciplinato dalla normativa pubblicistica, l’accesso ad una procedura concorsuale, ad eccezione dell’ipotesi di concordato con continuità aziendale, comporta lo scioglimento del rapporto contrattuale in forza del combinato disposto dell’art. 81, comma 2, l.fall. con gli artt. 38, comma 1, lett. a) e 140 CCP.

Nello specifico, laddove la società appaltatrice venga dichiarata fallita ovvero acceda ad una procedura di concordato liquidatorio, ritengo che vada condivisa la soluzione applicata dal Tribunale di Milano, nella pronuncia sopra citata.

In caso di fallimento, infatti, la normativa concorsuale dettata dall’art. 81, comma 2, l.fall. prevede la prosecuzione del contratto di appalto a condizione che la qualità soggettiva dell’appaltatore non sia stato motivo determinante del contratto; in caso contrario, il contratto si scioglie.

Laddove si tratti di un contratto di appalto pubblico, soggetto alla disciplina del codice degli appalti, la prosecuzione del rapporto è da escludersi in quanto l’appaltatore perderebbe uno dei requisiti di ordine generale richiesti dalla normativa e, nello specifico, dall’art. 38 CCP, i quali, com’è noto, devono sussistere al momento della scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara e permanere per tutta da durata dell’appalto.

Una volta che il contratto sia da ritenersi sciolto, non può di conseguenza applicarsi la disciplina di cui all’art. 118 CCP e quindi riconoscersi la prededuzione al credito dell’appaltatore.

In caso di concordato liquidatorio, nonostante la regola generale sia costituita dalla prosecuzione dei rapporti pendenti tra la società e le sue parti contrattuali, atteso che l’art. 169 bis l.fall. prevede lo scioglimento ovvero la sospensione solo previa autorizzazione del G.D. o del Tribunale, come nel fallimento, deve richiamarsi l’art. 38 CCP, che esclude che possano essere affidatarie di contratti pubblici le imprese soggette a procedure di concordato, ad eccezione dell’ipotesi del concordato con continuità aziendale. Anche in questo caso, quindi, sciogliendosi l’appalto, non potrà applicarsi la disciplina sui pagamenti di cui all’art. 118 CCP e riconoscersi la prededuzione al subappaltatore.

Rimane la fattispecie del concordato con continuità aziendale, per la quale la normativa prevede una disciplina ad hoc, giustificata, come detto, dalla necessità di favorire l’emersione dell’impresa in crisi e al fine del miglior soddisfacimento dei creditori. Il contratto, ancorché pubblico, potrà essere proseguito e potrà provvedersi al pagamento del subappaltatore, con le modalità sancite dall’art. 118, comma 3 bis, CCP.

Sembra quindi che la Cassazione, nella sentenza n. 3402/2012, non abbia considerato, a differenza delle successive pronunce di merito, la problematica relativa alla sorte del contratto di appalto pubblico, una volta che l’affidatario venga dichiarato fallito ovvero sia ammesso ad una procedura di concordato liquidatorio; se, infatti, l’art. 38 CCP stabilisce che in dette ipotesi il rapporto contrattuale non possa proseguire, stante il preminente interesse pubblico alla continuazione dei lavori e all’ultimazione dell’opera pubblica, la soluzione data dal Tribunale Milano (e dalle precedenti pronunce di merito sopra citate) appare logica e coerente con la fattispecie concreta, non avendo ragion d’essere il pagamento preferenziale di un creditore, divenuto concorsuale, a fronte di un contratto di appalto risolto.

L’ente pubblico, che abbia un debito nei confronti di società appaltatrice fallita per opere da questa realizzate (anche per mezzo dei subappaltatori), deve adempiere le sue obbligazioni e pagare quanto dovuto alla procedura fallimentare, la quale poi provvederà a ripartire l’attivo fra i creditori nel rispetto della graduazione determinata dalla norme fallimentari e civilistiche.

Pertanto, non avrebbe ragion d’essere un pagamento preferenziale del subappaltatore, che presupporrebbe l’esistenza di un contratto ancora in corso di esecuzione o che possa essere portato a termine solo in caso di continuità nei rapporti tra stazione appaltante ed affidatario, mentre in caso di fallimento di quest’ultimo, o di concordato liquidatorio, il contratto con la stazione appaltante si scioglie ipso iure a meno che ci sia un interesse funzionale all’esecuzione completa dell’opera e del contratto nell’ambito di un esercizio provvisorio nel fallimento o nell’attività in parziale continuità ma senza la prevalenza in un concordato liquidatorio.

L’applicazione dell’art. 118 CCP in dette fattispecie potrebbe addirittura configurare violazione del principio costituzionale di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., atteso che introdurrebbe un trattamento differenziato tra crediti che siano maturati dal subappaltatore verso l’appaltatore in procedura concorsuale liquidatoria a fronte di un contratto di appalto pubblico e tutti gli altri di natura privatistica, trattamento non giustificato da alcuna previsione di legge.

 

La giurisprudenza del 2015

Come anticipato in nota (v. nota 1), sul tema è intervenuto recente decreto, reso dal Tribunale di Monza all’esito di procedimento di opposizione allo stato passivo ex art. 98 l.f.[23], che ha confermato integralmente quanto sopra esposto.

Nello specifico il Tribunale ha escluso il riconoscimento della natura prededucibile del credito vantato dal subappaltatore che faccia valere il medesimo nella procedura di fallimento intervenuta a carico dell’appaltatore. In questo caso, infatti, non soccorrerebbe l’art. 118 CCP, applicabile solo tra soggetti in bonis e sul presupposto dell’esistenza di un contratto in corso di esecuzione e da portare a termine.

Solo nel caso di concordato con continuità aziendale la normativa consente la prosecuzione del contratto, mentre in caso di fallimento (ovvero di concordato liquidatorio), il rapporto tra stazione appaltante e appaltatore si scioglie ipso iure, venendo meno la condizione che giustifica l’operatività della disciplina di cui all’art. 118 CCP; cessa, di conseguenza, il meccanismo che attribuisce alla pubblica amministrazione il potere – dovere di sospendere i pagamenti dovuti all’appaltatore e il credito del subappaltatore soggiace alle regole concorsuali della verifica del passivo.

Puntualmente il Tribunale di Monza ha precisato che nella fattispecie “non si realizza quel nesso di strumentalità tra pagamento del subappaltatore e pagamento all’appaltatore che la giurisprudenza della Supera Corte richiamata (Cassazione n. 3402/12) ritiene sussistente e qualificante il riconoscimento del rango prededucibile”.



[1] L’articolo affronta alcuni temi oggetto di esame nella nota “Lo strano caso dell’art. 118 codice appalti: natura chirografa o nuova prededuzione nelle procedure concorsuali?”, pubblicato su Le Società, n. 4/2015, integrato con un breve commento del recente decreto reso ex art. 98 l.f. dal Tribunale di Monza, 10 aprile 2015, pubblicato in www.ilcaso.it. 

[2] L’art. 118 al comma 3 CCP recita “nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento. Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell’affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l’affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili, eventualmente costituite per l’esecuzione unitaria dei lavori a norma dell’articolo 93 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al subappaltatore o al cottimista dell’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite”; il comma 3 bis CCP recita: “È sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali diversi soggetti che costituiscano l’affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili, eventualmente costituite per l’esecuzione unitaria dei lavori a norma dell’articolo 93 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, dai subappaltatori e dai cottimisti, secondo le determinazioni del tribunale competente per l’ammissione alla predetta procedura”.

[3] Successivamente alla riforma del 2006 alla legge fallimentare, il testo dell’art. 111 esplicitamente indica che sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione e in funzione delle procedure concorsuali. Il D.L. n. 78/2010 ha poi introdotto, con l’art. 182 quater, nuove categorie di crediti prededucibili. Sul tema v. M. Spinozzi, I profili della prededuzione alla luce del riformato art. 111 L.Fall., in www.ildirittodegliaffari.it; Codice commentato del fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2013, sub artt. 111 e 182 quater; sugli effetti di detta riforma v. A. Patti, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 e art. 182 quater l.f., in Fall., 2011, 1342. La problematica dei crediti prededucibili è stata molto spesso affrontata con riferimento al trattamento, in caso di fallimento, del credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza per la proposta di concordato preventivo; si è detto da ultimo, che detto credito rientra “de plano” tra quelli sorti “in funzione della procedura concorsuale”, e, come tale, va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento ai sensi dell’art. 111, comma 2, l.fall.; sul punto si veda Cass. 10 settembre 2014, n. 19013, in www.ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 11572 - pubb. 10 ottobre 2014; Cass. 17 aprile 2013, n. 9316, in Giust. civ., 2013, 5-6, 959. Ha riconosciuto natura prededucibile anche al credito derivante da attività svolte in giudizi già pendenti alla data apertura della procedura, in virtù d’incarichi precedentemente conferiti dall’imprenditore, a condizione ovviamente che dalla relativa verifica ne emerga l’adeguatezza funzionale agl’interessi della massa, Cass. 17 aprile 2014, n. 8958, in Mass. Giust. civ., 2014; in D&G, 2014, con nota di Tarantino; v. altresì Cass. 8 aprile 2013, n. 8533, in Giur. comm., 2013, 5, 77 e in Fall., 2014, 80 ss., con nota di V. Salvato e ivi, 2014, 69, con nota di G.B. Nardecchia.

[4] Una delle prime decisioni sull’interpretazione dell’art. 111, comma 2, l.fall. è stata proprio Cass. 5 marzo 2012, n. 3402, in Le Società, 2013, 1, 123, s.m. e in Giust. civ., 2012, 5, I, 1217 nonchè in Mass. Giust. civ., 2012, 3, 271: “al di fuori dell’ipotesi in cui il credito si riferisca ad obbligazione contratta direttamente dagli organi della procedura per gli scopi della procedura stessa, il collegamento ‘occasionale’ ovvero ‘funzionale’ posto dal dettato normativo deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico né solo teleologico, tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra terzo e l’organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura in quanto inerisce alla gestione fallimentare. In questa prospettiva, la prededuzione attua un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma tutte quelle interferiscono con l’amministrazione fallimentare ed influiscono per l’effetto sugli interessi dell’intero ceto creditorio”.

[5] Sul concetto di occasionalità e funzionalità v. Cass. 7 marzo 2013, n. 5705, in Mass. Giust. civ., 2013; G. Ciervo, Prededucibilità dei crediti sorti in funzione della procedura concorsuale, in Giur. comm., 5, 2013, 733 ss.; A. Didone, La prededuzione dopo la L. n. 134 del 2012 (prededuzione “ai sensi” e prededuzione “ai sensi e per gli effetti”?), in Fall., 2013, 913 ss.; prima della riforma introdotta con la L. n. 134/2012 v. A. Cavaglio, I crediti prededucibili nelle procedure concorsuali, in Dir. fall., 2010, I, 449.

[6] Per la fattispecie di credito sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, fra le ultime, v. Cass. 10 settembre 2014, n. 19013, in www.ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 11572 - pubb. 10 ottobre 2014.

[7] Sulla problematica dei crediti prededucibili nell’ambito del concordato preventivo v. M. Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, Volume II Concordato preventivo, Bologna, 2014, 460 ss; P. Vella, Crediti in occasione e crediti in funzione del concordato preventivo: la prededuzione nel successivo fallimento, in Le Società, 2014, 516; M. Spadaro, La prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione di una procedura minore nel fallimento consecutivo: tra adeguatezza funzionale e utilità per i creditori, ivi, 2014, 539.

[8] La Suprema Corte parrebbe aver superato, con detta sentenza, quell’orientamento della giurisprudenza di merito secondo la quale le espressioni “crediti sorti in occasione” e “in funzione delle procedure concorsuali” cristallizzano lo stesso concetto, sicché gli unici crediti in prededuzione sono quelli sorti dopo il decreto di ammissione alla procedura, mentre ogni attività svolta in precedenza dal debitore concordatario resta esclusa dalla prededuzione; così Trib. Bari 17 maggio 2010, in Giur. mer., 2011, 1282 ss., con nota di L. D’Orazio; Trib. Pordenone 8 ottobre 2009, in www.unijuris.it. Secondo altro indirizzo l’espressione “in funzione delle procedure concorsuali” deve essere intesa nel senso del riconoscimento della prededuzione anche ai crediti maturati prima del decreto di ammissione alla procedura, ad esempio quelli maturati per l’espletamento di attività professionali utili e necessarie a consentire l’accesso del debitore alla procedura di concordato preventivo; in tal senso P. Bonfatti, I concordati preventivi di risanamento, in Le procedure concorsuali, a cura di A. Caiafa, II, Padova, 2011, 1379 ss.; S. Ambrosini, Appunti flash sull’art. 182- quater della legge fallimentare, in www.ilcaso.it, II, 204/2010; G.B. Nardecchia, sub art. 182 quater, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da C. Cavallini, III, Milano, 2010, 852 ss. In giurisprudenza, Trib. Prato 24 giugno 2011, in www.ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 6509 - pubb. 5 settembre 2011; Trib. Milano 20 agosto 2009, in Fall., 2009, 1413; Trib. Treviso 16 giugno 2008, ivi, 2008, 1209.

[9] Di contrario avviso, Trib. Verona 18 dicembre 2014, inedita.

[10] Per un’attenta analisi di alcune delle sentenze di merito di seguito citate, v. L.A. Bottai, La problematica convivenza tra subappalto e fallimento e le ragioni di politica del diritto, in Le Società, 2014, 12, 1296 ss.

[11] Trib. Bolzano 25 febbraio 2014, in www.ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 10138 - pubb. 6 marzo 2014; a commento della decisione si veda F. Vignoli, La tutela del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante in caso di fallimento dell’appaltatore, in www.ilfallimentarista.it, 17 giugno 2014.

[12] Trib. Bolzano 8 novembre 2013, in www.ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9991 - pubb. 5 febbraio 2014.

[13] Trib. Pavia 26 febbraio 2014, in www.injuris.it.

[14] Trib. Milano 5 settembre 2014, in www.ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 11350 - pubb. 9 ottobre 2014.

[15] Sull’ultimo inciso del comma 2 dell’art. 81 l.fall., ovvero nell’ipotesi di contratto di appalto di opere pubbliche, si è detto che il contratto, nel caso di fallimento dell’appaltatore, si scioglie ex nunc, fatti salvi gli effetti prodottisi, tra cui le prestazioni da una parte e i pagamenti dall’altra, con prosecuzione del rapporto con uno degli altri miglior offerenti. V. Codice commentato del fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2013, sub art. 81.

[16] Trib. Rovereto 13 ottobre 2014, in www.ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 11496 - pubb. 3 novembre 2014.

[17] Peraltro, non può essere affrontato in questa sede il diverso e ancor più complesso caso dell’affidamento del contratto pubblico non all’appaltatore unico, bensì costituito in ATI, tematica che necessiterebbe di uno studio dedicato, stante la varietà del panorama legislativo e giurisprudenziale sul punto.

[18] D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175 “Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata” pubblicato in G.U. Serie Generale n. 277 del 28 novembre 2014.

[19] Disciplina previgente: D.L. n. 223/2006, art. 35:

comma 28: “In caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente dovute dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto. La responsabilità solidale viene meno se l’appaltatore verifica, acquisendo la documentazione prima del versamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al periodo precedente, scaduti alla data del versamento, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. L’attestazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi di cui al primo periodo può essere rilasciata anche attraverso un’asseverazione dei soggetti di cui all’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e all’articolo 3, comma 3, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. L’appaltatore può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all’esibizione della predetta documentazione da parte del subappaltatore. Gli atti che devono essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore sono notificati entro lo stesso termine anche al responsabile in solido”.

comma 28-bis. “Il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore previa esibizione da parte di quest’ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di cui al comma 28, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dall’appaltatore e dagli eventuali subappaltatori. Il committente può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all’esibizione della predetta documentazione da parte dell’appaltatore. L’inosservanza delle modalità di pagamento previste a carico del committente è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti di cui al comma 28 non sono stati correttamente eseguiti dall’appaltatore e dal subappaltatore. Ai fini della predetta sanzione si applicano le disposizioni previste per la violazione commessa dall’appaltatore”.

Comma 28-ter. “Le disposizioni di cui ai commi 28 e 28-bis si applicano in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Sono escluse dall’applicazione delle predette disposizioni le stazioni appaltanti di cui all’articolo 3, comma 33, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”.

[20] L’art. 28, comma 2 del decreto delega sulla semplificazione fiscale evidenzia che il committente, qualora sia direttamente obbligato a eseguire il pagamento dei trattamenti retributivi ai dipendenti dell’appaltatore e/o dei subappaltatori impegnati nell’appalto per effetto della solidarietà, “è tenuto ove previsto ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 600/73” (se l’appaltatore e/o il subappaltatore non pagano i propri dipendenti impegnati nell’appalto non solo deve provvedervi il committente; ma quest’ultimo ha anche l’obbligo di effettuare le ritenute fiscali sulle retribuzioni erogate, di versarle all’Erario, di certificare le somme erogate, esattamente come per i suoi dipendenti).

[21] Cons. Stato 14 gennaio 2014, n. 101, in Foro amm., 2014, 1, 33.

[22] Sul tema dei rapporti tra contratti pubblici e procedure di concordato v. G.P. Macagno, Continuità aziendale e contratti pubblici al tempo della crisi, in Le Società, 2014, 670.

[23] Trib. Monza 10 aprile 2015, cit.


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