Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 01/07/2008 Scarica PDF
La collateralizzazione degli strumenti finanziari derivati OTC ("over the counter") alla luce del D.lgs. 170/2004: cenni storici e problemi irrisolti
Ferdinando Bruno e Andrea Rozzi, Ferdinando Bruno, Avvocato in Milano. Andrea Rozzi, Head of Legal Department, HVB Milan BranchIl recepimento
della disciplina di Basilea II rappresenta un'importante occasione per svolgere
una ricostruzione ed un esame dello strumento "collateral" e del
relativo processo di "collateralizzazione". Nonostante il
recepimento, per il tramite del Dlgs. 170/2004, della Direttiva comunitaria del
6 giugno 2002, n. 47 (c.d. Collateral Directive) nel nostro ordinamento,
l'argomento presenta alcuni aspetti meritevoli di attenzione. Gli Autori
esaminano l'evoluzione storica del problema della collateralizzazione degli
strumenti finanziari derivati OTC nella giurisdizione italiana alla luce del
recente recepimento della Collateral Directive, per poi evidenziare i problemi
ancora aperti nella disciplina domestica.
Premessa
La recente ricezione da parte di Banca di Italia della disciplina di Basilea
II(1) nelle proprie istruzioni di vigilanza ha, inter alia, portato
l'attenzione sull'istituto del collateral (il Collateral), e sul relativo
processo di "collateralizzazione". Tali termini sono ben conosciuti
agli operatori internazionali, rappresentando istituti nati nell'ambito
anglosassone: a riguardo, si può sin d'ora fornire la definizione di
colletaralisation come rilevata dalla migliore dottrina straniera, per cui
"is the technique for addressing credit risk by supporting a personal
obligation (which may be defeated by insolvency) with a right to recourse
against its identified assets (which should not)"(2). Ora, nonostante i
predetti istituti siano conosciuti nella loro nomenclatura agli operatori del
mercato dei capitali domestico, presentano profili problematici meritevoli di
approfondimento, anche alla luce dell'esperienza ante Collateral Directive. Per
introdurre l'argomento oggetto della presente analisi, giova rilevare come le
summenzionate istruzioni di vigilanza, dopo aver evidenziato che la nuova
struttura della regolamentazione prudenziale si basa su "tre
pilastri"(3), individuino i due metodi di calcolo del requisito: il metodo
standardizzato, evoluzione del sistema derivante dall'Accordo sul Capitale del
1988, e il metodo dei rating interni (Internal Rating Based, IRB), a sua volta
suddiviso in un IRB di base e un IRB avanzato. Le istruzioni prevedono
un'articolata e organica disciplina dettata per le tecniche di attenuazione del
rischio di credito (Credit Risk Mitigation, CRM). È proprio con riferimento a
tale concetto che le predette istruzioni di vigilanza, nel discutere delle
tecniche di attuazione del rischio di credito, prevedono che "la
protezione del credito di tipo reale è costituita da: a) garanzie reali
finanziarie (collateral) - aventi ad oggetto contante, determinati strumenti
finanziari, oro - prestate attraverso contratti di pegno, di trasferimento
della proprietà con funzione di garanzia, di pronti contro termine, di
concessione e assunzione di titoli in prestito" e " e) altre garanzie
utilizzabili solo per le banche che applicano i metodi IRB ("garanzie IRB
idonee"); esse comprendono la cessione di crediti e le "altre
garanzie reali" (physical collateral) - aventi ad oggetto beni diversi da
quelli che possono formare oggetto di garanzie reali finanziarie e di ipoteche
immobiliari - prestate attraverso, ad esempio, contratti di pegno o di
leasing.". La predetta normativa rileva, inoltre, incidentalmente che si
tratta di garanzie finanziarie(4): ci troviamo, quindi, dinanzi alla
ricognizione ed all'utilizzo in ambito bancario del Collateral. Tale situazione
rappresenta la conseguenza dell'acclarata rilevanza di tale istituto, in merito
a cui è stato correttamente evidenziato che: "Collateral is becoming
increasingly important in the international financial markets. As indicated above, the use of collateral reduce credit risk. Collateral
therefore enables financial institutions to undertake more business, and in
particular more business with counterparties whose credit risk is poor, than
would be possible on an uncollateralised basis within the terms of the
institution's credit policy. Collateral has also an important function in
reducing the burden of regulatory capital. In order to address liquidity and
credit risks, regulated entities such as banks and brokers are required by
their regulators to maintain minimum levels of capital. These regulatory
capital requirements are calculated by risk assumed by the entity from time to
time. On element of the calculation capital is known as counterparty risk
requirement (CRR). CRR is calculated with reference to a regulated firm's
credit exposures to counterparties. CRR is calculated by reference to a
regulated firm's credit exposure to counterparties. CRR is very significantly
reduced if credit exposures are collateralised. Collaterallisation therefore
means that a regulated firms is able to undertake more business with is
available capital, and therefore generate more profits."(5). Tanto atteso,
si procederà ora ad un'analisi del processo di collateralizzazione degli
strumenti finanziari derivati OTC nella giurisdizione italiana.
Il Collateral e gli strumenti finanziari derivati OTC
Il mercato finanziario dei nostri giorni sta sempre più condensandosi di elementi di complessità strutturale, e di prodotti risultanti da azioni ingegneristiche sempre più innovative dirette a soddisfare le sofisticate esigenze degli operatori finanziari istituzionali. Tali risultati sono per lo più ottenuti mediante l'utlizzo di strumenti finanziari derivati(6), che comprendono options e swaps(7) in diverse forme e con diversi sottostanti. Le operazioni in derivati generano strutture complicate la cui vita media si allunga di giorno in giorno in un mondo dove, invece, l'incertezza diventa un fattore rilevante. Le crisi cicliche dei diversi mercati hanno dimostrato spesso l'inefficacia della maggior parte delle previsioni che le istituzioni finanziarie hanno fatto, e sulle quali hanno basato le loro decisioni di investimento e gli interventi sul mercato. Allo stesso tempo i rischi derivanti non solo dalle operazioni in sé, ma soprattutto dalla globalizzazione del mercato che genera un intreccio complicato ed elevato di relazioni tra gli intermediari finanziari, aumentano a ritmi sostenuti. Si veda ad esempio la recente crisi del mercato dei "subprime mortgages" che ha provocato notevoli difficoltà ad alcuni "Hedge Funds" ed ha fatto emergere un rischio di "crash" sistemico. Su tutti, l'aspetto del credito assume quindi rilevanza principale: la necessità di garantire il compromesso tra l'esigenza di operare sui mercati con volumi crescenti al fine di contrastare la discesa generale dei margini di intermediazione e l'esigenza di salvaguardare la qualità e la solidità patrimoniale della propria istituzione. Lo strumento grazie al quale le istituzioni finanziarie possono gestire questo compromesso, e quindi ottimizzare l'utilizzo della risorsa del credito, è, per l'appunto, il Collateral.
I contratti di collateralizzazione
Il Collateral, nella forma di strumenti finanziari o di denaro contante, ha lo
scopo di fornire alle banche, ai fondi, alle assicurazioni, quella garanzia nei
confronti delle proprie controparti di mercato del buon fine delle operazioni
in essere e di quelle future, slegando di fatto il profilo di rischio dei
propri investimenti da considerazioni legate al rischio di controparte. Le
operazioni in derivati(8) a lungo termine, infatti, generano dei flussi di
cassi futuri il cui valore attualizzato, denominato Mark-to-Market, viene
costantemente "coperto" attraverso la concessione in garanzia da
parte del debitore, e a favore del creditore, di strumenti finanziari o
contante, che il creditore può ritenere, o rivendere sul mercato, nel caso in
cui il debitore divenga inadempiente ai propri obblighi. Riassumendo, dunque, i
benefici del collaterale sono: (a) la riduzione del rischio controparte, (b) la
migliore liquidità del mercato e (c) l'ottimizzazione della gestione del
credito come risorsa scarsa. Tutto ciò genera effetti rilevanti in termini di
opportunità di business: la riduzione dei rischi associati alle operazioni
finanziarie, l'incremento dei volumi e l'esecuzione di transazioni innovative
in misura sensibilmente superiore rispetto alla gestione tradizionale del
credito produce valore. Se a ciò si aggiunge che la corretta gestione dei
volumi di Collateral scambiati fra le controparti permette anche un'opportunità
di creazione di revenues nella forma di spread aggiuntivo, si percepisce
immediatamente il vantaggio intrinseco di questo strumento. Alla luce di quanto
sopra, obiettivo del presente articolo è quindi di fornire una panoramica di
base, pur completa, della contrattualistica utilizzata in Italia per
collateralizzare l'esposizione in strumenti finanziari derivati, sottolineando
i problemi giuridici che tali contratti hanno posto in passato, prima
dell'entrata in vigore della Direttiva Europea sul Collateral, ed i problemi
nuovi posti dal decreto di recepimento di tale Direttiva nel nostro paese. Come
detto nelle premesse la finalità degli accordi di collateralizzazione è quella
di coprire l'esposizione in derivati(9) con una determinata controparte di
mercato mediante il versamento di denaro o titoli (il Collateral) a copertura
dell'esposizione stessa. Tali accordi presuppongono ovviamente il monitoraggio
di tale esposizione (Mark to market) la cui frequenza è come vedremo fissata
contrattualmente. La documentazione contrattuale utilizzata in tutti i mercati
internazionali per regolamentare l'attività di collateralizzazione è costituita
da due diversi documenti predisposti e pubblicati dall'ISDA (International
Swaps and Derivatives Association) (l'ISDA). Dal punto di vista strutturale
entrambi i documenti si compongono di una parte quadro, non modificabile dalle
parti, e di un ultimo paragrafo soggetto a negoziazione. Il funzionamento dei
due contratti dal punto di vista pratico è assolutamente identico. Ciò che li
differenzia è il diverso approccio legale con cui si affronta il problema
dell'acquisizione del Collateral: va all'uopo rilevato come esistano due
diverse versioni di Credit Support Annex: (i) il Credit Support Annex nella
versione English Law (il Contratto UK); (ii) il Credit Support Annex nella
versione New York Law (il Contratto US). Il Contratto UK prevede che il
Collateral passi in proprietà del soggetto esposto (c.d. title transfer
approach), il quale avrà soltanto l'obbligazione, al momento della
restituzione, di ritrasferire l'equivalent collateral ossia, nel caso di
strumenti finanziari rappresentati da titoli, di ritrasferire titoli della
stessa specie e quantità di quelli originariamente depositati. Il Contratto US
prevede che il Collateral venga depositato su un conto vincolato a favore del
soggetto esposto (c.d. pledge approach); in altri termini quest'ultimo
acquisisce il solo possesso ma non la proprietà del Collateral sul quale è
costituito un security interest(10), ossia un diritto di soddisfarsi sul
Collateral in caso di insolvenza, con precedenza rispetto agli altri creditori.
Il Contratto US, però, dispone espressamente che il Collateral possa essere
comunque utilizzato. Tale utilizzo è consentito soltanto in applicazione di
particolari esenzioni valide negli Stati Uniti; a tal fine il Collateral dovrà
pertanto rimanere depositato presso un Custodian americano per tutta la durata
del rapporto.
Il Contratto UK: caratteristiche
Oggetto di esame in questo articolo, con riferimento ai problemi giuridici
derivanti dalla sua applicazione nella giurisdizione italiana, prima e dopo la
pubblicazione del decreto di recepimento della "Collateral
Directive", sarà il Credit Support Annex di legge inglese, di gran lunga
il più applicato in ambiente europeo. Non è questa la sede, e non è intenzione
degli Autori, per esaminare nello specifico la documentazione de quo; tuttavia,
pur senza entrare troppo nel dettaglio, appare opportuno, prima di esaminare le
problematiche legali che sorgono nell'applicazione in Italia del Contratto UK,
esaminare brevemente gli elementi più importanti di tale contratto, una cui pur
breve analisi agevolerà la comprensione del meccanismo del predetto Contratto
UK. Elementi caratterizzanti del Contratto UK sono i seguenti: (1) l'Exposure,
che indica l'esposizione che una parte ha nei confronti di un'altra in una
determinata Valuation Date (vedi punto 11 infra). La metodologia di calcolo di
tale esposizione è definita nella parte quadro del Credit Support annex; (2) la
Base Currency, ossia la valuta di riferimento in cui sono espressi tutti i
parametri economici del contratto; (3) la Eligible Currency, ossia una o più
valute alternative alla Base Currency che possono essere oggetto di
trasferimento di garanzia; (4) gli Eligible Credit Support: in aggiunta alla Eligible
Currency, sono i titoli, generalmente di stato e con rating tripla A o comunque
non inferiore alla doppia A, che le parti concordano quali oggetto possibile di
garanzia; (5) la Valuation Percentage, che è la percentuale di valutazione,
anche nota come Haircut che si applica agli Eligible Credit Support volta ad
incrementare il valore complessivo della marginazione al fine di proteggere il
soggetto garantito dalla volatilità di mercato degli strumenti consegnati a
garanzia. Tale percentuale varia in misura direttamente proporzionale alla vita
residua dei titoli da consegnare, mentre è sempre 100%, cioè neutra, nel caso
vengano consegnati valori in contanti (qualsiasi valuta concordata); (6)
l'Independent Amount, che è un ammontare - espresso nella Base Currency - che
una parte si impegna a trasferire all'altra contestualmente alla stipula del
CSA indipendentemente dalla dinamica del Mark-to-Market. Tale ammontare può
essere previsto per una o entrambe le parti e ha normalmente lo scopo di
rinforzare la protezione quando una parte non possiede uno standing creditizio
particolarmente elevato ossia quando ha un rating basso(11) o non possiede
rating(12); (7) il Threshold(13): è un valore dell'Exposure espresso nella Base
Currency, al di sopra del quale si genera la necessità di chiamare i margini:
rappresenta, di fatto, l'ammontare massimo di esposizione che una parte decide
di poter sostenere nei confronti dell'altra senza la protezione offerta dal
versamento di Collateral. Nel gergo tecnico, tale ammontare viene anche
chiamato Unsecured Exposure. Data la sua natura, il Threshold concordato fra le
parti è spesso legato alla solidità creditizia delle parti. È possibile
comunque che venga concordato un Threshold pari a zero: in tale caso non si
avrà un'esposizione non protetta da collateral ma il rischio massimo di credito
sarà rappresentato dal Minimum Transfer Amount (vedi infra); (8) il Minimum
Transfer Amount (di seguito MTA), che è un valore dell'Exposure espresso nella
Base Currency che rappresenta l'ammontare di garanzia minima trasferibile: in
altre parole la chiamata del collateral avviene solo quando l'importo della
garanzia da trasferire alla parte esposta sia superiore a quello indicato come
Minimum Transfer Amount. Parimenti al Threshold, l'MTA può differire tra le
parti in dipendenza del loro rating. Al contrario invece di quanto detto sopra
per il Threshold, un MTA è sempre presente in quanto è interesse di entrambe le
parti ridurre la frequenza delle chiamate di collateral che, in caso di MTA pari
a zero, si avrebbero ad ogni minima esposizione di una parte rispetto
all'altra; (9) il Rounding, che è l'arrotondamento che si applica al MTA; (10)
il Valuation Agent, che è la parte che si impegna a calcolare l'Exposure ed il
valore del Collateral versato. Vi è comunque la possibilità di non indicare
come Valuation Agent una delle due parti, ma di lasciare alla parte che
effettuerà la chiamata del Collateral l'onere di indicare alla controparte
l'importo dell'esposizione e quindi del Collateral da versare; (11) la
Valuation Date, che rappresenta la frequenza con cui l'Exposure viene calcolata
dal Valuation Agent. La frequenza può essere sia giornaliera che settimanale o
mensile. È chiaro che una Valuation Date giornaliera consente di avere un
monitoraggio continuo dell'Exposure e quindi consente di avere una copertura
sempre perfetta; (12) la Notification Time, che è il momento in cui il dato
dell'esposizione e del valore del Collateral versato viene comunicato dal
Valuation Agent all'altra parte o, se non esiste il Valuation Agent ma entrambe
le parti lo sono (vedi punto 9 supra), il momento in cui tali dati verranno
comunicati dalla parte esposta alla parte che dovrà versare il Collateral; (13)
l'Interest Rate, che è il tasso, concordato tra le parti, con cui viene
remunerato il deposito in contanti quando il versamento di Collateral assume
tale forma. Tale tasso è normalmente un saggio di mercato overnight privo di
spread(14); (14) la Dispute Resolution, che è la clausola contenuta nella parte
quadro del CSA che definisce la metodologia per redimere eventuali disaccordi
sulla valutazione effettuata dal Calculation Agent (o dalla parte che
effettuerà la chiamata dei margini nel caso in cui non vi sia la nomina di un
Calculation Agent) dell'Exposure e del valore del Collateral versato.
Dal punto di vista legale l'utilizzo del Contratto UK con controparti italiane
conduce all'esame di due diverse problematiche: (i) l'applicabilità del
close-out netting(15) nella giurisdizione italiana; (ii) la corretta acquisizione
del Collateral alla luce della normativa civilistica e fallimentare italiana
prima dell'entrata in vigore del decreto di recepimento della Collateral
Directive; (iii) la corretta acquisizione del Collateral alla luce della
Collateral Directive.
L'applicabilità del "close-out netting" nell'ordinamento italiano
Come sopra evidenziato, nell'ambito della struttura del Credit Support Annex
l'esposizione, che genera la necessità del versamento del Collateral alla parte
esposta, viene determinata compensando, nell'ambito di una pluralità di
transazioni, le obbligazioni reciproche a carico delle parti, ottenendosi in
tal modo un unico valore che esprime la c.d. posizione netta di una parte nei
confronti dell'altra. Tale compensazione, applicata alle operazioni su
derivati, è però stata oggetto di grandi discussioni a livello dottrinario con
riferimento alla sua tenuta in caso di fallimento di una controparte italiana.
Se infatti nel mondo anglosassone ed in molti paesi europei tale tenuta è
assolutamente certa, nell'ambito della nostra legislazione fallimentare sono
stati sollevati molteplici dubbi. A tal proposito è bene ricordare che il
ricorso nell'ISDA Master Agreement - di cui il Credit Support Annex costituisce
un documento accessorio - alla scelta della legge inglese come legge
applicabile alle obbligazioni nascenti dalle operazioni poste in essere in base
al contratto stesso non risolve il problema. Infatti secondo le norme italiane
di diritto internazionale privato (che recepiscono quanto stabilito nelle
pertinenti convenzioni internazionali, in particolare nella Convenzione di Roma
del 19 giugno 1980), le parti hanno libertà di scegliere la legge regolatrice
il contratto, ma senza pregiudizio delle norme imperative e non derogabili dei
singoli paesi di origine - quali sono senz'altro quelle fallimentari - che
prevarranno quindi comunque, dalla data in cui l'insolvenza viene dichiarata
dall'autorità giudiziaria, sulla legge scelta dalle parti (si tenga comunque
presente che prima di tale situazione patologica, cioè fino alla suddetta
dichiarazione di insolvenza, la legge liberamente scelta dalle parti trova
invece piena applicazione, anche con riguardo alla compensazione). Il punto di
riferimento in materia è sicuramente l'art. 203 del Testo Unico della Finanza
-Decreto Legislativo 23 febbraio 1998 n. 58- (il "Testo Unico") che
recita "1. Fermi restando la decorrenza degli effetti della liquidazione
coatta amministrativa ai sensi dell'articolo 83 del Testo unico bancario, e
quanto previsto dall'articolo 90, comma 3, del medesimo Testo unico bancario,
l'articolo 76 della legge fallimentare si applica agli strumenti finanziari
derivati, a quelli analoghi individuati ai sensi dell'art. 18, comma 5, alle
operazioni a termine su valute nonchè alle operazioni di prestito titoli, di
pronti contro termine e di riporto. Ai fini del presente articolo sono
ricompresi tutti i contratti conclusi, ancorchè non ancora eseguiti in tutto o
in parte, entro la data di dichiarazione del fallimento o di efficacia del provvedimento
di liquidazione coatta amministrativa. 2. Per l'applicazione dell'articolo 76
della legge fallimentare agli strumenti finanziari e alle operazioni indicate
nel comma 1, può farsi riferimento anche al costo di sostituzione dei medesimi,
calcolato secondo i valori di mercato alla data di dichiarazione di fallimento
o di efficacia del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa."
E' di tutta evidenza che tale articolo risolve i dubbi che da più parti erano
stati sollevati relativi alla riconducibilità degli strumenti finanziari
derivati all'art. 72 od invece all'art. 76 della Legge Fallimentare. In
particolare richiamando espressamente l'art. 76, l'articolo in oggetto sancisce
la risoluzione automatica delle operazioni su strumenti finanziari derivati
qualora, nel momento in cui intervenisse la dichiarazione di fallimento o il
provvedimento di liquidazione coatta amministrativa a carico di una delle
parti, esse risultino perfezionate ma non ancora completamente eseguite. Ciò
comporta la liquidazione, in sede fallimentare, delle posizioni aperte: si
determina così quanto ciascuna delle parti deve all'altra come se la scadenza
delle obbligazioni contrattuali avvenisse il giorno dell'apertura della
procedura concorsuale. Una volta rese liquide, le obbligazioni reciproche a
carico delle parti possono essere compensate fra di loro, ottenendosi in tal
modo un unico valore che esprime la c.d. posizione netta di una parte nei
confronti dell'altra. Se i problemi qualificatori degli strumenti derivati appaiono
del tutto risolti, qualche dubbio è stato sollevato in dottrina relativamente
al pieno funzionamento di tale articolo nei confronti delle banche e, in quanto
ad esse assimilate in base all'art. 57 3° comma nel Testo Unico, delle Società
di Intermediazione Mobiliare. Infatti l'art. 203 esordisce facendo salvi
"la decorrenza degli effetti della liquidazione coatta amministrativa ai
sensi dell'articolo 83 del Testo unico bancario, e quanto previsto
dall'articolo 90, comma 3, del medesimo Testo unico bancario". Gli
articoli citati hanno infatti condotto qualche autore a ritenere che i
commissari liquidatori di una banca o di una SIM possano di fatto decidere di
non chiudere tutte le operazioni in essere al momento dell'apertura della
procedura ma scegliere quali operazioni continuare e quali chiudere (cherry
picking), impedendo di fatto l'operare delle clausole volte ad assicurare la
compensazione contenute nei contratti stipulati tra le parti. a detto però che
la suddetta possibilità appare estremamente remota in quanto: (i) si ritiene
che molto difficilmente i liquidatori si assumerebbero la responsabilità di una
valutazione economica circa la convenienza per il soggetto insolvente di
continuare o meno operazioni in derivati. Se infatti tale valutazione si rivelasse
errata si avrebbe la conseguenza dell'insorgere di ulteriori perdite a carico
della procedura, con pesanti responsabilità personali a carico dei liquidatori
(ii) se le transazioni in derivati vengono disciplinate dall'ISDA Master
Agreement (nelle versioni 1992 o 2002) (il "Contratto ISDA"), non
sembrerebbe possibile, per la struttura di tale contratto, risolvere le
operazioni sfavorevoli e mantenere quelle favorevoli. Infatti l'ISDA è un
contratto unitario (nell'art. 1 della parte quadro del Contratto ISDA le parti
concordano che: "Single Agreement. All Transactions are entered into in
reliance on the fact that this Master Agreement and all Confirmations form a
single agreement between the parties (...omissis...), and the parties would not
otherwise enter into any Transactions"), pertanto l'unica possibilità per
i liquidatori sarebbe quella di risolvere o mantenere in vita l'intero
Contratto ISDA e quindi risolvere o continuare tutte le operazioni da esso
disciplinate. Peraltro anche la Legal Opinion, redatta dallo Studio Legale
Allen & Overy e pubblicata dall'ISDA, sul problema dell'enforceability in
Italia delle disposizioni contenute nel Contratto ISDA volte ad applicare il
netting, è assolutamente positiva nel ritenere pienamente applicabili dette
disposizioni in caso di fallimento di una controparte italiana. Tale
circostanza è da ritenersi fondamentale, in quanto detta Legal Opinion, così
come tutte le altre pubblicate dall'associazione sopra citata con riferimento
ad altre giurisdizioni, costituisce un vero e proprio punto di riferimento del
mercato in materia di derivati.
La corretta acquisizione del Collateral alla luce della normativa civilistica e
fallimentare italiana ante recepimento in Italia della Collateral Directive
Abbiamo già rilevato come l'elezione della legge inglese nell'ISDA Master
Agreement e l'utilizzo del Contratto UK, costruito secondo la legge inglese, è
del tutto valida ed efficace in base al diritto italiano anche qualora entrambe
le parti siano italiane. I problemi sorgono però in caso di fallimento in
quanto in tale caso troverebbe applicazione comunque la legge fallimentare
italiana (efficacia mandatoria). Inoltre in quanto il Collateral viene tenuto
su depositi presso intermediari residenti in Italia, la garanzia su tale
Collateral deve essere acquisita seconda la legge del luogo in cui è tenuto
(art. 51 l. 218/95), ossia ancora la legge italiana. Alla luce di quanto sopra
nel periodo precedente all'entrata in vigore del decreto di recepimento della
"Collateral Directive", che costituisce un vero e proprio spartiacque
così come lo è stato l'art. 203 T.U.F. per l'applicabilità del netting in
Italia, si è trattato di verificare se quanto previsto nel Contratto UK
relativamente all'acquisizione del Collateral non fosse contrario a norme di
ordine pubblico dell'ordinamento italiano ed altresì consentisse alla parte in
bonis, in un eventuale fallimento, di rivalersi sul Collateral come creditore
privilegiato. La finalità del trasferimento di Collateral è stata largamente
spiegata nel dettaglio e può riassumersi in una finalità di garanzia volta a
coprire i rischi di una esposizione in derivati. Pertanto, al fine di
verificare eventuali profili di contrarietà della sua disciplina a norme che
esprimono principi di ordine pubblico del diritto italiano, tale trasferimento
doveva essere considerato nell'ambito della problematica dei trasferimenti con
scopo di garanzia. Il Contratto UK dispone soltanto che il Collateral viene
trasferito in proprietà alla parte garantita, la quale avrà soltanto l'obbligo,
al momento della restituzione, di ritrasferire "equivalent
collateral" ossia titoli della stessa specie e della stessa quantità di
quelli originariamente versati. Sotto questo profilo veniva in rilievo il
fondamentale principio posto dall'art. 2744 del codice civile il quale, letto
alla luce dell'elaborazione giurisprudenziale, vieta qualunque patto con il
quale il debitore aliena o, comunque, trasferisce al proprio creditore un bene
con lo scopo di garantire l'adempimento dell'obbligazione. Per poter escludere
ogni profilo di contrarietà del trasferimento del Collateral in base al
Contratto UK al divieto sancito nel menzionato art. 2744 del codice civile
(divieto noto nella tradizione giuridica italiana come divieto del patto
commissorio) potevano essere perseguite due strade: (i) si procedeva alla
costituzione di un pegno (regolare) ex art. 2784 del codice civile e seguenti,
avente ad oggetto i titoli o il denaro da consegnarsi come Collateral (ii) si
procedeva alla costituzione di un pegno irregolare(16) ex art. 1851 del codice
civile su tali titoli o denaro. Va detto subito che la prima strada (pegno
regolare) non sembrò consigliabile in quanto: (i) non appariva conciliabile con
la struttura del Contratto UK: tale contratto infatti prevede che il Collateral
passi in proprietà al soggetto garantito mentre il pegno (regolare) garantisce
soltanto un vincolo sul Collateral che consenta al soggetto garantito di
rivalersi in caso di inadempimento; (ii) l'escussione in caso di inadempimento
è lunga e complessa: il creditore infatti può far vendere giudizialmente il bene
ricevuto in pegno o farselo assegnare dal giudice ma in nessun caso può
appropriarsi direttamente dello stesso (in questo caso si violerebbe proprio il
divieto del patto commissorio); (iii) la sua formalizzazione è eccessivamente
macchinosa e poco rispondente alla dinamicità dell'attività di
collateralizzazione: infatti le formalità richieste per la sua valida
costituzione ed opponibilità (atto scritto, data certa, spossessamento, rigida
individuazione della cosa data in pegno, iscrizione del vincolo sul libro
vincoli tenuto dagli intermediari autorizzati per conto di Banca d'Italia o per
conto di Montetitoli ed accensione di conti particolari a seguito dell'entrata
in vigore del decreto sulla dematerializzazione), da ripetersi ogni qualvolta
si intendeva liberare alcuni titoli dati in pegno per sostituirli con altri o,
più frequentemente, si intenda integrare il pegno con altro Collateral al fine
di coprire un aumento dell'esposizione rilevato dal Mark to Market, ne rendono
poco pratico l'utilizzo. La seconda strada (pegno irregolare) appariva
sicuramente più percorribile in quanto: (i) appariva del tutto conciliabile con
la struttura del Contratto UK: il pegno irregolare infatti comporta il
trasferimento della proprietà dei beni che ne costituiscono l'oggetto a favore
del creditore, il quale è così obbligato solo alla restituzione del tantundem;
(ii) l'escussione in caso di inadempimento è molto più semplice: il pegno
irregolare costituisce infatti una causa legittima di prelazione, che, in caso
di inadempimento dell'obbligazione garantita, si attua attraverso l'immediata
compensazione del credito del soggetto garantito con quanto dato in pegno dal
debitore; (iii) la sua formalizzazione è più semplice e più rispondente alla
dinamicità dell'attività di collateralizzazione: infatti se è vero che molte
delle formalità proprie del pegno (regolare) si applicano anche al pegno
irregolare (atto scritto, data certa, spossessamento, individuazione della cosa
data in pegno), la mancanza dell'onere dell'iscrizione del vincolo pignoratizio
sul libro vincoli tenuto dagli intermediari autorizzati per conto di Banca
d'Italia e per conto di Montetitoli nonchè l'accensione, alla luce della nuova
normativa sulla dematerializzazione dei titoli, di particolari conti nei quali
versare i titoli o il denaro da costituire in pegno, alleggeriscono di molto la
gestione della garanzia. Ed effettivamente il mercato italiano dalla fine degli
anni novanta ad oggi ha registrato un progressivo incremento di utilizzo,
accentuato successivamente al recepimento della c.d Collateral Directive nel
nostro ordinamento, di seguito esaminata.
La Collateral Directive
La direttiva con cui il Legislatore comunitario ha affrontato in modo deciso la
problematica dei Collateral è la Direttiva comunitaria del 6 giugno 2002, n. 47
(c.d. Collateral Directive o anche la Direttiva)(17), relativa ai contratti di
garanzia finanziaria, recepita in Italia con il D.lgs. del 21 maggio 2004 n.
170(18). Come è stato rilevato in ambito comunitario: "The aim of the
Collateral Directive is to create a uniform EU legal framework to limit credit
risk in financial transactions through the provision of securities and cash as
collateral. Collateral is the property (such as securities) provided by a
borrower to a lender to minimise the risk of financial loss to the lender in
the event of the borrower failing to meet comprehensively their financial
obligations to the lender. The Directive reduces the formal collateral
requirements and harmonise and clarify the collateral process at minimum level.
Creation of a clear, uniform pan-EU legal framework for the use of collateral
contributes to the greater integration and cost-efficiency of European
financial markets. Harmonised collateral rules will lower credit losses,
encourage cross-border business and competitiveness".(19) Analizzando
brevemente la Direttiva, si rileva come il considerando 5 già individui
chiaramente gli obiettivi del Legislatore Comunitario, prevedendo che "per
migliorare la certezza giuridica dei contratti di garanzia finanziaria, gli
Stati membri devono garantire che talune disposizioni delle legislazioni
nazionali sull'insolvenza non si applichino ai predetti contratti, in
particolare quelle che ostacolerebbero il realizzo delle garanzie finanziarie o
che porrebbero in dubbio la validità di tecniche attualmente in uso come la
compensazione bilaterale per close-out, l'integrazione della garanzia e la
sostituzione della garanzia". Il Considerando 10 rileva poi come "la
costituzione, la validità, il perfezionamento, l'efficacia o l'ammissibilità
come prova di un contratto di garanzia finanziaria o la fornitura di una
garanzia finanziaria ai sensi di un contratto di garanzia finanziaria non
dovrebbero essere subordinati all'osservanza di formalità quali la redazione di
un documento in una forma particolare o in un modo particolare, l'effettuazione
di un'iscrizione presso un organismo ufficiale o pubblico o la registrazione in
un pubblico registro, la pubblicazione di un'inserzione su un giornale o
periodico, in un registro o una pubblicazione ufficiale o in qualunque altro
modo, la notifica a un pubblico funzionario o l'esibizione di prove in una
determinata forma per quanto riguarda la data di stesura di un documento o di
uno strumento, l'importo delle obbligazioni finanziarie assistite o qualunque
altro aspetto."(20). L'articolo 2 della Direttiva definisce i concetti
cardine della disciplina del Collateral, fornendo le seguenti definizioni: a) i
«contratto di garanzia finanziaria» un contratto di garanzia finanziaria con trasferimento
del titolo di proprietà o un contratto di garanzia finanziaria con costituzione
di garanzia reale, che siano o no coperti da un accordo quadro o da condizioni
generali; b) «contratto di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di
proprietà»: un contratto, inclusi i contratti di pronti contro termine, con il
quale il datore della garanzia finanziaria trasferisce la piena proprietà della
garanzia finanziaria al beneficiario di quest'ultima allo scopo di assicurare
l'esecuzione delle obbligazioni finanziarie garantite o di assisterle in altro
modo; c) «contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia
reale»: un contratto in forza del quale il datore della garanzia fornisce una
garanzia finanziaria a titolo di garanzia reale a favore del beneficiario della
garanzia o gliela consegna conservando la piena proprietà di quest'ultima
quando il diritto di garanzia è costituito. La Direttiva contiene poi una
disciplina breve ma precisa del Collateral, che è stata, come anticipato, recepita
nel nostro ordinamento tramite il D.lgs. del 21 maggio 2004 n. 170. Ora, l'art.
1 lett. d) del D.lgs. n. 2004/170 definisce contratto di garanzia finanziaria
"Il contratto di pegno o il contratto di cessione del credito o di
trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia,
ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi altro contratto
di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garantire
l'adempimento di obbligazioni finanziarie (...).(21) L'articolo 2 definisce
invece l'ambito di applicazione, prevedendo che il decreto legislativo si
applica ai contratti di garanzia finanziaria a condizione che: a) il contratto
di garanzia finanziaria sia provato per iscritto; b) la garanzia finanziaria
sia stata prestata e tale prestazione sia provata per iscritto(22). Come è
stato correttamente rilevato in dottrina, "già da tali preliminari
considerazioni emerge come la definizione normativa richiamata sia foriera di
conseguenze, ponendosi (almeno apparentemente) in netta rottura con taluni
principi di diritto privato consolidati nel nostro ordinamento giuridico. In
primo luogo, si è visto, la nozione di contratto di garanzia finanziaria è
atipica, suscettibile di attrarre le diverse tipologie contrattuali che
progressivamente si delineeranno nella prassi finanziaria. Tale impostazione
cozza con il principio della tipicità dei contratti di garanzia reale (numerus
clausus - pegno, ipoteca e privilegio) codificato nel nostro codice civile, e
intimamente connesso con il noto dogma dell'inderogabilità, da parte
dell'autonomia privata, della par condicio creditorum".(23) Inoltre,
evidenzia il medesimo Autore, "in secondo luogo, la normativa in esame si
pone apparentemente in contrasto, derogandovi espressamente, con l'art. 2744
del codice civile, ovvero con quella norma che rende nullo il patto (anche
posteriore alla costituzione del pegno) con il quale si conviene che, in
mancanza di pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa
data in pegno passi al creditore (c.d. patto commissorio). Si tratta, come
noto, di una regola posta a tutela dei creditori e, al contempo, dello stesso
debitore: i primi sono tutelati contro un soddisfacimento preferenziale
(consentito ad altri creditori) al di fuori delle cause legittime di
prelazione; il secondo è tutelato contro una abusiva pressione del creditore.
Per vero, giova ricordare che anche in tale frangente la regola che ci occupa
ha subito talune attenuazioni. La giurisprudenza pratica e teorica ritengono
infatti che non rientri nel divieto del patto commissorio il c.d. patto
marciano, in base al quale il creditore insoddisfatto diviene definitivo
proprietario del bene, ma con l'obbligo di versare la differenza tra l'importo
del credito ed il valore del bene stimato (generalmente da un terzo scelto di
comune accordo) successivamente all'inadempimento(24). Altra dottrina ha invece
correttamente rilevato come "prevedendo che la disciplina si applica a
"qualsiasi altro contratto di garanzia finanziaria", il Decreto ha
aperto il nostro ordinamento ai contratti di garanzia reale
"atipici", mentre in passato questi costituivano un numerus clausus.
Tale previsione consente, inoltre, di recepire nel nostro ordinamento le
tipologie di collateralizzazione che si affermeranno nella futura prassi
finanziaria, ponendoci, come detto, in regime di concorrenzialità nei confronti
dei mercati degli ordinamenti in cui vige la common law. Il Decreto chiarisce,
eliminando in nuce eventuali dubbi interpretativi, che nel concetto di forma
scritta rientrano anche la forma elettronica e qualsiasi altro supporto
durevole, secondo la normativa vigente in materia. Questa norma può dare
ulteriore sviluppo alla diffusione delle forme scritte "alternative",
e richiama implicitamente alla normativa in materia di firma digitale. In ogni
caso, contribuisce alla competitività del nostro ordinamento, e fa un ulteriore
passo verso la semplificazione delle formalità nonché verso il progressivo
superamento della vecchia, cara firma a mano.."(25). Per continuare
l'esame delle previsioni rilevanti del Decreto, si evidenzia come l'articolo 3
preveda che l'attribuzione dei diritti previsti dal decreto legislativo al
beneficiario della garanzia e la loro opponibilità ai terzi non richiedono requisiti
ulteriori rispetto a quelli indicati nell'articolo 2, anche se previsti da
vigenti disposizioni di legge. L'articolo 5, invece, disciplina il Potere di
disposizione delle attività finanziarie oggetto del pegno, disponendo che: (i)
il creditore pignoratizio può disporre, anche mediante alienazione, delle
attività finanziarie oggetto del pegno, se previsto nel contratto di garanzia
finanziaria e conformemente alle pattuizioni in esso contenute; (ii) il
creditore pignoratizio che si sia avvalso della facoltà indicata nel comma 1 ha
l'obbligo di ricostituire la garanzia equivalente in sostituzione della
garanzia originaria entro la data di scadenza dell'obbligazione finanziaria
garantita; (iii) la ricostituzione della garanzia equivalente non comporta costituzione
di una nuova garanzia e si considera effettuata alla data di prestazione della
garanzia originaria; (iv) qualora, prima dell'adempimento dell'obbligo indicato
nel comma 2, si verifichi un evento determinante l'escussione della garanzia,
tale obbligo può essere oggetto della clausola di «close-out netting». In
mancanza di tale clausola, il creditore pignoratizio procede all'escussione
della garanzia equivalente in conformità a quanto previsto nell'articolo 4(26).
L'articolo 6 disciplina invece la cessione del credito o trasferimento della
proprietà con funzione di garanzia, prevedendo che i contratti di garanzia
finanziaria che prevedono il trasferimento della proprietà con funzione di
garanzia, compresi i contratti di pronti contro termine, hanno effetto in
conformità ai termini in essi stabiliti, indipendentemente dalla loro
qualificazione.Ai contratti di garanzia finanziaria che prevedono il
trasferimento della proprietà con funzione di garanzia, compresi i contratti di
pronti contro termine, non si applica l'articolo 2744 del codice civile. È
evidente che questa disposizione risolve il problema, che precedentemente
avevamo illustrato con riferimento al funzionamento del Contratto UK,
dell'acquisizione del Collateral nella forma del pegno irregolare ai fini di
assicurare una corretta applicazione dell'istituto anglosassone del title
transfer, ossia del trasferimento di proprietà a fini di garanzia, nella
giurisdizione italiana. Con l'applicazione della Collateral Directive viene
meno questa necessità e con essa si realizza una notevole semplificazione nella
procedura di acquisizione del Collateral: non c'è più bisogno infatti di
preparare, per ogni singolo trasferimento di Collateral, una Collateral Notice
da formalizzarsi con i contenuti di un atto di pegno, e contestualmente
acquisire la data certa su tale documento in una forma corretta (atto notarile
o procedura del c.d. "corso particolare"). Come abbiamo visto
nell'articolo 2 del decreto di recepimento della Collateral Directive l'aspetto
della data certa "ricompare" ai fini della dimostrazione che la
garanzia finanziaria sia stata prestata e che sia stata prestata per iscritto.
Lo stesso articolo 2, però, statuisce che ai fini dell'individuazione della
data di costituzione -e delle attività finanziarie costituite in garanzia- è
sufficiente la registrazione degli strumenti finanziari sui conti degli
intermediari ai sensi degli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 24
giugno 1998 n.213 e l'annotazione del contante sul conto di pertinenza. Si tratta
di formalità estremamente facili da realizzare in quanto di quotidiana
applicazione da parte delle banche nell'utilizzo di titoli e contante.
L'articolo 7 riconosce finalmente, nel nostro ordinamento, la validità della
clausola di «close-out netting»(27), disponendo che la stessa ha effetto in
conformità di quanto dalla stessa previsto, anche in caso di apertura di una
procedura di risanamento o di liquidazione nei confronti di una delle parti. Il
recepimento della Direttiva ha reso quindi possibile il riconoscimento nel
nostro ordinamento della validità della predetta clausola: l'importanza di ciò
è stata correttamente evidenziata dalla Banca Centrale Europea, che ha
evidenziato come "la BCE considera positivamente l'intento della proposta
di direttiva di far si che le disposizioni in materia di compensazione per
closeout siano effettive in caso di apertura di una procedura concorsuale o di
adozione di provvedimenti di risanamento. L'escutibilità della clausola di
compensazione per close-out, in quanto forma di escussione, dovrebbe essere
effettiva e protetta in generale in caso di inadempienza, sia essa dovuta a
insolvenza o ad altro ordine di eventi. Inoltre, la BCE prende atto che
l'escutibilità della compensazione per close-out non è ristretta a certi
contratti di garanzia finanziaria, per esempio contratti di pronti contro
termine, ma verrà applicata in modo più esteso, a tutti i tipi di contratti la
cui finalità sia di ridurre il rischio, principalmente quello dell'esposizione
creditizia, ivi compresi, ma non solo, le clausole di compensazione tra più
prodotti finanziari e gli accordi di compensazione che interessano più di un
contratto di garanzia finanziaria".(28)
Anche in ambito europeo è stata sottolineata la rilevanza della previsione e
l'effetto negli Stati Membri, posto che "La compensazione per close-out è
importante per l'efficienza dei mercati finanziari, in quanto riduce il rischio
di credito e consente agli enti finanziari di ridurre i propri requisiti
patrimoniali obbligatori e/o di aumentare la loro esposizione. La legislazione
in materia di insolvenza di taluni Stati membri prevede che se una parte di
un'operazione diventa insolvente, i suoi crediti nei confronti di altre parti
non possono più essere compensati. Tuttavia è importante per i partecipanti al
mercato potersi basare su un meccanismo di compensazione legalmente protetto in
caso di insolvenza della loro controparte. La FCD ha riconosciuto tale esigenza
introducendo nell'articolo 7 l'obbligo che la compensazione per close-out possa
produrre i propri effetti in base ai propri termini, nonostante l'avvio di una
procedura di insolvenza o di altre procedure ed eventi simili e nonostante
altri eventi che potrebbero influenzare in altro modo la compensazione per
closeout. Per molti Stati membri si è trattato tuttavia di un'ulteriore novità
e di una deroga non facilmente accettabile al principio della parità di
trattamento dei creditori in una procedura di insolvenza. Oggi il principio
della compensazione per close-out è consolidato in tutti gli Stati membri, ma
resta da vedere in che modo le disposizioni in materia verranno applicate in
pratica.(29) Si sottolinea ancora che il formale riconoscimento della clausola
di "close-out netting" nell'ordinamento italiano costituisce una
novità di enorme rilevanza, vista anche la portata molto ampia della stessa. In
questo caso, infatti, l'efficacia delle clausole di close out-netting viene
certificata con riferimento non solo alla compensazione di crediti e debiti
derivanti da una serie di obbligazioni finanziarie garantite ma, è questo è
davvero un elemento di grande rilevanza, anche alla compensazione del valore
nettato dell'esposizione di una parte verso l'altra (nel caso degli strumenti
finanziari derivati OTC, del mark-to-market nettato del portafoglio di
operazioni in essere tra due controparti) con la garanzia finanziaria prestata
(titoli o denaro). In un certo senso il riconoscimento di un "close out
netting" così ampio, rafforza ancora di più quanto sottolineato nel
paragrafo dedicato al funzionamento ed alla portata dell'art. 203 del T.U.F.,
spazzando via qualsiasi dubbio sull'efficacia di tale disposizione.
Questioni aperte
Infine, e qui veniamo ai dubbi ed ai problemi aperti, va esaminato l'art. 8 del
D.lgs 170, ossia quello dedicato alle "Condizioni di realizzo e criteri di
valutazione". L'articolo recita al primo comma: "Le condizioni di
realizzo delle attività finanziarie ed i criteri di valutazione delle stesse e
delle obbligazioni finanziarie garantite devono essere ragionevoli sotto il
profilo commerciale. Detta ragionevolezza si presume nel caso in cui le
clausole contrattuali concernenti le condizioni di realizzo, nonché i criteri
di valutazione, siano conformi agli schemi contrattuali individuati dalla Banca
d'Italia, d'intesa con la Consob, in relazione alle clausole di garanzia
elaborate nell'ambito della prassi internazionale". Detto che la Banca
d'Italia non ha ancora individuato alcuno schema contrattuale da considerarsi
un "riferimento" per gli operatori di mercato, tale norma apre una
pericolosa area di contestazione: se infatti può considerarsi incontestabile la
valutazione del contante e dei titoli normalmente utilizzati nella prassi per
la collateralizzazione degli strumenti finanziari derivati OTC (titoli di stato
di paesi di Area Euro o T Bond nel caso di controparti americane, il cui prezzo
è assolutamente trasparente sul mercato), ben diverso è il caso delle
obbligazioni garantite, che nel caso da noi esaminato sarebbero rappresentate
dai suddetti strumenti finanziari derivati OTC. Per questi ultimi infatti la
valutazione del loro valore, ossia la determinazione del loro mark-to-market,
costituisce un problema tutt'altro che semplice. I mercati finanziari hanno
assistito ad una sempre maggiore strutturazione delle operazioni in derivati
OTC con la creazione di prodotti di altissima sofisticazione, la cui
valutazione è talvolta estremamente complessa e quindi "opinabile".
Non è infrequente sul mercato che la stessa operazione venga valutata in modo
estremamente differente dai diversi operatori di mercato; ciò evidenzia da un
lato la grande sofisticazione dei prodotti derivati in circolazione e
dall'altro la difficoltà di valutarli in modo omogeneo visti i disallineamenti
sopra citati. D'altra parte i sistemi di valutazione/pricing di tali strumenti
sono "proprietari" ossia sviluppati dalle strutture interne di Risk
Management delle grandi Investment Banks internazionali, la cui abilità e
professionalità costituisce un vero e proprio "assett" per queste
istituzioni. In altre parole la capacità di prezzare/valutare i diversi
prodotti derivati può rappresentare un vantaggio competitivo sul mercato. Se
guardiamo alle regole contenute nel Contratto ISDA (versione 2002),
relativamente al meccanismo di determinazione dell'ammontare dovuto in caso di
chiusura anticipata delle operazioni a causa del verificarsi di un "event
of default" a carico di una parte, si vedrà che il c.d. "close out amount"
viene determinato dalla parte non in default, che dovrà agire in buona fede
usando criteri ragionevoli dal punto di vista commerciale. Come si può notare
le parole utilizzate richiamano quelle usate nel D.lgs 170. Curioso è che la
versione 2002 del Contratto ISDA sostituisce quella del 1992, che diversamente
sul punto, prevede, tra le altre possibilità, quella di richiedere la
valutazione di cinque c.d. "reference market makers" delle operazioni
risolte, e fare la media aritmetica delle stesse. Quest'ultima modalità darebbe
sicuramente maggiore oggettività alla determinazione dell'ammontare da pagare a
seguito del "default" di una parte, ma l'applicazione pratica della
norma sul mercato ha evidenziato la grandissima difficoltà ad ottenere tali
valutazioni, anche dai più grandi e sofisticati operatori di mercato,
certificandone una sostanziale inapplicabilità. Ma se è così difficile valutare
i derivati OTC, come si può dimostrare la ragionevolezza commerciale dei
criteri di valutazione utilizzati ? La preoccupazione nasce dalla lettura del
terzo comma dell'art 8 del Dlgs. 170 che recita: "3. Gli organi della
procedura di liquidazione, entro sei mesi dal momento di apertura della stessa,
possono far valere, agli stessi fini indicati nel comma 2, anche la violazione
della ragionevolezza sotto il profilo commerciale nella determinazione tra le
parti delle condizioni di realizzo delle attività finanziarie, nonché dei
criteri di valutazione delle stesse e delle obbligazioni finanziarie garantite,
qualora la determinazione sia intervenuta entro l'anno che precede l'apertura
della procedura di liquidazione stessa". In altre parole gli organi della
procedura di liquidazione hanno la potestà di contestare, sotto il profilo
della "violazione della ragionevolezza sotto il profilo commerciale",
la determinazione tra le parti delle condizioni di realizzo delle attività
finanziarie, nonché dei criteri di valutazione delle stesse, e, questo è il
punto delicato, delle obbligazioni finanziarie garantite. Alla luce di quanto
detto sopra, relativamente alla grande complessità e sofisticazione dei
prodotti derivati OTC attualmente chiusi sul mercato e alla difficoltà di
valutazione degli stessi, è evidente che detta ultima disposizione crei qualche
preoccupazione e possa essere vista come un potenziale ostacolo al
funzionamento del close out netting sopra citato. Sarà come sempre la prassi a
dirci se tale preoccupazione è fondata o destituita di fondamento.
Conclusioni
Nonostante qualche ombra, di cui si è dato cenno sopra, è comunque indubbio che
l'intervento del Legislatore Comunitario in merito al Collateral ed al processo
di collateralizzazione è di grandissima importanza e porterà notevoli benefici
sul mercato domestico: ad esempio, come visto, sono stati superati, tra gli
altri, i problemi legati al trasferimento di proprietà della garanzia e alla
clausola di close-out netting. Non si può, quindi, non essere d'accordo con le
determinazioni della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo, che
nella propria Relazione di valutazione sulla direttiva relativa ai contratti
garanzia finanziaria ha asserito correttamente che È ancora troppo presto per
valutare appieno se la direttiva abbia rafforzato l'integrazione e
l'efficienza, sotto il profilo dei costi, dei mercati finanziari europei.
Tuttavia, dalle risposte emerge, in generale, che la FCD ha facilitato il
ricorso alle garanzie finanziarie nel mercato finanziario europeo,
semplificando e rendendo considerevolmente più efficienti le procedure
applicabili. La FCD ha alleggerito gli oneri giuridici e amministrativi
connessi all'assunzione e all'escussione delle garanzie. Ha semplificato le
procedure per la costituzione, il perfezionamento, la validità e l'escutibilità
delle garanzie finanziarie prevedendo come unico requisito formale che il
contratto sia provato per iscritto o in altre forme giuridiche equivalenti. La
direttiva ha inoltre migliorato la certezza del diritto per quanto riguarda
talune tecniche utilizzate nelle operazioni di costituzione di garanzie e aiuta
i partecipanti al mercato a gestire meglio il rischio giuridico in modo da
essere soggetti a requisiti patrimoniali inferiori nel quadro dell'accordo di
Basilea II."(30)
1) Le Istruzioni di Vigilanza rilevano ab initio come la nuova disciplina
prudenziale per le banche e i gruppi bancari sia stata oggetto di una
rivisitazione organica a seguito delle modifiche intervenute nella
regolamentazione internazionale per tener conto dell'evoluzione nelle
metodologie di gestione dei rischi da parte degli intermediari: vengono
all'uopo richiamati come indicazione della menzionata regolamentazione
nazionale i seguenti documenti: il documento del Comitato di Basilea per la
vigilanza bancaria "International Convergence of Capital Measurement and
Capital Standards, A revised Framework. Comprehensive Version", giugno
2006 (cd. Nuovo Accordo di Basilea sul Capitale, Basilea 2), e le direttive
2006/48/CE e 2006/49/CE del 14 giugno 2006 (pubblicate nella Gazzetta ufficiale
dell'Unione europea n. L177 del 30 giugno 2006), relative, rispettivamente,
all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio (CRD) e
all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti
creditizi (CAD). Su Basilea 2 si vedano: Ranieri, Come cambia la gestione dei
crediti in banca con Basilea 2 e gli IAS, in Contabilità finanza e controllo,
2006, n. 6, p. 515; De March, «Basilea 2» - Basilea 2: analisi finanziaria,
politiche di bilancio e merito creditizio, in Guida alla Contabilità &
Bilancio, 2006, n. 7, p. 23; Cappelletto - Toniolo, «Basilea 2» - Equilibri
dell'impresa e valutazione del rischio, in Guida alla Contabilità &
Bilancio, 2006, n. 7, p. 13; Alfiero - Bocchino, in Guida alla Contabilità
& Bilancio, 2006, n. 7, p. 5; Pecorella, Basilea 2 - Il rating come effetto
di una governance orientata dall'analisi del bilancio, in La Settimana fiscale,
2006, n. 20, p. 42; Marchesi - De Lisa - Vallascas, Credito e imprese:
L'impatto delle garanzie sul pricing dei prestiti: un'analisi di sensitività
nel quadro della direttiva che recepisce Basilea 2, in BANCARIA, 2006, n. 2;
AA.VV., Banche - Risposte ABI in tema di Basilea 2, in RATIO 2006, n. 3, p. 73;
Dongiovanni, Analisi di bilancio - Basilea 2 e l'analisi di bilancio, in
Pratica Contabile, 2006, n. 1, p. 16; Bencini, Le informazioni qualitative
nell'ottica di Basilea 2, in Contabilità finanza e controllo, 2006, n. 3, p.
230; Bencini - Marinasi, Basilea 2: il ruolo del rendiconto finanziario nelle
PMI, in Contabilità finanza e controllo, 2006, n. 2, p. 100; Bencini -
Mancaruso, Le analisi di bilancio alla luce di Basilea 2, in Contabilità
finanza e controllo, 2006, n. 1, p. 20; Russo, Basilea 2 - IAS/IFRS e Basilea
2: un quadro convergente per i crediti delle banche, in Amministrazione &
Finanza, 2006, n. 6, p. 51; Pecorella, Basilea 2 - Opportunità ed obbligo per
le imprese, in La Settimana fiscale, 2006, n. 6, p. 39; Ruozi, Le nuove
strategie delle Pmi anche alla luce della riforma del diritto societario, della
riforma fiscale e dell'accordo di Basilea 2, in Rivista bancaria, 2005, n. 2,
p. 41; De Angeli, L'impatto di Basilea 2 sui rapporti banca - impresa, in
Rivista bancaria, 2005, n. 2, p. 59; Gai, Prospettive per le garanzie dei
confidi verso le Pmi dopo la riforma del settore e Basilea 2, in Rivista
bancaria, 2005, n. 1, p. 29.
2) Joanna Benjamin, Interests in securities, Oxford, 2000. pag. 80.
3) Il primo introduce un requisito patrimoniale per fronteggiare i rischi
tipici dell'attività bancaria e finanziaria (di credito, di controparte, di
mercato e operativi); a tal fine sono previste metodologie alternative di
calcolo dei requisiti patrimoniali caratterizzate da diversi livelli di
complessità nella misurazione dei rischi e nei requisiti organizzativi e di
controllo. Il secondo richiede alle banche di dotarsi di una strategia e di un
processo di controllo dell'adeguatezza patrimoniale, attuale e prospettica,
rimettendo all'Autorità di vigilanza il compito di verificare l'affidabilità e
la coerenza dei relativi risultati e di adottare, ove la situazione lo
richieda, le opportune misure correttive. Il terzo introduce obblighi di
informativa al pubblico riguardanti l'adeguatezza patrimoniale, l'esposizione
ai rischi e le caratteristiche generali dei relativi sistemi di gestione e
controllo.
4) Sartori, I contratti di garanzia finanziaria nel D.lgs 21 maggio, in Rivista
di Diritto Bancario, 2004, www.dirittobancario.it;
Gagliardi, I contratti di garanzia finanziaria, in Diritto & Formazione,
2005, n. 8; Bozzoli - Bozzoli, Nuova disciplina dei contratti di garanzia
finanziaria nello Ias 39, in Guida alla Contabilità & Bilancio, 2005, n.
21, p. 41; Gabrielli, Contratti di garanzia finanziaria, stabilità del mercato
e procedure concorsuali, in Rivista di diritto privato, 2005, n. 3, p. 507;
Sardo, La disciplina del contratto di garanzia finanziaria: appunti sul d.lgs.
21 maggio, in i Contratti, 2004, n. 170; Carriere, La nuova normativa sui
contratti di garanzia finanziaria. Analisi critica, in Banca borsa e titoli di
credito, 2005, n. 2, p. I-184; Tarzia, Le garanzie atipiche (e l'attuazione
della direttiva europea sui contratti di garanzia finanziaria), in Il
fallimento e le altre procedure concorsuali, 2005, n. 5, p. 485; Guerinoni, La
nuova normativa in tema di contratti di garanzia finanziaria, in PMI, 2004, n.
11, p.14; La Sorda, La nuova disciplina in materia di contratti di garanzia
finanziaria, in Magistra, Banca e Finanza « www.magistra.it », Ottobre,
2004; Mazzini, Contratti di garanzia finanziaria: regole comuni per tutelare
meglio le " financial obligations" - Con direttiva e decreto di
attuazione ridotte le norme interne sull'insolvenza, in Guida al Diritto, 2004,
n. 37, p. 47; Callegaro, Contratti internazionali - Contratti di garanzia
finanziaria: previsioni della direttiva Ce, in Commercio internazionale, 2003,
n. 20, p. 5; Macario, I contratti di garanzia finanziaria nella direttiva
2002/47/CE, in I Contratti, 2003, n. 1, p. 85; Taralli, Le garanzie
finanziarie: il diritto di utilizzazione dell'oggetto della garanzia, in
Giurisprudenza Commerciale, 2005, n. 6, p. I-872; Gardella, La legge
applicabile alle garanzie finanziarie tra localizzazione e autonomia privata:
una prima ricognizione dopo l'attuazione della direttiva 2002/47/CE, in Banca
borsa e titoli di credito, 2005, n. 5, p. I-583; Taralli, Le garanzie
finanziarie: il diritto di utilizzazione dell'oggetto della garanzia:
Rehypothecation e natura dei diritti nascenti sugli strumenti finanziari in
forma scritturale, in Rivista di Diritto Bancario, 2005, www.dirittobancario.it;
Baggio - Rebecca, L'applicazione della thin capitalization nella riforma delle
garanzie finanziarie, in Il fisco, 2005, n. 16, p. 2401; Girino, Garanzie su
finanziamenti - Le nuove garanzie finanziarie: semplificazione ed efficienza,
in Amministrazione & Finanza, 2005, n. 3, p. 39; AA.VV., Via libera alla
legge comunitaria 2002: un anno per attuare trentasette direttive - Garanzia
finanziaria - Garanzie finanziarie a regime uniforme, in Guida al Diritto 2003,
n. 8, p. 89; Corrias, In tema di rilascio di garanzie finanziarie in favore
dello Stato o di altri enti pubblici da parte degli intermediari finanziari, in
Banca borsa e titoli di credito, 2001, n. 3, p. I-343.
5) Joanna Benjamin, Interests in securities, pag. 80, Oxford, 2000.
6) Si riporta a riguardo l'indicazione della Consob sulla fattispecie: "Il
termine "derivati" indica la caratteristica fondamentale di questi
prodotti: il loro valore deriva dall'andamento del valore di una attività
ovvero dal verificarsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente.
L'attività, ovvero l'evento, che possono essere di qualsiasi natura o genere,
costituiscono il "sottostante" del prodotto derivato. La relazione -
determinabile attraverso funzioni matematiche - che lega il valore del derivato
al sottostante costituisce il risultato finanziario del derivato, anche detto
"payoff". I prodotti derivati sono utilizzati, principalmente, per
tre finalità: - ridurre il rischio finanziario di un portafoglio preesistente
(finalità di copertura o, anche, hedging); - assumere esposizioni al rischio al
fine di conseguire un profitto (finalità speculativa); - conseguire un profitto
privo di rischio attraverso transazioni combinate sul derivato e sul
sottostante tali da cogliere eventuali differenze di valorizzazione (finalità
di arbitraggio). Il problema più complesso dei derivati è, da sempre, quello
della determinazione del loro valore o, meglio della sua stima. E' un aspetto
particolarmente importante e, nello stesso tempo, critico, in quanto richiede
complesse attività di analisi. Abbiamo già detto che esso varia in relazione
all'andamento del sottostante, secondo una relazione, propria di ciascun
derivato, rappresentata da una funzione matematica. In questo senso si afferma
che il valore dei prodotti derivati è connesso sia al sottostante che al payoff.
La stima del valore dei prodotti derivati, ad un certo momento, richiede la
capacità di simulare i possibili scenari futuri del sottostante al fine di
determinare, per ciascuno scenario, il conseguente valore del pay-off.
Pertanto, il valore del derivato è la media dei valori assunti dal pay-off
ponderati per le probabilità di accadimento di ciascuno scenario (avranno
maggiore peso gli scenari più probabili), scontata del valore finanziario del
tempo (e cioè riportata al momento della valutazione). Diversi dai prodotti
derivati sono i prodotti strutturati, che sono costituiti dalla combinazione,
in un unico prodotto, di uno o più prodotti finanziari con uno o più prodotti
derivati, in maniera tale da modificare strutturalmente l'originario profilo di
rischio/rendimento dei singoli prodotti. Tipico esempio sono le obbligazioni
strutturate, per le quali è presente nel sito della Consob un'apposita
iniziativa di investor education." Consob, I principali prodotti derivati
-
elementi informativi di base, http://www.consob.it/main/trasversale/risparmiatori
/investor/prodotti_derivati/index.html
7) In generale, sui contratti di swap: Rimini, Contratti di swap e operatori
qualificati, in Giurisprudenza Commerciale, 2004, n. 5, p. II-532; De Iuliis,
Lo swap d'interessi o di divise nell'ordinamento italiano, in Banca borsa e
titoli di credito, 2004, n. 3, p.I-391; Ragno, Commodity swaps conclusi tra non
intermediari e disciplina dei servizi di investimento, in Giurisprudenza
Commerciale, 2004, n. 1, p.I-158; Tidona, Interest rate swap (IRS). Swap sui
tassi d'interesse, in Magistra - Banca & Finanza, 2004, Finanza « www.magistra.it
»; Sciortino, Asia centrale - Russia - Italia: debt - equity swap, in Commercio
internazionale, 2003, n. 13, p. 8; Infantino, Verso una finanza innovativa. Gli
« swaps » sui tassi di interesse: aspetti finanziari e contabili, in Nuova
Rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 2003, n. 1, p. 70;
Finardi, Ruggeri, Interest rate swap e fallimento, in I Contratti 2003, n. 1,
p. 97; E. Girino, Contratti di swap: forma, autonomia, nullità e
responsabilità, in I Contratti, 2002, n. 1, p. 33; Girino, Swap: variazioni sul
tema, in Amministrazione & Finanza, 2001, n. 5, p. 47; Mariconda,
Intermediario finanziario non autorizzato e nullità del contratto di swap, in
Il Corriere Giuridico, 2001, n. 8, p. 1066; Filograna, «Swaps» abusivi: profili
di invalidità e responsabilità precontrattuale, in Il Foro italiano, 2001, n.
7, p. I-2186; Girino, Il confine fra swap e scambi di valute, in
Amministrazione & Finanza, 2000, n. 23, p. 60; Girino, Il negozio indiretto
applicato al contratto di swap, in I Contratti, 2000, n. 8, p.786; Ferrario,
Domestic currency swap a fini speculativi e scommessa, in I Contratti, 2000, n.
3, p. 258; Campra, Derivati: domestic currency swap, in Contabilità finanza e
controllo, 1999, n. 12, p.1256; Girino, Swap su valute: l'euro e i suoi
«dilemmi», in Amministrazione & Finanza, 1999, n. 5, p. 48; Perrini,
Sasson, I contratti di swap: ancora sui poteri di rappresentanza degli
«operatori», in Rivista dell'Arbitrato, 1999, n. 2, p. 335; Rotondaro, Fossati,
L'"interest rate swap": aspetti contabili e valutazioni di bilancio,
in Rivista dei Dottori Commercialisti, 1999, n. 6, p. 887; Girino, Imperatività
della disciplina degli "swaps", in I Contratti 1999, n. 1, p. 48;
Dezzani, Progetto Mirone. Swap, option e future: loro iscrizione in bilancio,
in Il fisco, 1999, n. 45, p. 13914; Luschi, Salvatori, L'ultima generazione di
strumenti finanziari derivati: i crediti derivatives. Prime note di riflessione
in merito ai profili civilistici e fiscali del credit default swap e del total
rate of return swap, in Il fisco 1999, n. 40, p. 126; Vecchio, Ancora sulle
operazioni di swap, in Bollettino Tributario d'informazioni, 1999, n. 8, p.
676; Dezzani, Pisoni, Puddu, I prodotti finanziari "sintetici" :
certificati di deposito e swaption", in Impresa commerciale industriale,
1998, n. 5, p. 978; Nassetti Caputo, Della causa del contratto di swap
domestico, in Studium iuris, 1998, n. 3, p. 245; Saponaro, Interest rate swap,
in Contabilità finanza e controllo 1997, n. 5, p.515; Girino, Il "credit
default swap", in Amministrazione & Finanza, 1997, n. 5, p. 48;
Pisoni, Nuovi strumenti finanziari: swaption e scritture contabili, in Impresa
commerciale industriale, 1997, n. 2, p. 233; Pisoni, Nuovi strumenti
finanziari: Interest rate swap con opzione di risoluzione anticipata (embedded
option). Scritture contabili, in Impresa commerciale industriale, 1997, n. 1,
p. 9; Mezzani, Pisoni, Puddu, I contratti derivati su tassi di interesse: le
principali varianti dell'I.R.S. ("interest rate swap"), in Impresa
commerciale industriale, 1997, n. 9, p.1576; Dezzani, Pisoni, Puddu, I
contratti derivati su tassi di interesse: "Interest rate swap" o
I.R.S. schema base, in Impresa commerciale industriale, 1997, n. 7, p. 1308;
Dezzani, Pisoni, Puddu, I contratti derivati su valute: "currency
swap", "domestic currency swap" e relative varianti, in Impresa
commerciale industriale, 1997, n. 4, p. 674; Capaldo, Contratti di swap, in
Rivista di diritto privato, 1997, n. 3, p. 559; Levis, Margini, Domestic currency
swap, in Contabilità finanza e controllo, 1996, n. 8, p.835; Moscardi, M.
Rutigliano, Criteri e metodi di valutazione degli "asset swap" nei
bilanci delle banche e delle società finanziarie, in Impresa commerciale
industriale, 1996, n. 4, p. 643; Russo, Gli swap complessi: il "cross
currency", in Amministrazione & Finanza, 1995, n. 22, p. 1217; Caputo
Nassetti, Considerazioni in tema di swaps, in Diritto del Commercio
Internazionale, 1993, n. 2, p. 321.
8) Sui derivati: Caputo Nassetti, I derivati del credito, aspetti civilistici,
contabili e fiscali, 2001, Giuffrè;; ID, Derivati del credito e fondi comuni:
gli ultimi aggiornamenti, in Bancaria n°1, 2000; ID, I derivati di credito e i
gestori del risparmio: fondi comuni, fondi pensione, assicurazioni, in Bancaria
n°11, 1999; Drago, Gli strumenti di copertura del rischio di credito: economia,
tecnica e profili di regolamentazione prudenziale, in Banca, impresa e società
n°1, 2000; ID, I credit derivatives: Il mercato e gli strumenti, in Sironi, I
derivati per la gestione del rischio di credito, Giuffrè; 1999; ID, I credit
derivatives: funzionamento e opportunità dal loro utilizzo, in Forestieri,
Corporate & Investment banking, 2000, Egea; ID, Il pricing dei credit
derivatives, in Sironi, I derivati per la gestione del rischio di credito,
1999, Giuffrè.
9) Per la dottrina estera sui derivati si vedano: Livingston, Bonds and bond
derivatives, Malden, MA. Blackwell
Publishers, 1999; Swan, Building the global market: a 4000 year history of
derivatives, Kluwer Law International, 2000; Tavakoli, Credit derivatives &
synthetic structures: guide to instruments and applications, 2nd ed., Wiley,
2001; Arditti, Derivatives: a comprehensive resource for options, futures,
interest rate swaps, and mortgage securities, Harvard Business School Press,
1996; Johnson, Derivatives: a managers guide to the world's most powerful
financial instruments, McGraw Hill, 1999; Collins, Derivatives and equity
portfolio management. New Hope, Fabozzi, 1999; Folcker, Derivatives diary: the
strategies of an independent fund manager, Chichester, John Wiley & Sons,
2001; Fouque - Papanicolaou - Sircar, Derivatives in financial markets with
stochastic volatility, Cambridge University Press, 2000; Wilmott, Derivatives:
the theory and practice of financial engineering, Chichester, West Sussex,
1998; Steinherr, Derivatives: the wild beast of finance: a path to effective
globalisation?, Chichester, John Wiley, 2000; Houthakker, Hendrik, Williamson,
The economics of financial markets, Oxford University Press, 1996; Overhaus,
Equity derivatives: theory and applications, Wiley, 2002; Banks,
Exchange-traded derivatives. Hoboken, Wiley, 2003; Kolb, Financial derivatives,
John Wiley, 2003; Hunt, Financial derivatives in theory and practice, J. Wiley
& Sons, 2000; Baz, Chacko, Financial derivatives: pricing, applications,
and mathematics, Cambridge University Press, 2003; Cuthbertson, Nitzsche, Financial
engineering: derivatives and risk management, John Wiley, 2001; Sundaresan,
Fixed income markets and their derivatives, South-Western College Pub, 2002;
Clark, Lesourd, Thiéblemont, International commodity trading: physical and
derivative markets, Wiley; 2001; Hance, Introduction to derivatives, Dryden/HBJ
College, 1998; Edwardes, Key financial instruments: understanding and
innovating in the world of derivatives, Financial Times/Prentice Hall, 2000;
Taylor, Mastering derivatives markets: a step-by-step guide to the products,
applications and risks, Financial Times Prentice Hall, 2000.
10) "Security interest is a limited property in assets that is delivered
for the purpose of collateralisation", Joanna Benjamin, Interests in
securities, pag. xxv Oxford, 2000.
11) Generalmente al di sotto dell'Investment Grade.
12) Sono contemplati i casi di rating indiretto: si assume cioè il rating della
controllante qualora la controllata non possieda rating. Ciò è ulteriormente
utilizzato quando, in Italia, il livello di controllo sia pari al 100%, data la
garanzia definita dall'art. 2362 del Cod. Civ. nei casi di unico azionista.
13) Letteralmente traducibile come "Limite".
14) Nel caso delle due valute più frequentemente utilizzate nei contratti di
Collateral, il dollaro USA e l'EURO, i tassi flat applicati sono il "Fed
Funds Effective rate" e l'"Eonia". Nel caso in cui la frequenza
delle chiamate dei margini fosse più che giornaliera, è uso frequente del
mercato utilizzare un tasso d'interesse di periodo pari a tale frequenza.
Volendo fare un esempio, per frequenze di marginatura settimanali si applicherà
il tasso Euribor 1 week nel caso di consegna di EURO.
15) "La compensazione per close-out è il dispositivo comunemente
utilizzato nei mercati finanziari che permette di regolare, sotto forma di un
credito o di un debito unico, tutti i crediti detenuti nei confronti di una
controparte o i debiti contratti nei confronti di tale controparte non ancora
scaduti", Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo, Relazione di
valutazione sulla
direttiva relativa ai contratti di garanzia finanziaria (2002/47/CE):
http://ec.europa.eu/internal_market/financial markets/docs/collateral/fcd_report_it.pdf.
Su tale clausola: Fogolin, de Stefani, Lentola, «Findest Technologies »: da
tesoreria domestica a « netting » internazionale, in Amministrazione &
Finanza, 2005, n. 3, p./Inserto; Lembo, Gli accordi di close - out netting, in
Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, 2001, n. 6, p. I-1322; De
Siasi, Il netting nei contratti derivati, in Diritto della banca e del mercato
finanziario, 1999, p.I-232; Bracchitta, La normativa sulle schede carburante e
il " contratto di netting", in Azienda & Fisco, 1999, n. 4,
p.205; Primavera, Netting nella gestione della tesoreria di gruppo, in
Contabilità finanza e controllo, 1998, n. 4, p. 424, Perrone, Gli accordi di
close - out netting, Banca borsa e titoli di credito, 1998, p.I-51; Vinzia,
Come si realizza un sistema di netting, in Amministrazione & Finanza, 1996,
n. 15, p. 926; Vinzia, Il netting per regolare i flussi finanziari nei gruppi
Amministrazione & Finanza, 1996, n. 14, p. 877.
16) Loiacono - Calvi - Bertani, Il trasferimento in funzione di garanzia tra
pegno irregolare, riporto e diritto di utilizzazione, in Banca borsa e titoli
di credito, 2005, n. 6, p./Supplemento; Battelli, Pegno irregolare e divieto di
patto commissorio, in Giurisprudenza italiana, 2005, n. 7, p. 1419; Belluscio
Vaccaio, Disciplina fallimentare e modus operandi del pegno irregolare, in
Banca borsa e titoli di credito, 2005, n. 2, p. 174; Palammo, Pegno irregolare
e fallimento, in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, 2004, n.
2, p. I-383; Lupacchino, Il pegno irregolare al vaglio delle sezioni unite, in
Banca borsa e titoli di credito, 2003, n. 6, p. II-653; Dabormida, Risolto
dalle Sezioni Unite il conflitto in tema di pegno irregolare, in Il Corriere
Giuridico, 2002, n. 1, p.91; Pasquariello Pegno irregolare e fallimento, in
Impresa commerciale industriale, 2002, n. 6, p.1045; Sanzo, Pegno irregolare e
procedure concorsuali: le Sezioni unite dirimono un contrasto, ma, forse, non
sciolgono i dubbi, in Giurisprudenza italiana, 2002, n. 3, p. 551; Ragusa
Maggiore, Pegno irregolare e ingiunzione. Il caso è chiuso, in Il Diritto
Fallimentare e delle Società commerciali, 2001, n. 5, p. II-1168; Panzani,
Pegno irregolare ed insinuazione al passivo, in Il fallimento e le altre procedure
concorsuali, 2001, n. 11, p. 1242; Pepe, Il pegno irregolare non ha bisogno
dell'ammissione al passivo fallimentare, in Diritto e Giustizia, 2001, n. 22,
p. 35; Presti, Il pegno irregolare: profili ricostruttivi e di disciplina
fallimentare, in Vita Notarile, 2001, n. 1, p. I-29; Dell'Olivo, Costituzione
di pegno irregolare di titoli di credito, in Il fallimento e le altre procedure
concorsuali, 1999, n. 3, p. 327; Tarzia, Compensazione e pegno irregolare nel
fallimento, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali,1999, n. 2, p.
158; Mastromatteo, Pegno irregolare di cosa futura, scrittura avente data certa
e opponibilità al fallimento, in Giurisprudenza italiana, 1998, p. 467; La
Penna, Pegno irregolare ed onere di insinuazione al passivo: una questione
ancora aperta, in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, 1998, p.
II-293; Abbadessa, Pegno irregolare a garanzia di debito scaduto, in Banca
borsa e titoli di credito 1998, p. II-212; Petraglia, Ammissione al passivo del
credito garantito da pegno irregolare, in Il fallimento e le altre procedure
concorsuali, 1998, n. 11, p. 1119; Cenni, Pegno irregolare a garanzia di debito
scaduto, in Giurisprudenza italiana, 1997, p. I-2-396; Ragusa Maggiore, Pegno
irregolare e insinuazione al passivo fallimentare, in Il Diritto Fallimentare e
delle Società commerciali, 1997, p. II-217; Petraglia, La Cassazione ed il
pegno irregolare: un revirement giurisprudenziale, Il fallimento e le altre
procedure concorsuali, 1997, n. 10, p. 969; Panzani, Pegno irregolare di saldo
liquido di c/c e data certa dell'atto, Il fallimento e le altre procedure
concorsuali, 1997, n. 3, p. 265; Anelli, In tema di pegno irregolare, in Il
Corriere Giuridico, 1995, n. 2, p. 224; Ragusa Maggiore, Pegno irregolare e
divieto di compensazione al di là del debito garantito: in margine al divieto
del patto commissario, in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali,
1995, p. II-233; Chiné, Pegno irregolare e art. 53 della legge fallimentare, in
Giurisprudenza italiana, 1994, p. I-2-1075; Moro, Osservazioni a App. Trieste,
2 marzo 1994, in tema di pegno irregolare e conto corrente bancario, in
Giurisprudenza Commerciale, 1994, p. II-626; Ruggero, Osservazioni a App.
Milano 2 febbraio 1993, in tema di azione revocatoria fallimentare contro il
pegno irregolare sul saldo del conto corrente, in Banca borsa e titoli di
credito, 1994, p. II-422; Moro, Pegno irregolare e conto corrente bancario, in
Giustizia civile, 1994, p. I-2026,
17) Annunziata, Verso una disciplina comune delle garanzie finanziarie. Dalla
Convenzione dell'Aja alla Collateral Directive (Direttiva 2004/47/CE), in Banca
borsa e titoli di credito, 2003, I, p. 209.
18) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 164 del 15 luglio 2004.
19) Disponibile all'indirizzo web: http://ec.europa.eu/internal_market/financial?
markets/collateral/index_en.htm
20) Il Considerando continua poi prevedendo che "La presente direttiva
dovrebbe tuttavia instaurare un equilibrio tra l'efficienza del mercato e la
sicurezza delle parti e dei terzi, evitando tra l'altro il rischio di frode.
L'equilibrio è raggiunto per il fatto che nel campo di applicazione della
presente direttiva rientrano solo i contratti di garanzia finanziaria che
richiedono una qualche forma di spossessamento, ossia la fornitura della
garanzia finanziaria, e ove tale fornitura possa essere provata per iscritto o
su un supporto durevole, assicurando così la tracciabilità della garanzia. Ai
fini della presente direttiva le formalità ai sensi della legge di uno Stato
membro come condizione per il trasferimento o la costituzione del diritto reale
di garanzia su strumenti finanziari diversi dagli strumenti finanziari in forma
scritturale, quali l'avallo in caso di titoli all'ordine, o la scrittura su
registro del datore in caso di strumenti registrati, non sono considerate
formalità".
21) A riguardo la dottrina ha criticato il fatto che "La trasposizione
nell'ambito del d.lgs n. 170 del 2004, della definizione di financial
collateral arrangement (tradotto in italiano, sin dalla direttiva, col
neologismo "contratti di garanzia finanziaria") sembra risultare
impropria o comunque riduttiva. Come visto, nell'ambito del d.lgs n. 170 del
2004, con tale termine si intende infatti far riferimento tout court a "il
contratto di pegno" ("nonché a "il contratto di cessione del
credito o il trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione
di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi
altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e
volto a garantire l'adempimento di obbligazioni finanziarie, allorché le parti
contraenti rientrino in una delle seguenti categorie..."). È allora da
chiedersi come non possa risultare fuorviante e distorcente, rispetto
all'originario ambito della direttiva, l'identificazione ontologica del
neologismo specialistico "contratti di garanzia finanziaria" con il
termine generico e "classico" di "contratto di pegno" (o
qualsiasi altra garanzia reale)." Carrière. La nuova normativa sui
contratti di garanzia finanziaria. Analisi critica, in Banca Borsa e Titoli di
Credito, pag. 191
22) La prova deve consentire l'individuazione della data di costituzione e
delle attività finanziarie costituite in garanzia. A tale fine e' sufficiente
la registrazione degli strumenti finanziari sui conti degli intermediari ai
sensi degli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 24 giugno 1998, n.
213, e l'annotazione del contante sul conto di pertinenza.
23) Sartori, I contratti di garanzia finanziaria nel D.lgs 21 maggio 2004, n.
170: Prime riflessioni, in Diritto Bancario, www.dirittobancario.it,
che rileva altresì come " In verità, il sistema delle garanzie reali
tipiche era da tempo in crisi, vero è che nella prassi erano state elaborate da
tempo talune figure riconducibili nella ormai nota categoria delle c.d.
alienazioni a scopo di garanzia: si pensi, ad esempio, al contratto di vendita
sospensivamente o risolutivamente condizionato all'(in)adempimento del
debitore, oppure al contratto di vendita con annesso patto di ricompera, di
riscatto o di retrovendita. In questi casi, la funzione di garanzia si
attuerebbe non mediante la costituzione di uno ius praelationis in capo al
creditore tutelato, bensì mediante il trasferimento allo stesso creditore - a
titolo, si dice, temporaneo o provvisorio - del diritto pieno di
proprietà".
24) Sartori, cit.
25) La Sorda, La nuova disciplina in materia di contratti di garanzia
finanziaria, in Magistra, Banca e Finanza « www.magistra.it », Ottobre,
2004, che aggiunge come "La disposizione è lodevole, soprattutto
considerando che la prassi societaria, sempre più, si affida alla
contrattazione elettronica a distanza, con scambio di e-mails contenenti le
bozze dei contratti; la possibilità di considerare in forma scritta un
documento elettronico scambiato tra le controparti e firmato digitalmente può
ridurre i costi del deal, se solo si pensi al fatto che non sarà necessario,
dopo mesi di contrattazioni "elettroniche", riunire le parti fisicamente
per la firma materiale del contratto. Aggiungerei sottovoce che si potrebbe
risparmiare anche molto tempo, evitando la noiosa prassi di firmare ogni pagina
del contratto (su contratti con centinaia di pagine tale fattore non è da
sottovalutare).
26) In dottrina si è evidenziato come: "La prassi conosce diverse forme di
trasferimento della proprietà inteso a garantire un credito del cedente:
accanto al pegno irregolare, che è il contratto tipico di trasferimento in
garanzia, possono annoverarsi il deposito cauzionale, il contratto di pronti
contro termine o il suo corrispondente anglosassone noto come repo (repurchase
agreement). Il tratto distintivo di tali forme di garanzia finanziaria si
coglie nel trasferimento del titolo di proprietà sugli strumenti finanziari da
parte del debitore-dante causa al creditore-avente causa, con contestuale
insorgenza del diritto al ritrasferimento di strumenti finanziari della stessa
specie. In ordine alla esatta natura di tale diritto si riscontra tra gli
interpreti una accentuata cautela, legata alle "interferenze" nella
fattispecie tra profili "reali" e "personali". A parere di
chi scrive, è corretto ritenere che, dal momento in cui il debitore si spoglia
del titolo di proprietà, in capo a questi possa residuare unicamente un diritto
personale di credito alla restituzione della "somma o [al]la parte [...]
dei titoli che eccedono l'ammontare dei crediti garantiti" (art. 1851
c.c.), secondo un meccanismo compensativo ben noto agli operatori del mercato.
Allo stesso modo, come sopra anticipato, in ipotesi di costituzione di garanzia
reale ed esercizio da parte del creditore pignoratizio del diritto di
utilizzazione in conformità al contratto, dovrebbe correttamente ritenersi che
il debitore pignoratizio conservi un diritto personale di credito nei confronti
del proprio creditore alla ricostituzione della garanzia equivalente; ciò a
meno di non volere diversamente argomentare sulla base di una (ardita)
ricostruzione in termini di "trasformazione" della garanzia, la quale
avrebbe ad oggetto non più (direttamente) gli strumenti finanziari bensì il
diritto alla restituzione del tantundem. In merito al meccanismo di escussione
della garanzia, il legislatore ha sostanzialmente equiparato la fattispecie
della garanzia reale con esercizio del potere di disposizione e della garanzia
con trasferimento di proprietà, giusto il rimando contenuto nell'art. 6 del d.
lgs. 170/2004 all'art. 5, commi da 2 a 4. La norma ult. cit., oltre a prevedere
l'operatività di una eventuale clausola di close-out netting, opera a sua volta
un rimando all'art. 4 del decreto, che contempla come modi di realizzazione
della garanzia la vendita e l'appropriazione della res. Il tenore letterale
delle norme di rinvio sembrerebbe contrastare con l'orientamento ormai
consolidato in giurisprudenza in merito al meccanismo di escussione della
garanzia fornita nell'ambito di un contratto di pegno irregolare, che è stato
inquadrato in via esclusiva nello schema della compensazione (ovvero
dell'operazione contabile volta alla liquidazione dell'eccedenza). Delle due
l'una: (i) o si sostiene che il legislatore sia incorso in un errore materiale
nel "gioco" dei rimandi normativi; (ii) oppure si ritiene che il
legislatore abbia inteso ampliare lo spettro operativo dell'attuale disciplina
in materia di pegno irregolare, consentendo alle parti di un "contratto di
trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di
garanzia" di optare per ogni forma di escussione contemplata dal d. lgs.
170/2004. In tal caso, tanto nel caso di costituzione di garanzia reale con
esercizio del potere dispositivo quanto nel caso di trasferimento della
proprietà con funzione di garanzia, i contraenti potrebbero accordarsi, in via
alternativa, per una delle seguenti forme di realizzazione della garanzia,
"osservando le formalità previste nel contratto". (A) Close-out
netting. In questo caso, la realizzazione del credito si ridurrebbe ad una
operazione di calcolo e contestuale pagamento delsaldo netto al verificarsi
dell'evento determinante l'escussione della garanzia. (B) Escussione della
garanzia equivalente. In questo secondo caso, il creditore pignoratizio sarebbe
tenuto a ricostituire la garanzia trasferita in proprietà dal debitore e
potrebbe quindi procedere alla vendita ovvero all'appropriazione (secondo le
pattuizioni contenute nel contratto) del collateral, in entrambi i casi
"fino a concorrenza del valore dell'obbligazione finanziaria
garantita". Tarolli Le garanzie finanziarie: il diritto di utilizzazione
dell'oggetto della garanzia: Rehypothecation e natura dei diritti nascenti
sugli strumenti finanziari in forma scritturale, in Rivista di Diritto
Bancario, 2005, www.dirittobancario.it.
27) "Tali accordi, come noto, prevedono che qualora una delle parti sia
inadempiente (o, si è visto, financo insolvente), l'obbligazione originaria sia
sostituita da una nuova obbligazione che rappresenta l'esposizione netta del
debitore nei confronti del creditore, e ciò a prescindere dalla valuta e dalla
scadenza della prima obbligazione. Al verificarsi di un evento determinante
l'escussione: - Il debitore decade dal beneficio del termine e le obbligazioni
diventano esigibili e vengono convertite nell'unica obbligazione di versare un
importo netto pari al valore corrente; - l'importo viene, per l'appunto,
calcolato al netto, ovvero sulla base del debito di ciascuna parte nei
confronti dell'altra. Siffatte clausole, come è stato da più parti ricordato,
producono effetti economici positivi, in quanto limitano i rischi di credito
connessi alle operazioni finanziarie". Sartori, cit.
28) Banca Centrale Europea, Parere del 13 giugno 2001 su richiesta del
Consiglio dell'Unione europea in merito a una proposta di direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai contratti di garanzia
finanziaria (CON/2001/13) (2001/C 196/09). La Banca ha altresì evidenziato come
"A questo fine, entrambe le definizioni di clausola di compensazione per
close-out contenute negli articoli 3, paragrafo 1, lettera s), e 8 potrebbero
essere ulteriormente specificate e chiarificate. La procedura di compensazione
per close-out dovrebbe essere applicata a tutte le garanzie e obbligazioni in
cambio delle quali la garanzia è stata prestata. Il beneficiario delle garanzie
non dovrebbe essere esposto al rischio di una selezione discriminatoria
(«cherrypicking ») da parte del curatore o del liquidatore del prestatore della
garanzia, il quale convalidi i contratti favorevoli ancora da eseguirsi e
rigetti quelli sfavorevoli. Poiché le pratiche di buona ed efficiente gestione
del rischio comunemente usate nei mercati finanziari, ivi compresa la struttura
del controllo del rischio sistema, si affidano all'abilità nella gestione e
riduzione dell'esposizione creditizia proprie di tutti i tipi di operazioni
finanziarie su base netta, qualunque restrizione del campo di applicazione
della proposta di direttiva rispetto alle tecniche di mitigazione del rischio
potrebbe danneggiare la stabilità finanziaria".
29) Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo, Relazione di valutazione
sulla direttiva relativa ai contratti di garanzia finanziaria (2002/47/CE) IThttp://ec.europa.eu/
internal_market/financial markets/docs/collateral/fcd_report_it.pdf.
30) Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo, Relazione di valutazione
sulla direttiva relativa ai contratti di garanzia finanziaria (2002/47/CE) IT http://ec.europa.eu/
internal_market/financial markets/docs/collateral/fcd_report_it.pdf.
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