Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 03/07/2008 Scarica PDF

Dall'azione di risparmio all'Azione Sviluppo: il primo strumento finanziario ibrido "qualificato"

Ferdinando Bruno e Andrea Rozzi, Ferdinando Bruno, Avvocato in Milano. Andrea Rozzi, Head of Legal Department, HVB Milan Branch


Dopo quattro anni di vita della riforma del diritto societario è stato presentato al mercato dei capitali un nuovo strumento finanziario, l'Azione Sviluppo, creato utilizzando le varie opportunità fornite dal Legislatore della medesima riforma con gli articoli 2348 e 2351 del codice civile. Le Azioni Sviluppo si propongono come un'alternativa alle azioni di risparmio. Gli Autori esaminano le caratteristiche precipue di questa nuova categoria di azioni, che presenta caratteristiche ibride sino ad oggi sconosciute, ponendosi in una posizione intermedia tra le azioni ordinarie e le azioni di risparmio, nonché rispetto alle obbligazioni convertibili.



Premessa (1)
In data 8 novembre 2007 è stato pubblicato sul sito di Borsa Italiana (di seguito Borsa)(2) un comunicato stampa congiunto della medesima Borsa Italiana e di Assolombarda, contenente la presentazione delle azioni sviluppo (di seguito, le Azioni Sviluppo), uno strumento finanziario che, come è dato leggere nel summenzionato documento, dovrebbe (i) favorire la crescita e lo sviluppo delle imprese italiane, (ii) garantire il valore della continuità imprenditoriale, (iii) permettere al mercato di partecipare alla valorizzazione dell'impresa o attraverso progetti di sviluppo con l'imprenditore o attraverso il beneficio della contendibilità.
In merito alle caratteristiche delle Azioni Sviluppo, il Comunicato Novembre rileva che tali azioni (i) sono emesse da società quotate o non quotate nelle quali, al momento dell'emissione, la maggioranza delle azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria(3) sia detenuta, anche indirettamente attraverso società controllate, da un'unica persona fisica, o da un gruppo di persone fisiche legate tra loro da rapporti familiari(4); (ii) sono convertite automaticamente in azioni ordinarie nel caso in cui il Soggetto Controllante perda, per qualunque ragione, tale posizione; (iii) hanno diritto di voto nelle assemblee chiamate ad autorizzare l'adozione di misure difensive in caso di offerta pubblica d'acquisto (OPA) (art. 104 decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58(5) (T.U.F.)) e in quelle chiamate a deliberare in caso di azioni di responsabilità nei confronti dei componenti gli organi di amministrazione e controllo. Di conseguenza le Azioni Sviluppo sono ricomprese nell'oggetto di un'eventuale offerta pubblica d'acquisto obbligatoria ex art. 106 T.U.F; (iv) attribuiscono ai loro possessori un privilegio patrimoniale costituito da una maggiorazione percentuale, da fissarsi al momento della emissione, rispetto al dividendo attribuito alle azioni ordinarie; (v) non devono rappresentare meno del venticinque per cento del capitale complessivo post emissione della società e, essendo azioni a voto limitato, non possono, insieme alle eventuali altre azioni a voto limitato, eccedere la metà del capitale sociale.


Queste le informazioni ad oggi disponibili su tale nuovo strumento finanziario(6), in cui gli attori(7) della relativa costruzione giuridica - finanziaria sembrano porre notevoli speranze di successo(8).
Un prima considerazione riguarda la denominazione scelta per tale nuova categoria di azioni: il termine scelto non appare felice, non tanto rispetto allo strumento finanziario in se, in quanto evidenzia chiaramente e correttamente come le Azioni Sviluppo sono votate, appunto, allo sviluppo della società che le emette. Perplessità terminologiche sorgono per la consequenziale difficoltà di qualificare gli azionisti che le sottoscrivano, per cui sarebbe stato agevole, nel caso si fosse scelto di chiamare gli strumenti "azioni di sviluppo", definirli azionisti di sviluppo. La scelta attuale (ci) spinge(rà) (o meglio, costringe(rà)) ad utilizzare la non piacevole definizione di "azionisti sviluppatori".


Ora, alla base del progetto delle Azioni Sviluppo vi è la constatazione che in Italia esiste un tessuto industriale ricco di imprese a bassa e media capitalizzazione (BMC), attuale o potenziale, spesso con un Soggetto Controllante famigliare, che operano in mercati ormai globalizzati. Delle circa 2.000 imprese italiane a BMC che hanno i requisiti per quotarsi in Borsa, molte sembrano essere quelle che rinunciano a questo "salto dimensionale". Secondo i creatori delle Azioni Sviluppo le ragioni sarebbero:


i) raccolta di fondi limitata/insufficiente per poter "mantenere il controllo";
ii) raccolta di fondi adeguata, ma "perdita del controllo"e quindi elevato rischio di acquisizione ostile da parte di concorrenti. Le considerazioni che precedono varrebbero ancora di più per le imprese già quotate, la cui crescita è a volte "sacrificata" per la volontà/esigenza di non perdere il "governo" dell'impresa. Vi sarebbe quindi l'esigenza di (i) "favorire" la crescita e lo sviluppo delle imprese italiane a BMC (sia per aziende già quotate che per aziende quotabili) coniugando, da un lato, la raccolta di nuovo capitale di rischio attraverso la Borsa e, dall'altro lato, la piena valorizzazione del ruolo di "guida"dell'imprenditore; (ii) "offrire" al mercato uno strumento per investire su progetti industriali innovativi di medio/lungo termine, puntando sulla capacità di visione e di "fare impresa"dell'imprenditore. Tali esigenze dovrebbero essere soddisfatte dalle Azioni Sviluppo, una categoria innovativa di azioni che (dovrebbe) permette(re): a) all'imprenditore di realizzare importanti progetti di sviluppo senza rinunciare al controllo della società; b) al mercato di investire in società con progetti industriali innovativi di medio/lungo termine (i) beneficiando di una redditività"privilegiata" (ii) partecipando ai vantaggi di eventuali cessioni del controllo da parte dell'imprenditore (in caso di OPA) (9).


In pratica, le Azioni Sviluppo sono nate da un lato per sopperire all'insuccesso delle azioni di risparmio, le quali presentano un dividendo oggettivamente non appetibile e non hanno diritto di voto. Le azioni di risparmio sono altresì carenti di appeal in quanto sono escluse ad un'eventuale OPA(10). Si pensi, a conferma dell'insuccesso di tale categoria di strumenti finanziari, che negli ultimi dieci anni sono state richieste solo due quotazioni alla Borsa di azioni di risparmio. Dall'altro lato, le Azioni Sviluppo vogliono rispondere ad una specifica esigenza delle piccole e medie imprese italiane, a conduzione "familiare", in cui i soci di controllo decidono di non "crescere" per non diluirsi e per non perdere il controllo della propria società, scontando spesso un gap informativo del mercato. Tale ultimo concetto può essere chiarito se si assume che le aziende di cui si discute operino in settori altamente specialistici (si pensi alle nuove tecnologie): in questo caso l'imprenditore che vuole società ed ad avere fiducia nelle proprie capacità manageriali, per i risultati futuri con cui ripagherà gli investitori della loro scelta. Ora, il problema è che spesso il mercato ha una seria difficoltà a comprendere le potenzialità di aziende altamente specialistiche, e ciò si traduce agevolmente in una carenza, almeno parziale, di fiducia. In questo caso, l'imprenditore che effettua un aumento di capitale rischia seriamente di essere oggetto di un'offerta da parte di una società operante nel medesimo settore che, usufruendo di un "set informativo" certamente maggiore della collettività degli investitori, decide di appropriarsi della società "diluita" con il rischio che decida, nel caso in cui si tratti di un competitor (anche estero), di sopprimere successivamente all'acquisizione la società acquisita. Dinanzi a tale scenario, la società familiare decideva, fino ad oggi, di non espandersi: per risolvere tale problematica, anche in un'ottica di tutela dell'italianità delle imprese BMC, sono probabilmente nate le Azioni Sviluppo.


Le caratteristiche e l'oggettiva innovazione dell'Azione Sviluppo, che assurge come nuova categoria di titolo di capitale (v. infra), impone un primo approfondimento degli aspetti giuridici unitamente ad un tentativo di inquadramento sistematico dello strumento nel nostro diritto positivo.


Una nuova categoria di azioni
La nomenclatura caratterizzante la fattispecie in questa sede esaminata, Azione Sviluppo, elimina a priori ogni dubbio in merito al fatto che ci si trovi nella categoria più generale delle azioni, e non delle obbligazioni: come rilevato in dottrina(11), le azioni e le obbligazioni sono gli strumenti attraverso
i quali la società consegue la sua funzione di raccolta tra i risparmiatori del finanziamento necessario per gli investimenti. Le azioni e le obbligazioni rappresentano la struttura finanziaria della società, quanto alla distinzione della sua fonte, secondo che sia apporto di rischio o apporto di credito: l'azionista rischia nell'affare l'investimento; l'obbligazionista è creditore della società(12). Sotto il profilo giuridico i due rapporti sono tecnicamente diversi nella loro causa: l'obbligazione è un mutuo, l'azione un finanziamento che partecipa al rischio di impresa. Le azioni, come apporto di rischio, attribuiscono con il voto nell'assemblea la legittimazione alla gestione della società e la titolarità sostanziale dell'impresa, sintetizzata nella posizione di socio. Autorevole dottrina ha rilevato come le azioni sono un rapporto di partecipazione al rischio e perciò alla gestione dell'impresa:(13) il medesimo Autore evidenzia come azioni ed obbligazioni sono valori mobiliari, in quanto incorporate in titoli di credito, od idonei alla circolazione secondo analoghi meccanismi(14). Tale ultima considerazione è stata fatta propria dal Legislatore del T.U.F., in cui le azioni sono individuate come una species del genus degli strumenti finanziari(15), in particolare quella dei valori mobiliari(16).


Tanto atteso, è opportuno ora esaminare le caratteristiche delle Azioni Sviluppo, le quali, come evidenziato in premessa, hanno un diritto di voto limitato ed un privilegio patrimoniale posto che (i) hanno diritto di voto nelle assemblee chiamate ad autorizzare l'adozione di misure difensive in caso di offerta pubblica d'acquisto (art. 104 T.U.F.) e in quelle chiamate a deliberare in caso di azioni di responsabilità nei confronti dei componenti gli organi di amministrazione e controllo; (ii) attribuiscono ai loro possessori un privilegio patrimoniale costituito da una maggiorazione percentuale, da fissarsi al momento dell'emissione, rispetto al dividendo attribuito alle azioni ordinarie.
Una primo rilievo è che le Azioni Sviluppo sono uno strumento creato in base agli articoli 2348(17) e 2351(18) del codice civile, come redatti dal Legislatore della riforma del diritto societario(19), che ha concesso la possibilità di determinare liberamente il contenuto dello strumento azionario, così intendendo affermare che le categorie speciali di azioni non rispondono ad un numerus clausus. La nuova prospettiva, pertanto, permette definitivamente di ritenere che, nel rispetto del principio di atipicità, di fatto le categorie azionarie "non esistono in quanto categorie predefinite, trattandosi di fattispecie a contenuto variabile a seconda delle varie combinazioni che i soci inventeranno"(20). A riguardo, va evidenziato come sotto un profilo classificatorio, e con riferimento al tipo di posizione organizzativa che viene incorporato, le azioni si distinguono nelle seguenti categorie:(21) "ordinarie", "di godimento", "privilegiate", "di risparmio" (22).


Ora, la dilatazione della nozione di azione, effetto della riforma del diritto societario, non riguarda la fattispecie paradigmatica delle azioni cosiddette ordinarie, il cui contenuto rimane pressoché invariato, posto che la partecipazione azionaria riflette le caratteristiche e gli elementi essenziali della stessa figura della società per azioni. L'ampliamento è invece percepibile sul piano delle variabili sul tema che l'autonomia negoziale può di volta in volta apportare, soprattutto mediante la creazione di speciali categorie di azioni. A tal riguardo, oltre a sancire espressamente l'atipicità delle categorie speciali di azioni (art. 2348, comma 2, del codice civile), la riforma aumenta assai le possibilità di forgiare il contenuto delle azioni dotate di diritti diversi, sia sul piano dei diritti amministrativi (con particolare riferimento al diritto di voto, che diviene un elemento "naturale" ma non più necessario della partecipazione azionaria, quanto meno per metà del capitale sociale), sia su quello dei diritti patrimoniali (la cui possibile estensione concerne figure già note nella nostra prassi societaria e figure importate dal diritto statunitense, come le cosiddette tracking stocks)(23).
Si noti che l'aver sottratto l'autonomia statutaria nella creazione di categorie diverse di azioni al principio di tipicità non significa peraltro il venir meno, in questa materia, di norme imperative e di limiti imposti dalla legge all'autonomia dei privati a tutela degli investitori. A conferma del fatto che taluni caratteri tipici essenziali delle azioni (e quindi della partecipazione sociale) non possono essere esclusi. Tali caratteri devono essere individuati in relazione ai diversi diritti legati alla partecipazione azionaria. In relazione al diritto agli utili, ad esempio, si deve escludere che, stante il perdurante divieto del patto leonino (art. 2265 del codice civile) possano crearsi azioni che non prevedano in nessun caso la partecipazione agli utili. Sempre il divieto del patto leonino non consente la creazione di azioni che escludano del tutto la partecipazione alle perdite(24). Quindi, in ragione di quanto precede, sembra potersi affermare che in seguito alla riforma risulta notevolmente ampliato il perimetro della fattispecie azione: più in particolare, la fattispecie azionaria è destinata a ricomprendere figure assai diverse, quali, ad esempio, le azioni ordinarie, le azioni correlate(25) o le azioni completamente prive di diritto di voto (non privilegiate) e, riteniamo di poter affermare, oggi, le Azioni Sviluppo, di cui si andranno di seguito ad esaminare due delle caratteristiche precipue delle Azioni Sviluppo: il privilegio patrimoniale ed il diritto di voto. Prima però è opportuno svolgere due ulteriori considerazioni in merito alle caratteristiche di tali nuova categoria di azioni, come declamate nel Comunicato Novembre: la prima concerne il fatto che la maggioranza delle azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria sia detenuta, anche indirettamente attraverso società controllate, da un'unica persona fisica, o da un gruppo di persone fisiche legate tra loro da rapporti familiari; la seconda la necessità che le Azioni Sviluppo non devono rappresentare meno del venticinque per cento del capitale complessivo post emissione della società.
In merito al primo requisito, non si comprende il perimetro dei "rapporti familiari": fino a quale grado di parentela intendono estendere il concetto i creatori delle Azioni Sviluppo? Riteniamo altamente probabile che il summenzionato wording, lungi dall'essere casuale, sottenda fattispecie chiaramente valutate ed identificate durante la gestazione della nuova categoria di titoli di capitale qui esaminata, che non si è voluto esplicare in tale stadio, ancora embrionale, della nuova categoria azionaria. In merito al criterio del venticinque per cento, se da un lato ciò è comprensibile per le azioni quotate, di difficile interpretazione è la richiesta relativamente ad una società non quotata: si può ipotizzare, a riguardo, che si sia valutata la necessità che le Azioni Sviluppo, post conversione, incidano in modo rilevante sul controllo della società medesima, con la conseguenza che l'eventuale previsione di una percentuale inferiore avrebbe frustrato la ratio della fattispecie. Tanto premesso, si passerà ad esaminare il privilegio patrimoniale delle Azioni Sviluppo.


Il privilegio patrimoniale
La struttura codicistica consente, come visto, di forgiare azioni con caratteristiche di novità rispetto a quelle ordinarie. Sul versante dei diritti patrimoniali viene in considerazione in primo luogo il privilegio nella partecipazione degli utili. Com'è noto, tale privilegio può assumere le distinte configurazioni del diritto di "preferenza", consistente nell'attribuzione di una percentuale maggiorata di dividendo, o del diritto di "priorità", inteso come diritto di essere soddisfatti sino ad una determinata percentuale, prima delle altre categorie di azioni. Indipendentemente dalla tecnica prescelta, l'autonomia statutaria è legittimata a intervenire sia sulla misura del privilegio o della maggiorazione riconosciuti alle azioni di categoria, sia sui parametri di riferimento sulla base dei quali individuare il privilegio stesso. Sotto il primo profilo, l'ammontare del privilegio è totalmente rimesso agli statuti, che potranno determinarlo in misura fissa, variabile o anche indicizzata, secondo criteri oggettivi predefiniti al momento dell'emissione. Unico limite all'autonomia statutaria è rappresentato dall'esigenza di rispettare il divieto del patto leonino, che continua a fulminare di nullità le clausole che attribuiscano privilegi così elevati da determinare una sostanziale esclusione dalla partecipazione agli utili delle azioni di altra categoria(26).
In merito, si è rilevato come il testo novellato dall'art. 2348, comma 2, con la precisazione che, laddove l'autonomia statutaria opti per la creazione di diverse categorie di azioni, la società può "liberamente determinarne il contenuto" ribadisce il principio, già peraltro affermato in dottrina, che la previsione nella disciplina del codice ed in leggi speciali, di particolari categorie di azioni esclude che tale autonomia sia sottoposta al principio di tipicità, restringendone l'esercizio alle "categorie" previste dalla legge. Pur tuttavia l'inciso "nei limiti imposti dalla legge" perpetua l'interrogativo sui limiti in cui l'attribuzione ad una parte delle azioni di un "contenuto" diverso sia compatibile con aspetti tipologici fondamentali ed inderogabili dell'organizzazione societaria(27).
Si noti, inoltre, che il nuovo art. 2348, infatti, con una inedita scansione: i) enuncia nel 1° co. il principio di uguaglianza del valore delle azioni e dei diritti in esse incorporati; ii) riconosce nel 2° co. la possibilità per l'autonomia statutaria di diversificare le azioni in categorie, articolandone liberamente il contenuto anche per quanto concerne l'incidenza delle perdite; iii) riafferma infine nell'ultimo capoverso la regola egualitaria, in termini relativi, con riferimento alle azioni appartenenti alla medesima categoria(28).
La "solenne" consacrazione del principio di atipicità delle categorie azionarie operata dalla norma in commento costituisce dunque il primo e fondamentale "pilastro" sul quale l'autonomia statutaria è chiamata ad edificare la nuova struttura finanziaria delle società per azioni(29): opportunità, questa, che sembra essere stata utilmente colta ai "progettisti" delle Azioni Sviluppo.
Ora, come visto, le summenzionate Azioni Sviluppo attribuiscono ai loro possessori anche un privilegio patrimoniale costituito da una maggiorazione percentuale, da fissarsi al momento della emissione, rispetto al dividendo attribuito alle azioni ordinarie: ci si trova, quindi, dinanzi ad azioni chiaramente privilegiate (con un privilegio che definiremmo "tipizzato") e quindi speciali, se confrontate con alla categoria delle azioni ordinarie. Si deve rilevare come il privilegio appena esaminato rappresenti, relativamente ai profili patrimoniali della fattispecie, l'elemento caratterizzante delle Azioni Sviluppo: nulla toglie, però, che lo statuto possa prevedere ulteriori privilegi di natura patrimoniale. Si pensi, a riguardo, alla possibilità di concedere agli azionisti sviluppatori un privilegio nella liquidazione della società.
Si noti, inoltre, che il privilegio patrimoniale de quo è stata una caratteristica immediatamente ricercata dagli autori delle Azioni Sviluppo, al fine di rendere lo strumento appetibile per il mercato, deluso dalle azioni di risparmio, di cui tentano chiaramente di rappresentare l'alternativa (v. infra). In verità, nel corso del 2007 era stata annunciata al mercato un'Azione Sviluppo in cui il summenzionato privilegio patrimoniale era collegato ad un eventuale diritto ad un payout non inferiore ad una certa percentuale degli utili netti risultanti dal bilancio. In particolare, si ipotizzava un livello di payout "minimo" (ad es. il 50%), con la previsione che, nel caso in cui in un qualunque esercizio la società distribuisse dividendi per un livello inferiore, i possessori di Azioni Sviluppo avrebbero avuto diritto di preferenza sulla distribuzione degli utili nei due esercizi successivi per la risultante differenza(30). Tale caratteristica era stata comunicata sin da marzo 2007(31), ma è stata poi evidentemente abbandonata: la scelta è stata probabilmente corretta, nell'ottica di creare un meccanismo di privilegio chiaro per gli investitori, ed al fine di rendere lo strumento agevolmente standardizzato o standardizzabile.


Il limitato diritto di voto
Ai sensi dell'articolo 2351 del codice civile, comma 1, ogni azione attribuisce il diritto di voto. Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni (i) senza diritto di voto, (ii) con diritto di voto limitato a particolari argomenti, (iii) con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Il medesimo articolo prevede altresì che il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale. Quindi, la possibilità di definire liberamente caratteristiche e diritti inerenti le "particolari categorie" di azioni trova una restrizione nell'art. 2351 del codice civile, per l'ipotesi in cui in relazione alle stesse siano introdotte limitazioni al diritto di voto (non necessarie). Al fine di evitare possibili abusi (primo fra tutti, l'eventualità che l'effettivo controllo degli organi sociali sia conseguito sottoscrivendo una quota marginale, qualora la maggioranza dello stesso fosse costituita da azioni prive del diritto di voto), permane infatti la prescrizione per cui le azioni a voto limitato non possono nel complesso eccedere il 50% del capitale sociale. Si rileva, incidentalmente, come, in relazione alla ratio della norma, in dottrina si sia evidenziato che il limite suddetto serve a calmierare gli effetti della leva finanziaria in capo ai soci con diritti pieni(32).
Peraltro, come nel precedente ordinamento, il legislatore ha omesso di dettare una disciplina espressa per l'ipotesi di superamento di tale soglia: sicché permangono tutti i dubbi formulati circa le relative conseguenze da parte degli interpreti (parte dei quali sono prevenuti ad ipotizzare, quale estrema ratio, la messa in liquidazione della società)(33).
Riassumendo, quindi, l'art. 2351 del codice civile, è norma imperativa e sancisce la libertà di emissione di categorie di azioni non solo diverse dalle ordinarie, ma anche dalle azioni differenziate legalmente nominate (privilegiate, di risparmio) con il solo summenzionato limite, quantitativo e tradizionale, di non superare la metà del capitale sociale.
Relativamente all'esame che si sta portando avanti in questa sede, va richiamata l'autorevole dottrina che, sulla base del fatto che l'articolo 2351 c.c., comma 4, vieta l'emissione di azioni a voto plurimo, evidenzia come "ne segue che lo stesso art. 2351, dopo aver sancito, come pure sappiamo, che "ogni azione attribuisce il diritto di voto", non può che consentire variazioni dirette alla esclusione o limitazione del diritto stesso. Ed infatti esso configura (comma 2) la possibilità di emettere: - azioni senza diritto di voto - azioni con voto limitato a particolari argomenti - azioni con voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Queste penalizzazioni del diritto di voto possono accompagnarsi ad un trattamento preferenziale sul piano patrimoniale. In altri termini, il legislatore della riforma ha inteso lasciare al mercato il compito di apprezzare vantaggi e svantaggi così offerti. E in pratica è chiaro che difficilmente assisteremo alla emissione di azioni sacrificate nel voto senza alcuna compensazione sul piano patrimoniale(34): così è accaduto alle Azioni Sviluppo dove, accanto ai privilegi patrimoniali esaminati in precedenza, sono stati, per l'appunto, limitati i diritti di voto di tali azioni, ai sensi dell'art. 2351 del codice civile, posto che tali strumenti finanziari hanno diritto di voto nelle assemblee chiamate ad autorizzare l'adozione di misure difensive in caso di offerta pubblica d'acquisto(35) (art. 104 T.U.F.) e in quelle chiamate a deliberare in caso di azioni di responsabilità nei confronti dei componenti gli organi di amministrazione e controllo. Di conseguenza le Azioni Sviluppo sono ricomprese nell'oggetto di un'eventuale offerta pubblica d'acquisto obbligatoria ex art. 106 T.U.F. ai sensi del quale chiunque, a seguito di acquisti a titolo oneroso, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento, promuove un'offerta pubblica di acquisto sulla totalità delle azioni quotate in mercati regolamentati italiani con diritto di voto sugli argomenti indicati nell'articolo 105 T.U.F.(36). Se la possibilità di un diritto di voto su alcuni argomenti non presenta problemi giuridici, posto che tale fattispecie era già stata ipotizzata da parte della dottrina(37), le indicazioni in merito ai summenzionati diritti di voto, e gli effetti ai fini dell' OPA, pongono una serie di quesiti. Invero, è evidente che il riferimento all' OPA attiene unicamente a società quotate(38); si dovrebbe desumere, quindi, che, in teoria, esisteranno quanto meno due categorie di Azioni Sviluppo, una per le società quotate ed una per le società non quotate, posto che è difficile immaginare uno statuto di società di quest'ultima categoria che preveda, per le Azioni Sviluppo, un diritto di voto nelle assemblee chiamate ad autorizzare l'adozione di misure difensive in caso di offerta pubblica d'acquisto, previsione questa che sarebbe inutiliter data. In tal caso, quindi, le Azioni Sviluppo potrebbero essere dotate unicamente del diritto di voto nelle assemblee chiamate a deliberare in caso di azioni di responsabilità nei confronti dei componenti gli organi di amministrazione e controllo. Quest'ultima ipotesi è, d'altronde, quella che, sino a prima del comunicato stampa di novembre, era stata comunicata al mercato dai soggetti coinvolti nella strutturazione delle Azioni Sviluppo, che evidenziavano come le stesse fosse soggette ad OPA pur attribuendo limitati poteri sulla gestione (diritto di votare solo sulla revoca degli Amministratori)(39). Tanto, d'altronde, è comunque sufficiente a far ricomprendere le Azioni Sviluppo nell'oggetto di un'eventuale offerta pubblica d'acquisto obbligatoria ex art. 106 T.U.F. Il punto presenta però il seguente aspetto problematico: se le Azioni Sviluppo devono avere tutte le caratteristiche richieste dagli autori delle stesse, anche in relazione ai diritti di voto, nel caso in cui si decidesse di non prevedere un diritto di voto nelle assemblee chiamate ad autorizzare l'adozione di misure difensive in caso di offerta pubblica d'acquisto (seppur non utilizzabile), potrebbe comportare la conseguenza che in tale ipotesi le azioni non sarebbero qualificabili come, e quindi non si potrebbe parlare di, Azioni Sviluppo, posto che tale status è legato alla presenza di tutti i requisiti caratterizzanti: ci si troverebbe dinanzi ad un titolo di capitale non qualificabile come azione ordinaria ma neanche come Azione Sviluppo: un titolo ibrido, quindi, che porrebbe probabilmente diversi problemi di definizione, anche perché, in questo caso, la matrice potrebbe essere individuata proprio nella categoria delle Azioni Sviluppo (v. infra). Una soluzione potrebbe essere quella di ipotizzare, nel caso di società non quotate che decidano di utilizzare il nuovo strumento di capitale di cui si discute in tale sede, una sorta di sleeping right legato, rectius condizionato, alla quotazione della società(40), in conseguenza di cui le Azioni Sviluppo (che nascerebbero come Azioni Sviluppo condizionate) vengano ad avere, oltre che il diritto di voto nelle assemblee chiamate a deliberare in caso di azioni di responsabilità nei confronti dei componenti gli organi di amministrazione e controllo anche il diritto di voto nelle assemblee chiamate ad autorizzare l'adozione di misure difensive in caso di offerta pubblica d'acquisto.


L'Azione Sviluppo: uno strumento ibrido
Dopo aver esaminato le caratteristiche delle Azioni Sviluppo si tenterà ora di effettuare un inquadramento sistematico di tale fattispecie nell'ambito degli strumenti finanziari. Abbiamo visto in precedenza che l'Azione Sviluppo ha un diritto di voto limitato ed un privilegio patrimoniale, così ponendosi in una posizione di specialità rispetto all'azione ordinaria. Ora, l'ulteriore elemento da esaminare, caratterizzante la categoria de qua, è il fatto che le Azioni Sviluppo sono convertite automaticamente in azioni ordinarie nel caso in cui il Soggetto Controllante perda, per qualunque ragione, tale posizione. Tale conversione è legata alle finalità delle Azioni Sviluppo che "contemperano in maniera innovativa, nell'ambito del nostro ordinamento societario, le esigenze di protezione dei soci di minoranza con l'aspirazione dell'azionista di maggioranza a mantenere il controllo della società per realizzare un valido progetto imprenditoriale. In tal modo possono favorire l'apertura delle imprese italiane al mercato dei capitali di rischio. Le Azioni Sviluppo sono un "patto" tra imprenditore e mercato. Il mercato investe nell'imprenditore, ed accetta di non partecipare alla gestione, sul presupposto che l'imprenditore mantenga il controllo in quanto essenziale alla realizzazione del progetto su cui ha investito. Se l'imprenditore viene meno al patto, scendendo sotto il 50%, il controllo passa al mercato"(41).
Un primo immediato problema è dato dalla possibilità, ed effettività, di verificare che il Soggetto Controllante (che si ricorda è costituito da un'unica persona fisica, o da un gruppo di persone fisiche legate tra loro da rapporti familiari, che detenga, anche indirettamente attraverso società controllate, la maggioranza delle azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria) perda la sua posizione di controllo. Possiamo immaginare, nel caso di società quotate, la stipula di un patto parasociale che obblighi il Soggetto Controllante a comunicare agli Azionisti Sviluppo la perdita del predetto controllo. Nel caso di società quotate, il problema sarà probabilmente risolto dal fatto che tale evento integri una notizia price sensitive(42), che deve essere immediatamente comunicata al mercato ai sensi dell'art. 114 T.U.F.
Anche rispetto a tale elemento caratterizzante della fattispecie, si rileva come l'Azione Sviluppo di cui si discute sia diversa rispetto a quella ipotizzata negli scorsi mesi dai "padri" della categoria de qua, che avevano previsto "la facoltà di convertire (anche in forma modulare) le Azioni Sviluppo in Azioni Ordinarie in caso di mancato raggiungimento di "predeterminati risultati" (fissati dall'imprenditore al momento dell'emissione)" (43).
Alla luce di quanto precede, riteniamo che le Azioni Sviluppo siano uno strumento finanziario ibrido, ed in particolare azioni ibride, in primis perché azioni speciali, in quanto caratterizzate da diritti diversi rispetto a quelli delle azioni ordinarie con cui si pongono in antitesi(44).
Vi sono però ulteriori considerazioni da svolgere per chiarire la nostra affermazione, premettendo che non è questa la sede più adatta per analizzare la complessa fattispecie dello strumento finanziario ibrido nel nostro ordinamento giuridico(45).
La comprensione e l'analisi di una fattispecie ibrida non può quindi prescindere dall'individuazione della necessaria ed immancabile fattispecie di riferimento, cioè della matrice da cui lo strumento ibrido si discosta sostanzialmente, appropriandosi però di una o più caratteristiche precipue (ed in ciò risiede la c.d. ibridicità). Va all'uopo evidenziato come un ibrido può avere come riferimento una sola matrice (ed in questo caso potremmo definire tale fattispecie come "ibrido a matrice unica" ovvero, nel caso di strumento finanziario, di "strumento finanziario ibrido a matrice unica") o due o più matrici (fattispecie che potremmo denominare "ibrido in senso stretto" ovvero, nel caso di strumento finanziario, di "strumento finanziario ibrido in senso stretto"): nel caso di ibrido a matrice unica, l'ibridicità dell'ibrido de quo risiederà nella presenza di parte delle caratteristiche qualificanti tale matrice. Nel caso di ibrido in senso stretto l'ibridicità dell'ibrido de quo risiederà invece nella presenza di caratteristiche appartenenti ad due o più fattispecie, che assurgeranno al ruolo di poli tra cui l'ibrido medesimo si inserisce, ciascuna rappresentando la matrice di almeno una caratteristica dell'ibrido de quo. L'assenza di una connessione con alcuna matrice comporterà invece l'inesistenza dell'essenza dell'"ibridicità" (e quindi non potremmo ritenere di essere in presenza di uno strumento finanziari ibrido), costituendo la fattispecie esaminata una fattispecie autonoma, sicuramente già qualificata o qualificabile, ovvero una nuova "creatura" da qualificare.
Ora, va rilevato che in questo contesto normativo la fattispecie "azione" sembra avere come unico elemento unificante e caratterizzante quella di essere un titolo rappresentativo di capitale, in quanto tale contraddistinto da un certo grado di rischio con riferimento al rimborso ed alla remunerazione dell'investimento. Se questo è vero, in forma di azione, e dunque attraverso una forma standard e nel rispetto dei limiti ad essi connessi, potranno essere emesse numerose tipologie di strumenti "ibridi", con un conseguente potenziale allargamento dei canali di finanziamento dell'impresa azionaria e con un probabile miglioramento dei canali di "competitività" dell'ordinamento societario italiano relativamente alla struttura finanziaria della s.p.a.(46).
Si tratta, quindi, alla luce della nostra qualificazione degli strumenti finanziari ibridi suindicata, di (strumenti finanziari) ibridi a matrice singola in cui la matrice è rappresentata dall'azione ordinaria, di cui un esempio sono le azioni di risparmio. Infatti, la dottrina ha avuto modo di prendere in esame le numerose forme di configurazione di titoli, così detti ibridi, elaborati dalla prassi dei mercati finanziari internazionali, in occasione della modifica, intervenuta con l'entrata in vigore del T.U.F. della disciplina delle azioni di risparmio(47) che, com'è noto, consente alle società quotate di emettere azioni "dotate di particolari privilegi patrimoniali" senza porre limiti di altra natura(48). Nell'ambito di una società con azioni quotate l'azione di risparmio viene ad operare non solo come forma, ma anche come "modello normativo degli strumenti ibridi" rappresentativi di una partecipazione al capitale sociale e ciò in quanto, come evidente, la variegata tipologia di titoli ibridi che può essere emessa in tale forma sarà soggetta, per il fatto di assumere i connotati formali dell'azione di risparmi, alla relativa disciplina (art. 145-147 T.U.F.) e dunque ad una disciplina sufficientemente articolata, la quale contempla, tra l'altro, un'organizzazione di gruppo (assemblea speciale e rappresentante comune) per la tutela degli investitori(49).
Ora, se l'azione di risparmio è, come infatti è, un titolo ibrido, non vi è alcun dubbio che l'Azione Sviluppo sia altrettanto ibrida, in quanto dotata di diritto specifici ed "unici" rispetto alle azioni ordinarie, che ne sono la matrice. Certo, le Azioni Sviluppo sono dotate di un'ibridicità diversa da quella delle azioni di risparmio, che non danno diritto di voto e sono pertanto escluse dall'OPA obbligatoria(50) e per il diritto di conversione, che per le azioni di risparmio è eventuale(51); rispetto alle azioni di risparmio, inoltre, le Azioni Sviluppo si pongono come alternativa, desiderando colmare il loro insuccesso. Quindi l'Azione Sviluppo potrebbe a questo punto essere qualificata come un ibrido a matrice unica. Ma la fattispecie può essere ulteriormente approfondita, con conclusioni diverse. Riteniamo, infatti, che le Azioni Sviluppo debbano essere considerate ibride anche rispetto all'ulteriore matrice delle obbligazioni(52), in particolare delle obbligazioni convertibili(53), che rappresentano l'unico strumento codicistico, ex articolo 2420-bis(54), del codice civile, dotato del carattere della convertibilità in azioni ordinarie che, come abbiamo visto, caratterizza, al pari del privilegio patrimoniale e del diritto di voto limitato, in modo ineluttabile le Azioni Sviluppo che, quindi, possono anche essere ritenute come uno strumento intermedio tra le azioni ordinarie e le obbligazioni (convertibili), cioè un ibrido in senso stretto. Con la creazione dell'Azione Sviluppo abbiamo quindi un nuovo strumento finanziario di estrazione codicistica caratterizzata dalla convertibilità: l'Azione Sviluppo è quindi un'"azione convertibile" ovvero, potremmo affermare, un'"azione convertenda". Anzi, per quanto ci consta, è l'unico strumento finanziario a conversione obbligatoria/automatica in questo momento presente nel mercato dei capitali domestico.
Mutuando l'opinione di un'autorevole dottrina(55), possiamo affermare come la figura dell'Azione Sviluppo "risenta" del suo futuribile, e come il risultato finale "derivi" dalla formulazione originaria. Gli è che l'Azione Sviluppo ha in sé un valore potenziale che la individua e la connota ab origine come modello bivalente in sequenza, dapprima Azione "parziale" e poi (nel caso di verificarsi delle condizioni previste) azione ordinaria. È lecito attendersi, nella predisposizione concreta delle Azioni Sviluppo, una previsione relativa al timing della conversione successivamente alla perdita del controllo da parte dei soggetti rilevanti.


Conclusioni
Alla luce di quanto precede, è possibile in questa sede svolgere una serie di considerazioni. Alla luce delle considerazioni che precedono, l'Azione Sviluppo è uno strumento ibrido in senso stretto: in particolare è un'azione convertibile, privilegiata ed a voto limitato.
Un'azione che abbia queste caratteristiche potrà (dovrà) da oggi in poi essere qualificata come Azione Sviluppo. Ovviamente, lo statuto potrà prevedere ulteriori caratteristiche di tale strumento finanziario (come accade per le azioni di risparmio): in tal caso avremo una particolare Azione Sviluppo. Intendiamo evidenziare, quindi, che è possibile (forse altamente probabile) che il mercato modifichi ed integri la struttura standard dell'Azione Sviluppo, posto che le diverse fattispecie che si avranno apparterranno comunque alla categoria, appunto, delle Azioni Sviluppo.
Come visto, inoltre, le Azioni Sviluppo dichiarano implicitamente, se non espressamente, di essere uno strumento nato quale alternativa alle azioni di risparmio, al cui insuccesso tentano di porre rimedio, usufruendo, da un punto di vista giuridico, abilmente diremmo, come visto in precedenza, degli strumenti messi a disposizione dalla riforma diritto societario(56).
Le Azioni Sviluppo rappresentano dunque un strumento progettato e creato al fine di agevolare delle presunte esigenze di una parte di un certo tipo di società: non si tratta però di una fattispecie nata dalla pratica per soddisfare esigenze concrete, ma di strumenti finanziari(57) apprestati pro futuro, per raccogliere istanze ad oggi puramente teoriche ed eventuali. Ciò si traduce nel fatto che la valutazione del progetto non può non essere ad oggi sub iudice, così come la bontà dello stesso, posto che ci si trova dinanzi al primo vagito di una categoria di azioni nuova e che non è affatto scontato che le Azioni Sviluppo incontrino il favore degli ideali e potenziali utilizzatori. Certamente, riteniamo che tale strumento finanziario sia un Giano bifronte, essendo "Azioni di Sviluppo"(58) per la società che l'emette, ed "Azioni Sviluppo" per i relativi azionisti.
Gli ingegneri delle Azioni Sviluppo hanno chiaramente individuato gli aspetti positivi e gli aspetti da valutare. Sul primo lato, le Azioni Sviluppo dovrebbero risultare maggiormente attrattive per il mercato(59).
Per contro, si potrebbe affermare che la creazione di due categorie di azioni "frammenta" la liquidità di borsa dei titoli della società, di per sé non elevata in presenza di capitalizzazione medio/bassa e riduce l'autonomia dell'imprenditore (socio di controllo) rispetto alle operazioni straordinarie: in alcuni casi, infatti, (ad es. modifiche dei diritti delle Azioni Sviluppo o fusione) avrebbe richiesta l'approvazione dell'Assemblea Speciale delle Azioni Sviluppo(60). In merito al punto che precede, se da un lato la considerazione che precede è corretta, è altrettanto vero che l'alternativa all'emissione delle Azioni Sviluppo sarebbe stata, come visto, la decisione delle imprese a BMC di rimanere statiche, non volendo rischiare diluirsi nel timore di perdere il controllo della propria società.
Mai come in questo caso sarà il mercato a dover decretare il successo o meno della nuova categoria di azioni in cui si rinvengono tutte le potenzialità per raccogliere i consenso dei soggetti cui sono naturalmente destinati.


1) Gli Autori ringraziano per i preziosi suggerimenti e chiarimenti forniti nel corso della stesura del presente lavoro la dott.ssa Livia Gasperi e l'avv. Alessandro Chieffi, di Borsa Italiana S.p.A.
2) Borsa Italiana - Comunicati Stampa 2007 - Al via le azioni sviluppo - 8 novembre 2007 - http://www.borsaitaliana.it/chisiamo/ufficiostampa/comunicatistampa/2007/071108azionisviluppo _pdf.htm. (di seguito, il Comunicato Novembre).
3) Definita come la "Partecipazione di Controllo".
4) La predetta persona fisica o, collettivamente, persone fisiche, nonché tutti coloro che acquisteranno a causa di morte la Partecipazione di Controllo o sue porzioni sono in seguito definiti "Soggetto Controllante".
5) Pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n. 71 del 26.3.1998. Il d.lgs. n. 58/1998 è stato successivamente modificato dal d.l. n. 351 del 25.9.2001 e convertito in l. n. 410 del 23.11.2001 (pubblicata nella G.U. n. 274 del 24.11.2001); dal d.lgs. n. 61 dell'11.4.2002 (pubblicato nella G.U. n. 88 del 15.4.2002); dal d.lgs. n. 274 dell'1.8.2003 (pubblicato nella G.U. n. 233 del 7.10.2003); dalla l. n. 326 del 24.11.2003 (pubblicata nella G.U. n. 274 del 25.11.2003); dalla legge n. 350 del 24.12.2003 (pubblicata nella G.U. del 27.12.2003); dal d.lgs. n. 37 del 6.2.2004 (pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 37 del 14.2.2004); dal d.lgs. n. 170 del 21.5.2004 (pubblicato nella G.U. n. 164 del 15.7.2004); dal d.lgs. n. 197 del 9.7.2004 (pubblicato nella G.U. n. 182 del 5.8.2004); dall'art. 9 della legge n. 62 del 18.4.2005 (pubblicata nel S.O. alla G.U. n. 96 del 27.4.2005); dalla legge n. 262 del 28.12.2005 (pubblicata nel S.O. n. 208/L alla G.U. n. 301 del 28.12.2005); dal d.lgs. n. 303 del 29.12.2006 (pubblicato nel S.O. n. 5/L alla G.U. n. 7 del 10.1.2007); dall'art. 2 del d.l. 27.12.2006, n. 297, coordinato con la legge di conversione 23.2.2007, n. 15 (pubblicata nella G.U. n. 46 del 24.2.2007); dall'art. 10, della l. n. 13 del 6.2.2007 - Legge comunitaria 2006 (pubblicata nel S.O. n. 41/L alla G.U. n. 40 del 17.2.2007); dall'art. 2 del d.lgs. n. 32 del 2.2.2007 (pubblicato nella G.U. n. 73 del 28.3.2007); dal d.lgs. n. 51 del 28.3.2007 (pubblicato nella G.U. n. 94 del 23.4.2007); dal d.lgs. n. 164 del 17.9.2007 (pubblicato nel S.O. n. 200/L alla G.U. n. 234 dell'8.10.2007) e dal d.lgs. n. 195 del 6.11.2007 (pubblicato nel S.O. n. 228 alla G.U. n. 261 del 9.11.2007).
6) Unitamente alle informazioni contenute nei seguenti documenti che verranno richiamati nel corso della presente analisi: 1) presentazione del dott. Basile, "Un progetto Assolombarda in collaborazione con Borsa Italiana, Mediobanca, Studio monelli Erede Pappalardo "Dimensione e crescita delle Aziende Familiari" Convegno Nazionale delle Aziende Familiari, Roma, 27-28 ottobre 2006, Le "Azioni Sviluppo", disponibile sul sito
http://www.aidaf.it/documentazione%20incontri/convegno%20nazionale%202006/Presentazione %20Dott.%20BASILE.pdf (di seguito, la Presentazione); 2) comunicato stampa pubblicato in data 14 marzo 2007 sul sito di Borsa Italiana, dal titolo "Azioni Sviluppo: strumento per la crescita delle imprese" (di seguito, il Comunicato Marzo).
7) Il Comunicato Novembre evidenzia come il nuovo prodotto finanziario sia stato messo a punto da Assolombarda e Borsa Italiana, in collaborazione con Mediobanca e Studio Legale Bonelli Erede Pappalardo.
8) Comunicato Novembre, in cui si legge altresì che: "L'innovativo progetto, presentato nel marzo scorso dal Presidente di Assolombarda, Diana Bracco, e dall'Amministratore Delegato di Borsa Italiana, Massimo Capuano, è oggi diventato un prodotto a disposizione delle imprese. Nel corso di questi mesi, infatti, sono state semplificate e standardizzate le caratteristiche dei nuovi titoli seguendo le indicazioni e i suggerimenti di investitori istituzionali, studi legali e operatori finanziari. "Su scala mondiale le nostre imprese, anche quelle di media dimensione, risultano spesso troppo piccole per poter competere nel gioco della crescita attraverso acquisizioni", spiega Giorgio Basile, Consigliere incaricato per Ricerca e Innovazione di Assolombarda e ideatore delle nuove Azioni Sviluppo. "Per poterle aiutare a divenire anche predatori e non solo prede occorre fornire loro strumenti atti ad incrementare il capitale di rischio senza che a causa di ciò tali imprese divengano subito contendibili. È importante peraltro sottolineare", conclude Basile, "che le Azioni Sviluppo si convertono in azioni ordinarie nel momento in cui ciò è patrimonialmente rilevante, e cioè quando la società diventa contendibile". "Con questo nuovo strumento - ha commentato Luca Lombardo, Responsabile dei mercati per le Piccole e Medie imprese di Borsa Italiana - proseguiamo con lo sviluppo di prodotti e servizi sempre più vicini alle esigenze degli imprenditori italiani. Ci piace inoltre sottolineare come la validità di questo nuovo progetto sia stata confermata dal grande interesse che abbiamo riscontrato presso gli investitori istituzionali che investono nelle aziende familiari italiane".
9) Così la Presentazione, cit.
10) Sull'OPA si vedano: Gianluca Romagnoli, Responsabilità contrattuale per omissione d'opa obbligatoria e tutela risarcitoria subordinata, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2006, n. 4, pag. I-435; Umberto Morello, Mancata promozione di opa obbligatoria totalitaria e risarcimento del danno, in Le Società, 2006, n. 4, pag. 408; Federico Maria Mucciarelli, Il principio di reciprocità nella Direttiva comunitaria sull'opa, in Giurisprudenza Commerciale, 2005, n. 6, pag. I-830; Matteo Gatti, Mancata promozione di opa obbligatoria e risarcimento del danno, in Il Foro italiano, 2005, n. 6, pag. II-774; Giorgio Meo, Modifiche di patti parasociali, tutela delle minoranze e opa obbligatoria (considerazioni sul patto anti - opa Rcs Mediagroup), ID, 2005, n. 5, pag. 601; Marco Solferini, Commento all'attuale dibattito sulla disciplina dell'Opa Europea e ruolo delle Associazioni Imprenditoriali Italiane nel disegnare i futuri scenari per le imprese italiane in Europa e nel Mondo, in Magistra - Banca & Finanza 2005; Pierdomenico De Gioia Carabellese, Opa concorrente: spunti di riflessione civilistici e regolamentari, in Le Società, 2005, n. 11, pag. 1355; Pierdomenico De Gioia Carabellese, Responsabilità per violazione di Opa obbligatoria: epistemologia e fenomenologia di un passaggio a nord - ovest, ID, 2005, n. 9, pag. 1137; Alessandro Calmieri, Tutela risarcitoria degli azionisti in caso di mancata promozione di Opa totalitaria, in Il Foro italiano, 2005, n. 11, pag. I-3211; Eva Desana, Offerta pubblica d'acquisto e giurisdizione del giudice ordinario. Il caso Fonspa, in Banca borsa e titoli di credito, 2002, n. 2, pag. II-197; Castiglioni, La clausola " texana ": un duello tra soci all'americana. Una similitudine in Italia con l'offerta pubblica d'acquisto obbligatoria, in Magistra - Banca & Finanza, 2001; Simona Siani, L'offerta pubblica di acquisto totalitaria ( successiva e preventiva ). In particolare: la determinazione del prezzo dell'offerta, in Magistra - Banca & Finanza, 2001; AA.VV., La Sec agevola la revoca delle offerte pubbliche e la sostituzione di un'offerta pubblica con un'offerta «privata», in Rivista delle Società, 2001, n. 2, pag. 684.
11) Gustavo Visentini, Principi di diritto commerciale, Padova, 2006.
12) La distinzione, tradizionale in materia di diritto delle società, tra capitale (equity) e debito (debt), si riflette, nell'ambito degli strumenti finanziari, nella dicotomia tra strumenti di finanziamento azionari, attraverso i quali le società acquisiscono mezzi propri, e strumenti emessi per acquisire risorse finanziarie: Abriani, La struttura finanziaria delle società di capitali nella prospettiva della riforma, in Riv. dir. comm., I, 2002, 131; Corsi, La nuova s.p.a.: gli strumenti finanziari, in Giur. comm., 2003, I, 414 Bianchi, Prime osservazioni in tema di capitale e patrimonio nelle società di capitali, in Il nuovo diritto societario fra società aperte e società private, a cura di Benazzo - Patriarca; Lamandini, Società di capitali e struttura finanziaria: spunti per la riforma, in Riv. soc., 2002, 139; Marano, Mercati di capitali e strumenti finanziari nel nuovo diritto societario, in Riv. dir. priv., 2003, 755.
13) Così Gustavo Visentini, Principi di diritto commerciale, Padova, 2006, pg. 256.
14) Così Gustavo Visentini, cit. pag. 262, che aggiunge come: "Con la riforma rimane la distinzione delle azioni e delle obbligazioni, oggi ancora articolata sul criterio del conferimento di rischio o di debito, ma essendo consentito derogare alla disciplina tipica, tradizionale, si offusca la separazione delle due categorie di valori mobiliari, e quindi si perdono le ragioni del loro diverso trattamento".
15) Art. 1 T.U.F. "Per "strumenti finanziari" si intendono: a) valori mobiliari; b) strumenti del mercato monetario; c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti; e) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto; f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione; g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f), che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini; h) strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito; i) contratti finanziari differenziali; j) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini."
16) Art. 1 T.U.F. "Per "valori mobiliari" si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio: a) le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario; b) obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titolic) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle precedenti lettere; d) qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure".
17) Art. 2348 c.c., Categorie di azioni: "Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Si possono tuttavia creare, con lo statuto o con successive modificazioni di questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto concerne la incidenza delle perdite. In tal caso la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie. Tutte le azioni appartenenti ad una medesima categoria conferiscono uguali diritti".
18) Art. 2351 c.c., Diritto di voto: "Ogni azione attribuisce il diritto di voto. Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale. Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato ad una misura massima o disporne scaglionamenti. Non possono emettersi azioni a voto plurimo".
19) Sulla riforma della società: AA. VV., (Abriani e altri) Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2003; Angelici, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, Padova, 2003; Associazione Disiano Preite, Il diritto delle società, (a cura di) G. Olivieri - G. Presti - F. Vella, Bologna, 2004; Id, Il nuovo diritto delle società, (a cura di) G. Olivieri - G. Presti - F. Vella, Bologna, 2003; Buonocore, (a cura di), La riforma del diritto societario. Commento al d.lgs. n. 5-6 del 17 gennaio 2003, Torino, 2003; Campobasso, La riforma delle società di capitali e delle cooperative. Diritto commerciale. Le società, Bologna, 2004; Graziani - Minervini - Belviso, Manuale di diritto commerciale, Padova, 2004; Libonati, L'impresa e le società. Lezioni di diritto commerciale, Milano, 2004; Spada, Diritto commerciale. I. Parte generale, Padova, 2004; Libonati, L'impresa e le società La società di persone. La società per azioni, Milano, 2004; Abriani - Onesti (a cura di), La riforma delle società di capitali. Aziendalisti e giuristi a confronto, Milano, 2004; Cottino - Bonfante - Cagnasso - Montalenti, Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004; Galgano - Genghini, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, Galgano(a cura di), XXIX, Tomi I e II, Padova, 2003; Piccolini - Stagno D'Alcontres (a cura di), Società di capitali. Il nuovo ordinamento aggiornato al d.lgs. 6 febbraio 2004 n. 37, Napoli, 2004; Sandulli - Santoro (a cura di), La riforma delle società. Commentario del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, Torino, 2003.
20) Così commento sub. Art. 2438 c.c., in Atti societari - Formulario commentato, Vincenzo Salafia (a cura di), II edizione, Ipsoa, pag. 156, che richiama Santosuosso, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, pag. 76.
21) Sulle categorie di azioni si vedano: M. L. Vitali, Un recente studio sulle categorie di azioni e sul principio « one share one vote » nel Regno Unito, in Rivista delle Società, 2005, n. 4, pag. 947; A. Milone, «Capital gains»: rilevanza delle speciali categorie di azioni, in Forum Fiscale, 2005, n. 6, pag. 31; Massimiliano Ricciardi Giaconia , Riforma societaria - Le categorie di azioni con particolari diritti e gli strumenti partecipativi ibridi, in Corriere Tributario, 2004, n. 1, pag. 19; Alessandro Colavolpe, La nuova disciplina delle categorie di azioni, in Le Società, 2003, n. 12, pag.1591; Patrizia Grosso, Categorie di azioni, assemblee speciali, strumenti finanziari non azionari: le novità della riforma, ID, 2003, n. 10, pag. 1308; AA.VV., Modifiche statutarie, categorie di azioni e disciplina federale del mercato mobiliare: una sentenza statunitense, in Rivista delle Società, 1995, n. 6, pag. 337., Aumento di capitale, categorie di azioni e assemblee speciali, in Giurisprudenza Commerciale, 1990, n. 2, pag. I-577.
22) Così in Libonati, Titoli di Credito e Strumenti finanziari, Milano, 1999, pag. 157. L'Autore evidenzia altresì che "Come carattere comune, hanno di rappresentare la partecipazione al capitale di una società per azioni; come variabile, legittimano all'esercizio di poteri organizzativi o a pretese patrimoniali di contenuto diverso: standard nelle azioni ordinarie, affidati alla fantasia dell'emittente e alla ricettività del mercato nelle azioni di godimento e privilegiate (art. 2353 cod. civ.) o a favore dei dipendenti (art. 2349 cod. civ.) o di risparmio (artt. 145 ss. d.lgs. 58/1998), nulla impedendo competenze diverse in tema di voto (ad es. competenza all'approvazione dei bilanci e non alla nomina dei sindaci o degli amministratori) e attribuzioni diverse in punto di percezioni patrimoniali (ad. es. partecipazione all'utile non scandita per esercizi ma privilegiata per modalità diverse)".
23) Così Mario Notari, - Azioni e strumenti finanziari: confini delle fattispecie e profili di disciplina Testo dell'intervento al Convegno di studi sul tema "Verso il nuovo diritto societario. Dubbi ed attese", Firenze, il 16 novembre 2002. http://www.notarlex.it/news/notari.pdf Più limitate - o forse solo meno appariscenti - le novità che conducono ad un ampliamento della fattispecie delle obbligazioni, rispetto alle quali la riforma incide soprattutto sul contenuto patrimoniale, includendovi ipotesi che, seppur note alla prassi non solo italiana ma anche straniera, potevano ritenersi al limite della categoria o addirittura estranee, come avremo modo di vedere più avanti. Le restanti novità in tema di obbligazioni, peraltro di notevole spessore, concernono invece il profilo della disciplina, con particolare riguardo alla competenza ed ai limiti all'emissione.
24) Così Maria Cecilia Cardarelli, Codice commento delle società, Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia (a cura di), II edizione, Ipsoa, sub art. 2348, pag. 150.
25) Su cui Lodovico Bianchi Di Giulio - Ferdinando Bruno, Dalle tracking shares alle azioni correlate: brevi riflessioni sull'esperienza domestica italiana, in Giurisprudenza Commerciale (in corso di pubblicazione); Abriani, La struttura finanziaria delle società di capitali nella prospettiva della riforma, in Rivista Diritto Commerciale, 1-2/2002, 131; M. Cera, Considerazioni preliminari per una nuova disciplina del capitale e delle azioni nella riforma delle società di capitali, Intervento Firenze, 2 giugno 2000, in www.associazionepreite.it.
26) Così Nicolò Abbriani, sub 2348, Il nuovo diritto societario, Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti (a cura di), II, pag. 267 e ss., che aggiunge: "Quanto ai parametri di riferimento, il privilegio può essere ragguagliato non solo al valore nominale delle azioni, ma al loro prezzo di emissione (comprensivo dunque dell'eventuale sovrapprezzo) o, per le società quotate, alla quotazione media di borsa (riferita, ad esempio, all'esercizio antecedente l'approvazione del bilancio o aggiornata all'ultimo trimestre dell'esercizio in corso). Al fine di ancorare il rendimento delle azioni privilegiate all''effettiva redditività della gestione, gli statuti possono assumere a base di calcolo gli utili risultanti dal bilancio o tenere conto delle riserve formatesi nel corso degli esercizi successivi all'emissione".
27) Così Federico Martorano, sub art. 2348 c.c., pag. 137, in La riforma delle società, I, Sandulli, Santoro (a cura di), Torino, dove si legge altresì che "Occorre pertanto, anche di fronte alla formula che ammette una diversità di contenuto delle azioni per quanto concerne la "incidenza delle perdite", che in nessun caso, stante il divieto di patto leonino, possano crearsi azioni del tutto escluse dalla partecipazione alle perdite o azioni del tutto escluse dalla partecipazione agli utili, così come il principio dell'equilibrio tra poteri gesori e diritti patrimoniali esclude la possibilità di comprimere od escludere il diritto di voto per una parte delle azioni senza una corrispondente attribuzione di maggiori diritti patrimoniali, restando controvertibile, di fronte alla formula liberale del testo novellato, se l'esclusione del voto sia circoscritta all'adozione del modello delle azioni di risparmio".
28) Così Nicolò Abbriani, cit, , pag. 261.
29) Così Nicolò Abbriani, cit., pag. 265, che afferma altresì come "Il riconoscimento della possibilità di determinare liberamente il contenuto delle azioni delle varie categorie vale a chiarire che la menzione da parte della legge di una determinata categoria o di un diritto modificabile non ha valore di numero clausus, d'indicazione tassativa delle azioni che possono essere create dall'autonomia statutaria". Sul punto, l'Autore richiama Notari, Disposizioni generali della società per azioni. Conferimenti, Azioni, in Av.Vv. Diritto delle società di capitali. Manuale breve, Milano, 2003, pag. 61 ss.; Associazione Disiano Preite, Olivieri, Presti, Vella (a cura di), Il nuovo diritto delle società, Bologna, 2003.
30) Così la Presentazione, cit.
31) Come anticipato, in data 14 marzo 2007 è stato pubblicato sul sito di Borsa Italiana il Comunicato Marzo: in tale comunicato le Azioni Sviluppo venivano presentate come una categoria innovativa di azioni che possono essere emesse nell'ambito del quadro normativo delineatosi con la riforma del diritto societario del 2003. A fronte di limitati poteri sulla gestione (voto sulla revoca degli amministratori), si legge, tali azioni attribuiscono diritti patrimoniali privilegiati (una maggiore remunerazione rispetto alle azioni ordinarie, livello prestabilito di payout, etc.) e offrono la facoltà di essere convertite in azioni ordinarie in caso di mancato raggiungimento di risultati minimi stabiliti dall'imprenditore al momento della loro emissione. Hanno diritto, in caso di cambio del controllo, da cui consegua un'OPA obbligatoria, di essere oggetto dell'OPA medesima. Possono essere quotate a condizione che le azioni ordinarie della società siano già ammesse a quotazione o vengano contestualmente quotate. Il medesimo comunicato rilevava i punti di forza delle Azioni Sviluppo, con cui l'imprenditore ha la possibilità di ottenere le risorse finanziarie per realizzare importanti progetti di sviluppo senza rinunciare al controllo dell'impresa. Il mercato può partecipare a investimenti di medio-lungo termine beneficiando di una redditività "privilegiata", ma anche beneficiando di vantaggi di eventuali cessioni del controllo da parte dell'imprenditore e avendo la facoltà di convertire, al verificarsi di certe condizioni, le Azioni di Sviluppo in azioni ordinarie. In merito ai soggetti che possono potenzialmente emettere le Azioni Sviluppo, viene evidenziato come, pur essendo state progettate facendo riferimento soprattutto alle esigenze delle medie imprese quotate, le Azioni Sviluppo posseggono caratteristiche tali da renderle idonee anche a sostenere le crescita di imprese non quotate. Tramite la loro emissione, si offre infatti la possibilità di aprire la compagine sociale a investitori istituzionali, eventuale premessa per un successivo passaggio alla quotazione.
32) Vittorio Santoro, Sub, art. 2351, in La riforma delle società (a cura di) Sandulli - Santoro, Torino, 2003, pag. 148.
33) Fondazione Luca Pacioli, Azioni e strumenti finanziari partecipativi, Circolare n. 13/2003 Documento n. 25 del 16 dicembre 2003 www.fondazionelucapacioli.it, in cui si legge altresì che "Sul punto merita, altresì, di essere ulteriormente rilevato: che la limitazione del diritto di voto non presuppone pi ù la necessaria attribuzione di vantaggi patrimoniali correlati e "compensativi", e può pertanto essere prevista senza il riconoscimento di alcun genere di contropartita; che, laddove nel previgente ordinamento - fatta salva la disciplina delle azioni di risparmio - le limitazioni statutarie non potevano comunque spingersi al punto di privare le azioni del diritto di voto nell'assemblea straordinaria, è ora invece consentito che le categorie di partecipazioni in esame siano del tutto prive di tale diritto, ovvero con diritto di voto limitato a particolari argomenti o, ancora, subordinato al verificarsi di particolari condizioni purché non meramente potestative (art. 2351) (es. recupero diritto di voto se non ci sono utili o per taluni argomenti come la nomina degli amministratori). Quest'ultima facoltà riveste particolare interesse laddove essa consente di modulare il diritto delle diverse categorie di azionisti di partecipare alle deliberazioni sociali in funzione dell'andamento della gestione sociale (ad esempio, consentendo o precludendo il voto in assemblea a determinate categorie di azionisti in base all'entità del risultato dell'esercizio); che è altresì consentita l'adozione di clausole statutarie di scaglionamento del diritto di voto (ovvero di fissazione di soglie massime all'esercizio di tale diritto) in funzione della quantità di azioni possedute da un medesimo socio, seppure tali possibilità siano riconosciute esclusivamente alle società che non fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio. Si tratta di uno strumento particolarmente utile in vista dell'esigenza di valorizzare la rilevanza delle partecipazioni minoritarie nell'ambito dei processi decisionali societari, posto che ne consegue una spettanza dei diritti di voto meno che proporzionale rispetto alla quota di partecipazione per quei soci che eccedano le soglie statutariamente definite, e potrà altresì essere proficuamente utilizzato al fine di stabilizzare gli assetti proprietari e di controllo, limitando la possibilità di "scalate" da parte di singoli soci; che in ogni caso continua ad essere affermato il principio che non possono emettersi azioni a voto plurimo, benché tale principio sia scalfito dalla possibilità di limitazione del diritto di voto per taluni soggetti; che in ipotesi di coesistenza di azioni correlate (art. 2350) e di azioni sprovviste del diritto di voto in relazione a deliberazioni riguardanti il ramo di attività correlato, può delinearsi la possibilità che singole divisioni interne della società possano essere oggetto di un cambiamento del controllo che non coinvolge la società nel suo complesso; o viceversa tale coesistenza (azioni correlate al settore più redditizio) potrebbe costituire un freno preventivo a scalate ostili. che si può ipotizzare un'azione completamente priva del diritto di voto (diretto amministrativo per eccellenza) che dia diritto ad un dividendo fisso e cumulabile: la differenziazione con le obbligazioni va sempre più sfumandosi. Qui si mantiene l'aleatorietà della remunerazione ma è facile vedere la vicinanza con il tipo di obbligazioni nelle quali l'entità del pagamento degli interessi può variare in relazione a parametri oggettivi relativi all'andamento economico della società".
34) Francesco Corsi, Le nuove società di capitali, Milano, 2003, pag. 136 e ss.
35) Art. 104 (Autorizzazione dell'assemblea) 1. Salvo autorizzazione dell'assemblea ordinaria o di quella straordinaria per le delibere di competenza, le società italiane le cui azioni oggetto dell'offerta sono quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea si astengono dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta. Le assemblee deliberano, in ogni convocazione, con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano almeno il trenta per cento del capitale. Resta ferma la responsabilità degli amministratori e dei direttori generali per gli atti e le operazioni compiuti1-bis. Le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Paesi dell'Unione europea possono emettere azioni con diritto di voto subordinato all'effettuazione di un'offerta solo se, per il verificarsi della condizione, sia necessaria un'autorizzazione assembleare ai sensi del comma precedente 2. I termini e le modalità di convocazione delle assemblee da tenersi in pendenza dell'offerta sono disciplinati, anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge, con regolamento emanato dal Ministro di grazia e giustizia, sentita la Consob.
36) Tale articolo prevede che "per partecipazione si intende una quota, detenuta anche indirettamente per il tramite di fiduciari o per interposta persona, del capitale rappresentato da azioni che attribuiscono diritti di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti nomina o revoca o responsabilità degli amministratori o del consiglio di sorveglianza".
37) Così Maria Cecilia Cardarelli, Codice commento delle società, Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia (a cura di), II edizione, Ipsoa, sub art. 2348, che richiama Blandini, Le azioni a voto limitato nella riforma, in Giurisprudenza Commerciale, 2004, I, 461.
38) Va incidentalmente rilevato come il T.U.F. definisca gli emittenti quotati come i soggetti italiani o esteri che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati italiani. Successivamente al recepimento della direttiva MIFID nel nostro ordinamento, il medesimo T.U.F. definisce il mercato regolamentato come: sistema multilaterale che consente o facilita l'incontro, al suo interno e in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, ammessi alla negoziazione conformemente alle regole del mercato stesso, in modo da dare luogo a contratti, e che è gestito da una società di gestione, è autorizzato e funziona regolarmente.
39) A riguardo, è stato correttamente evidenziato come le Azioni Sviluppo possono essere quotate a condizione che le azioni ordinarie della società siano già ammesse a quotazione o vengano contestualmente quotate. Così la Presentazione, cit., nonché il Comunicato Marzo, cit.
40) Così Comunicato Marzo 2007, cit.
41) Comunicato Novembre, cit.
42) Sull'argomento, e sulla disciplina degli abusi di mercato con particolare attenzione all'informazione privilegiata, ci permettiamo di rimandare a Ferdinando Bruno - Nicoletta Ravasio, "Ambito soggettivo ed oggettivo dell'informazione privilegiata post Market Abuse Directive", in questa Rivista, n. 8, 2007, 1026 e ss.
43) Così la Presentazione, cit. In tale ipotesi, come comunicata dai relativi creatori, ciascun possessore di Azioni Sviluppo poteva convertire le sue azioni in Azioni Ordinarie al verificarsi di ipotesi predefinite quali, a titolo esemplificativo: (i) perdita del controllo senza OPA (es.: l'Imprenditore scende sotto il 50%); (ii) risultati gestionali inferiori a certi parametri predefiniti per un determinato periodo di tempo (es.: 3 anni) e ciò è un elemento essenziale che - nella seconda ipotesi -si può peraltro stabilire anche su base modulare In tale ipotesi si prevedeva che l 'Imprenditore e gli altri azionisti ordinari possono evitare la diluizione -conseguente all'acquisto del diritto di voto pieno -"riscattando"le Azioni Sviluppo. Si evidenziava, a riguardo, come (i) il mercato accettava di non partecipare al controllo della Società (es.: non nomina amministratori) e di investire sull'imprenditore e sulla sua capacità di "visione"e di guida nell'attuazione di un progetto industriale innovativi di medio/lungo termine; (ii) l'imprenditore accettava di impegnarsi su di un progetto industriale innovativo di medio/lungo termine. Si è parlato, a riguardo, di patti chiari tra l'imprenditore e gli Azionisti Sviluppo, in ragione di cui (i) se l'Imprenditore cede il controllo senza OPA, i possessori di Azioni Sviluppo possono convertire le loro azioni in Ordinarie; (ii) se i risultati non sono "adeguati"(cioè inferiori ai "parametri predefiniti"dall'Imprenditore al momento dell'emissione), le Azioni Sviluppo possono essere convertite in Azioni Ordinarie (anche su base modulare.
44) Così Maffei Alberti, Commentario breve al diritto delle società, Cedam, sub 2438, pag. 285
45) Su cui ci permettiamo di rimandare a Ferdinando Bruno, Lo strumento finanziario ibrido nel mercato dei capitali italiano: aspetti legali e fiscali, in Diritto e Pratica Tributaria Internazionale, in corso di pubblicazione.
46) Umberto Tombari, Sub. articolo 2348, psg. 1018, Codice Civile Commentato Alpa Mariconda (a cura di), Vol.III
47) Su cui: Marco Maugeri, Azioni di risparmio e assemblee di categoria: prime note sul coordinamento tra t.u.f. e nuovo diritto societario, in Giurisprudenza Commerciale 2004, n. 6, pag. I-1292; Mara Civitelli, La riforma delle società di capitali e le azioni di risparmio, in Giurisprudenza Commerciale, 2004, n. 3, pag. I-491/Supplemento; Umberto Tombari, La riforma della società per azioni - Azioni di risparmio e tutela dell'investitore (Verso nuove forme rappresentative della società con azioni quotate), in Rivista delle Società, 2002, n. 5, pag. 1062; Giovanni E. Colombo, Piergaetano Marchetti, Delisting e azioni di risparmio (due pareri contrapposti), in Banca borsa e titoli di credito, 2002, n. 3, pag. I -365; Florestano Funari, Conversione di azioni di risparmio in azioni ordinarie, in Le Società, 2001, n. 8, pag. 991; Claudio Tatozzi , Sabrina Cova,Le azioni di risparmio e i nuovi diritti degli azionisti, in Diritto e pratica delle Società 1999, n. 6, pag. 14; Barbara Pansadoro, Riforma della Corporate Governance: le azioni di risparmio (artt. 145 - 147 del D.Lgs. n. 58/1998), in Impresa commerciale industriale, 1998, n. 6, pag. 1327; Maura Benzi, Attribuzione di azioni di risparmio a seguito di scissione parziale, in Le Società, 1997, n. 4, pag. 420; Simona Guerra, La convertibilità tra azioni ordinarie e azioni di risparmio: clausole e modalità, in Notariato, 1996, n. 1, pag. 47; Vincenzo Salafia, Conversione di azioni di risparmio in ordinarie, in Le Società, 1994, n. 4, pag. 527. e titoli di credito, 1982, I; Guerra, Le azioni di risparmio e le partecipazioni incrociate nella legge n. 216, in, Riv. soc. 1976.
48) Così Alberto Stagno d'Alcontres , sub art. 2348, in Commentario, Giuseppe Niccolini, Alberto Stagno d'Alcontres (a cura di), Napoli, 2006, pag. 280 e ss.
49) Umberto Tombari, Azioni di risparmio e tutela dell'investitore (Verso nuove forme rappresentative della società con azioni quotate), in Rivista delle Società, 2002, n. 47, pag. 1073.
50) Così la Presentazione, cit.
51) Articolo 145, T.U.F. , comma sette: "Le azioni di risparmio possono essere emesse sia in sede di aumento del capitale sociale, osservando le disposizioni dell'articolo 2441 del codice civile, sia in sede di conversione di azioni già emesse, ordinarie o di altra categoria; il diritto di conversione è attribuito ai soci con deliberazione dell'assemblea straordinaria."
52) "Tra i due estremi - le azioni ordinarie e le obbligazioni "pure e semplici" - è infatti possibile dar vita ad una serie di varianti, tale da creare una gamma di tipologie intermedie (quasi) senza soluzione di continuità. Lungo la linea che mette in comunicazione le azioni con le obbligazioni possiamo collocare (partendo dalle azioni ordinarie) le azioni privilegiate, le azioni privilegiate con voto limitato, le azioni di risparmio e le azioni di risparmio con particolari privilegi volti ad attribuire un rendimento quasi garantito, nonché, sull'alto versante (partendo cioè dalle obbligazioni pure e semplici), le obbligazioni indicizzate agli indici di borsa, le obbligazioni con rendimento legato agli utili della società emittente, le obbligazioni c.d. subordinate e le obbligazioni c.d. irredimibili. Come si vede, le fattispecie intermedie si avvicinano progressivamente e la differenza tra le soluzioni più distanti dai due estremi di partenza è ben poca, sì da potersi dire che le nozioni di azioni e obbligazioni, se spinte ai confini, arrivano quasi ad incontrarsi. Ciononostante, permangono notevoli dubbi (specialmente per le ipotesi più "forzate") e significativi fattori di rigidità nei modelli tipici, attinenti al contenuto sia delle azioni che delle obbligazioni", Mario Notari, Azioni e strumenti finanziari: confini delle fattispecie e profili di disciplina Testo dell'intervento al Convegno di studi sul tema "Verso il nuovo diritto societario. Dubbi ed attese", Firenze, il 16 novembre 2002.
53) Su cui molto bene Nicola Grieco, Exchangeable Bonds (le obbligazioni convertibili), in Magistra - Banca & Finanza, 2004; si vedano ancora: Sergio Patriarca, Riforma del diritto societario e obbligazioni convertibili, in Rivista di diritto privato, 2005, n. 1, pag. 53; C. Della dio, Obbligazioni convertibili in azioni, in Guida alla Contabilità & Bilancio, 2005, n. 11, pag. 73; Marcello Delucchi, Divieto di trasformazione di obbligazioni già emesse in obbligazioni convertibili, in questa Rivista, 2001, n. 11, pag. 1376; AA.VV., Diritto di opzione sulle obbligazioni convertibili in azioni, in Diritto e pratica delle Società, 2001, n. 17, pag. 59; Aldo Stesuri, Delibera di emissione di obbligazioni convertibili e imposta proporzionale di registro, ID, 2001, n. 13, pag. 80; Roberto Moro Visconti, Fusioni e scissioni in presenza di obbligazioni convertibili, in Impresa commerciale industriale, 2001, n. 6, pag. 955; Giovanni Valcavi, Sul problema concernente la modifica del rapporto di cambio nella conversione delle obbligazioni convertibili in azioni, dopo la riduzione del capitale sociale per perdite a sensi dell'art. 2420 bis comma 6, cod. civ., in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, 2001, n. 1, pag. I-102; Marisa, Cenci, Andrea Gheno, Obbligazioni convertibili: conflitto di interessi o gioco cooperativo?, in Contabilità finanza e controllo, 2000, n. 6, pag. 686; Albino Leopardi, Emissione di obbligazioni convertibili e imposta indebitamente assolta, in Diritto e pratica delle Società, 2000, n. 23, pag. 91; Flavio Dezzani, Piero Pisoni, Luigi Puddu, I titoli "strutturati": le obbligazioni convertibili e le obbligazioni a tasso variabile con clausola di conversione automatica in tasso fisso, in Impresa commerciale industriale, 1998, n. 7, pag. 1490; Vittorio Santarsiere, Risultanze del bilancio societario come indice discretivo per emettere obbligazioni convertibili, in Il Nuovo Diritto - Rassegna giuridico pratica, 1996, n. 10, pag. 868; Guido Vidimi, Emissioni di obbligazioni convertibili e trasformazione di società per azioni in società a responsabilità limitata, in Giurisprudenza italiana, 1995, n. 7, pag. I-1834; B. Quatraro, Le obbligazioni convertibili in azioni, in Rivista dei Dottori Commercialisti, 1993, n. 4, pag. 217; Alberto Morano, Obbligazioni convertibili e aumento gratuito del capitale sociale, in questa Rivista, 1992, n. 8, pag. 1037: P. Piscitello, L'acquisto di obbligazioni convertibili proprie, in Rivista delle Società, 1992, n. 3, pag. 208.
54) Obbligazioni convertibili in azioni. "L'assemblea straordinaria può deliberare l'emissione di obbligazioni convertibili in azioni, determinando il rapporto di cambio e il periodo e le modalità della conversione. La deliberazione non può essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente versato. Contestualmente la società deve deliberare l'aumento del capitale sociale per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del secondo, terzo, quarto e quinto comma dell'articolo 2346. Nel primo mese di ciascun semestre gli amministratori provvedono all'emissione delle azioni spettanti agli obbligazionisti che hanno chiesto la conversione nel semestre precedente. Entro il mese successivo gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione dell'aumento del capitale sociale in misura corrispondente al valore nominale delle azioni emesse. Si applica la disposizione del secondo comma dell'articolo 2444. Fino a quando non siano scaduti i termini fissati per la conversione, la società non può deliberare né la riduzione volontaria del capitale sociale, né la modificazione delle disposizioni dello statuto concernenti la ripartizione degli utili, salvo che ai possessori di obbligazioni convertibili sia stata data la facoltà, mediante avviso depositato presso l'ufficio del registro delle imprese almeno novanta giorni prima della convocazione dell'assemblea, di esercitare il diritto di conversione nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione. Nei casi di aumento del capitale mediante imputazione di riserve e di riduzione del capitale per perdite, il rapporto di cambio è modificato in proporzione alla misura dell'aumento o della riduzione. Le obbligazioni convertibili in azioni devono indicare in aggiunta a quanto stabilito nell'articolo 2414, il rapporto di cambio e le modalità della conversione."
55) Libonati, Titoli di Credito e Strumenti finanziari, Milano, 1999, pag. 228.
56) Su cui: Giancarlo Iaccarino, Le società consortili dopo la riforma del diritto societario, in Notariato, 2006, n. 1, pag. 41; Leonardo Benvenuto, Riforma societaria - Il consiglio di amministrazione nel nuovo codice di autodisciplina delle società quotate, in Corriere Tributario, 2006, n. 18, pag. 1408; Simone Cameli, Principio di chiarezza e nullità del bilancio: conferme della Cassazione e spunti alla luce della riforma societaria, in Giustizia civile, 2005, n. 12, pag. I-3116; Roberto Ruozi, Le nuove strategie delle Pmi anche alla luce della riforma del diritto societario, della riforma fiscale e dell'accordo di Basilea 2, in Rivista bancaria, 2005, n. 2, pag. 41; Andrea Zoppini, I gruppi cooperativi (modelli di integrazione tra imprese mutualistiche e non nella riforma del diritto societario), in Rivista delle Società, 2005, n. 4, pag. 760; Alberto Crespi, Riforma societaria e diritto comunitario, in Rivista delle Società, 2005, n. 4, pag. 710; Antonio Blandini, Localismo e ricorso al mercato dei capitali delle banche cooperative nell'ultimo atto della riforma del diritto societario (con notazioni sparse sugli eccessi di delega del d.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310), in Banca borsa e titoli di credito, 2005, n. 6, pag. I-675; Roberto Ambrosiani, Diritto di controllo del socio di s.r.l. alla luce della riforma societaria a tutela innominata, in questa Rivista, 2005, n. 12, pag. 1542; Francesco Dimundo, Il rinvio dell'assemblea alla luce della riforma societaria, ID, 2005, n. 12, pag. 1495; Marco Venuti, Le deroghe al bilancio alla luce della riforma societaria (I parte), ID, 2005, n. 11, pag. 1378; Maria Paola Ferrari, Validità della delibera di trasformazione alla luce della riforma societaria, ID, 2005, n. 10, pag. 1260; Magda Cristiano, Azioni di responsabilità contro gli amministratori della s.r.l. nella riforma del diritto societario, ID, 2005, n. 8, pag. 1007; Giovanna Ficocelli, La disciplina della revoca del liquidatore alla luce della riforma societaria, ID, 2005, n. 7, pag. 870; Paolo Montanari, Il collegio sindacale dopo la riforma del diritto societario, ID, 2005, n. 7, pag. 847; Diego Corapi, Clausole di mero Fabrizio gradimento e clausole di prelazione dopo la riforma societaria, ID, 2005, n. 7, pag. 831; Guerriera, La società di capitali come formula organizzativa dei servizi pubblici locali dopo la riforma del diritto societario, ID, 2005, n. 6, pag. 681; Giorgio Pisanu, La riforma del diritto societario e i suoi riflessi sul sistema bancario italiano, in Supplemento, Giurisprudenza di merito, 2005, n. 5, pag. 13.
57) Sugli strumenti finanziari in genere, si vedano: Aniello Abbate, Gli obblighi informativi e la responsabilità dell'intermediario nella negoziazione di strumenti finanziari, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2006, n. 3, pag. I-488; Enrico Holzmiller, Le soluzioni operative: gli strumenti finanziari per i dipendenti, in Diritto e pratica delle Società, 2006, n. 2, pag. 52; S. Meroi, La nuova normativa fiscale applicabile agli strumenti finanziari partecipativi e alle obbligazioni, in Diritto e Pratica Tributaria, 2006, n. 1, pag. I-3; Monica Cossu, Domestic currency swap e disciplina applicabile ai contratti su strumenti finanziari. Brevi note sul collegamento negoziale, in Banca borsa e titoli di credito 2006, n. 2, pag. II-169; Lucio Di Gaetano, Strumenti finanziari derivati e tutela dei risparmiatori. gli speculatori meritano giustizia?, in Le Società 2006, n. 3, pag. 324; Nicola Montuosi, Strumenti finanziari emessi da non residenti: origini e limiti della nuova 'subject to tax clause', in Fiscalità Internazionale 2005, n. 5, pag. 436; Ettore Scimemi, Il nuovo diritto europeo degli strumenti finanziari, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2005, n. 6, pag. II-394; Massimo Chiaia, Laura M. Franciosi, Strumenti finanziari a debito e usura, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2005, n. 4, pag. II-224.
58) A riguardo, in merito al nome scelto per la nuova categoria di azioni, aggiungiamo altresì come la dichiarata contrapposizione con le azioni di risparmio avrebbe suggerito, anche da un punto di vista terminologico, l'utilizzo della nomenclatura di Azioni Di Sviluppo.
59) Così la Presentazione, cit.
60) Così la Presentazione, cit.



Scarica Articolo PDF