Condominio
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 24/12/2013 Scarica PDF
Il punto sulla mediaconciliazione nelle controversie condominiali
Francesco Toschi Vespasiani e Franco Pagani, Francesco T. Vespasiani, avvocato in Firenze. Franco Pagani, vice presidente nazionale dell’Associazione dei Periti e degli Esperti1. Considerazioni preliminari ed inquadramento normativo
L’art. 84 del d.l. 21 giugno 2013 n.69, convertito dalla legge 9 agosto 2013 n.98, ha apportato varie modifiche al testo originario del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, che regolamentava l’istituto della mediaconciliazione (anche in riferimento alla materia condominiale), sul quale era intervenuta la Corte Costituzionale con la nota sentenza 272/2012, che aveva sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010 per eccesso di delega legislativa, sostanzialmente per quanto riguardava l’obbligatorietà della domanda di mediaconciliazione per certe materie.
Già l’art. 5 del decreto legislativo 28/2010 inseriva la materia condominiale tra quelle soggette alla c.d. mediaconciliazione obbligatoria, ossia del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L’intervento della consulta del 2012 appena citato, era stato seguito (di pochi giorni) dall’entrata in vigore della c.d. riforma del condominio (legge 11 dicembre 2012, n. 220), che ha introdotto una disciplina specifica della mediaconciliazione in condominio contenuta nell’art. 71 quater disp. att.
La disposizione è intervenuta a dettare alcune indicazioni molto importanti in tema di mediaconciliazione condominiale, stabilendo innanzi tutto che per “controversie in materia di condominio”, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni per l'attuazione del codice. Inoltre ha chiarito che la domanda di mediazione deve essere comunque presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio e' situato. Con quest’ultima previsione il legislatore ha anticipato quanto poi è stato codificato più in generale dalla successiva novella del 2013 in merito alla competenza territoriale dell’organismo di mediazione, secondo la quale la domanda di mediazione va presentata presso un organismo che sia ubicato nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia (il riferimento al luogo di ubicazione del condominio, di cui all’art. 71 quater, riproduceva il disposto dell’art. 23 c.p.c. in tema di controversie condominiali, ancorando quindi la competenza territoriale in mediaconciliazione a quella prevista per le controversie ordinarie).
La norma in questione, però, entrata in vigore nell’ottobre 2013, aveva creato qualche problema interpretativo e di coordinamento, nel senso che lo stesso art. 71 quater faceva esplicito riferimento, nel definire le controversie in materia di condominio, all’art. 5, comma 1 d.lgs. n. 28 del 2010, dichiarato però incostituzionale. Si poteva porre, quindi, il dubbio chenovella di cui all’art. 71 quater potesse valere a reintrodurre la disciplina della mediazione obbligatoria, sebbene solo in materia di condominio. Infatti, da un lato l’illegittimità costituzionale era stata dichiarata per eccesso di delega legislativa essendo l’art. 71 quater una legge, la legge n. 239 del 2012, approvata successivamente alla pronuncia della Consulta, poteva anche essere vista come il ribadimento dell’intenzione (tramite lo strumento della legge e non un decreto legislativo) di assoggettare le controversie alla disciplina della mediazione obbligatoria.
Dall’altro lato, tuttavia, poteva anche rilevarsi che l’art. 71 quater non prevedeva, la mediazione obbligatoria in materia di condominio, ma si limitava a richiamare la norma dichiarata incostituzionale, definendone solo l’ambito applicativo; il mero richiamo a tale norma non poteva conferire nuovamente efficacia all’art. 5, dichiarato incostituzionale.
La questione, comunque, è definitivamente superata a seguito dell’entrata in vigore della novella portata dall’art. 84 d.l. 69/2013 (decreto del fare), tornando, la media conciliazione, ad essere obbligatoria per la materia condominiale.
2. La precisa individuazione delle materie condominiali soggette alla mediaconciliazione obbligatoria
Il tenore dell’art. 71 disp. att. è abbastanza preciso e nella sua formulazione ampia ed apparentemente onnicomprensiva, malgrado ciò appare utile fornire qualche indicazione analitica sulla sua portata applicativa.
Oggetto di mediazione sono sicuramente le impugnative di deliberazioni assembleari condominiali ed anche le azioni riguardanti la formazione o revisione delle tabelle millesimali.
Per l’eventualità dell’impugnazione di delibere assembleari, resta aperto il problema della ristretta decadenza temporale di trenta giorni, ribadita anche dalla riforma del condominio: in particolare, la necessità di impugnare la delibera con atto di citazione entro il termine renderebbe di fatto impossibile la presentazione dell’istanza di mediaconciliazione preventiva ed il completamento del procedimento di mediazione, salvo postulare, in base al disposto dell’art. 5 comma 6 del dlgs. 28/2010, che il termine per l’impugnazione rimanga sospeso per il periodo necessario ad esperire il tentativo di conciliazione.
Si possono porre invece dei problemi per il caso in cui il condomino che impugna la delibera voglia anche ottenere la sospensione dell’esecutività della stessa, visto che né il mediatore né l’organismo di mediazione hanno tale potere e, quindi, in tal caso potrebbe essere utile azionare contemporaneamente sia la procedura di mediazione che spiegare l’azione di impugnativa del deliberato (con richiesta di sospensione dello stesso).
Una ipotesi particolare riguarda le possibili vertenze tra l’amministratore ancora in carica ed il condominio posto che l’amministratore è l’unico rappresentante legale pro tempore del condominio. In questo caso l’assemblea dovrebbe delegare un terzo soggetto a rappresentare il condominio in fase di mediazione per ovviare al conflitto di interessi che altrimenti si verrebbe a creare.
Tra le materie ricadenti nell’ambito applicativo dell’art. 71 quater troviamo tutte le cause tra condomini inerenti le cose comuni, tra condominio e singolo condomino, per le materie dell’art. 1130 c.c., e quindi per tutte le questioni inerenti all’applicazione od interpretazione del regolamento condominiale, la regolamentazione delle cose comuni e del loro uso, il pagamento spese condominiali, atti conservativi sulle cose comuni; le liti di qualsiasi genere tra il condominio e l’amministratore.
Resta il dubbio sul regime delle controversie tra il condominio ed i terzi, di cui è tipico esempio la controversia tra l’appaltatore ed il condominio in relazione a lavori di straordinaria manutenzione, la cui soluzione dipende dalla rilevanza che si intenda dare alla qualifica soggettiva di una delle parti, ossia il condominio, e all’inerenza dei lavori rispetto alle parti comuni (ed al loro rappresentare interventi di straordinaria manutenzione condominiale). Infatti, dando rilevanza prevalente a questi due criteri, soggettivo ed oggettivo, potrebbe ritenersi che si tratti comunque di controversia di natura condominiale, mentre, all’opposto, dando maggiore rilievo al fatto che si tratti di controversia su un contratto di appalto, si potrebbe concludere che non si ricada nell’ambito della norma in esame.
Non sono, invece, oggetto di mediazione obbligatoria i procedimenti in tema di comunione, di cui agli artt. 1104 c.c., i giudizi cautelari, le azioni possessorie, i procedimenti per convalida di licenza o sfratto (di locali condominiali) fino al momento dell’eventuale mutamento del rito a fronte di opposizione del conduttore, i procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi comunque a esecuzione forzata ed i decreti ingiuntivi (in particolare quelli per la riscossione dei contributi condominiali impagati) fino alla fase di opposizione. E’ estranea all’ambito di applicazione della mediazione obbligatoria anche la costituzione di parte civile nel processo penale.
Anche le controversie che si basano su di un contratto assicurativo sono soggette alla mediaconciliazione obbligatoria, e tra esse rientrano ad esempio tutte le richieste dirette dal condominio alla compagnia assicurativa sulla base di polizze quali la “globale fabbricati”.
3. La posizione dell’amministratore ed il procedimento di mediazione
La riforma del condominio, con l’introduzione dell’art. 71 quater ha almeno chiarito un dubbio di fondo, inerente la necessità o meno, per l’amministratore, di un’autorizzazione dell’assemblea per partecipare al procedimento di mediazione. In assenza di essa, comunque, l’operato dell’amministratore avrebbe comunque potuto essere ritenuto censurabile o per la scelta di non presenziare all’incontro di mediazione (sanzionata comunque dal dlgs. 28/2010), o di presenziare, ma senza alcuna delibera preventiva autorizzativa (senza l’assistenza di un legale, o, forse ancor peggio per gli oneri di spesa che ne derivano, con tale assistenza).
L’art. 71 quater ha, almeno parzialmente, risolto il problema, stabilendo che al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del c.c.[2]
Nel caso, non infrequente, d’impossibilità di deliberare per mancanza di quorum, è previsto che se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
Quindi, per evitare di scegliere autonomamente, l’amministratore, ricevuto un invito al procedimento in mediazione, potrà inviare una richiesta all’ente di conciliazione di posticipare il primo incontro, in modo da avere il tempo di convocare l’assemblea[3]. Chiaramente il problema rimane aperto, qualora l’assemblea vada deserta o non si raggiungano i quorum.
La delibera assembleare, poi, dovrebbe decidere in modo completo (e quindi sulla base di un preventivo o.d.g. completo e ben redatto) sul da farsi e quindi dare istruzioni precise anche in riferimento alle varie possibili evoluzioni del procedimento di mediaconciliazione (si pensi alla nomina di eventuali tecnici ausiliari oltre che del legale, od all’eventualità della lite, in caso di mancata composizione bonaria).
Resta fermo, comunque, che se nell’ambito del procedimento di mediaconciliazione si prospetti una concreta ipotesi di sistemazione bonaria, l’amministratore dovrà comunque convocare nuovamente l’assemblea ponendo all’ordine del giorno i termini precisi della eventuale proposta, al fine di consentire all’assemblea stessa di approvarla o meno. La norma stessa precisa, infatti, che «la proposta di mediazione deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, c.c. e se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata», ben chiarendo che l’amministratore non può firmare il verbale di conciliazione in difetto dell’autorizzazione assembleare[4].
Se la proposta di mediazione comporti rinunzia ai diritti reali su parti comuni (a favore di un condomino o di un terzo), alienazione di parti comuni, costituzione su di esse di diritti reali o locazioni ultranovennali, occorre il consenso della totalità dei condomini. Infatti, in tal caso si va ad incidere sul diritto dei singoli condomini e la materia fuoriesce dall’ambito di competenza decisionale dell’assemblea.
Ciò chiarito, occorre, in conclusione, vedere più da vicino come si struttura il procedimento di mediazione in cui sia parte istante, o convenuta, un condominio.
Se il condominio è l’istante, l’amministratore deve preventivamente convocare l’assemblea per ottenere l’autorizzazione a procedere con la richiesta di conciliazione.
Questo passaggio dovrebbe, ad avviso di chi scrive (anche solo per maggiore tutela dell’amministratore e comunque per evitare contestazioni circa la sua legittimazione, in danno dello stesso condominio) essere ritenuto necessario, sia che si verta su materie comunque di competenza dell’amministratore, che su materie che esorbitino le sue attribuzioni ex art. 1130 c.c.
Nel diverso caso in cui il condominio sia convenuto in mediaconciliazione, mediante avviso inviato presso lo studio dell’amministratore, a fronte del suo ricevimento con invito a comparire all’incontro per una data già fissata, l’amministratore deve ugualmente convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti[5]. Qualora non vi siano i tempi sufficienti per convocare l’assemblea, l’amministratore deve procedere come sopra descritto, ossia domandando un differimento congruo dell’incontro.
Una volta instauratosi il procedimento di mediaconciliazione in contraddittorio con la controparte, esso si svolge senza particolari formalità, quindi nulla osta a che l’amministratore chieda anche uno o più rinvii per poter sottoporre all’assemblea eventuali proposte conciliative, come si diceva sopra, ai fini della loro approvazione.
L’assemblea, dal canto suo, può ben limitarsi ad autorizzare una mera partecipazione dell’amministratore, che agirà in questo caso quale semplice nuncius, senza poteri però di spendere alcuna volontà vincolante il condominio (nel qual caso qualsiasi sua decisione personale nell’ambito del procedimento rimane inefficace verso il condominio, salva eventuale successiva ratifica assembleare), oppure spingersi a conferire all’amministratore una delega c.d. titolata, ossia o senza limite alcuno (lasciando quindi all’amministratore i pieni poteri), oppure delimitando l’ambito decisionale dell’amministratore stesso.
[1] Francesco Toschi Vespasiani è avvocato in Firenze; Franco Pagani è vice presidente nazionale dell’Associazione dei Periti e degli Esperti - istituto per la tutela e la qualità della consulenza giudiziaria.
[2] 1136 secondo comma c.c. - maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
[3] Si potrebbe ipotizzare una convocazione con un ordine del giorno del seguente tenore: Mediazione inerente la vertenza:…. “Delibera in merito all’autorizzazione preventiva all'amministratore del condominio a partecipare al procedimento di mediazione in oggetto, per l’incarico ad un avvocato per assistenza e consulenza sia in sede di mediazione che in sede giudiziaria in caso di mancata conciliazione e per conferire incarico ad un tecnico per l’assistenza e la consulenza in sede di mediazione ove la materia lo richieda.”
[4] Attività che deve intendersi quindi esorbitante le sue attribuzioni ex art. 1130 c.c.
[5] Secondo Cass. S.U., 6 agosto 2010, n. 18331,se l’amministratore citato in giudizio non riesce a convocare l’assemblea in tempo utile per costituirsi, egli può costituirsi ugualmente ai soli fini di non incorrere in decadenze processuali, dovendo subito dopo tenere l’assemblea per ottenere la ratifica processuale. Per la stessa sentenza, l’amministratore condominiale ha un mero potere di rappresentanza del condominio, nelle materie che esulano dalle sue attribuzioni, rimettendo quindi ogni potere decisionale all’assemblea, con la conseguenza che in caso di impossibilità di raggiungere i quorum occorrenti, il condominio non potrà adeguatamente difendersi in giudizio.
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