Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 01/03/2023 Scarica PDF
Anche la mera aspettativa di diritto è tutelabile: breve storia del lungo rapporto tra azione revocatoria e apertura di credito (nota a Cass. Civ. n. 1414/2023)
Mauro Zollo, Avvocato in NapoliCass. civ., Sez. III, 18 gennaio 2023, n. 1414. Pres. Scarano. Rel Chiara Graziosi.
In tema di azione revocatoria ordinaria, il credito derivante da un contratto di apertura di credito regolata in conto corrente è qualificabile quale credito litigioso, ai fini della valutazione dell'anteriorità rispetto ad atti dispositivi effettuati dal correntista, dal momento in cui la banca accredita sul conto la somma messa a disposizione e non da quando l'obbligo di restituzione diviene esigibile.
Dalla letterale formulazione del primo comma dell’articolo 2901 c.c. è possibile esercitare l'azione pauliana anche quando il credito è ancora una mera potenzialità, e quindi a monte persino del credito litigioso come pure di quello sottoposto a termine e condizione. Ai fini dell'esercizio di questo strumento di tutela ontologicamente e radicalmente preventiva, infatti, l’articolo 2901 c.c. fornisce una nozione lata di credito comprensiva della ragione o aspettativa. La tutela, si può logicamente concludere, è preventiva tanto quanto eventuale è il credito che ne è l'oggetto.
omissis
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Massa, con sentenza n. 787/2013, accolse la domanda ai sensi dell'art. 2901 c.c. proposta da Omissis Spa per conto di Omissis in relazione alla cessione da parte del Omissis dell'usufrutto di un immobile e alle figlie della nuda proprietà dello stesso immobile, effettuata con atto notarile del 29 novembre 2001.
Avendo proposto appello la Omissis ed avendo resistito Omissis Spa, mentre le altre parti rimanevano contumaci, la Corte d'appello di Genova accoglieva il gravame con sentenza del 25 luglio 2018, ritenendo non provata la sussistenza del credito quando era stato posto in essere l'atto, e precisamente la sua anteriore insorgenza rispetto a questo.
2. Ha presentato ricorso, sulla base di un unico motivo, Omissis Srl , avendo nelle more, il 20 dicembre 2017, Omissis ceduto a Omissis un portafoglio di crediti tra cui quello de quo e avendo Omissis incaricato Omissis a svolgere a suo nome e per suo conto tutta l'attività necessaria per il recupero dei crediti e dei diritti essi collegati, e avendo a sua volta Omissis costituito sua procuratrice speciale Omissis, cui ha conferito le medesime facoltà a essa assegnate da Omissis. Si è difesa con controricorso la Omissis.
Il Procuratore Generale ha concluso per iscritto chiedendo l'accoglimento del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
3.,-Nell'unico motivo del ricorso, denuncia, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2901, comma 1, nn. 1 e 2, c.c., in rapporto agli artt. 1842 e 1843 c.c., per avere il giudice d'appello ritenuto rilevante, ai fini dell'anteriorità del credito rispetto all'atto del 29 novembre 2001, il momento in cui il credito - insorgente dal contratto di conto corrente collegato all'ulteriore contratto di apertura di credito - diventa esigibile, e non quello in cui con l'accreditamento insorge l'apertura di credito.
3.1 La motivazione della Corte d'appello dichiara di fondarsi su S.U. 2 ottobre 2010 n. 24418, per affermare che per un contratto di conto corrente, "specie se collegato ad un'apertura di credito", il credito è esigibile dalla banca soltanto alla chiusura del credito) dir 1-'9 la prescrizione del diritto derivante da conto corrente decorrete dalla chiusura del conto, id est "il momento in cui le pretese delle parti del rapporto possono essere azionate", come insegnano le invocate Sezioni Unite/a proposito dell'azione di ripetizione di indebito.
3.2 In tal modo, ad avviso della ricorrente, la corte territoriale ha violato l'art. 2901 c.c.: S.U. 24418/2010 è pronuncia inconferente perchè si occupa, come rileva lo stesso giudice d'appello, "del momento in cui può configurarsi un pagamento suscettibile di ripetizione in favore del correntista, ma nulla dice sul momento in cui sorge - nel rapporto di apertura di credito l'obbligazione e, quindi, la ragione di credito della banca", sufficiente a legittimare l'azione pauliana della corte territoriale che avrebbe violato l'art. 2901, nn. 1 e 2, prima parte, c.c. "laddove ha dato rilievo, ai fini della valutazione dell'anteriorità del credito, al momento della esigibilità di esso", in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale per esercitare l'azione pauliana è necessaria soltanto l'esistenza di un credito, anche se litigioso (S.U. ord. 18 maggio 2004 n. 9440) o non esigibile (Cass. sez. 3, 22 gennaio 1999 n. 591).
In particolare, S.U. ord. 9440/2004 ha incluso nel requisito dell'azione pauliana il credito litigioso in base ad una "lettura evolutiva ed espansiva dell'art. 2901 c.c., in virtù della quale al credito sottoposto a condizione sospensiva è stata equiparata la situazione del credito potenziale o eventuale" affermando che l'art. 2901 c.c. "accoglie una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità". Non rileva pertanto il momento di esigibilità del credito, bensì il momento in cui sorge "l'obbligazione connessa all'apertura di credito", esattamente come per la revocabilità degli atti dispositivi effettuati da un fideiussore; l'anteriorità del credito ex art. 2901 c.c. (da cui dipende, ai sensi dell'art. 2901, comma 1, n. 1, (la necessaria prova del consilium fraudis) va dunque stabilita riguardo alla nascita dell'obbligazione e non alla sua esigibilità, per cui insorge dal contratto stesso nel caso di credito derivante da apertura di credito o da affidamento bancario, irrilevante essendo l'utilizzazione di somme o la revoca del finanziamento.
Nel caso in esame, allora, il momento rilevante è quello dell'apertura di credito in conto corrente avvenuta il 28 gennaio 1987 e dell'anticipazione valutaria all'esportazione avvenuta il 5 maggio 2000, entrambe anteriori all'atto dispositivo.
4.L'art. 2901 c.c. - che significativamente si innesta nel Capo Quinto, "Dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale", del Titolo Terzo, "Della responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione della garanzia patrimoniale", e che segna l' inizio della Seconda Sezione, "Dell'azione revocatoria" di tale Capo - dettante le "condizioni" dell'azione revocatoria che ovviamente gravano il "creditore".
Secondo una concezione per così dire immediata dell'istituto, necessario requisito dell'azione revocatori è 1a sussistenza del credito; peraltro, al comma 1 il legislatore introduce dei limiti al requisito stesso, legittimando il creditore ad agire "anche se il credito è soggetto a condizione o a termine". Sempre nel comma 1, sia nel n. 1 sia nel n. 2 si dettano le regole per l'esercizio di azione revocatoria avente ad oggetto l'atto anteriore al sorgere del credito".
E' logico che, se l'azione revocatoria viene ontologicamente conformata in modo da tutelare anche da un atto anteriore al sorgere del credito, essa ha una natura più lata anche di quanto apporta l'espressa inclusione, come requisito, del credito "soggetto a condizione o a termine", ovvero del credito esistente anche se inesigibile.
5. Ciò è stato da tempo recepito dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, ritenendo tutelato anche il credito litigioso, ma non solo: anche un credito che ancora non esiste, prescindendo quindi da ogni profilo di esigibilità e ponendosi a monte rispetto al riferimento a condizione o a termine, perchè si viene a concretizzare proprio la fattispecie di tutela nell'anteriorità del credito, che in quanto tale investe, logicamente, anche l'"atto anteriore" al credito stesso.
S.U. ord. 9440 del 2004 concerne ex professo una questione di diritto processuale, anzichè di diritto sostanziale, ovvero l'applicabilità dell'art. 295 c.p.c. nel senso di sospendere o meno il giudizio instaurato dall'azione revocatoria in attesa della definizione di un separato giudizio ove si sta accertando l'esistenza del credito in forza del quale si è agito ex art. 2901 c.c., ovvero in presenza del c.d. credito litigioso; e l'esito è stato nel senso del diniego della necessità della sospensione.
6. Peraltro, nell'ampia motivazione dell'ordinanza le Sezioni Unite hanno affrontato la tematica sostanziale, scandagliando l'art. 2901 c.c. laddove consente di agire in revocatoria "anche se il credito è soggetto a condizione o a termine" per stabilire se tale inciso include il credito litigioso, e giunge ad affermare che la giurisprudenza si è ampliata nella interpretazione della norma, per cui "al credito sottoposto a condizione sospensiva è stata equiparata la situazione del credito potenziale o eventuale, figura della quale è stata progressivamente dilatata l'estensione, fino a ricomprendervi anche il "credito litigioso"".
Non a caso, trattando questa tematica le Sezioni Unite invocano subito, quale primo (e maggiormente significativo) degli esempi di una siffatta dilatazione, Cass. sez.1, 12 giugno 1973 n. 1688, che in epoca ormai risalente già aveva affermato che, nel caso di apertura di credito bancario, la banca accreditante è legittimata ad agire ex art. 2901 c.c. al momento dell'accreditamento, non occorrendo attendere il prelievo da parte del cliente, pur riconoscendo che solo al momento del prelievo e a causa di questo la banca assume il ruolo di creditore dell'accreditato (così infatti è la massima: "Nel contratto d'apertura di credito bancario la semplice annotazione in conto corrente della somma messa a disposizione del cliente non concretizza quella tradizione simbolica, idonea e sufficiente a realizzare l'estremo della consegna; ed il vero rapporto obbligatorio, in ragione del quale può l'accreditante dirsi creditore dello accreditato, sorge soltanto nel momento ed a causa del prelievo della somma messa a disposizione. Tuttavia, in materia di azione revocatoria (art. 2901 c.c.), trattandosi di verificare il presupposto della anteriorità del credito tutelato, l'aspetto cronologico della fattispecie delineata dalla norma citata, nel caso che dell'azione si avvalga l'accreditante, va apprezzato con riferimento al momento dell'accreditamento e non a quello successivo, dell'effettivo prelievo. Con la conseguenza che, anche anteriormente a questo, la banca accreditante può tutelare le proprie ragioni con l'azione predetta, se di essa ricorrano gli altri presupposti.).
7. L'arresto del 1973 è rimasto tutt'altro che solitario, dal momento che sulla stessa linea si sono poste plurime ulteriori pronunce, benchè quasi tutte specificamente attinenti alla posizione del fideiussore dell'accreditato (tra,i massimati- conforme in toto è Cass. sez. 2, 3 febbraio 1993 n. 1327; applicano il principio relativamente alla posizione del fideiussore Cass. sez. 3, 27 giugno 2002 n. 9349, Cass. sez. 2, 7 luglio 2003 n. 10702, Cass. sez. 3, 9 aprile 2009 n. 8680, Cass. sez. 3, 29 gennaio 2010 n. 2066, Cass. sez. 3, 15 febbraio 2011 n. 3676, Cass. sez. 6-3, ord. 9 ottobre 2015 n. 20376, Cass. sez. 3, 19 gennaio 2016 n. 762 e Cass. sez. 6-3, ord. 3 giugno 2020 n. 10522).
S.U. ord. 9440/2004 afferma poi espressamente che la lata nozione di credito nell'art. 2901 è "comprensiva della ragione di credito o della aspettativa di credito con conseguente irrilevanza delle relative fonti di acquisizione", ribadendo così una lettura articolata nelle sezioni semplici e ostacolata assai raramente (cfr. in particolare Cass. sez. 2, 30 luglio 2001 n. 10414, specificamente per il credito litigioso, ribadendone anche condizione dell'azione revocatoria è il credito eventuale o comunque una mera aspettativa di credito: "La natura di credito eventuale - che costituisce condizione dell'azione revocatoria sotto il profilo della legittimazione "ad causam" dell'attore - non può riconoscersi al credito litigioso, non essendo configurabile un'aspettativa di diritto allorchè il fatto genetico del vantato credito sia in contestazione e la fondatezza della pretesa creditoria sia ancora in corso di accertamento giudiziale; ne deriva, pertanto, che, costituendo l'esito di tale accertamento con efficacia di giudicato l'antecedente logico - giuridico necessario della pronuncia dell'azione revocatoria, il giudizio relativo a quest'ultima è soggetto a sospensione necessaria, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., per il caso di pendenza di controversia nella quale venga contestata l'esistenza del predetto credito, salva la valutazione della ricorrenza dei presupposti per la riunione dei due giudizi ove pendenti innanzi al medesimo giudice").
8. La stabilità della interpretazione giurisprudenziale nel senso che anche una possibilità futura di credito legittima l'esercizio dell'azione pauliana non viene intaccata dall'intervento nomofilattico invocato dalla Corte d'appello di Genova, S.U. 2 dicembre 2010 n. 24418 (tra le pronunce massimate, lo hanno seguito conformi Cass. sez. 1, 24 marzo 2014 n. 6857 e Cass. sez. 1, ord. 6 settembre 2019 n. 24051), citata per chiarire "se l'azione di ripetizione di indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi maturati su un'apertura di credito su conto corrente e chieda perciò la restituzione", si prescriva "dalla data di chiusura del conto o partitamente da quando è stato annotato in conto ciascun debito per interessi". Si tratta evidentemente di una questione diversa, in quanto circoscritta ad un credito ontologicamente specifico, quello che ha ad oggetto la restituzione di un versamento indebito.
Con detta pronuncia ha affermato che, riguardo "il diritto alla ripetizione di un pagamento indebitamente eseguito, tale pagamento deve esistere ed essere ben individuabile", per cui il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione decorre "quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che l'attore pretende essere indebito", poichè anteriormente "non è configurabile alcun diritto di ripetizione". E' necessario quindi tenere conto della natura e del funzionamento del contratto di apertura di credito bancario, che in conto corrente è regolata; e dagli artt. 1842 e 1843 c.c. si desume che "l'apertura di credito si attua mediante la messa a disposizione, da parte della banca, di una somma di denaro che il cliente può utilizzare", durante il rapporto potendo ripristinarla del tutto o parzialmente con "versamenti che gli consentiranno poi eventuali ulteriori prelevamenti entro il limite complessivo del credito accordatogli". Se poi durante l'apertura di credito "il correntista non si sia avvalso della facoltà di effettuare versamenti", - rilevano ancora le Sezioni Unite del 2010 - egli nulla deve pagare prima della chiusura; pertanto "qualora la restituzione abbia ecceduto il dovuto a causa del computo di interessi in misura non consentita, l'eventuale azione di ripetizione d'indebito non potrà che essere esercitata in un momento successivo alla chiusura del conto, e solo da quel momento comincerà perciò a decorrere il relativo termine di prescrizione" (così a pagina 12 della motivazione dell'intervento nomofilattico).
9. E' evidente, dunque, che le Sezioni Unite del 2010, dirimendo questa fattispecie resa particolare dall'entità dell'indebito, non incidono (come invece ha ritenuto la corte territoriale ligure) sulla consolidata giurisprudenza che, interpretando in base ad una ratio già emergente dalla letterale formulazione del comma 1 dell'art. 2901 c.c. ''ut supra” rilevato, consente di esercitare l'azione pauliana anche quando il credito è ancora una mera potenzialità, e quindi a monte persino del credito litigioso come pure di quello sottoposto a termine e condizione.
Ai fini dell'esercizio di questo strumento di tutela ontologicamente e radicalmente preventiva, infatti, l'art. 2901 c.c. fornisce "una nozione lata di credito comprensiva della ragione o aspettativa" (come nota, di recente, Cass. sez. 6-3, ord. 19 febbraio 2020 n. 4212). La tutela, si può logicamente concludere, è preventiva tanto quanto eventuale è il credito che ne è l'oggetto.
10. Il ricorso deve pertanto essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio, anche per le spes4-alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accogliendo il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Genova.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2022.
* * *
L’istituto bancario che operi un’aperura di credito in favore del correntista è legittimato ad agire ex art. 2901 c.., a garanzia delle proprie ragioni, sin dall’annotazione dell’operazione, non essendo necessario attendere il momento in cui tale credito è effettivamente esigibile e disponibile da parte dell’accreditato, solitamente anche correntista.
Attraverso la pronuncia in esame la Corte di Cassazione conferma un orientamento consolidato, decisamente favorevole alla posizione del creditore, e caratterizzato da una interpretazione significativamente ampia del concetto di credito tutelabile a mezzo dell’azione revocatoria, tale da ricomprendere finanche la mera aspettativa del diritto obbligatorio.
Prima di approfondire le ragioni giuridiche della decisione e più in generale degli orientamenti della Suprema Corte in argomento, giova chiarire quale sia il campo di azione economico, invero piuttosto esteso, di simili operazioni.
Trattasi dei rapporti contrattuali di apertura di credito, negozio disciplinato dagli articoli 1842 e seguenti del codice civile, vale a dire dell’obbligazione, tipicamente contratta dagli istituti bancari, di messa a disposizione della controparte (consumatore o diverso soggetto commerciale/professionista) di somme di denaro per un dato periodo di tempo, ovvero a tempo determinato.
Solitamente, il contratto di apertura di credito viene stipulato in operazione collegata ad un più ampio rapporto di conto corrente (articoli 1823 e seguenti del codice civile), tanto che la Legge, in uno dei rari esempi di nitida disciplina del fenomeno di collegamento negoziale, prevede espressamente che in tali ipotesi il correntista (anche detto, quindi, accreditato) può disporre in qualsiasi momento delle somme a disposizione (art. 1852 c.c.).
A livello giuridico, il problema preso in considerazione dalla sentenza in commento è quello della esperibilità, da parte della banca accreditante, di azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. anche prima dell’esigibilità del proprio credito, vale a dire a monte dell’obbligo di restituzione del denaro messo a disposizione da parte del correntista accreditato.
La questione si palesa come fondamentale dal punto di vista pratico, se si pensa che simili rapporti giuridici ed economici perdurano generalmente nel tempo, anche per molti anni, sovente per decenni, venendo in rilievo orizzonti cronologici anche consistenti nell’arco dei quali la banca accreditante vanta una vera e propria aspettativa di credito, rischiando conseguentemente che la controparte possa pregiudicare la propria garanzia patrimoniale generica attraverso atti di disposizione fraudolenti ai sensi dell’art. 2901 c.c.
Tanto premesso, è evidente come solo una esegesi che ritenga la banca già in tale lasso di tempo titolare di “credito” consentirebbe di agire in via revocatoria, tutelando le proprie ragioni. Diversamente opinando, potrebbe rilevarsi che l’istituto bancario, lungi dall’aver maturato un diritto di credito, godrebbe di una mera aspettativa, come tale situazione di fatto non processualmente tutelabile, perlomeno sino al momento in cui la controparte accreditata è tenuta ai versamenti restitutivi delle somme poste a sua disposizione.
La questione è di non poco momento, tanto che è la medesima Corte di Cassazione a precisare come si tratti di valutare la possibilità di salvaguardare una semplice aspettativa di diritto e non tanto un diritto di credito vero e proprio, in ipotesi sospensivamente condizionato alla sua effettiva esigibilità. Quest’ultima fattispecie, infatti, è chiaramente prevista quale presupposto ai fini di agire in via revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 co. I cc, che contempla la fattispecie del credito soggetto a condizione.
Tuttavia e differentemente, dal momento dell’apertura di credito, non è certamente detto che l’accreditato si avvalga delle somme messe a disposizione, per cui si deve ritenere non ancora consolidato un diritto di credito in capo alla banca.
La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, enfatizza come la sua stessa giurisprudenza, nel corso degli anni, abbia costantemente interpretato in forma massimamente estensiva i presupposti per agire ex art. 2901 c.c., ricomprendendovi anche la figura del cosiddetto “credito litigioso”, cioè a dire del credito in via di accertamento giudiziale quanto alla sua reale esistenza. Ciò, precisamente, ha ritenuto la Suprema Corte, con ordinanza 9440 del 2004 delle Sezioni Unite, evidenziando come l’art. 2901 c.c., prevedendo espressamente la considerazione di atti anteriori al sorgere del credito (numeri 1 e 2 del primo comma), di fatto imponga di ragionare e tenere in conto anche un orizzonte temporale collocato a monte della nascita del diritto, e quindi aprendo la strada anche alla valorizzazione di un piano di tutela in favore dell’aspettativa di diritto che rivesta un qualche rilievo.
Viene inoltre richiamata una risalente pronuncia che ha affrontato analogamente il medesimo tema odierno, la sentenza 1688 del 1973 della prima sezione della Corte di Cassazione, la quale ha ritenuto che la banca accreditante possa agire ex art. 2901 c.c. prima del prelievo del correntista, e quindi anteriormente alla giuridica genesi del diritto di credito, proprio nel ripetuto presupposto che sia salvaguardabile una sufficiente aspettativa di diritto.
Né, ad avviso del Giudice delle Leggi, che condivide la descritta impostazione, dandone ulteriore seguito, può valere a scalfire l’esposto orientamento quanto indicato dalle Sezioni Unite con la sentenza 24418 del 2010, in base alla quale “il termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme trattenute dalla banca indebitamente a titolo di interessi su un’apertura di credito in conto corrente decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi, sicché è solo con la chiusura del conto si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti tra loro”. Tale pronunzia, infatti, assume a specifico oggetto la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione di quanto indebitamente pagato dal correntista in esecuzione di clausole contrattuali invalide, e pertanto si concentra proprio sul legame tra la chiusura del rapporto bancario, unico momento di complessiva definizione delle posizioni di debito e credito fra le parti, e la prescrizione dei diritti correlati.
In conclusione, si è dato atto di come la Corte di Cassazione, tramite la sentenza in esame, abbia ribadito il proprio costante orientamento in materia di presupposti dell’azione pauliana, avendo ritenuto, ancora una volta, di confermare una esegesi massimamente estensiva del concetto di credito tutelabile, essendo tale non esclusivamente il diritto di credito condizionato (come del resto stabilisce la Legge) e quello finanche potenziale e litigioso, ma addirittura la semplice aspettativa di un credito non ancora sorto, quale, appunto, quella serbata dalla banca che abbia effettuato una annotazione di apertura di credito in conto corrente, senza che il correntista accreditato si sia ancora avvalso delle somme a disposizione.
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