Civile
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 30/11/2019 Scarica PDF
La quotina, aspetti di nullità
Giuseppe Rebecca, Dottore Commercialista in VicenzaSommario: 1. Introduzione. – 2. La Cassazione a Sezioni Unite n. 5068 del 15 marzo 2016, est. Stefano Petitti. – 3. Una analisi. – 4. Suggerimento pratico. – 5. Altre sentenze. – 6. Il nostro parere. – 7. Prelazione e retratto. – 8. Conclusione.
1. Trattiamo di un tema che potrebbe essere ritenuto poco interessante, ma che in realtà è abbastanza frequente: la cessione di una quota di una comunione ereditaria.
In certi casi la Cassazione ritiene incedibili, anche se a titolo gratuito, le quote ereditate.
Solo una preventiva divisione potrebbe liberarli da questo vincolo.
Ma le quote ereditate di una proprietà immobiliare, più o meno vasta, possono essere di fatto inalienabili?
La Cassazione, a Sezioni Unite nel 2016, ha detto che si tratta di un atto nullo.
Tutto nasce nel 2016 (sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 15 marzo 2016, n. 5068), confermata poi da Cass. n. 4428 del 23 febbraio 2018.
2. Il caso si riferiva ad una donazione di quote di nuda proprietà di una comunione immobiliare pervenuta parte per atto inter vivos e parte per successione.
Il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del 30 aprile 2004, dichiarava la nullità dell’atto, sentenza poi confermata dalla Corte di Appello (sentenza del 23 novembre 2006).
La seconda sezione civile della Cassazione, cui il caso era stato sottoposto, con ordinanza n. 11545 del 23 maggio 2014, ha rimesso gli atti al Primo Presidente ai fini dell’assegnazione alle Sezioni Unite.
La questione che era stata posta era se la donazione dovesse essere ritenuta nulla con riferimento in particolare all’art. 771 c.c. trattandosi di una quota pro indiviso.
La Corte, con tale sentenza, ha stabilito che: “la donazione di cosa altrui o anche solo parzialmente altrui è nulla, non per applicazione in via analogica della nullità prevista dall’art. 771 cos. civ. per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione”, salvo che essa non sia stata conclusa “come donazione obbligatoria di dare, purché l’altruità sia conosciuta dal donante, e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (art. 782 cod. civ.)”.
“In altri termini, prima ancora che per la possibile riconducibilità del bene altrui nella categoria dei beni futuri, di cui all’art. 771, primo comma, cod. civ., la altruità del bene incide sulla possibilità stessa di ricondurre il trasferimento di un bene non appartenente al donante nello schema della donazione dispositiva e quindi sulla possibilità di realizzare la causa del contratto (incremento del patrimonio altrui, con depauperamento del proprio)”.
“La donazione di bene altrui vale, pertanto, come donazione obbligatoria di dare, purché l’altruità sia conosciuta dal donante, e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (art. 782 cod. civ.)”.
In assenza di una specifica assunzione dell’obbligo in questo senso, da parte del donante, la donazione sarebbe quindi nulla per impossibilità assoluta di realizzazione del programma negoziale e questo perché “avendo l’animus donandi rilievo causale, esso deve essere precisamente delineato nell’atto pubblico; in difetto, la causa della donazione sarebbe frustrata non già dall’altruità el diritto in sé, quanto dal fatto che il donante non assuma l’obbligazione di procurare l’acquisto del bene dal terzo” e la Cassazione così conclude, molto chiaramente: “la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante”.
La Cassazione conferma quindi che il singolo bene ante divisione di una comunione ereditaria non può far parte del patrimonio del donante.
Sempre secondo la Cassazione, l’art. 757 c.c. “impedisce di consentire che il coerede possa disporre, non della sua quota di partecipazione alla comunione ereditaria, ma di una quota del singolo bene compreso nella massa destinata ad essere divisa, prima che la divisione venga operata e il bene entri a far parte del suo patrimonio”[1].
3. Al di là delle disquisizioni giuridiche, per le quali si rimanda alla dottrina, appare opportuno fare subito una distinzione, tra quotina e quotona. La quotona è la quota di tutti i beni della comunione, mentre la quotina è invece la quota di un singolo bene facente parte della più grande comunione.
È pure da fare una distinzione secondo la provenienza della comunione, se gratuita (successione oppure donazione) od onerosa.
Nel caso di una quotona non valgono mai le statuizioni della Cassazione, applicabili invece nel caso di una quotina.
Circa la provenienza, tenuto conto che, ex art. 1116 c.c., alla divisione delle comunioni si applicano le norme sulla divisione ereditaria, le due fattispecie dovrebbero essere ritenute assimilabili, anche se nella provenienza successoria in più c’è il diritto di prelazione dei coeredi.
In senso conforme, anche Cassazione n. 7231 del 29 marzo 2006.
Ricordiamo, per inciso, che il C.N.N. (Studio 200/2016/C) ha trattato il caso delle masse plurime, la cui relativa comunione si scioglie con tante divisioni quante sono le masse.
In dottrina, per una analisi approfondita vedasi:
1) Alessandro Torroni, ne Rivista del Notariato n. 4/2018, p. 757 “La Cassazione torna sull'alienazione della quotina. Alla ricerca della ratio della qualifica giurisprudenziale come alienazione dell'esito divisionale e di soluzioni di tecnica contrattuale”;
2) Francesco Sanfilippo, ne Jus Civile n. 2018/2, p. 68 “La nullità della donazione di quota su bene facente parte di una più ampia massa ereditaria” Cass., Sez. Un., 15 marzo 2016, n. 5068.
4. È stato suggerito[2] uno schema contrattuale che, alla luce della sentenza n. 5068/16, possa avere effetti reali, che di norma è quanto desiderano le parti.
Questo il suggerimento dato:
“Le parti dichiarano e si danno reciprocamente atto:
- che il diritto di comproprietà oggetto del presente atto di donazione è pervenuto al donante signor … in virtù della successione legittima/testamentaria in morte di …;
- che la comunione ereditaria nascente dalla suddetta successione comprende altri beni, diritti e rapporti giuridici, oltre all’immobile oggetto del presente atto di donazione;
- di essere consapevoli della posizione assunta dalla Corte di Cassazione – Sezioni Unite con la sentenza n. 5068/2016 e che intendono porre in essere una donazione del superiore diritto di comproprietà con immediati effetti reali.
A tal fine, intervengono al presente atto anche i signori …, nella loro qualità di ulteriori coeredi e comproprietari dell’immobile in oggetto, i quali prendono atto della superiore donazione e, mantenendo la titolarità delle proprie quote di comproprietà sull’immobile medesimo, acconsentono a che:
- il presente atto produca – limitatamente alla quota donata – effetti reali con decorrenza immediata;
- sull’immobile oggetto del presente atto si formi una nuova e distinta comunione con la parte donataria, da assoggettarsi a divisione separata rispetto a quella dell’originaria massa comune.”.
Tutto ciò anche sulla base di quanto previsto dal Consiglio del Notariato che con lo studio n. 200/2016 ha proposto alcune soluzioni pratiche su questa specifica problematica.
La prima soluzione proposta consiste nella donazione del cosiddetto “esito divisionale”, ossia la donazione dell’intero bene sottoposto alla condizione sospensiva dell’attribuzione al donante in sede di futura divisione. È stato già eccepito che “a prescindere che la siffatta condizione potrebbe integrare la condizione meramente potestativa, essendo fondamentale la volontà del donante per vedersi attribuito il bene in sede di divisione, a me pare che il rischio, abbastanza serio, è di ricadere nella donazione di bene altrui anche per le quote non del donante[3].
Altra soluzione è l’intervento in atto degli altri coeredi per prestare il proprio consenso alla donazione della quotina. Ma pare difficile poter ritenere che “un generico consenso possa risolvere il problema della asserita altruità della quotina, ma, soprattutto, non si capisce a che titolo ed in base a quale appiglio normativo venga prestato detto consenso.
Atto comunque valido, come precisa sempre questo studio, ancorchè sia affermato che si tratta di donazione di bene altrui, e nell’atto emerga “espressamente” la conoscenza del donante dell’altruità della cosa.
5. Analizziamo altre sentenze che hanno analizzato la questione, anche se talvolta per casi in parte differenti.
Cassazione n. 19424 del 18 luglio 2019, rel. Mauro Criscuolo.
Nella fattispecie si trattava di una vendita (conseguente ad una transazione) di una quota ancora indivisa di una comunione che riguardava più beni e, conformemente a Cassazione n. 9546/2002, alla vendita è stata attribuita efficacia solo obbligatoria, non reale. A sostegno è richiamata anche la sentenza della Cassazione a S.U. n. 5068/16, anche se questa sentenza, come si è visto, è riferita ad una donazione.
Cassazione n. 7569 del 18 marzo 2019, rel. Giuseppe Dongiacomo.
Nella fattispecie si trattava di una donazione dell’intero da parte di una quotista, donazione dichiarata nulla ed inefficacie.
Cassazione n. 4428 del 23 febbraio 2018, rel. Mauro Criscuolo, relativa ad una cessione di una quotina ereditaria, dichiarata nulla (conforme quindi alla sentenza n. 5068/16, riferita ad una donazione).
“La vendita di un bene, facente parte di una comunione ereditaria, da parte di uno solo dei coeredi, ha solo effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia subordinata all’assegnazione del bene al coerede-venditore attraverso la divisione; pertanto, fino a tale assegnazione, il bene continua a far parte della comunione e, finché essa perdura, l’acquirente non può ottenere la proprietà esclusiva”.
Cassazione n. 23925 del 24 novembre 2015, rel. Luigi Abete, “Se un erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell’unico cespite ereditario, si presume l’alienazione della sua corrispondente quota, intesa come porzione ideale dell’universum ius defuncti, e perciò il coerede può esercitare il retratto successorio (articolo 732 c.c.), salvo che il retratto dimostri, in base ad elementi concreti della fattispecie ed intrinsechi al contratto (volontà delle parti, scopo perseguito, consistenza del patrimonio ereditario e raffronto con l’entità dei beni venduti), con esclusione del comportamento del retraente, estraneo al contratto medesimo, che, invece, la vendita ha ad oggetto un bene a sé stante”.
Cassazione n. 26051 del 10 dicembre 2014, rel. Lina Matera.
È staro ribadito un principio sufficientemente assodato, in tema di efficacia del trasferimento da parte del comunista della propria quota immobiliare indivisa di spettanza sul singolo cespite.
Il caso: alcuni coeredi cedevano la loro quota di spettanza (5/9) di un immobile ad un terzo, il quale successivamente instaurava contro il proprietario dei restanti 4/9 giudizio volto ad ottenere lo scioglimento della comunione.
La Corte individuava due diverse fattispecie, e precisamente:
1) qualora la comunione abbia ad oggetto un solo cespite (e nel caso de quo di questo si trattava) l’effetto traslativo dal comunista al di lui avente causa è immediato con effetti reali, in quanto il comproprietario/cedente è “proprietario esclusivo della frazione ideale di cui può liberamente disporre”, di modo che “l’effetto traslativo non resta subordinato all’assegnazione in sede di divisione della quota all’erede alienante”;
2) qualora invece, la comunione avesse ad oggetto una pluralità di beni, l’effetto traslativo dal comunista al di lui avente causa sarebbe differito, con effetti obbligatori, in quanto fino a che al cedente il bene non sarà assegnato in sede divisionale, detto bene “continua a far parte della comunione” (c.d. vendita dell’esito divisionale).
Cassazione n. 737 del 19 gennaio 2012, est. Maria Rosaria San Giorgio, ha così sentenziato: “ In definitiva, ritiene il Collegio che si debba affermare il seguente principio di diritto: 'Ai sensi dell'art. 757 c.c. la alienazione da parte di un coerede dei diritti allo stesso spettanti su alcuni beni facenti parte della comunione ereditaria non fa subentrare l'acquirente nella comunione stessa, a meno che non risulti, anche attraverso il comportamento delle parti (rappresentato, ad es., dall'inserimento dell'acquirente nella gestione della comunione), l'intenzione delle stesse, pur attraverso la menzione dei soli beni economicamente più significativi, di trasferire l'intera quota spettante all'alienante”.
Cassazione n. 3385 del 15 febbraio 2007, rel. Umberto Goldoni. “In tema di divisione ereditaria, la cessione a terzi estranei di diritti su singoli beni immobili ereditari non comporta lo scioglimento – neppure parziale – della comunione, in quanto i diritti continuano a fare parte della stessa comunione, restando l’acquisto del terzo subordinato all’avveramento della condizione che essi siano in sede di divisione assegnati all’erede che li abbia ceduti. Ne consegue che, se un coerede può alienare a terzi in tutto o in parte la propria quota, tanto produce effetti reali se e in quanto l’acquirente venga immesso nella comunione ereditaria, mentre in caso diverso la vendita avrà soltanto effetti obbligatori, salvo che la vendita non abbia avuto a presupposto un atto di scioglimento della comunione ereditaria, anche implicito, in ordine a tali beni (Cassa con rinvio, App. Genova, 23 gennaio 2003)”.
Cassazione n. 9543 del 1° luglio 2002, est. Antonio Segreto.
“La vendita di un bene, facene parte di una comunione ereditaria, da parte di uno solo dei coeredi ha solo effetto obbligatorio, essendo la sia efficacia subordinata all’assegnazione del bene al coerede-venditore attraverso la divisione; pertanto, fino a tale assegnazione, il bene continua a far parte della comunione e, finché essa perdura, il compratore non può ottenerne la proprietà esclusiva; peraltro, se il bene parzialmente compravenduto costituisce l’intera massa ereditaria, l’effetto traslativo dell’alienazione non resta subordinato all’assegnazione in sede di divisione della quota del bene al coerede-venditore, essendo quest’ultimo proprietario esclusivo della quota ideale di comproprietà e potendo di questa liberamente disporre, sì che il compratore subentra, pro quota, nella comproprietà del bene comune”[4].
Nella comunione ereditaria “la cessione a terzi estranei di diritti su singoli beni immobili ereditati non ne comporta lo scioglimento (neppure parziale), ma i diritti ceduti continuano a far parte della stessa comunione, restando l’acquisto del terzo subordinato all’avveramento della condizione che essi, in sede di divisione, siano assegnati al coerede che li abbia ceduti” (Cass. 10 marzo 1990, n. 1966, Foro.it, Rep. 1990, voce Divisione, n. 36; 13 luglio 1983, n. 4777, id. Rep. 1983, voce cit. n. 21; 23 giugno 1981, n. 4105, id. Rep. 1981, voce cit. n. 28).
La massima però non pare coerente con la sentenza. La Cassazione si è infatti pronunciata per la negazione della possibilità di cessione della quotina per queste motivazioni:
1) è esclusa anche la parziale efficacia reale in quanto, ove ci fosse una divisione, la cui efficacia è retroattiva, in sede di assegnazione divisionale, quel bene specifico potrebbe non essere assegnato;
2) in presenza di comunione ereditaria, al contrario di quella ordinaria, il rapporto fra le parti è indiretto;
3) l’unica eccezione è l’esistenza di un unico bene (e quindi cessione di quotona).
In merito si è osservato[5] che relativamente alla invocata retroattività la si ritova anche nella divisione ordinaria, e le sentenze richiamate sono relative a comunioni su un unico bene, non a masse diverse.
In ogni caso la fattispecie era differente, nel senso che solo un comunista aveva venduto l’intero bene, a quanto pare di capire. E legittimato ad eccepire la eventuale nullità è solo l’acquirente.
6. Siamo certi di poter affermare che non è soggetta a possibile declaratoria di nullità la donazione della quota di un cespite non facente parte di una più ampia comunione, quindi la donazione di una quotona. Infatti in questo caso non vi è possibilità alcuna di poter considerare il donante possibile assegnatario, in sede di divisione futura, di un bene diverso rispetto a quanto oggetto della donazione.
Ben diverso, invece, è il caso della alienazione dell’esito divisionale allorché appunto il trasferimento è sottoposto alla condizione sospensiva dell’assegnazione del bene in sede di divisione. In questo caso, sempre come ha confermato la sentenza n. 9543/2002, il trasferimento può produrre effetti solo obbligatori.
7. Sulla questione relativa al diritto di prelazione, nella successione ereditaria, e nel conseguente diritto di retratto si è pronunciato il Tribunale di Cagliari (13 luglio 2016) che ha stabilito che la vendita ad un coerede non necessita comunque dell’espletamento della procedura di prelazione.
Il coerede che intenda alienare la propria quota (o parte di essa) ad un estraneo alla comunione è tenuto invece a notificare la proposta di alienazione con indicazione del prezzo agli altri coeredi, i quali avranno un diritto di prelazione (art. 732 c.c.).
I coeredi che non avessero ricevuto la proposta di prelazione possono esercitare il retratto successorio al fine di riscattare la quota alienata da ogni avente causa, sino al momento dello scioglimento della comunione ereditaria, ossia sino a quando non sarà avvenuta la divisione.
La Cassazione (n. 1654 del 22 gennaio 2019, rel. Giuseppe Fortunato) si è pronunciata su un caso particolare di possibile retratto. Questa la massima: “L’alienazione di quota effettuata non dal coerede, compartecipe della comunione ereditaria, bensì dal suo successore a titolo universale, non è passibile di retratto successorio, giacché tale istituto costituisce una deroga alla libera disponibilità della quota in costanza di comunione e, pertanto, la relativa previsione va intesa in senso letterale, non potendo il diritto in questione essere esercitato da o verso soggetti diversi dai primi coeredi”.
Cassazione n. 22086 del 28 ottobre 2010, rel. Maria Rosaria San Giorgio, “Se un erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell'unico cespite ereditario, si presume l'alienazione della sua corrispondente quota, intesa come porzione ideale dell'"universum ius defuncti", e perciò il coerede può esercitare il retratto successorio (art. 732 cod. civ.), salvo che il retrattato dimostri, in base ad elementi concreti della fattispecie ed instrinseci al contratto (volontà delle parti, scopo perseguito, consistenza del patrimonio ereditario e raffronto con l'entità dei beni venduti), con esclusione del comportamento del retraente, estraneo al contratto medesimo, che, invece, la vendita ha ad oggetto un bene a sé stante. (Rigetta, App. Brescia, 21/06/2004)”.
Cassazione n. 3049 del 9 aprile 1997, rel. Antonino Elefante, ““Se un erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell'unico cespite ereditario, si presume l'alienazione della sua corrispondente quota, intesa come porzione ideale dell'"universum ius defuncti", e perciò il coerede può esercitare il retratto successorio (art. 732 cod. civ.), salvo che il retrattato dimostri, in base ad elementi concreti della fattispecie ed instrinseci al contratto (volontà delle parti, scopo perseguito, consistenza del patrimonio ereditario e raffronto con l'entità dei beni venduti), con esclusione del comportamento del retraente, estraneo al contratto medesimo, che, invece, la vendita ha ad oggetto un bene a sé stante”.
Cassazione n. 8259 del 23 luglio 1993, rel. Vincenzo Calfapietra, “Per stabilire, ai fini del diritto di prelazione e retratto del coerede (art. 732 c.c.), se la promessa di vendita da parte di altro coerede della propria quota di comproprietà di un bene ereditato abbia ad oggetto una quota di un bene determinato o la quota ereditaria del promittente, la circostanza che l’immobile, la cui quota è oggetto del preliminare, costituisca l’unico bene dell’eredità giustifica la presunzione (iuris tantum) dell’alienazione della quota di eredità, che può tuttavia essere vinta da altri elementi sintomatici di una diversa volontà delle parti desunti dal tenore letterale della convenzione, quali la mancanza di ogni riferimento alla consistenza del compendio ereditario o all’accollo di eventuali passività”.
Cassazione n. 4777 del 13 luglio 1980, ha stabilito che “Il diritto di prelazione e di riscatto tra coeredi di cui all’art. 732 c.c. può essere esercitato quando venga venduta una quota ereditaria, onde impedire che un terzo estraneo si sostituisca al venditore nella comunione ereditaria, ma non quando venga venduto un singolo bene: in questo caso infatti la vendita ha effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia reale subordinata all’assegnazione del bene al coerede-venditore attraverso la divisione”.
8. La donazione o la vendita di una quotona, anche se di provenienza successoria, è liberamente esperibile, ovviamente con il rispetto, per la cessione ad un estraneo della comunione ereditaria, del diritto di prelazione.
Cedendo tutta la quota della comunione, il terzo subentra in tutti i diritti dell’erede.
Qualora invece ci si riferisca ad una quotina, cioè solo a una quota su parte dei beni ereditati in comunione, ecco che allora la donazione/cessione non pare possibile, ed è nulla.
[1] In senso conforme: Cass., 23 aprile 2013, n. 9801, in Giust. civ. Mass., 2013; Cass., 1° luglio 2002, n. 9543; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3385; Cass., 9 aprile 1997, n. 3049; Cass., 30 ottobre 1992, n. 11809; Cass., 29 aprile 1992, n. 5181; Cass., 2 agosto 1990, n. 7749; Cass., 10 marzo 1990, n. 1966; Cass., 15 giugno 1988, n. 4092; Cass., 23 giugno 1986, n. 368; Cass., 22 gennaio 1985, n. 246.
[2] Scuola di Notariato di Catania, Corso di specializzazione di diritto delle successioni. 2015/2016, “L’atto di disposizione della cd. “quotina” alla luce della sentenza della Corte di Cassazione S.U. n. 5068/2016”.
[3] Fabio Tierno, “Donazione di quota indivisa c.d. “quotina””, in www.federnotizie.it del 19/09/2016.
[4] In senso conforme, per la quotina, Cass. 10 marzo 1990, n. 1966, Foro.it, Rep. 1990, voce Divisione, n. 36; 13 luglio 1983, n. 4777, id. Rep. 1983, voce cit. n. 21; 23 giugno 1981, n. 4105, id. Rep. 1981, voce cit. n. 28. In tema di efficacia meramente obbligatoria degli atti di disposizione di beni della massa ereditaria, v. Cass. 10 marzo 1990, n. 1996, cit.
Al contrario, l’atto di disposizione che riguardi l’unico bene facente parte del cespite ereditario ha effetti reali per quota e porzione materiale del bene: in questo senso, Cass. 23 luglio 1993, n. 8259, id. 1994, l. 951.
[5] G. Recinto, Giornata di Studio e formazione “Criticità della divisione e potenzialità dei legati”, organizzata dalla Fondazione Emanuele Casale, Caserta 28/05/2010, “Vendita di quota indivisa e di bene comune da parte del coerede”.
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