Civile
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 06/09/2018 Scarica PDF
Il Ministro Tria sta monitorando la vexata quaestio della cessione degli immobili da abbattere?
Giuseppe Rebecca, Dottore Commercialista in VicenzaSOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Il caso
concreto. - 3. La Risoluzione n. 395/E del 2008. - 4. La possibilità di
rivalutare il bene. - 5. La nostra critica. - 6. Le sentenze di Cassazione. -
6.1. Imposte Dirette. - 6.1.1. Cassazione n. 4150 del 21 febbraio 2014. -
6.1.2. Cassazione n. 15629 del 9 luglio 2014. - 6.1.3. Cassazione n. 7613 del 2
aprile 2014. - 6.1.4. Corte di Cassazione n. 12294 del 12 giugno 2015. - 6.1.5.
Cassazione n. 16983 del 19 agosto 2015. - 6.1.6. Cassazione n. 7599, 7853 di
Aprile 2016. - 6.1.7. Cassazione n. 4361 del 20 febbraio 2017. - 6.1.8.
Cassazione n. 7714 del 24 marzo 2017. - 6.1.9. Cassazione n. 10.113 del 21
aprile 2017. - 6.1.10. Cassazione n. 15920 del 26 giugno 2017. - 6.1.11.
Cassazione n. 19.129 del 1° Agosto 2017. - 6.2. L'imposta di registro o
comunque imposte indirette. - 6.2.1. Cassazione n. 24799 del 21 novembre 2014.
- 6.2.2. Cassazione n. 12062 del 13 giugno 2016. - 6.2.3. Cassazione n. 16382
del 4 agosto 2016. - 6.2.4. Cassazione n. 10113 del 21 Aprile 2017. - 6.2.5.
Altre sentenze. - 6.2.6. Cassazione del 1° marzo 2013. - 7. Le interrogazioni
alla Camera. - 8. Gli interventi in materia di imposte indirette. - 8.1. Risoluzione
n. 72/E del 23 marzo 2009. - 8.2. Telefisco 2011. - 8.3. La Circolare n. 28/E
del 21 giugno 2011. - 8.4. Aree soggette a piani urbanistici particolareggiati
- Circolare n. 6/2001. - 9. I vari interventi dell'Amministrazione Finanziaria.
- 10. Altra giurisprudenza. - 10.1. Sintesi prassi e giurisprudenza. - 10.2.
Consiglio di Stato, Sentenza n. 2723 del maggio 2012. - 10.3. Sentenza della
Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 829 del 23 giugno 2016, Rel.
Daniele Corletto. - 11. La riqualificazione degli atti. - 12. Suggerimenti
pratici operativi. - 13. Conclusioni.
Il contenzioso tra Fisco e contribuenti sulla riqualificazione ai fini Irpef
della cessione di edifici da demolire, considerata cessione di area edificabile
piuttosto che cessione di fabbricato, forse sta arrivando ad una conclusione
positiva, per i contribuenti, anche se la Corte di Cassazione non ha dato
sempre risposte del tutto univoche.
Rinnoviamo un invito indirizzato lo scorso anno al Ministro Pier Carlo Padoan,
invito peraltro inascoltato, ora riproposto al Ministro Giovanni Tria, e diamo
un aggiornamento sulla questione.
In breve: fino al 2008 i plusvalori relativi a tali compravendite (esclusi
immobili ereditati o posseduti da oltre 5 anni), non erano mai stati oggetto di
alcuna tassazione, ai fini delle imposte dirette. A seguito di una risposta ad
un interpello proposto da un contribuente all'Agenzia delle Entrate
(Risoluzione n. 396/E/2008), l'Amministrazione Finanziaria ha ritenuto invece
tali cessioni assoggettabili ad Irpef, essendo di fatto equiparate alla
cessione di terreni edificabili. Da qui il via ad un gran contenzioso che vede
lo scontro tra contribuenti, i quali hanno ceduto un fabbricato da demolire, e
l'Agenzia delle Entrate, che riqualifica tali atti come cessione di terreno
edificabile.
In questi anni, numerose sono state le sentenze di Commissioni Tributarie che
hanno contrastato l'approccio dell'Amministrazione Finanziaria; con esse anche
sentenze della Cassazione, nel 2014, nel 2016 e nel 2017. La Suprema Corte
aveva confermato l'orientamento della dottrina, e cioè che non si può
considerare cessione d'area una cessione di fabbricato, esclusivamente per
questioni che esulano dall'atto stesso. Con i primi interventi del 2014
(sentenza n. 4150 e 15629 e nello stesso senso n. 15630 e 15631), interventi
favorevoli ai contribuenti, sembrava si potesse mettere un punto fermo sulla
questione. Tale illusione però è durata poco; infatti a sorpresa, una specifica
interrogazione parlamentare di luglio 2014 sul punto ha avuto come risposta la
conferma del corretto operato degli Uffici, disattendendo quanto sostenuto
dalla Cassazione; quattro sentenze univoche ritenute evidentemente
dall'Amministrazione Finanziaria di nessun conto. Invero nel frattempo c'era anche
stata una sentenza di Cassazione a favore dell'Agenzia delle Entrate (n. 7613
del 2 aprile 2014)
Il testo dell'interrogazione di Giulio Cesare Sottanelli (n. 50322 del 15
luglio 2014), cui risponde, in data 31 luglio 2014, l'allora Sottosegretario
del Ministero dell'Economia e delle Finanze, Enrico Zanetti, espone in modo
molto chiaro la problematica. Ci si aspettava una altrettanto esaustiva
risposta, ma, purtroppo, così non è stato.
Nella risposta, infatti, viene confermato che ai fini delle imposte indirette
il trattamento fiscale da applicare è quello specifico per il bene trasferito
(fabbricato) il che non era peraltro messo in discussione, mentre ai fini delle
imposte dirette si conferma l'impostazione "cessione di area".
Inoltre, viene sottolineato che la riqualificazione è correttamente attuata
quando basata su elementi certi e non presuntivi, come ad esempio il prezzo di
cessione, la richiesta di concessioni edilizie per la demolizione e la
ricostruzione dell'edificio o anche l'attività imprenditoriale svolta
dall'acquirente.
Ciò che lascia perplessi è l'ostinazione con cui è stata portata avanti tale
tesi, non solo dall'Amministrazione Finanziaria, ma anche dal Ministero stesso.
A nulla, quindi, sono valse le sentenze n. 4150/2014 e n. 15629/2014 (nello
stesso senso anche la n. 15630 e 15631, sempre del 2014).
Ma c'è una precisazione alquanto significativa, nella risposta: «Tenuto conto
delle argomentazioni sviluppate dall'Agenzia, questo Ministero si riserva di
seguire i futuri sviluppi giurisprudenziali, monitorandone attentamente
l'andamento».
Dopo le due note sentenze del 2014, cui se ne sono aggiunte altre, sempre ai
fini delle imposte dirette, ci sono state due sentenze contrarie alla tesi dei
contribuenti nel 2015 (12.294 e 16.983), seguite però da ben 7 sentenze
favorevoli ai contribuenti (n. 7.599 e 7.853 del 2016 e n.4.361, 7.714, 15.920
e 19.129, come pure la 10.113, ancorché riferita alla imposte indirette del
2017).
A questo punto ci troviamo con 11 sentenze di Cassazione (tra il 2014 e il
2017) favorevoli alla tesi dei contribuenti, e 3 sentenze, a favore della tesi
ministeriale (7613/14, 12294/15 e 16983/15). Cosa aspetta il Ministro Giovanni
Tria, nella riservata dichiarata azione di monitoraggio, a suggerire
all'Amministrazione Finanziaria di presentare finalmente una circolare ad hoc?
O saremo costretti a continuare ad adire il contenzioso, con aggravio di tempo
e spese, anche per l'Amministrazione Finanziaria? E in ogni caso, se il
Ministro non ritenesse ancora di intervenire, è auspicabile che la Cassazione
si pronunci finalmente a Sezioni Unite.
1. Introduzione
La cessione degli immobili da demolire è un vero puzzle, la cui tassazione non
trova ancora facile e univoca sistemazione.
Questa è la situazione: a fronte di una normativa invariata, nel tempo,
l'Amministrazione Finanziaria ha ritenuto di uscirsene, nel 2008, con una
interpretazione, frutto di un interpello certamente inopportuno, anche alla
luce dei fatti, prima affermando che la cessione di immobili da demolire è da
riqualificare come cessione di terreno, e poi dando l'opzione di usufruire
eventualmente delle norme dell'affrancamento. Un chiaro invito teso a fare
cassa; altro non è.
La dottrina è tutta schierata contro tale interpretazione, e l'erroneità della
tesi materiale è confermata anche dalle numerose sentenze di Commissioni
Tributarie, quasi tutte favorevoli alla tesi dei contribuenti. Finalmente, nel
2014, erano arrivate quattro sentenze della Corte di Cassazione, che aveva
cassato l'interpretazione materiale. Tutti ci si attendeva un reveirement da
parte dell'Amministrazione Finanziaria, e proprio con questo spirito è stata
presentata una interrogazione, alla Camera quell'anno.
La risposta è stata sorprendente; in buona sostanza si è sostenuto che le
sentenze della Corte di Cassazione non fanno testo; il sottosegretario al
Tesoro, che ha in ogni caso accettato acriticamente questa tesi, ha allora
specificato che il Ministero avrebbe tenuto monitorata la questione. Ed in
effetti è da augurarsi che lo faccia, tenuto conto delle ulteriori recenti
sentenze della Cassazione, anch'esse favorevoli ai contribuenti. Alle quattro
iniziali sentenze della Corte di Cassazione, del 2014, ne sono seguite due, nel
2015, favorevoli alla tesi dell'Amministrazione Finanziaria, e ben sette, a
tutt'oggi, favorevoli alla tesi del contribuente (che fanno quindi un totale di
undici sentenze favorevoli e due sfavorevoli).
Saranno sufficienti a far emanare un comunicato ufficiale, da parte
dell'Amministrazione Finanziaria, nel senso di abbandonare l'impostazione
assunta? Intanto in questi anni si sono aperti centinaia di contenziosi, che
ben potevano e forse dovevano essere evitati. Certo che molti contribuenti
hanno preferito seguire la via meno rischiosa, e procedere all'affrancamento di
immobili (una aberrazione, ma di fatto così ha suggerito la Amministrazione
Finanziaria) pagando prima un 4% (che era facilmente sostenibile) e da qualche
anno un 8% (che invero è divenuto pesante). Nel prosieguo tratteremo dettagliatamente
di questa fattispecie.
Tratteremo infine anche di quello che mi pare una bella incongruenza, e cioè il
differente trattamento ricadente a questo tipo di atto, ai fini delle imposte
indirette rispetto alle dirette. Lo stesso atto, se fosse valida la tesi
dell'Amministrazione Finanziaria, sarebbe trattato in modo bifronte, come
cessione di terreni ai fini delle imposte dirette, cessione di immobili ai fini
delle indirette. Ma invero, anche qui la Cassazione è intervenuta, facendo
aumentare la confusione. In definitiva, un bel guazzabuglio, giustificato, ma
non certamente da noi, dalle sempre più pressanti esigenze di cassa.
2. Il caso concreto
Si ipotizzi la vendita di un fabbricato da parte di un privato e la sua
demolizione, effettiva o solo ipotizzata, da parte dell'acquirente, non
necessariamente impresa.
Questi i casi che nella pratica si potrebbero presentare:
2a) Nell'atto si fa uno specifico riferimento alla futura demolizione
Il riferimento alla demolizione può risultare specificatamente da un progetto
già presentato, e approvato prima dell'atto, oppure da un progetto ancora in
corso di approvazione, progetto che prevede appunto la demolizione. Il
riferimento potrebbe però anche essere indiretto, nel senso che potrebbe
derivare dalla modalità di pagamento. Ove questo fosse effettuato mediante
permuta con una o più unità da costruire, è allora evidente la previsione
dell'abbattimento, totale o parziale, dell'esistente.
In questo caso, nulla quaestio, circa il presupposto oggettivo: si è in
presenza della cessione di un immobile da demolire (non concordiamo,
certamente, per l'applicabilità dell'interpretazione ministeriale).
Si veda la seguente giurisprudenza:
- Sentenza di legittimità: 15630/2014 della Cassazione;
- Sentenze di merito: CTR Liguria 91/1/2014; CTR Emilia Romagna 1630/04/2014;
CTR Lombardia 43/65/2015; CTP Bergamo 455/1/2015; CTP Forlì 260/01/2015; CTR
Lombardia 1769/27/2016; CTR Emilia Romagna 933/16/2016; CTP Reggio
Emilia 46/2/2016;
- Sentenza di merito contraria: CTP Prato 329/3/2014. Nel caso invece di
ricostruzione con uguale volume (la cd. "ristrutturazione" del Testo
Unico dell'Edilizia) si confronti la sentenza della CTR Emilia Romagna n.
189/20/2015.
Nell'ulteriore ipotesi della permuta di un fabbricato da demolire con un
appartamento nel nuovo fabbricato costruito a seguito di demolizione si veda:
- Sentenze di merito: CTP Varese 617/5/2015 e CT I° grado Bolzano 7/1/2015;
- Sentenza di legittimità contrarie: Cassazione 7613/2014, 12294/2015 e
16983/2015.
2b) Nell'atto non si fa riferimento alla futura demolizione
L'atto potrebbe però anche non far riferimento alcuno alla demolizione. Ciò
potrebbe accadere o perché la demolizione è considerata a parte, oppure perché
è ininfluente per il venditore o per l'acquirente, o piuttosto perché proprio
non costituisce una motivazione specifica dell'atto di compravendita.
Si pensi a questi semplici casi:
a) Previsione urbanistica di demolizione
Il Piano Regolatore prevede l'abbattimento della costruzione oggetto di
compravendita. Non è detto però che chi acquista poi demolisca; ben potrebbe
tenere l'immobile così come è. Si pensi, ad esempio, alla cessione di vecchie
villette con giardino, costruzioni inserite in ambito territoriale che prevede
la possibilità di un maggiore sviluppo. L'acquirente potrebbe essere
interessato all'immobile così com'è, senza ipotizzarne la demolizione.
b) Area inserita in un PUA (Piano Urbanistico Attuativo)
Non è detto che chi acquista un fabbricato inserito in un PUA, ove appunto si
preveda l'abbattimento, voglia poi utilizzare le previsioni urbanistiche.
Nessuno può obbligarlo ad effettuare la demolizione.
c) Piano di Recupero
Il Piano di Recupero può prevedere la demolizione di tutto o di parte degli
immobili. Il fatto che l'area sia inserita in un piano di recupero non
significa però necessariamente che l'acquirente poi demolisca. L'acquirente ben
potrebbe infatti decidere di tenere il bene così come è al momento della
cessione. Queste le sentenze che hanno rigettato il caso:
- Sentenza di legittimità: 4150/2014 della Cassazione
- Sentenze di merito: CTP Cremona 169/1/2014; CTR Puglia 2161/22/2014; CTR
Emilia Romagna 472/15/2014; CTR
Lombardia 1072/64/2015; CTP Brescia 665/15/2015; CTP Lodi CTP Lodi 188/1/2015;
CTP Como 258/4/2015; CTP Padova 272/6/2015; CTP Bergamo 680/2/2015; CTR
Lombardia
2953/67/2016;
- Sentenze di merito contrarie: CTR Veneto 829/1/2016; CTP Milano 39/18/2016.
d) Ristrutturazione urbanistica
Se si presenta un progetto di ristrutturazione, parte della costruzione
dovrebbe o potrebbe essere demolita, ma è pur sempre una decisione, libera e di
terzi, estranea comunque al venditore.
Nel caso di cessione di edificio da abbattere con permessi di costruzione
ottenuti dalla parte acquirente, si vedano:
- Sentenza di legittimità: 15629/2014 della Cassazione;
- Sentenze di merito: CTR Lombardia 4172/42/2016; CTR Lazio 2571/22/2015; CTR
Umbria 123/4/2015; CTP Verona 571/1/2015;
- Sentenza di merito contraria: CTR Lazio 6534/9/2014.
Una ulteriore osservazione; con i provvedimenti cosiddetti "piano
casa", cui hanno fatto seguito le varie norme regionali, ci si sono
agevolati gli interventi urbanistici, con la concessione di una sensibile
maggiorazione di volumetria, a certe condizioni. Presupposto necessario per
l'applicazione del "piano casa" è la presenza di un fabbricato, mai
di un'area scoperta; solo così potrà essere concessa una maggiore volumetria.
Ma mettiamo il caso che il fabbricato, appunto oggetto di "piano
casa", e che in quanto tale abbia concorso ad aumentare la volumetria
complessiva, sia abbattuto, cosa ben possibile.
Ecco allora che per l'Amministrazione Finanziaria, ai fini delle imposte
dirette, si sarebbe in presenza di un'area, quando invece, necessariamente, per
legge, si sarebbe in presenza di un fabbricato, pena la mancanza stessa dei
presupposti per l'applicazione dello stesso "piano casa". Un bel
guazzabuglio, in questo caso; il maggior volume lo si ha solo in presenza di un
fabbricato esistente, anche se si pensa di demolirlo. Basterà ciò per far
considerare area un fabbricato, ai fini fiscali, come insiste a ritenere
l'Amministrazione Finanziaria?
3. La risoluzione n. 395/E del 2008
Tutto nasce, come anticipato, dalla Risoluzione 395/E del 22 ottobre 2008[1]
[1]. Questo il caso trattato dall'Amministrazione Finanziaria: un privato cede
un fabbricato, ad uso di civile abitazione o anche strumentale, posseduto da
più di cinque anni, facente parte di un più ampio Piano di recupero già
approvato dal Comune. L'impresa acquirente, impresa di costruzione, abbatterà
tale fabbricato. In presenza di una fattispecie di questo tipo, un contribuente
aveva ritenuto di presentare Interpello per chiedere all'Amministrazione
Finanziaria se si trattasse di cessione di area, e quindi di operazione
speculativa (terreno edificabile), o meno (cessione di fabbricato posseduto da
più di cinque anni). E qualora l'Amministrazione Finanziaria avesse ritenuto
trattarsi di cessione di area, è stato chiesto se i beni avrebbero comunque
potuto essere oggetto di affrancamento, in base alla normativa di allora,
normativa specificamente dettata per le aree fabbricabili e non per i
fabbricati.
L'Agenzia delle Entrate, con la citata Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre
2008, ha così risposto (la sottolineatura è nostra) : "mentre le
plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di fabbricati sono
assoggettate alla disciplina di cui alla lett. b), (rectius comma 1) del citato
art. 67 del TUIR, che ne prevede l'imponibilità nella sola ipotesi in cui tale
cessione avvenga prima del decorso del quinquennio dall'acquisto ovvero dalla
costruzione - fatte salve le ipotesi in cui l'acquisto avvenga per successione
o donazione e le cessioni di unità immobiliari urbane che per la maggior parte
del periodo intercorso fra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state
adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari - le
plusvalenze realizzate dalla vendita, anche parziale, dei terreni (e degli
edifici) dopo che su di essi sono state eseguite opere intese a renderli
edificabili, invece, vanno ricondotte nell'ambito applicativo della lettera a)
del comma 1 dello stesso articolo 67 del TUIR che ne prevede la tassabilità a
prescindere dal periodo di possesso dell'immobile. Ulteriore fattispecie
impositiva ricorre qualora la plusvalenza sia realizzata a seguito di cessione
a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo
gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. Quest'ultima
previsione, introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 30 dicembre 1991, n.
413, ricollega la tassazione al semplice intervento della destinazione
edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni a prescindere
dalla esistenza o meno di una attività speculativa".
Non potranno essere considerati oggetto della compravendita "i fabbricati,
oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l'area su cui gli
stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in
corso di definizione".
E così si è trasformato l'oggetto della compravendita da cessione di
fabbricato, che per possesso ultraquinquennale sarebbe operazione esclusa dal
reddito, a cessione di terreno edificabile, comunque sempre tassabile. Conseguentemente,
l'Amministrazione Finanziaria ha ammesso la rivalutazione dell'area (o meglio
fabbricato), ove gli interessati avessero deciso in tal senso (ovviamente in
presenza di una norma applicabile nel periodo di riferimento).
4. La possibilità di rivalutare il bene
La stessa Risoluzione n. 395/E/2008 ha fatto comunque una importante
precisazione, come si è visto: ha consentito al contribuente privato di
effettuare l'affrancamento, specificatamente previsto solo per i terreni
(edificabili e non) in base alla norma allora vigente. Ha ammesso, quindi, che
potesse essere oggetto di rivalutazione un fabbricato, in quanto inserito in un
Piano di Recupero già approvato dal Comune. Il fabbricato è stato considerato
terreno, ai fini delle imposte dirette, e quindi, conseguentemente, secondo
l'Amministrazione Finanziaria, ne era ammessa la rivalutazione, che riguardava
appunto le aree.
L'Amministrazione Finanziaria così si è espressa: "Atteso che per i sopra
esposti motivi, deve ritenersi che la cessione abbia ad oggetto un'area
edificabile, può tornare eventualmente applicabile la disposizione che prevede
la rivalutazione del valore dei terreni tramite l'applicazione dell'imposta
sostitutiva del 4% sul valore periziato, a condizione che la redazione ed il
giuramento della perizia, nonché il versamento della prima o dell'unica rata,
siano effettuati entro la predetta data del 31 ottobre 2008". Ovviamente
lo stesso principio può valere per previsioni di rivalutazione dettate da norme
che sono succedute. Queste sono le precise indicazioni ministeriali. Ciò desta
non poche perplessità.
Ai fini dell'ipotizzata rivalutazione si deve necessariamente fare una perizia,
che dovrà riferirsi ad un'area, non certamente ad un fabbricato, e il valore
sarà quello dell'area. E se poi chi acquista non dovesse demolire e si tenesse
il fabbricato così com'è? Nella perizia si dirà che c'è un fabbricato, che è
censito in catasto e che è in regola da un punto di vista urbanistico, ma lo si
valuterà in base alla volumetria edificabile in ipotesi di demolizione.
Un po' più complicato il caso in cui l'iter amministrativo non sia ancora
concluso, come accadrebbe, ad esempio, ove l'immobile non fosse ancora compreso
in un piano di recupero. Se ne ipotizza l'inserimento, ma il bene che si
vorrebbe appunto abbattere è ancora una costruzione, al momento della
rivalutazione. In questo caso, letteralmente nemmeno si potrebbe effettuare
tale rivalutazione; serve un ulteriore salto logico: dire che si tratta di
area, ancorché solo futura. Ma del resto, ove il valore dipendesse proprio
dalla volumetria, non si può trattare diversamente dagli altri casi. La
questione appare un po' ingarbugliata, ma l'applicazione della tesi
ministeriale dovrebbe ciò consentire, o meglio non se ne ravvisa contrarietà
alcuna; la logica è già stata superata. Comunque, ove in questo caso specifico
non dovesse essere ammessa tale effettiva rivalutazione, cosa potrebbe
accadere? Dovrebbe essere restituito quanto versato, se si afferma che si
tratta di fabbricato che è diventato area solo successivamente. Oppure, sempre
escludendo la possibilità di effettuare la rivalutazione, considerare tassabile
tutta la plus e detrarre, ai fini delle imposte dirette, quanto già versato.
Ciò non è però specificatamente ammesso da alcuna disposizione. Un bel
ginepraio.
5. La nostra critica
La Risoluzione n. 395/E del 2008 merita un'analisi critica. L'interpretazione
del fisco non pare seguire un filo logico, ma salta a conclusioni che sono
oltremodo discutibili e prive di fondate basi giuridiche, utilizzando, tra le
varie, la determinazione del valore quale elemento caratterizzante
l'inquadramento giuridico della compravendita.
Nel documento di prassi si legge che la cessione non riguarda "i
fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente,
l'area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla
potenzialità edificatorie (sic) in corso di definizione". L'Agenzia delle
Entrate conclude che "[...] concordemente a quanto ritenuto dalla
Direzione Regionale, la fattispecie in esame appare riconducibile alla lettera
b), trattandosi di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria".
Si tratta di una affermazione illogica, non coerente; si vende un fabbricato,
non si vende un terreno. In ogni caso l'atto di compravendita è riferito ad un
fabbricato, che come tale dovrà essere in regola da un punto di vista
urbanistico (altrimenti l'atto sarà nullo), anche in base alle disposizioni.
Trattandosi di un fabbricato, ha dei dati castali ben determinati e precisi, ha
una scheda catastale sua propria, che tra l'altro dovrà anche essere relativa
alla realtà effettiva, dovrà avere il riferimento alla classe energetica
dell'edificio. All'atto non è allegato certamente il certificato di
destinazione urbanistica, che è relativo solo ai terreni. In presenza di
attività commerciali locate a terzi, poi, ben potrebbero anche esserci diritti
di prelazione da parte degli affittuari, diritti non esistenti in caso di
vendita di terreno edificabile. Ma se anche tutto ciò non bastasse, ai fini
delle imposte indirette si avrà l'applicazione delle imposte relative al bene
ceduto, fabbricato, non terreno.
Ciò, poteva comportare, ante l'1/01/2014, l'applicazione di aliquote diverse;
ora invece il trattamento, sotto questo aspetto, è esattamente lo stesso.
L'applicazione generalizzata del principio di equiparazione tra fabbricato
compreso in un piano di recupero o comunque da abbattere ed area fabbricabile
non è con-divisibile[2]. Infatti, se da un lato l'equiparazione "fiscale"
tra fabbricato e area edificabile potrebbe anche trovare un fondamento nel caso
di intervento edilizio con demolizione e successiva ricostruzione dei
fabbricati, non si può certamente giungere alla stessa conclusione qualora gli
interventi fossero di minore entità. Basti pensare al caso in cui l'acquirente
esegua, su alcuni fabbricati compresi nel piano di recupero, una mera attività
di risanamento. In questa ipotesi, infatti, il fabbricato non perde la propria
natura e la sua assimilazione ad un'area fabbricabile risulterebbe quantomeno
forzata. Ed ancora, quale sarebbe il corretto trattamento fiscale da riservare
alle cessioni di fabbricati non compresi in piani di recupero, qualora
l'acquirente intenda procedere alla demolizione e alla costruzione di un nuovo
fabbricato? È evidente come la tesi delle Entrate generi una serie di dubbi
interpretativi di difficile soluzione circa la corretta applicazione delle
disposizioni contenute nell'art. 67, co. 1, lett. a) e b), TUIR. Si finirebbe,
infatti, per individuare il regime fiscale delle cessioni di immobili, non in
relazione alla tipologia del bene oggetto di trasferimento, ma con riferimento
alla natura dell'intervento edilizio che darà realizzato dall'acquirente[3].
Riportiamo, nelle note, qualche spunto interpretativo fornito dalla dottrina
sulla fattispecie in commento. Va detto, in via preliminare, che non si
registrano molti approfondimenti[4] sulla Risoluzione n. 395/E del 2008, quasi
che l'argomento non fosse importante. Ed invece la questione è sempre più di
attualità. In particolare, è stata evidenziata anche la problematica di ordine
pratico, relativamente alla determinazione della plusvalenza[5]. Si farà
infatti riferimento al costo, costruzione compresa, o solo al terreno, come
letteralmente parrebbe? Sembrerebbe preferibile, secondo la tesi
dell'Amministrazione Finanziaria, il riferimento al costo complessivo, se non
altro per equità. Ma questa impostazione da parte dell'Agenzia delle Entrate
desta perplessità[6].
La tesi ministeriale non ha trovato alcun accoglimento in dottrina. L'unico
intervento a favore è quello di due collaboratori dell'Agenzia stessa[7].
Scarsi sono inoltre i casi di sentenze di merito che favoriscono tale
interpretazione, tra cui la CTP Ravenna, Sez. III, n. 161/03/10 del 19 novembre
2010 per la quale il prezzo concordato è "tipico delle aree
fabbricabili". Una motivazione facilmente opinabile, considerando che non
può essere mai il prezzo a qualificare un atto, purché sotto l'aspetto
tributario.
Ma c'è di più; nel caso della citata sentenza di Ravenna viene detto che anche
le imposte indirette (nel caso, registro) sono state applicate come per la
cessione di area (8% registro + 3% di ipotecarie e catastali, in luogo del 7% +
3%, secondo la normativa vigente ante 1° gennaio 2014). E qui si dà una
dimostrazione in più dell'incertezza, da parte dell'Amministrazione
Finanziaria. Infatti, nei casi oggetto di recente analisi da parte
dell'Amministrazione Finanziaria, peraltro tutti nell'ambito soggettivo IVA, il
corretto trattamento ai fini delle imposte indirette della cessione di
fabbricato da demolire è stato confermato essere quello dei fabbricati. Quindi,
cessione di fabbricati per le imposte indirette e cessione di area per le
imposte dirette. Ed è proprio questa dicotomia interpretativa che si cerca di
confutare. Nel caso citato dalla sentenza, invece, emerge una tesi diversa,
sempre dell'Amministrazione.
Vengono anche citate, a conferma della correttezza dell'impostazione, sentenze
di Cassazione. In particolare, la sentenza della Cassazione n. 2937 del 4
aprile 1997. La fattispecie si riferisce all'INVIM, e il caso riguardava la
cessione di un'area con delle fondamenta, se poteva o meno essere considerata
area nuda oppure area con costruzione in corso, tesi, quest'ultima, sostenuta
dal venditore, avallata poi dalla Cassazione. Riportiamo la tesi
dell'amministrazione, negata dai giudici: "Secondo l'amministrazione,
infatti, l'art. 6, sesto comma (costruzione in corso) richiederebbe il
mutamento di natura del bene, da terreno a fabbricato, mentre nel caso di
acquisto di area sulla quale siano già state eseguite fondazioni il fabbricato
già esisterebbe. Proprio perché l'ultimazione non produce cambiamento di natura
del bene acquistato, dovrebbe applicarsi il primo comma dell'art. 6, ferma la
possibilità di detrarre dall'incremento di valore imponibile i costi di
costruzione, ai sensi dell'art. 13 del D.P.R. n. 643 del 1972". Ma, come
si è visto, la Cassazione ha negato tale tesi; si tratta di cessione di area
con lavori in corso. Ciò non pare però essere tesi valida a sostenere il parere
espresso dai citati autori; si trattava di costruzione in corso.
È stata citata anche la sentenza 1 luglio 1992 n. 8089, invero più chiara.
La demolizione integrale è equiparata a costruzione nuova. "Nel caso di
demolizione integrale o comunque talmente penetrante da lasciare, rispetto
all'originaria costruzione, meri residui strutturali privi di autonoma valenza
commerciale (con il sostanziale ripristino di una condizione fattuale di area
nuda) verificandosi, per effetto della successiva ricostruzione, una vicenda di
modificazione funzionale analoga alla "edificazione di area"
considerata dal comma sesto dell'art. 6, va applicato, per identità di ratio,
il diverso e peculiare criterio, da detta norma fissato, di tassazione separata
degli incrementi di valore, rispettivamente, del suolo (fino alla data di
inizio della nuova costruzione) e del fabbricato (nell'arco di tempo che va
dalla sua ultimazione al momento della successiva alienazione con
neutralizzazione del periodo della edificazione, inerente alla trasformazione
dell'area)".
In questo caso, quindi, la demolizione integrale costituisce presupposto per
rientrare nell'ipotesi di nuova costruzione. Ma, si ripete, siamo in presenza
di sentenze relative all'INVIM, imposta oramai abrogata da molti anni.
Ora finalmente si è pronunciato anche il Notariato, con lo Studio n. 24/2012/T
pubblicato il 20 dicembre 2012 ove l'autrice, Maria Pia Nasti, così si è
espressa: "La tesi ad oggi sostenuta che equipara la cessione di un
fabbricato che sarà demolito dall'acquirente a cessione di area solo ai fini
delle imposte dirette, mentre ai fini delle imposte indirette si tratterebbe,
invece, di una cessione di fabbricato appare alquanto opinabile. Infatti, una
cessione realizzata attraverso un unico atto, non può essere considerata
cessione di area ai fini delle imposte dirette e invece cessione di fabbricato
ai fini delle imposte indirette considerato che ai fini del rogito notarile è
richiesta la regolarità edilizia, i dati catastali e non ci sarà un certificato
di destinazione urbanistica".
Ovviamente siamo dello stesso avviso.
Diamo rilievo anche a due articoli, pubblicati in Dialoghi Tributari, che
condividono la nostra tesi.
Il primo intervento[8] evidenzia la non razionalità dell'Amministrazione
Finanziaria nel voler riqualificare le cessioni di fabbricati da demolire in
cessioni di aree edificabili; la plusvalenza realizzata a seguito della
cessione non può "prescindere dalla natura dell'immobile al momento
dell'acquisto, per come la percepivano i relativi titolari. [...] la natura
dell'immobile serve a far capire la posizione del titolare. Che è quella di
utilizzazione diretta dell'immobile o di investimento, fiscalmente irrilevante,
rispetto a quella di «valorizzazione immobiliare», connessa ai terreni
edificabili e alle lottizzazioni, che invece sono imponibili".
Un secondo intervento degli stessi autori[9], tratta nello specifico la
distinzione fatta dall'Agenzia delle Entrate tra imposizione diretta e
imposizione indiretta della cessione di immobile da demolire, parlando di
"indebite forzature economiciste". Nello stesso, si analizza poi
anche l'intervento del Consiglio Nazionale del Notariato, sottolineando che
"se oggetto della compravendita era in realtà un'area edificabile, l'atto
notarile [di cessione di fabbricato] è non solo sbagliato, ma, addirittura,
affetto da nullità: il difetto di allegazione del certificato di destinazione
urbanistica o della dichiarazione sostitutiva di esso importano, infatti,
nullità (insanabile) dell'atto in quanto rappresentano requisito di validità
del negozio di vendita dei terreni".
Un'altra interessante citazione, nello stesso intervento, richiama alcune
sentenze della Corte di Cassazione (ad es. la n. 2575/1990[10] e la n.
4117/2002[11]) in cui viene affermato che "appare «stridente a chiunque
col più elementare senso di giustizia che un medesimo bene, in un medesimo
momento e contesto [...] possa avere agli effetti fiscali due valori diversi».
6. Le sentenze di Cassazione
Analizziamo le sentenze della Cassazione, pronunciate dal 2014 in poi, sul tema
della riqualificazione della cessione di fabbricati da abbattere in cessione di
area edificabile.
Dopo le prime quattro, favorevoli al contribuente ne sono seguite altre,
peraltro non di univoca interpretazione, con una netta prevalenza dal 2016
sempre a favore della tesi dei contribuenti. Distinguiamo le sentenze tra
quelle relative alle imposte dirette e quelle relative alle imposte indirette.
6.1. Imposte Dirette
6.1.1. Cassazione n. 4150 del 21 febbraio 2014
La Corte di Cassazione si è espressa per la prima volta sul tema in esame con
la sentenza n. 4150 del 21 febbraio 2014. Nel caso esaminato dalla Corte,
risalente al 2000 (quindi ante Risoluzione n. 395/E/2008, ma a normativa
invariata), il contribuente aveva ceduto un capannone ad uso commerciale senza
dichiarare la relativa plusvalenza di L. 370.573.000.
Il ricorso del contribuente, inizialmente rigettato dalla CTP di Ravenna, era
stato poi invece accolto dalla CTR di Bologna con sentenza n. 105/2006 del 6
novembre 2006, la quale evidenziava che «oggetto della cessione era un
capannone ad uso commerciale e non un terreno suscettibile di utilizzazione
edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della
cessione, come invece richiesto, per tassare la plusvalenza, dal D.P.R. n. 917
del 1986, art. 81 [ora art. 67], comma 1, lett. b.».
Secondo l'Agenzia delle Entrate, che aveva proposto ricorso in Cassazione,
l'art. 67 non farebbe riferimento in via esclusiva alle vendite di terreni
"nudi" (ovvero non ancora edificati), bensì anche alle vendite di
terreni che, pur essendo già edificati, conservano integra la loro capacità
edificatoria in base al piano regolatore generale.
Secondo la Cassazione, al contrario, il terreno in questione, sul quale
insisteva il fabbricato oggetto di cessione, non poteva essere considerato
terreno edificabile solo in quanto facente parte di un piano regolatore
generale, ma deve essere considerato, come a tutti gli effetti è, terreno
edificato.
A nulla rileva il fatto che l'immobile «insorga su terreno che abbia una
ulteriore potenzialità edificatoria, o che in base a non oggettivamente
riscontrate (v. CTR) intenzioni delle parti, il capannone medesimo sia stato
destinato alla demolizione.». Oggetto della cessione è il capannone ad uso
commerciale e le relative pertinenze, non il terreno. Aggiungeva la Corte, ad
ulteriore sostegno di quanto affermato, che il capannone commerciale oggetto di
cessione risultava censito al catasto dei fabbricati, e non a quello dei
terreni. La decisione, invero, frettolosa e poco motivata, è comunque molto
importante, essendo, appunto, la prima che si è occupata della fattispecie in
esame.
6.1.2. Cassazione n. 15629 del 9 luglio 2014
Il caso analizzato dalla Cassazione nella sentenza n. 15629 del 9 luglio 2014,
come il caso precedente, anche questo ante Risoluzione n. 395/E/2008, riguarda
la cessione di un fabbricato con area di sedime e coltiva di circa 950 mq, con
elevata edificabilità residenziale. La parte venditrice aveva presentato
domanda di concessione edilizia per la demolizione e successiva ricostruzione
di un edificio prima della vendita; la società acquirente aveva poi richiesto
voltura dell'istanza già il giorno successivo all'acquisto.
A favore dell'Agenzia delle Entrate, che riteneva l'area di sedime e coltiva
del fabbricato il reale oggetto della cessione, si era espressa la CTR
dell'Emilia Romagna con la sentenza n. 109/1/2007 del 5 novembre 2007,
impugnata dal contribuente ricorrente. La sentenza richiama la precedente n.
4150/2014, ampliandone le motivazioni: «dalla "stessa lettera del citato
art. 81 (ora 67) e dell'art. 16 (17) comma 1, lett. g bis TUIR.. non possono
rientrare... le cessioni aventi ad oggetto non un terreno "suscettibile di
utilizzazione edificatoria" ma un terreno sul quale insorge un fabbricato
e che, quindi, è da ritenersi già edificato " (così Cass. n. 4150/2014 la
quale ha escluso la tassazione separata di una plusvalenza realizzata a seguito
di vendita di "capannone ad uso commerciale e relative pertinenze",
censito al catasto fabbricati, ritenendo irrilevante sia l'ulteriore
potenzialità edificatoria del terreno su cui esso insisteva, sia l'asserita, ma
non dimostrata, intenzione delle parti di demolire il predetto capannone)».
La Corte, dunque, si è dimostrata coerente con quanto affermato nella prima
sentenza: la ratio dell'art. 67 TUIR è volta ad «assoggettare ad imposizione la
plusvalenza che [...] scaturisce non "in virtù di un 'attività produttiva
del proprietario o possessore, ma per l'avvenuta destinazione edificatoria in
sede di pianificazione urbanistica " dei terreni». Ciò che rileva è, in
altri termini, la destinazione edificatoria che sin dall'origine viene
assegnata all'area, e non quella attribuita, a seguito di un intervento da
parte del cedente o del cessionario, ad un'area già edificata.
Conclude la Corte osservando che oggetto dell'atto è un fabbricato, e, quindi,
un « ''terreno già edificato " e tale entità sostanziale non può essere
mutata (con conseguente incongruenza di ogni diversa riqualificazione), in
terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni
derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e,
soprattutto, la cui realizzazione (nel caso in specie attraverso la demolizione
del fabbricato) è futura (rispetto all'atto oggetto di tassazione), eventuale e
rimessa alla potestà di soggetto diverso (l'acquirente) da quello interessato
dall'imposizione fiscale"».
Non è, dunque, ammissibile operare una riqualificazione dell'atto di cessione
sulla base di elementi e scelte personali dell'acquirente, come la decisione di
demolire o meno l'immobile dopo l'acquisto; si tratta, infatti, di elementi
futuri, incerti, ed estranei alla sfera tributaria del venditore, in capo al
quale non dovrebbero, pertanto, determinare conseguenze.
Nello stesso senso le sentenze n. 15.630 e 15.631, in pari data.
6.1.3. Cassazione n. 7613 del 2 aprile 2014
Per completezza, riportiamo anche una sentenza, la n. 7613 del 2 aprile 2014,
che, ad una lettura superficiale, potrebbe apparire in contrasto con le due
sentenze analizzate ai precedenti paragrafi. La Corte, infatti, non accoglie il
ricorso del contribuente che si è visto accertare da parte dell'Agenzia delle
Entrate, la plusvalenza derivante dalla cessione di un immobile da demolire.
Ma, in realtà, non si può parlare di un revirement della Cassazione, poiché si
tratta di un caso diverso. Il contribuente non aveva, infatti, eccepito nulla
in merito alla motivazione inadeguata della CTR impugnata, né ad eventuali
violazioni dei canoni legali di interpretazione contrattuale (queste le uniche
ipotesi per cui sarebbe stato possibile censurare la sentenza in sede di
legittimità).
La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso del contribuente, in quanto
non congruente con il deciso. La parte ricorrente, infatti, «postula un
accertamento di fatto, inerente all'oggetto del contratto di compravendita dal
quale è scaturita la pretesa impositiva». Il che si tradurrebbe in un'indagine
di fatto, che spetta, invero, al giudice di merito. La Cassazione ha dovuto,
dunque, dichiarare inammissibile il ricorso del contribuente.
Come già anticipato, si tratta, è evidente, di un caso diverso rispetto a
quanto visto con la sentenza n. 4150/2014, e non di un revirement della
Cassazione.
6.1.4. Corte di Cassazione n. 12294 del 12 giugno 2015
Questa sentenza riguarda la cessione di un immobile per la quale l'autorizzazione
alla demolizione era stata richiesta post cessione. La Cassazione conferma la
tesi dell'ufficio, cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale
di Bologna del 3 giugno 2009.
6.1.5. Cassazione n. 16983 del 19 agosto 2015
Contrariamente alle precedenti pronunce della Suprema Corte del 2014 (n.
4150/2014 e n. 15629/2014), la sentenza in esame riqualifica la compravendita
in cessione di aree fabbricabili. In questo caso però nell'atto era indicato in
modo chiaro che oggetto di compravendita era un "area di terreno con in
parte sovrastanti fabbricati". La riqualificazione dell'atto pare quindi
giustificabile e coerente.
6.1.6. Cassazione n. 7599, 7853 di aprile 2016
Nella fattispecie era stato ceduto un complesso immobiliare, con delle
pertinenze: "nella specie, come risulta accertato dai giudici d'appello e
non contestato dalla ricorrente, oggetto dell'atto pubblico di compravendita,
avente un suo intrinseco valore economico, è stato oggettivamente un complesso
di fabbricati con piccole aree di pertinenza, e perciò un "terreno già
edificato" e tale entità sostanziale non può essere mutata (con
conseguente incongruenza di ogni diversa riqualificazione), in terreno
suscettibile di potenzialità edificatoria sulla base di presunzioni derivate da
elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui
realizzazione (nel caso di specie attraverso la demolizione del fabbricato) è
futura (rispetto all'atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà
di soggetto (l'acquirente) diverso da quello interessato dall'imposizione
fiscale".
6.1.7. Cassazione n. 4361 del 20 febbraio 2017
Questa sentenza, che dà ragione al contribuente, riepiloga la situazione delle
sentenze note.
"Ed invero, questa Corte ha inizialmente ritenuto che, ancor-chè in
materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante
fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la
costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta
la riqualificazione dell'atto quale vendita di terreno edificabile e la
conseguente rettifica dell'imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a
tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce - cfr.
Cass. N. 24799/2014, cfr anche Cass. N. 16983/2015.
A tale indirizzo ha fatto seguito altro in forza del quale in materia di
imposta sui redditi, come risulta dal tenore del D.P.R. n. 917 del 1986, art.
81, comma 1, lett b) (ora 67) e art. 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, sono
soggette a tassazione separata, quali "redditi diversi", le
"plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni
suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici
vigenti al momento della cessione", e non anche quelle di terreni già
edificati (Così statuendo, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha escluso la
tassazione separata di una plusvalenza realizzata a seguito di vendita di
"capannone ad uso commerciale e relative pertinenze", censito al catasto
fabbricati, ritenendo irrilevante sia l'ulteriore potenzialità edificatoria del
terreno su cui esso insisteva, sia l'asserita, ma non dimostrata, intenzione
delle parti di demolire il predetto capannone) - cfr Cass. N. 4150/2014; Cass.
N. 15629/2014, ove si è specificamente ritenuto che la ratio dell'art. 67 Tuir
è volta ad "assoggettare ad imposizione la plusvalenza che (.) scaturisce
non "in virtù di un'attività produttiva del proprietario o possessore, ma
per l'avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione
urbanistica" dei terreni".
Pertanto, risultando oggetto dell'atto un fabbricato, e, quindi, un
"terreno già edificato", tale entità sostanziale non poteva essere
mutata (con conseguente incongruenza di ogni diversa riqualificazione), in
terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni
derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e,
soprattutto, la cui realizzazione (nel caso in specie attraverso la demolizione
del fabbricato) è futura (rispetto all'atto oggetto di tassazione), eventuale e
rimessa alla potestà di soggetto diverso (l'acquirente) da quello interessato
dall'imposizione fiscale".
6.1.8. Cassazione n. 7714 del 24 marzo 2017
Sentenza che conferma la tesi del contribuente. E' escluso poter valorizzare
"elementi non oggettivi sulle intenzioni delle parti in ordine alla
demolizione del fabbricato, in tal modo pienamente informandosi all'indirizzo
che si è consolidato per la sezione 5A di questa Corte". E quindi tesi
favorevole ai contribuenti.
6.1.9. Cassazione n. 10.113 del 21 aprile 2017
La sentenza n. 10113 del 2017 si riferisce invero alle imposte indirette, per
le quali conferma la possibilità da parte dell'Amministrazione Finanziaria di
riqualificare l'atto (anche se la stessa amministrazione finanziaria più volte
ha sostenuto il contrario). Ma nello stesso tempo ha trattato anche delle
imposte dirette, così affermando:
"Ciò posto, non si ritiene che la riqualificazione in termini di
compravendita di area edificabile si ponga in contrasto con l'orientamento di
legittimità secondo cui: "in materia di imposta sui redditi, come risulta
dal tenore degli artt. 81, comma 1, lett b) (ora 67) e 16 (ora 17), comma 1,
lett. g) bis, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono soggette a tassazione
separata, quali "redditi diversi", le "plusvalenze realizzate a
seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione
edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della
cessione", e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e
quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l'alienante abbia presentato
domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione
dell'immobile e, successivamente alla compravendita, l'acquirente abbia
richiesto la voltura nominativa dell'istanza,in quanto la "ratio"
ispiratrice del citato art. 81 tende ad assoggettare ad imposizione la
plusvalenza che trovi origine non da un'attività produttiva del proprietario o
possessore ma dall'avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di
pianificazione urbanistica" (Cass. N. 15629/14; così Cass. 4150/14).
Va infatti considerato che una cosa è interpretare l'atto secondo la sua
intrinseca natura ed i suoi effetti giuridici, ex art. 20 d.p.r. 131/86, in
vista della sua esatta collocazione tra i gruppi tariffari previsti ai fini
dell'imposta di registro; ed altra è affermare che l'acquisto di area già
edificata non dà luogo a plusvalenza tassabile (in capo al venditore) ai fini
dell'imposizione sul reddito.
Lo stesso orientamento di legittimità da ultimo citato individua la ratio
dell'imposizione reddituale nell'emersione di una plusvalenza che trovi origine
non "da un'attività produttiva del proprietario, ma dalla avvenuta
destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione
urbanistica". Sennonché, tale ratio è del tutto estranea all'imposizione
di registro, che trova fondamento e limite nella natura dell'atto ex artt. 1 e
20 d.p.r. 131/86; indipendentemente dalla circostanza che dalla sua esecuzione
possano derivare plusvalenze reddituali. Né mancano recenti decisioni di
legittimità che hanno espressamente evidenziato - in fattispecie diversa dalla
presente, ma pur sempre con riguardo ai limiti di applicabilità dell'art. 20
d.P.R. 131/86 - l'autonomia di regolamentazione delle due imposte, anche sotto
il profilo della estraneità all'imposta di registro della nozione stessa di
plusvalenza tassabile (Cass. 3562/17).
E' vero che la legge, proprio in tema di individuazione della natura edificabile
di un'area, detta un criterio comune all'imposta di registro ed a quella sui
redditi (art. 36, co.2, d.l. 223/06 conv.I.248/06). E tuttavia, la comunanza di
disciplina non si spinge oltre tale individuazione; sicché, ferma la natura
fabbricabile del terreno "in base allo strumento urbanistico generale
adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e
dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo" (evenienza, nel caso di
specie, incontroversa), diversa ed autonoma rimane - pur in presenza di assetti
negoziali del tutto analoghi - la regolamentazione tributaria consequenziale al
presupposto così descritto, a seconda della natura e degli obiettivi propri di
ciascuna imposta.
6.1.10. Cassazione n. 15920 del 26 giugno 2017
Sentenza che conferma la impossibilità, da parte dell'Agenzia delle Entrate, di
riqualificare l'atto di cessione di immobile da abbattere.
Infatti la norma colpisce la cessione di terzi suscettibile di utilizzazione
edificatoria, "non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato,
ancorché, come nella specie, le parti ne abbiano previsto la demolizione
unitamente alla successiva edificazione, da parte dell'acquirente, di un nuovo
immobile da trasferire in proprietà dell'alienante, non potendo la potenzialità
edificatoria dipendere da elementi la cui realizzazione è futura ed eventuale,
rimessa, peraltro, ad un soggetto diverso da quello interessato
dall'imposizione (Sez. 6-5, n. 4361 del 20/2/2017; Sez. 5, n. 7853 del 20
aprile 2016)".
6.1.11. Cassazione n. 19.129 del 1° Agosto 2017
Sentenza in linea con le precedenti "Sono soggette a tassazione separata,
quali "redditi diversi", le "plusvalenze realizzate a seguito di
cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria
secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione", e
non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati:
ciò vale anche qualora l'alienante abbia presentato domanda di concessione
edilizia per la demolizione e ricostruzione dell'immobile e, successivamente
alla compravendita, l'acquirente abbia richiesto la voltura nominativa
dell'istanza, in quanto la "ratio" ispiratrice del citato art. 81
tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da
un'attività produttiva del proprietario o possessore ma dall'avvenuta
destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione
urbanistica".
6.2. L'imposta di registro o comunque imposte indirette
6.2.1. Cassazione n. 24799 del 21 novembre 2014
Si analizza anche la sentenza di Cassazione, n. 24799 del 21 novembre 2014, in
tema di imposta di registro. La Corte ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle
Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia
Romagna n.80 del 24 novembre 2008, e ha confermato la possibilità per
l'Amministrazione Finanziaria di riqualificare, ai fini dell'imposta di
registro, un atto di cessione di immobile da demolire in cessione di area
edificabile, qualora ne sussistano i presupposti ex art. 20 del D.P.R. n.
131/1986 (Testo Unico sull'imposta di registro)[12].
Il caso riguardava la cessione (ante Risoluzione n. 395/2008) di un fabbricato
obsolescente, poi demolito dall'acquirente, il quale aveva presentato, pochi
giorni dopo l'acquisto, istanza concessione edilizia; nulla aveva, invero,
richiesto il venditore. La Commissione Tributaria Provinciale di Rimini e la
Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna, nelle sentenze impugnate
dall'Amministrazione Finanziaria, si erano pronunciate a favore del ricorrente
avverso l'avviso di accertamento dell'Agenzia delle Entrate.
La Corte, analizzato il caso, ha affermato che «l'atto deve essere tassato in
ragione degli effetti giuridici che lo stesso oggettivamente produce». La CTR
dell'Emilia Romagna, dunque, avrebbe dovuto, sempre secondo la Corte,
considerare che «la immediata richiesta di concessione edilizia per la
costruzione di un nuovo immobile al posto di quello "vecchio" poi
demolito avesse oggettivamente dato luogo a una vendita di terreno
edificabile». Pertanto, è stata rinviata nuovamente la decisione alla CTR, che
dovrà verificare «se gli effetti oggettivi della compravendita, a cagione delle
istantanee richieste di concessione edilizia e demolizione del vecchio stabile,
fossero o meno stati quelli di una vendita di terreno edificabile, dovendosi in
ipotesi positiva riqualificare l'atto ai sensi del D.P.R. n. 131 cit., art.
20».
Anche in questo caso, la Cassazione non si è dilungata in spiegazioni. Ciò che
si può desumere dalla lettura della sentenza è che qualora sia possibile
individuare una correlazione tra l'atto di compravendita e l'istanza di
concessione edilizia per la demolizione del fabbricato, ancorché richiesta
dallo stesso acquirente dopo la cessione, allora si dovrà procedere alla
riqualificazione della cessione di immobile in cessione di area, ex art. 20 del
D.P.R. n. 131/1986.
La Corte non ha preso in considerazione il fatto che l'atto richiesto
dall'acquirente successivamente alla cessione (ovvero la concessione edilizia)
è un atto di tipo amministrativo, che nulla ha a che fare, pertanto, con
l'applicazione del Testo Unico sull'imposta di registro. Come è dunque
possibile ritenere corretto applicare l'art. 20 D.P.R. 131/1986 ad un atto che
non è soggetto a tale normativa e, soprattutto, ricollegare negozialmente atti
soggetti ad imposta di registro con atti, invece, non soggetti? La cosa non ci
convince.
Inoltre, è opportuno considerare che il principio applicato dalla stessa
Amministrazione Finanziaria ai fini IVA, ovvero che il regime di tassazione IVA
è correlato alla natura oggettiva del bene ceduto all'atto della cessione[13],
opera anche in ambito di registro. Infatti, come si deduce dalla lettura
dell'art. 1 del D.P.R. 131/1986[14], il presupposto impositivo per
l'applicazione dell'imposta di registro coincide con la formazione dell'atto
giuridico. E' per mezzo dell'atto stesso (o meglio, dell'oggetto dell'atto) che
si manifesta la capacità contributiva dei soggetti che lo pongono in essere.
Rileva, in altre parole, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro,
l'oggetto dell'atto giuridico nel preciso momento in cui si verificano gli
effetti traslativi dell'operazione; non è possibile applicare l'imposta di
registro in base a come l'oggetto ceduto sarà in un momento successivo alla
cessione stessa. La sentenza, in conclusione, non pare condivisibile.
6.2.2. Cassazione n. 12062 del 13 giugno 2016
Il caso trattato era simile a quello illustrato nel paragrafo precedente. Si
trattava di vendita di fabbricato con la seguente sequenza di atti:
alienazione, domanda di permesso di costruzione e successivo rilascio.
La Corte in questo caso si richiama alla precedente sentenza del 2014 "in
materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante
fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la
costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta
la riqualificazione dell'atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente
rettifica dell'imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in
ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce". L'atto
"deve esser tassato in ragione degli effetti giuridici che lo stesso
oggettivamente produce (Cass. N. 16345/2013; Cass. N. 15319/2013)". Nella
fattispecie, cessione di area pertinenziale di un fabbricato da abbattere.
6.2.3. Cassazione n. 16382 del 4 agosto 2016
Sentenza che si allinea alla precedente.
"Va premesso che si è più volte avuto modo di precisare che, in tema
d'imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 attribuisce
preminente rilievo all'intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell'atto
rispetto al suo titolo ed alla sua forma apparente (cfr., ex multis, Cass. Sez
6-5, ord. 2 dicembre 2015, n. 24594; Cass. Sez. 5, 28 giugno 2013, n. 16345) e
che, in tale contesto, non contrasta con la natura d'imposta d'atto
dell'imposta di registro l'attribuzione di rilevanza anche a comportamenti
successivi alla formazione dell'atto stesso (tra le altre Cass. Sez. 5, 14
febbraio 2014, n. 3481). Ciò posto, si è pure già avuto occasione di affermare
(cfr. Cass. Sez 5, 21 novembre 2014, n. 24799), la legittimità della
riqualificazione dell'atto quale vendita di terreno edificabile nel caso di
vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, in forza di successiva
richiesta di concessione edilizia (ora permesso a costruire) per la
realizzazione di nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato
preesistente. Compito del giudice di merito, infatti, è, in tal caso, quello di
accertare se la richiesta di demolizione, nel caso di specie preceduta già,
prima della stipula dell'atto di compravendita, da due pareri favorevoli
all'intervento poi realizzato, possa condurre alla qualificazione della causa
reale o concreta dell'atto come vendita di terreno edificabile, in ragione
degli effetti giuridici che essa oggettivamente produce".
6.2.4. Cassazione n. 10113 del 21 aprile 2017
Stessa impostazione delle sentenze precedenti. Ai fini della riqualificazione
ex art. 20 DPR 131/86 così si esprime questo giudice "non si ritiene che
la riqualificazione in termini di compravendita di area edificabile si ponga in
contrasto con l'orientamento di legittimità secondo cui: "in materia di
imposta sui redditi, come risulta dal tenore del D.P.R. n. 917 del 1986, art.
81, comma 1, lett. b) (ora 67) e art. 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, sono
soggette a tassazione separata, quali redditi diversi, le plusvalenze
realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di
utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento
della cessione, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e
quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l'alienante abbia presentato
domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione
dell'immobile e, successivamente alla compravendita, l'acquirente abbia
richiesto la voltura nominativa dell'istanza, in quanto la ratio ispiratrice
del citato art. 81 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che
trovi origine non da un'attività produttiva del proprietario o possessore ma
dall'avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione
urbanistica" (Cass. N. 15629/14; così Cass. 4150/14).
Va infatti considerato che una cosa è interpretare l'atto secondo la sua
intrinseca natura ed i suoi effetti giuridici, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art.
20, in vista della sua esatta collocazione tra i gruppi tariffari previsti ai
fini dell'imposta di registro; ed altra è affermare che l'acquisto di area già
edificata non dà luogo a plusvalenza tassabile (in capo al venditore) ai fini
dell'imposizione sul reddito".
"La sentenza conclude con una considerazione volta a superare anche
l'obiezione imperniata sulla identità (ai fini di molteplici tributi, tra i
quali anche le imposte di registro e quelle sui redditi) della ben nota nozione
di "area edificabile" formalizzata positivamente nell'estate del 2006
dalla manovra "Bersani - Visco": al riguardo, la pronuncia in
rassegna osserva che "tuttavia, la comunanza di disciplina non si spinge
oltre tale individuazione; sicché, ferma la natura fabbricabile del terreno
(...) (evenienza, nel caso di specie, incontroversa), diversa ed autonoma
rimane - pur in presenza di assetti negoziali del tutto analoghi -la
regolamentazione tributaria consequenziale al presupposto così descritto, a
seconda della natura e degli obiettivi propri di ciascuna imposta"[15]
6.2.5. Altre sentenze
Ricordiamo altre sentenze che riguardano l'applicazione dell'articolo 20 del
DPR 131/1986, relativamente ad altre fattispecie: n. 25001 dell'11 dicembre
2015, n. 2048 del 27 gennaio 2017, n. 3562 del 10 febbraio 2017, n. 8111 del 29
marzo 2017 e 8792 del 5 aprile 2017.
6.2.6. Cassazione del 1° marzo 2013
La Cassazione, confermata la sentenza della Commissione Regionale dell'Emilia
n. 119/6/06 del 3 novembre 2006, ha stabilito che un terreno agricolo con un
immobile diroccato era comunque "edificabile di fatto" e quindi
soggetto all'ICI. Quindi con una valutazione di fatto, è stato "ritenuto
il terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, costituendo un corpo
unico rappresentato dal terreno e dai fabbricati rurali destinati alla
demolizione e alla ricostruzione come fabbricati civili. La rettifica in esame
è stata fondata sulla base della riconosciuta suscettibilità di utilizzazione
edificatoria unitaria del terreno a prescindere dal fatto che la interessata
fosse inserita nel piano regolatore generale come zona agricola normale,
condizione che, in base alle considerazioni espresse, non impedisce il
riconoscimento della suscettibilità di utilizzazione edificatoria del
terreno". La sentenza appare comunque isolata, ed in ogni caso non
riguarda le imposte dirette.
7. Le interrogazioni alla Camera
La problematica relativa alla cessione di immobili da demolire è stata trattata
dai deputati con ben 4 interrogazioni parlamentari, il che è decisamente
inusuale.
Nell'ordine, queste sono le interrogazioni:
- n. 5-01881 del 7 ottobre 2009;
- n. 5-04214 del febbraio 2011;
- n. 5-04701 del 4 maggio 2011;
- n. 5-03220 del 15 luglio 2014.
Il testo dell'ultima interrogazione di Giulio Cesare Sottanelli, cui risponde,
in data 31 luglio 2014, l'allora Sottosegretario del Ministero dell'Economia e
delle Finanze Enrico Zanetti, espone in modo molto chiaro la problematica. Ci
si aspettava una altrettanto esaustiva risposta, ma, purtroppo, così non è
stato. Nella risposta, infatti, viene confermato che ai fini delle imposte
indirette il trattamento fiscale da applicare è quello specifico per il bene
trasferito (immobile), mentre ai fini delle imposte dirette si conferma
l'impostazione "cessione di area"[16]. Inoltre, viene sottolineato
che la riqualificazione è correttamente attuata quando basata su elementi certi
e non presuntivi, come ad esempio il prezzo di cessione, la richiesta di
concessioni edilizie per la demolizione e la ricostruzione dell'edificio o
anche l'attività imprenditoriale svolta dall'acquirente.
Ciò che lascia perplessi è l'ostinazione con cui viene portata avanti tale tesi
non solo dall'Amministrazione Finanziaria, ma anche dal Ministero stesso. A
nulla sono, quindi, valse le due sentenze n. 4150/2014 e n. 15629/2014. Si
ritiene di riportare una precisazione, alquanto significativa, nella risposta:
«Tenuto conto delle argomentazioni sviluppate dall'Agenzia, questo Ministero si
riserva di seguire i futuri sviluppi giurisprudenziali, monitorandone
attentamente l'andamento».
Ciò che sembra trasparire dalla frase è che la gestione delle questioni fiscali
è lasciata in mano esclusivamente all'Amministrazione Finanziaria, senza alcuna
autorità dunque in capo al Ministero. La cosa non ci rassicura per niente. Ad
ogni buon conto, dopo le due sentenze citate, cui se ne devono aggiungere altre
due nella stessa data dell'ultima, ci sono state due sentenze contrarie nel
2015 (12.294 e 16.983) seguite da ben 5 sentenze favorevoli ai contribuenti
(7599 e 7853 del 2016 e 4361, 7714 e 15920 del 2017.
8. Gli interventi in materia di imposte indirette
Si hanno inoltre più interventi in materia di imposte indirette, tutti che
confermano la tesi a favore della cessione di fabbricato, ancorché da demolire,
e non di area. E questo nonostante qualche isolata sentenza di Cassazione, che
afferma il contrario. In qualche caso il riferimento è ad una impresa che cede,
e non ad un privato, soggetto quindi che ha un requisito soggettivo per
l'applicazione dell'IVA. Ma le specificazioni sono comunque di ausilio per la
nostra analisi. Li elenchiamo:
8.1. Risoluzione n. 72/E del 23 marzo 2009
Con la Risoluzione n. 72/E del 23 marzo 2009, riferita alle imposte indirette,
al fine di non far fruire la cessione delle agevolazioni previste per i piani
particolareggiati (art. 33 DPR 601/73), una cessione di area (con immobile) è
stata considerata cessione di fabbricato, e quindi non agevolabile. Nella
fattispecie si era in presenza di un PIP (Piano per gli Insediamenti
Produttivi) ove dei privati avevano già eseguito delle costruzioni.
L'agevolazione è stata pertanto negata. Il fabbricato era stato costruito
dall'acquirente, prima di acquistare il suolo. A dire il vero il caso
riguardava un opificio, quando invece le norme agevolative richiamate nel caso
de quo riguardano l'edilizia economica e popolare. In caso di cessione di
un'area con sopra un opificio, si ha cessione di fabbricato, dovendosi guardare
alla realtà fattuale, ha affermato la Risoluzione 72/E/2009. Peccato che con la
Risoluzione n. 395/E/2008 tale concetto fosse stato sconfessato, l'anno prima.
In ambedue gli ambiti l'Amministrazione Finanziaria ha sicuramente cercato di
tutelare i suoi interessi, negando una agevolazione o tassando un atto:
tuttavia i concetti non possono essere stravolti in base alle singole
specifiche convenienze. La diversa interpretazione della stessa situazione da
sola toglie valenza alle stesse tesi dell'Amministrazione Finanziaria.
8.2. Telefisco 2011
In occasione del Telefisco 2011 (26 gennaio 2011), una risposta fornita
riguarda il corretto inquadramento, ai fini IVA, di una cessione di immobile
strumentale dismesso e da abbattere. La domanda verteva sull'applicazione della
normativa IVA sugli immobili (esenzione o IVA per opzione) oppure di quella
sulle aree (allora IVA 20%). La decisa risposta è stata per "cessione di
immobile": "il regime di tassazione ai fini IVA è strettamente
correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di
fatto e di diritto dello stesso all'atto della cessione, prescindendo quindi
dalla destinazione del bene da parte dell'acquirente. Tanto premesso, riguardo
la fattispecie prospettata, si esprime l'avviso che la stessa debba essere
trattata alla stregua di una cessione di "immobile strumentale";
ragion per cui si applica il regime di esenzione, salvo il caso di cessione
effettuata dal soggetto che ha operato la costruzione o la ristrutturazione del
medesimo immobile, entro il quarto anno dal compimento di tali opere, nonché il
caso di opzione per il regime di imponibilità operato dal cedente nell'atto di
cessione (in tale secondo caso la fatturazione è operata con il meccanismo
dell'inversione contabile in base all'articolo 17, comma 6, lettera a-bis) del
D.P.R. 633/1972)".
Quindi ai fini IVA, senza incertezze, la cessione di immobile da abbattere è
cessione di immobile e non di area, come se si potesse fare una distinzione tra
le imposte, e considerare un atto in un modo ai fini di certe imposte, e in
altro modo ai fini di altre imposte. Ma l'Amministrazione Finanziaria non si
rende conto dell'illogicità di una simile interpretazione? Si ritiene che il
regime di tassazione, ai fini IVA, si ricolleghi alla natura oggettiva del bene
ceduto, indipendentemente dalla destinazione che ne farà l'acquirente; sul
punto ovviamente non si può che convenire.
8.3. La circolare n. 28/E del 21 giugno 2011
L'Amministrazione Finanziaria è, infine, nuovamente intervenuta sulla
questione, con la Circolare n. 28/E del 21 giugno 2011, al punto 1.2 relativo
all'IVA (Regime IVA applicabile alle cessioni di fabbricati strumentali).
Una società aveva presentato una domanda per conoscere il corretto trattamento,
ai fini IVA, della cessione di un fabbricato strumentale dismesso, da demolire.
Si chiedeva se fosse possibile considerare tale cessione come cessione di area
edificabile con IVA 20%, oppure se fosse cessione di immobile, e quindi in
esenzione di imposta, salva l'opzione per l'applicazione dell'IVA.
La risposta, decisa, è stata questa: "Come si evince dalla lettura della
norma, il regime di tassazione ai fini IVA è strettamente correlato alla natura
oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello
stesso all'atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene
da parte dell'acquirente. Tanto premesso, riguardo la fattispecie prospettata,
si esprime l'avviso che la stessa debba essere trattata alla stregua di una
cessione di «fabbricato strumentale»". Quindi, ai fini delle imposte
indirette, è stata riconfermata l'esenzione ai fini IVA, salvo opzione, in
quanto cessione di fabbricato.
8.4. Aree soggette a piani urbanistici particolareggiati - Circolare n. 6/2001
L'acquisto di aree soggette a piani urbanistici particolareggiati era
agevolato, fino al 31 dicembre 2013, secondo l'art. 33 della legge n. 388/2000,
in base al quale tali atti erano assoggettati all'imposta di registro ridotta
dell'1%; tale aliquota ridotta era applicata, come prevedeva la circolare
dell'Agenzia delle Entrate del 26 gennaio 2001 n. 6, anche a un soggetto che
"acquista un terreno (o un fabbricato, magari da demolire), al fine di
"rendere edificabile" un'area già posseduta che, per motivi vari (es.
superficie inferiore a quella minima prevista dal piano particolareggiato per
l'edificabilità), non è suscettibile di edificazione". Dal 1° gennaio 2014
per gli atti in esame non so no più previste agevolazioni, per cui si applicano
le normali imposte (imposta di registro nella misura del 9% e imposte
ipotecarie e catastali nella misura fissa di 50,00 ciascuna)[17].
"Nell'ipotesi di acquisto di un fabbricato, perché si verifichi la
condizione dell'utilizzazione edificatoria dell'area, è necessario che
l'intervento consista nella demolizione e ricostruzione integrale. L'ambito
semantico della locuzione utilizzazione edificatoria dell'area, infatti, si estende
all'area di sedime di un fabbricato, compreso nell'ambito del piano urbanistico
particolareggiato acquistato in regime agevolato, poi demolito e ricostruito
nei successivi cinque anni" (Circolare n. 11/E del 31/01/2002).
Esaminiamo anche tre sentenze della Corte di Giustizia Europea sempre i materia
di imposte indirette.
Corte di Giustizia Europea (19 novembre 2009)
L'interpretazione ministeriale pare trovare un qualche avallo in materia di
imposte indirette, anche in una sentenza della Corte di Giustizia UE (Sentenza
19/11/2009, C - 461/08). Questo era il fatto: cessione di un terreno con
relativo fabbricato destinato alla demolizione, con avvio dei lavori già
intrapresi da parte dello stesso venditore. Ai fini Iva (siamo in Olanda) la
Corte di Giustizia ha ritenuto che si trattasse di cessione di area non
edificata, e, nello specifico, soggetta ad Iva, in luogo della esenzione,
applicabile invece nel caso di cessione di fabbricato. Nella fattispecie, però,
ha avuto una forte influenza il fatto che la demolizione fosse già iniziata dal
venditore ante cessione. Per la proprietà, impresa, si trattava di cessione di
area soggetta ad Iva; per il fisco olandese, invece, cessione di fabbricato,
esente Iva. Soccombente in questo caso è risultato il fisco olandese; tuttavia,
gli interessi delle parti erano esattamente contrari, rispetto alla situazione
italiana. La proprietà riteneva trattarsi di cessione di area,
l'amministrazione finanziaria cessione di fabbricato.
La Corte Europea si è comunque pronunciata per la tesi della cessione di area
piuttosto che di fabbricato, forse proprio in quanto il cedente aveva già
iniziato la demolizione. Per la Corte Europea, la cessione di un terreno su cui
sorge un fabbricato la cui demolizione è già iniziata prima di tale cessione, e
la demolizione stessa di tale fabbricato, formano un'operazione unica avente ad
oggetto, nel suo complesso, non la cessione del fabbricato esistente, ma quella
di un terreno non edificato. Indipendentemente dallo stato di avanzamento dei
lavori di demolizione del vecchio fabbricato al momento della cessione del
terreno, l'operazione non può ricadere nell'esenzione prevista dalla sesta
direttiva per la cessione di fabbricati e non per la cessione di aree. In
definitiva, la Corte Europea ha sostenuto quanto sostiene ora l'Amministrazione
finanziaria in Italia, ma, come abbiamo visto, l'interesse delle parti nel caso
specifico era proprio l'opposto rispetto alla fattispecie italiana. Ciò,
invero, potrebbe far ritenere rafforzata la tesi italiana, ma si ricorda che la
demolizione era già stata iniziata dal cedente, che se ne era assunto anche il
completamento.
Corte di Giustizia Europea (12 luglio 2012)
Il caso era essenzialmente lo stesso, ma la sentenza è andata in senso
contrario. Ci riferiamo sempre alle imposte indirette. Nel caso specifico
l'acquirente (olandese) intendeva demolire, e la demolizione era peraltro già
iniziata. La Corte ha ritenuto trattarsi comunque di cessione di immobile,
esente da IVA, piuttosto che cessione di area edificabile, soggetta invece ad
IVA.
E l'evidente contrasto con la precedente relazione è stato motivato dal fatto
che, nel caso di cui alla precedente sentenza, il venditore si era impegnato
anche a concludere la demolizione, fattispecie invece non prevista nel caso
specifico. Ci pare motivazione debole.
Corte di Giustizia Europea (17 gennaio 2013, C-543/11)
Siamo sempre in Olanda; il caso riguarda, ai fini IVA, la cessione di un
terreno da parte di un Comune, il quale si era impegnato a demolire l'immobile
sovrastante. La parte aveva ritenuto trattarsi di cessione di area, e quindi da
assoggettare ad IVA. L'Amministrazione Finanziaria riteneva invece trattarsi di
immobile, e quindi da ritenere esente da IVA. La Corte ha stabilito trattarsi
di cessione di terreno, stante l'esplicito impegno da parte del venditore alla
demolizione.
9. I vari interventi dell'Amministrazione Finanziaria
Riportiamo di seguito vari interventi dell'Amministrazione Finanziaria, i primi
in accordo con la Risoluzione 395/E del 2008, in contrasto, invece, nella parte
finale (lettera e).
a) Una precedente interpretazione ministeriale (Risoluzione n. 181 del 24
luglio 2007)
Con la Risoluzione n. 181 del 24 luglio 2007 l'Amministrazione Finanziaria era
già intervenuta su una fattispecie per certi versi simile. Il caso riguardava
la risposta ad un Interpello presentato da un privato relativamente ad un
conferimento in una società di beni immobili inseriti in un programma integrato
di intervento ai sensi di una legge della Regione Campania. Ancorché i beni
fossero inseriti in un programma integrato di intervento, l'Amministrazione
Finanziaria non aveva ritenuto di poter parificare tali beni alla situazione di
un piano di recupero, la cui cessione godeva appunto di agevolazioni.
Secondo l'Agenzia delle Entrate non si era in presenza di un Piano di Recupero.
La domanda riguardava anche il trattamento fiscale ai fini delle imposte
dirette; questa la risposta dell'Amministrazione Finanziaria:
"Per chiarezza si precisa che il trasferimento di cui è causa genera
plusvalenza in quanto interessa un 'area destinata ad essere edificata ex novo
in base alla regolamentazione del Piano integrato di riqualificazione
urbanistico ambientale. Se la cessione, invece, avesse avuto ad oggetto dei
fabbricati, la plusvalenza non si sarebbe realizzata in quanto l'atto di
acquisto da parte del soggetto che intende procedere al conferimento risulta
essere avvenuto nel 1975. Non sarebbero rispettate, quindi, le condizioni
temporali di cui all 'articolo 67, lett. b), TUIR in base al quale sono redditi
diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni
immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni".
La Risoluzione, non molto chiara, lascia comunque un po' di incertezza, in
quanto nelle conclusioni pare negare quanto invece precedentemente affermato.
b) L'intervento della Direzione Regionale Emilia Romagna (31 maggio 2010)
La Direzione Regionale Emilia Romagna[18] ha confermato in toto l'orientamento
della Risoluzione del 22 ottobre 2008 n. 395. Con la risposta ad Interpello del
31 maggio 2010 (prot. 909 -28406/2010) ha, infatti, affermato che l'atto di
cessione di fabbricato da demolire, sotto l'aspetto tributario, per le imposte
dirette, va riqualificato come cessione di area.
La Direzione Regionale dell'Emilia Romagna, individuando nel compendio
immobiliare un'area edificabile in virtù del fatto che le costruzioni avrebbero
perduto qualunque valore in seguito al piano concordato con il Comune, conclude
per l'imponibilità della plusvalenza, con possibilità di applicare l'imposta
sostitutiva del 4% sul valore di perizia per sterilizzare la maggiore Irpef a
tassazione separata altrimenti dovuta per la cessione.
c) Interpello Agenzia delle Entrate delle Marche, Prot. n. 23635 del 28
settembre 2010
Esaminiamo anche la risposta a Interpello da parte dell'Agenzia delle Entrate,
Direzione Regionale delle Marche, Ufficio Consulenze (Prot. n. 23635 del
28/09/2010). Il caso riguardava la cessione di più unità abitative pervenute
per successione con pagamento in permuta con il costruendo:
"in linea di principio - in quanto la constatazione del concetto assunto
degli interessi coinvolti, comporterebbe l'esame puntuale e la valutazione di
fatto della Dichiarazione di Successione del PRG del Comune di XXX e del
Contratto di Appalto che le parti intendono stipulare per la realizzazione dei
lavori, rappresenta una prerogativa non esercitabile dall'Agenzia delle Entrate
nella presente fase - appaiono sufficienti ad escludere la formazione della
plusvalenza di cui all 'articolo 67 del TUIR, in relazione alla quota di
fabbricato urbano pervenuto nella sfera patrimoniale dell 'istante per effetto
della successione. In ordine alle quote del suddetto fabbricato che dovessero
pervenire all'Interpellante a titolo oneroso, si applicheranno le disposizioni
di cui agli artt. 67 e 68 del TUIR.
Per l'individuazione del momento impositivo occorrerà fare riferimento al
contenuto del contratto di appalto. Tuttavia, infine, corre l'obbligo di
precisare quanto segue: se l'oggetto della cessione, da effettuarsi con
permuta, dovesse essere rappresentato - elemento che potrebbe sfuggire
all'analisi fin qui effettuata, data la possibilità di esprimere nelle presente
fase la valutazione di atti, fatti o negozi - dal terreno "suscettibile di
utilizzazione edificatoria", così come interpretato dalla Risoluzione del
22 ottobre 2008, n. 395/E, sarebbe opportuno inquadrare la fattispecie
sottoposta nell'alveo definitivo dalla medesima Risoluzione".
La conclusione appare però un po' confusa, in quanto dopo aver escluso da
imposizione la cessione, poi invece la prevede, ove fossero ricorrenti i
presupposti della Risoluzione Ministeriale n. 395/E del 2008 (cessione di
area).
d) Direzione Regionale delle Entrate dell'Emilia Romagna - risposta a
Interpello 01/12/2011 n. 909-59654/2011
La Direzione Regionale delle Entrate dell'Emilia Romagna ha risposto ad un
Interpello di una ULSS locale che intendeva cedere un immobile con area
pertinenziale edificata. La parte riteneva di scindere in due la cessione:
fabbricati (cessione ininfluente ai fini delle imposte sui redditi, in quanto
cessione nell'ambito dell'attività non d'impresa di bene posseduto da più di 5
anni) e cessione dell'area, imponibile.
Così premesso l'Agenzia delle Entrate, "nello specifico, occorre stabilire
se i terreni edificabili ceduti insieme ai fabbricati posseduti da più di
cinque anni, ne costituiscono una pertinenza."
"Ai sensi dell'art. 817 del codice civile, il rapporto pertinenziale fra
due beni presuppone la concorrente esistenza di un elemento oggettivo,
rappresentato dalla destinazione di un bene al servizio od ornamento
dell'altro, e di un correlato elemento soggettivo, corrispondente alla volontà
di destinazione del bene in tal senso, da parte del proprietario. La
destinazione deve essere tale da imprimere al bene pertinenziale un carattere
di subordinazione funzionale e deve essere fatta in modo durevole, anche se non
è necessario che sia assoluta o perpetua. Inoltre tale destinazione, pur
essendo un atto volontario, non può coincidere con il mero arbitrio del
proprietario, ma deve consistere in un atto che rispecchi l'uso normale del
bene. E' questo il caso dei giardini, cortili e simili qualificati
espressamente come pertinenze di fabbricati urbani nelle istruzioni al Modello
UNICO. Inoltre, la cessazione del rapporto pertinenziale fra i due beni
consegue comunque al venir meno anche di uno solo degli elementi suindicati
(soggettivo e oggettivo). Tornando al quesito proposto, la circostanza che il
terreno abbia una potenzialità edificatoria e, quindi, sia idoneo ad un
utilizzo diverso da quello meramente pertinenziale, fa presumere che l'intera
area, al momento della cessione, assuma una qualificazione giuridica autonoma,
venendo meno il rapporto di pertinenzialità."
Così concludendo, l'Agenzia "non condivide la soluzione prospettata,
secondo la quale sarebbe rilevante ai fini della plusvalenza la sola area
eccedente la superficie del fabbricato esistente; al contrario, in sede di
vendita, agli effetti dell'applicazione dell'art. 67 del TUIR, la cessione
dell'intero complesso immobiliare genera plusvalenza assoggettabile ad
imposizione diretta".
Conseguentemente, secondo questa risposta, l'intero complesso immobiliare (e
non solamente l'area pertinenziale edificata) rientra nella cessione di area,
tassata come reddito.
e) La contrastante circolare n. 1/E/2007 del 19 gennaio 2007
Per contestare la tesi dell'Amministrazione Finanziaria può essere utilizzato
un altro intervento, sempre proveniente dalla stessa Amministrazione
Finanziaria. La circolare n. 1/E del 19 gennaio 2007, paragrafo 7.4, solo sei
mesi prima della Ris. 181/2007, ha stabilito che nel caso di acquisto di
fabbricato da demolire, ma comunque in quel momento ancora atto all'uso, si
tratta pur sempre di acquisto di fabbricato, e non di area[19]: "Occorre
precisare al riguardo che, nel caso in cui il fabbricato preesistente, ora
demolito, fosse stato un bene strumentale funzionante, il valore dell'area ed
il valore del fabbricato saranno determinati applicando i criteri
ordinariamente stabiliti dal comma 7 (raffronto tra il valore dell'area
eventualmente esposto in bilancio al momento dell'acquisto e quello che si
ottiene applicando i coefficienti del 20 o 30 per cento al costo complessivo
dell'immobile, comprensivo del valore dell'area). Il costo residuo del
fabbricato demolito - come sopra determinato -sarà ammesso in deduzione ai
sensi dell'articolo 102, comma 4, del TUIR, mentre le spese di bonifica
relative alla demolizione e capitalizzate insieme ai costi della nuova
costruzione sono da imputare al terreno e ne incrementano il valore fiscalmente
riconosciuto".
Al contrario, in presenza di un rudere, da un punto di vista fiscale si
considera acquisto di un'area (sempre dalla stessa circolare): "Nel caso,
invece, in cui il fabbricato preesistente sia solo un rudere acquistato
unitamente al terreno, a tale fattispecie non è applicabile la disciplina del
comma 7 ed il costo d'acquisto deve essere interamente imputato al terreno e
non al rudere. Si osserva al riguardo che un rudere, non potendo costituire un
bene strumentale in quanto non funzionante, non è ammortizzabile".
È di tutta evidenza la contraddizione che si viene a creare con questi due interventi.
Da una parte si afferma che se il fabbricato è atto all'uso, ancorché da
demolire, è da considerare fabbricato (Circolare n. 1/E del 2007); dall'altra
si vorrebbe considerare la sola cessione di area (Risoluzione Ministeriale n.
395/E del 2008). Appare evidente che una delle due contrastanti interpretazioni
è errata; e, da parte nostra, riteniamo essere errata proprio la Risoluzione
Ministeriale 395/E del 2008.
10. Altra giurisprudenza
Il copioso ricorso da parte dei contribuenti al contenzioso tributario
sull'argomento ha generato una diffusa giurisprudenza sulla tematica.
Nella tabella sono proposte le numerose sentenze ed interventi ministeriali e a
seguire due brevi commenti, il primo su una sentenza del Consiglio di Stato, il
secondo sulla recente CTR Veneto.
10.1 Sintesi prassi e giurisprudenza
(vedi pdf allegato)
10.2. Consiglio di Stato, Sentenza n. 2723 del maggio 2012
Il Consiglio di Stato è intervenuto con la sentenza n. 2723 del maggio 2012
relativamente alla questione di demolizioni parziali specificando che "ad
ogni buon conto, occorre ricordare che questo stesso Consiglio di Stato (sez.
IV, 19 febbraio 2007 n. 867), ha già affermato che "la demolizione
parziale si ha quando continua ad esistere una parte del manufatto, avente una
propria autonomi, tale da far ritenere sussistente un edificio in senso
tecnico. E non si può considerare esistente un edificio in senso tecnico,
quando siano conservate soltanto le fondamenta e una parte del muro
perimetrale, senza cioè la copertura dei muri perimetrali. Il che porta ad
escludere, anche in virtù di quanto concretamente effettuato, che nel senso di
specie ricorra un 'ipotesi di demolizione parziale". Pertanto, secondo il
Consiglio di Stato, finchè esiste una parte di fabbricato autonoma, si è quindi
in presenza di un fabbricato; di un'area invece in caso contrario.
10.3. Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 829 del 23
giugno 2016, Rel. Daniele Corletto
La sentenza citata riguarda una cessione di un fabbricato ed un'area scoperta
annessa. Prima della cessione, la parte acquirente aveva richiesto ed ottenuto
per tale area, un permesso per costruire, previa demolizione.
I giudici di merito, ritenendo "che il concreto inquadramento di una
fattispecie ai fini della determinazione del corrispondente regime fiscale vada
fatta in ogni caso alla luce di una valutazione sostanziale che, ispirandosi al
principio di verità, orti ad individuare la effettiva funzione economica e
giuridica che un comportamento od un negozio venga ad assumere, nel quadro dei
correnti rapporti economici e sociali", hanno considerato anche le istanze
edilizie e utilizzato quale elemento cardine il prezzo.
Hanno infatti concluso ritenendo che il corrispettivo pattuito fosse molto più
elevato rispetto a quello medio per gli immobili nell'area, considerando
peraltro che "l'edificio era da qualificarsi come inabitabile, e comunque
abbisognevole di significativi interventi per poter essere utilizzato ".
La Commissione Regionale, andando contro alla decisione di merito di primo
grado (CTP Vicenza n. 878/07/14 del 29/12/2014) ha riqualificato la
compravendita in cessione di area fabbricabile.
11. La riqualificazione degli atti
E' pacifico che l'Amministrazione Finanziaria, nella sua attività accertativa,
nel tramutare la cessione di un immobile in cessione di terreno effettua una
riqualificazione dell'atto. E questo, come abbiamo visto, solo per le imposte
dirette, che per le indirette è quasi del tutto pacifico che si tratti di cessione
di immobile.
Invero non abbiamo trovato riscontro a specifiche norme particolari, ma la
semplice permutazione dei beni, da immobile a terreno.
Si può dire che l'Amministrazione Finanziaria ha riqualificato l'atto di
cessione?
Per certi versi sì.
Ricordo che, ai fini dell'imposta di registro (e anche ipotecarie e catastali)
vige tutt'ora l'art. 20 del TUR, così come notificato dalla Legge di Stabilità
2018. L'attività interpretativa degli uffici deve riguardare lo specifico atto
presentato per la registrazione, sulla base dei soli elementi desumibili
dall'atto stesso, prescindendo da elementi extratestuali o desumibili da altri
atti collegati a quello presentato per la registrazione. La relazione al
provvedimento precisa che non rilevano, ai fini dell'interpretazione degli atti
presentati per la registrazione, "gli interessi concretamente perseguiti
dalle parti nei casi in cui gli stessi potranno condurre ad una assimilazione
di fattispecie contrattuali giuridicamente distinte".
La Cassazione ha già precisato che tale norma non ha valenza retroattiva,
(Sentenza n. 2007 del 26 gennaio 2018) e questa è applicabile solo dall'1
gennaio 2018.
(Contra CTP Reggio Emilia n.4 del 31 gennaio 2018).
E ai fini delle imposte dirette, potremmo parlare di riqualificazione
dell'atto? Non proprio. Ricordiamo come l'art. 37 bis del DPR 600/73, così
stabilisce: "sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i
fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche,
diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e
ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti" è stato
abrogato dall'art. 1, comma 2 Decreto Legislativo 5 agosto 2015 n. 128, ed ai
sensi dello stesso le disposizioni che richiamano l'articolo 37 bis si
intendono riferite all'art. 10 bis legge 27 luglio 2000 n. 212, in quanto
compatibili.
Tale articolo così statuisce:
"Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza
economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, non realizzano
essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili
all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i
tributi sulla base delle norme e dei principi elusivi e tenuto conto di quanto
versato dal contribuente per effetto di dette operazioni".
L'Amministrazione Finanziaria può così disconoscere vantaggi tributari
derivanti da operazioni che configurano abuso di diritto, a meno che il
contribuente non dimostri la sussistenza di valide ragioni extrafiscali.
Ma nella fattispecie non c'è alcun abuso del diritto; la volontà delle parti è
quella di cedere un immobile, ancorchè da abbattere, e necessariamente l'atto
quel bene riporta. Del resto, nemmeno si sarebbe potuto redigere un atto
diverso, come si è visto.
12. Suggerimenti pratici operativi
Stante la decisa e invariata presa di posizione dell'Agenzia delle Entrate, in
attesa di un auspicabile intervento chiarificatore, quali sono le possibili
alternative?
La prima via percorribile è quella di non trattare l'atto ai fini delle imposte
dirette (dunque qualificarlo come cessione di fabbricato). In questo caso va
considerato che è altamente probabile un accertamento da parte
dell'Amministrazione Finanziaria.
La seconda possibilità è quella di adeguarsi e sottostare all'interpretazione
ministeriale, eventualmente aderendo alle norme che consentono l'affrancamento.
L'altra possibilità potrebbe essere quella di trattare l'atto come cessione di
terreno (così come richiesto dal Fisco), presentando la dichiarazione e
contemporaneamente un'istanza di rimborso, ed eventualmente perseguire la via
del contenzioso dinanzi la Commissione Tributaria competente.
13. Conclusioni
Le sentenze n. 4150/2014 e 15629/2014 della Corte di Cassazione (e le n. 15630
e 15631 in pari data) concernenti la negata riqualificazione compiuta
dall'Ufficio delle cessioni di immobili da abbattere facevano confidare in un
adeguamento, da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Ma così non è stato; l'Amministrazione Finanziaria, incurante della
giurisprudenza di legittimità citata e forte dell'interpello del 15 luglio 2014
e anche delle successive sentenze in controtendenza sempre della Suprema Corte
del 2015 (n. 12.294 e 16.983), ha continuato sulla sua strada, riqualificando
gli atti.
Ma poi sono arrivate le sentenze n. 7599 e 7853 del 2016 e la n. 4361, 7714,
10113 (invero riferita alle imposte indirette), 15920, 19129 del 2017,
favorevoli al contribuente.
La fattispecie in esame è particolarmente semplice e chiara: se l'atto di
cessione ha oggetto un fabbricato, la natura dell'atto sarà la medesima anche
ai fini delle imposte dirette, qualsiasi sia la volontà dell'acquirente.
Si tratta di una tesi che la dottrina sostiene da sempre, contraria a quella
dell'Agenzia delle Entrate, la natura del bene ceduto non può essere variata
solo per questione di gettito.
A questo punto la questione passa al Ministro dell'Economia e delle Finanze;
era stato indicato tramite l'Onorevole Enrico Zanetti, che avrebbe monitorato
la questione. E' il caso che lo faccia dopo le 11 sentenze univoche (invero 4
contrarie), se non altro per non perdere credibilità. Il Ministro Pier Carlo
Padoan non era intervenuto, sul punto. Chissà se invece il Ministro Giovanni
Tria vorrà finalmente intervenire. Ce lo auguriamo.
Si confida poi che la Cassazione finalmente ritenga giusto il momento di fare
intervenire le Sezioni Unite, su questa.
Speriamo che non sia necessario continuare ad adire il contenzioso, su questo
punto, per far valere questa semplice tesi: la natura del bene ceduto non può
essere variata solo per questione di gettito.
[1] Per un approfondimento dei contenuti della risoluzione in commento, cfr. S.
Giovagnoli - Emanuele Re, La tassazione Irpef nelle cessioni di fabbricati
compresi in piani di recupero, Dispensa MAP n. 10, novembre 2008; G. Rebecca,
Immobili da demolire con prelievo bifronte, ne Il Sole 24 Ore - Norme e tributi
del 14 marzo 2011, p.2; G. Rebecca, Il fabbricato da demolire e le imposte, ne
Il Fisco n. 33/2011, p.5327; G. Rebecca, Cessione di fabbricato da demolire, ne
Il Fisco n. 130/2011, p. 1999; G. Rebecca, Riqualificabilità della cessione di
fabbricato da demolire in cessione di terreno, ne Il Fisco n. 37/2010, p. 5959.
[2] Cfr. S. Giovagnoli - Emanuele Re - La tassazione Irpef nelle cessioni di
fabbricati compresi in piani di recupero, Dispensa MAP n. 10, novembre 2008.
[3] Cfr. A. Busani, Trasformazione fiscale da fabbricato a terreno , ne Il Sole
24 Ore, 08/11/2008, dove di legge: "quando la legge fiscale dispone la
tassazione della plusvalenza nel caso di cessione di "terreno suscettibile
di destinazione edificatoria ", il presupposto della norma non può che
essere la natura del bene venduto, ma non certo l'intenzione
dell'acquirente"
[4] Cfr. A. Busani, Trasformazione fiscale da fabbricato a terreno, ne Il Sole
24 Ore dell'8 novembre 2008, pag. 31; L. Gaiani, L'area fabbricabile si
estende, ne Il Sole 24 Ore del 23 ottobre 2008, pag. 34.
[5] C. Corradin, Risoluzione n. 395/E del 23 ottobre 2008: il reddito derivante
dalla cessione di fabbricati ricadenti in Piani di Recupero, ne Il Fisco n. 41
del 2008, pag. 7421.
[6] E. Zanetti, Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008: le nuove incertezze
"regalate" dall'Agenzia delle Entrate sulla nozione di area
edificabile, ne Il Fisco n. 46 del 2008, pag. 8223; G. Rebecca,
Riqualificabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di
terreno, ne Il Fisco n. 37 del 2010 p. 5959; Cessione di fabbricati da demolire,
ne Il Fisco n. 13 del 2011, pag. 1999, Immobili da demolire con prelievo
bifronte, ne Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi del 14 marzo 2011, p. 2; Cessione
di immobili da demolire: cessione di area edificabile o di fabbricati?, ne Il
Fisco n.3 del 2014; P. Meneghetti - G.P. Ranocchi, Piani di recupero
edificabili ne Il Sole 24 Ore, 14 gennaio 2010.
[7] A. Albano - P. Stellacci, Profili interpretativi in materia di cessione di
fabbricati da demolire che insistono su area fabbricabile, ne Il Fisco n. 17 del
2011, p. 2675.
[8] "«Riqualificazione» da fabbricato a terreno edificabile e accertamento
di plusvalenza «speculativa»", di Giorgio Gavelli e Matteo Targhini e R L,
in Dialoghi Tributari n. 6 del 2012.
[9] "Conferme giurisprudenziali che i fabbricati demoliti dall'acquirente
restano tali ai fini tributari", di Giorgio Gavelli e Matteo Targhini e R
L, in Dialoghi Tributari n. 3 del 2013.
[10] Sentenza di Cassazione n. 2575 del 29 marzo 1990 : la sentenza trattava
dell'accertamento di maggiori imposte Invim e di registro dovute da acquirente
e venditore di un appartamento al quale l'Amministrazione Finanziaria aveva
attribuito un maggior valore rispetto a quello individuato dalle parti. Il
ricorso, proposto solo dall'acquirente, si era risolto a suo favore; pertanto
la Cassazione ha stabilito che anche la parte non ricorrente poteva giovarsi,
ex art. 1306 del codice civile, della sentenza favorevole ottenuta da altro
debitore solidale: la Pubblica Amministrazione, per un dovere di correttezza,
non può profittare di situazioni contingenti favorevoli, quali appunto un
accertamento non impugnato nei termini.
[11] Sentenza di Cassazione n. 4117 del 22 marzo 2002 : la sentenza trattava
dell'accertamento della maggior imposta dovuta ai fini Irpef e Ilor,
riprendendo a tassazione una maggiore plusvalenza per l'avviamento, conseguita
a seguito della cessione dell'azienda. Secondo la Cassazione, il valore
definitivamente assegnato, ai fini dell'imposta di registro, all'avviamento
nell'ambito del trasferimento di azienda, è vincolante per l'Amministrazione
finanziaria nell'accertamento, ai fini delle imposte sui redditi, avente ad
oggetto plusvalenze realizzate con lo stesso trasferimento.
[12] Art. 20, D.P.R. n. 131/1986: "L'imposta è applicata secondo la
intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla
registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma
apparente."
[13] Circolare n. 28/E del 21 giugno 2011, §1.2.
[14] Art. 1, D.P.R. n. 131/1986: "L'imposta di registro si applica, nella
misura indicata nella tariffa allegata al presente testo unico, agli atti
soggetti a registrazione e a quelli volontariamente presentati per la
registrazione".
[15] Stefano Baruzzi in "ilfisco " n. 23 del 2017, pag. 1-2271
-Riqualificazione di terreni agricoli e fabbricati da demolire come terreni
edificabili. Commento.
[16] Questa risposta, invero, è già stata in parte smentita, come visto al
precedente paragrafo, dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24799/2014,
nella quale viene sostanzialmente ritenuta corretta la riqualificazione da
immobile ad area edificabile operata dall'Amministrazione Finanziaria ai fini
dell'imposta di registro.
[17] Circolare Agenzia delle Entrate n.2/E del 21 febbraio 2014.
[18] Giorgio Gavelli e Gian Paolo Tosoni, pag. 5965, cit.
[19] P. Meneghetti, G.P. Ranocchi, Piani di recupero edificabili, Il Sole 24
ORE, 18 gennaio 2010.
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