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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 19/01/2023 Scarica PDF
Le registrazioni audio come prova civile
Massimo Eroli, Professore aggregato nell'Università di PerugiaCon la moderna tecnologia è sempre più facile procurarsi registrazioni audio (ma anche video) di fatti aventi rilevanza giuridica avvenuti in propria presenza o, per le conversazioni a distanza, di cui si sia uno degli interlocutori. Sorge quindi la questione di definire quale sia la loro rilevanza probatoria nel processo civile e quali siano le modalità per la loro produzione in giudizio.
Innanzitutto la registrazione[1], come sopra definita, è del tutto lecita a prescindere dal consenso degli altri interlocutori e così anche il suo uso a fini difensivi in ragione dell'imprescindibile necessità di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall'altra e pertanto di contemperare la norma sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio[2].
Come noto nel processo civile, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. “il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti”. Sussistono quindi i principi dell’atipicità dei mezzi di prova con l’ammissibilità di prove anche non previste specificamente dalla legge e della loro valutazione da parte del giudice secondo criteri di argomentazione logica convincente il cui percorso viene esplicitato nella motivazione. Tranne chiaramente quando, per le cd. prove legali, è la norma a predeterminarne l’efficacia impedendo al giudice ogni valutazione sul contenuto delle stesse.
Le registrazioni fanno parte del più ampio genere delle riproduzioni meccaniche per cui l’art. 2712 c.c. dispone che “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
Tale norma non prevede assolutamente un divieto di utilizzo qualora intervenga il disconoscimento ivi previsto, ma semplicemente da valore di prova legale alle riproduzioni non contestate[3] che fanno appunto “piena prova” sfuggendo alla libera valutazione del giudice.
Oggi le registrazioni audio possono essere ancora analogiche ma il più delle volte saranno effettuate con mezzi informatici, dando luogo ad un documento informatico, definito dall’art. 1 comma 1 lettera p del d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82 (codice dell’amministrazione digitale) come il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti e dall’art. 3 n. 35 del Regolamento UE n. 910/14 cd. eIDAS (electronic Identification Authentication and Signature) come qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica, in particolare testo o registrazione sonora, visiva o audiovisiva.
Importantissimo quindi l’art. 46 eIDAS che dispone, con efficacia prevalente su eventuali norme di diritto interno, che “a un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica”.
Il fatto quindi che un documento informatico possa essere teoricamente oggetto di manipolazioni, in alcuni casi più facili da realizzare rispetto all’omologo analogico, non preclude che il giudice lo debba prendere in considerazione e comunque valutare e che tale valutazione debba essere fatta in concreto senza utilizzare come unico motivo di eventuale esclusione il fatto che la sua forma sia elettronica.
Stante la previsione che il mancato disconoscimento della parte nei cui confronti è prodotto fa assurgere la registrazione a prova legale, va prima definito in cosa debba consistere detto disconoscimento.
Sarebbe infatti troppo facile eliminare la possibilità che la registrazione sia prova legale a seguito di una mera formula di stile del tipo di un secco “se ne disconosce la conformità a quanto rappresentato”, che a questo punto sarebbe assurdo non fare sempre, togliendo alla norma ogni rilevanza pratica se non nei casi di totale dabbenaggine della parte che non assolva tale onere.
Va quindi data piena adesione a quella giurisprudenza della Corte di Cassazione[4] che afferma che “il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta”[5] non essendo appunto sufficiente una dichiarazione non circostanziata[6].
In particolare è stato affermato[7] che a tale principio non può fare eccezione il disconoscimento della conformità delle registrazioni[8] dove il fatto rappresentato è la voce umana e la sua appartenenza ad un individuo piuttosto che ad un altro cosicché è necessario che si spieghi perché la registrazione sarebbe inattendibile[9] esponendo quali elementi ne paleserebbero la falsità.
Quindi non è sufficiente affermare genericamente che non sia quella la voce, che la conversazione non sia mai avvenuta e che quanto riportato non sia quanto realmente accaduto, ma occorre indicare rispettivamente in cosa differisce la voce e quali siano gli elementi da cui si sospetta l’eventuale falsità della registrazione.
Qualora il disconoscimento sia effettuato correttamente, la conseguenza è che la registrazione non acquista il valore di piena prova, ma deve essere comunque oggetto di prudente valutazione da parte del giudice, in quanto il disconoscimento della conformità ai fatti rappresentati non può[10] impedire al giudice di trarre argomenti di giudizio ove sorretti da elementi gravi, precisi e concordanti[11].
Questa conclusione è pienamente sorretta dalla volontà del legislatore, considerato, oltre il chiaro dato della relazione al codice[12], che sia nell’originale sistema codicistico, sia in quello che si è venuto a creare con l’inserimento di norme speciali[13] del tutto coerenti[14], l’art. 2712 c.c. non si pone come eccezione al generale principio del prudente apprezzamento delle prove da parte del giudice quando ci sia stato un disconoscimento rituale, ma solo quando il disconoscimento non ci sia stato, facendo quindi acquisire alla riproduzione il valore di piena prova, non sindacabile per quell’aspetto dal giudice.
Né, dovendosi comunque fare i conti con il chiaro disposto dell’art. 20, comma 1° bis, c.a.d. che obbliga senza incertezze a considerarla valutabile anche in presenza di disconoscimenti, è logicamente possibile discriminare a contrario la riproduzione quando sia informatica rispetto a quando sia analogica[15].
Non c’è quindi alcun argomento valido contro la conclusione che, intervenuto il disconoscimento, il giudice debba comunque valutare la riproduzione, sia analogica che digitale[16], e quindi la registrazione secondo appunto il suo prudente apprezzamento.
Apprezzamento che dovrà tenere in debito conto le altre prove anche presuntive acquisite nonché indizi che possano in quel contesto fare ritenere attendibile la registrazione nonostante la contestazione.
Così ad esempio il giudice potrà disporre la comparizione personale delle parti per valutare direttamente la corrispondenza della voce, valutare la coerenza della registrazione alla stregua di altri elementi acquisiti nel procedimento ma anche di elementi intrinseci come ad esempio la pluralità dei partecipanti od eventuali rumori di fondo o disporre una consulenza tecnica di ufficio quando lo ritenga opportuno, ad esempio per verificare l’esistenza o la probabilità di eventuali manomissioni o costruzioni della registrazione.
Non potrà invece in nessun caso ignorare la riproduzione senza dare una adeguata motivazione sulla sua attendibilità, né tanto meno tale motivazione può consistere nella sussistenza del solo rituale disconoscimento operato dalla controparte.
Sotto il profilo di come materialmente la registrazione possa avere ingresso nel processo, ciò che è importante è che essa sia realmente acquisita agli atti nei termini di decadenza stabiliti dalla procedura.
Il che significa che quando sia materialmente impossibile farla confluire nel fascicolo informatico[17], la parte si deve tempestivamente attivare per la sua produzione materiale su supporto informatico o analogico, attraverso il deposito in cancelleria, deposito per cui si ritiene che non occorra alcuna previa autorizzazione del giudice, non essendo appunto possibile altro modo. L’autorizzazione invece occorre quando il deposito telematico sia comunque possibile ma sussistano ragioni da valutare per procedere altrimenti.
Sempre per quanto riguarda il processo civile telematico, non possono essere ostative all’ingresso nel fascicolo informatico le cd. regole tecniche sui formati ammissibili previste dal d.m. 21 febbraio 2011, n. 44[18], considerato che è perfettamente possibile, senza alcuna violazione nominale delle specifiche, inserire le registrazioni, in qualsiasi formato siano, come allegato in un file .pdf (che per sua natura è un formato di incapsulamento di documenti informatici ma non un formato compresso in senso proprio[19]) o compiendo una mera irregolarità[20] che non può dare luogo ad alcuna nullità, che dovrebbe in caso essere espressamente prevista[21] ma così non è, come allegato in un file compresso ammesso.
Quello che è importante, si ripete, è il reale ingresso nel fascicolo telematico senza alterazioni e non la rispondenza ad uno dei formati previsti dalle specifiche od il fatto che il computer della cancelleria o del giudice abbia installato il relativo programma di lettura, per quanto ormai tutti i formati audio e video più comuni possano essere letti con i programmi già compresi come accessori del sistema operativo.
[1] Da distinguersi dalle intercettazioni effettuate da chi non è parte della conversazione che se non debitamente autorizzate possono costituire interferenze illecite nella vita private che ne impediscono totalmente l’utilizzo, cfr. Trib. Forlì 3 febbraio 2020 n. 86.
[2] Da ultimo Cass. 11 luglio 2022, n. 28398 che ha anche affermato la legittimità (id est: inidoneità a costituire un illecito disciplinare) della condotta del lavoratore che abbia effettuato tali registrazioni per tutelare la propria posizione all'interno dell'azienda e per precostituirsi un mezzo di prova, rispondendo la stessa, se pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità, alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto, Cass. 20 maggio 2021 n. 31204, Cass. 19 febbraio 2019 n. 12534 e Cass. 10 gennaio 2018 n. 11322. In dottrina si veda da ultimo Battaglia, La prova illecita nei processi di famiglia, tra istanze di verità e regole del giusto processo, in Famiglia e diritto, 2002, 1, 89, ss.
[3] Quando la registrazione comprenda la voce di almeno una delle parti in causa (cfr. Cass. 1 marzo 2017 n. 5259). Inoltre la registrazione di soggetti non parte in causa non può superare l’inammissibilità di una loro testimonianza: Cass. 11 settembre 1996 n. 8219. Deve però, a nostro giudizio, ritenersi utilizzabile se intenda provare un fatto storico che di per sé sfugge alla prova testimoniale stessa, ad esempio dichiarazioni rilevanti effettuate da un soggetto durante una trasmissione radiofonica o televisiva, sempre che non ne sia contestata la conformità che allora diventa un ulteriore fatto da provare con ogni mezzo.
[4] Di cui da ultimo è espressione Cass. 2 ottobre 2019 n. 24613
[5] Cfr. anche Cass. 2 settembre 2016 n. 17526, Cass. 21 settembre 2016, n. 18507, Cass. 17 febbraio 2015 n. 3122 e Cass- 8 maggio 2007 n. 10430.
[6] Così Cass. 2 ottobre 2019 n. 24613 non ha ritenuto sufficiente la seguente dichiarazione: “Baccetti disconosce espressamente la corrispondenza delle fotocopie dei cronotachigrafi all’attività svolta da Bianco in costanza di rapporto” essendo priva dell’”allegazione di ulteriori circostanze idonee a riscontrare l’effettiva diversità dei documenti”. App. Lecce 8 novembre 218 n. 1070 parimenti ha escluso un disconoscimento nell’affermazione "che i fatti ivi riportati siano realmente accaduti trattandosi, peraltro, di riproduzione formata al di fuori del giudizio senza alcuna garanzia ed, in ogni caso, priva della benché minima indicazione di tempo" e che “ribadisce l'opposizione alla produzione ed acquisizione delle registrazioni fonografiche (e loro trascrizione asserita) effettuate ex adverso in primo grado, ribadisce che ne disconosce la conformità ai fatti, o alle cose, ex art. 2712 cc, contesta che i fatti che con tali riproduzioni si intenderebbe ex adverso provare, siano realmente accaduti, trattandosi tra l'altro di riproduzioni formate fuori processo e senza le garanzie dello stesso”.Cfr. anche Cass. 17 gennaio 2019 n. 1220.
[7] Cass. 19 gennaio 2018 n. 1250.
[8] Ad esempio Cass. 21 settembre 2016 n. 18507 ha affermato che la mera contestazione dell’ora e del luogo in cui una ripresa audiovisiva sia stata effettuata non è idonea a contestare la relazione di identità tra la realtà riprodotta e quella fattuale.
[9] Nella specie non è stata ritenuta specifica una contestazione effettuata con le seguenti parole: “l’odierno difensore rileva … l’inutilizzabilità della predetta cassetta anche dal punto di vista fonico, assolutamente inattendibile come specificato dallo stesso c.t.u.”
[10] La stessa relazione ministeriale al codice civile del 1942, 257 precisava testualmente che “con questo l'articolo non esclude che la conformità possa essere altrimenti dimostrata con mezzi di prova precostituiti o con indagini od esperimenti compiuti in corso di giudizio, ma in questo caso non vi è più luogo ad una norma di prova legale e vale il principio generale proclamato dal codice di procedura civile del libero convincimento del giudice”.
[11] Contra Cass. 9 gennaio 2019 n. 313 che afferma, invero laconicamente e senza dare una vera motivazione, che l’eventuale contestazione della registrazione preclude la verifica per mezzo di consulenza tecnica richiamando un orientamento ormai superato menzionato anche da Cass. 18 dicembre 1998 n. 12715 con ulteriori riferimenti. Si veda quindi la giurisprudenza dominante di cui sono espressione Cass. 17 luglio 2019 n. 19155 che in relazione ad un sms contestato non esclude che il Giudice possa accertarne la rispondenza all’originale anche attraverso altri mezzi di prova comprese le presunzioni, Cass. 6 febbraio 2019 n. 3540 con riferimento alle email e Cass. 17 febbraio 2015 n 3122 in riferimento ad un filmato che aderisce alla tesi che rimane “in tal caso il giudice libero di formarsi il proprio convincimento utilizzando qualsiasi circostanza atta a rendere verosimile un determinato assunto, come qualsiasi altro indizio, purchè essa appaia grave, precisa e concordante”. In tal senso in dottrina anche Gentili, Le tipologie di documento informatico dopo il dpr n. 137/03: effetti sostanziali ed effetti probatori, in Dir. informatica, 2003, 671 ss. che afferma che “come si sa, il disconoscimento previsto dall'art. 2712 cod. civ., concernendo fatti e non regole, non preclude al giudice di utilizzare liberamente il documento, apprezzandone l'attendibilità, per formare il proprio convincimento” ed in nota 20 la ritiene “opinione consolidata (Natoli, Ferrucci, Della tutela dei diritti, in Comm. del cod. civ., 2 ed., Torino, 1971, 368; Andrioli, Dir. proc. civ., I, Napoli, 1979, 695) solo di recente contrastata da chi ha ritenuto possibile assimilare la situazione della riproduzione meccanica disconosciuta a quella della scrittura privata disconosciuta, notoriamente priva di qualsiasi efficacia probatoria (Montesano, Sul documento informatico come rappresentazione meccanica nella prova civile e nella forma negoziale, in Riv. dir. proc., 1987, 1 ss., 8)”. Per i documenti informatici anche l’art. 20, comma 1 bis, d.lgs. 82/2005 ne prevede la libera valutabilità, ma si deve ritenere che ciò sia l’espressione del principio più generale in tema riproduzioni meccaniche.
[12] Cfr. nota 10.
[13] Cfr. nota 11.
[14] Per cui ad esempio anche se suggestiva non può condividersi la tesi di Ballerini, La pagina web societaria: problemi applicativi, natura giuridica ed efficacia probatoria, in Nuove leggi civ. comm, 2022, 5, 1276, ss, secondo la quale “quando si pone un problema di (prova della) riconducibilità del contenuto di un dato documento (nel nostro caso, la pagina web societaria) ad un certo soggetto, occorrerà applicare l’art. 20, comma 1° bis, c.a.d. (principio del libero convincimento del giudice); al contrario, quando si pone un problema di (prova della) esistenza di determinati fatti o atti (nel nostro caso, “risultanti” dalla pagina web societaria), allora troverà applicazione l’art. 2712 c.c. (principio della piena prova salvo disconoscimento)”
[15] Come invece sostiene Chiaromonte, Il valore dell’email nel quadro della disciplina dei documenti informatici, in Riv. dir. civ., 2021, 3, 427 c.c.
[16] In quest’ultimo caso di ripete la normativa speciale è univoca. Cfr. anche Tropea, Valenza probatoria del documento di fonte informatica nell’accertamento tributario, in Dir. e prat. trib., 2020, 4, 1635 e G. Colombo, Valore probatorio dei documenti e delle riproduzioni informatiche e natura giuridica delle attribuzioni patrimoniali tra conviventi, in Corriere giur., 2019, 11, 1323.
[17] Evento che può verificarsi per le registrazioni analogiche o per quelle informatiche che per formato e/o dimensioni non possano essere inserite nel fascicolo informatico con i mezzi messi a disposizione delle parti.
[18] Che all’art. 12 prevede che “i documenti informatici allegati all’atto del processo sono privi di elementi attivi ed hanno i formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34 e che è consentito l’utilizzo dei formati compressi, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34, purché contenenti solo file nei formati previsti dal comma precedente” ed all’art. 34 che “le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Le specifiche di cui al comma precedente vengono rese disponibili mediante pubblicazione nell'area pubblica del portale dei servizi telematici”.
[19] Come formati compressi l’art. 13 comma 2 del provvedimento 16 aprile 2014 prevede gli .zip, .rar. e .arj mentre il formato .pdf che si ripete è un formato di incapsulamento è ammesso di per sé.
[20] Così come ad esempio è una mera irregolarità del tutto irrilevante il mancato rispetto, del tutto frequente, del comma 3 dell’art. 14 del provvedimento sopra citato che prevede che “la dimensione massima consentita per la busta telematica è pari a 30 Megabyte”. Quindi il discrimen è la possibilità effettiva che quel documento possa avere ingresso o meno nel fascicolo informatico al di là di dimensioni e formati cd. teoricamente ammessi.
[21] E comunque sanabile per effetto del raggiungimento dello scopo.
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