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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 17/01/2024 Scarica PDF

Gli effetti sul bilancio dell'esercizio 2023 della norma sulla rettifica delle rimanenze contenuta nella legge di bilancio 2024

Gianfranco Capodaglio e Vanina Stoilova Dangarska, Gianfranco Capodaglio già professore ordinario di economia aziendale nell'Università di Bologna, dottore commercialista e revisore legale. Vanina Stoilova Dangarska dottore commercialista e revisore legale, phd Università UNWE Sofia


Sommario: Premessa; 1. Gli aspetti contabili e di bilancio; 1.2. Secondo caso: l’iscrizione delle esistenze iniziali in precedenza omesse; 1.3. Le rettifiche di valore; 2. Cenni sugli effetti tributari della nuova normativa; 3. Conclusioni  



Premessa

Nella legge di Bilancio per il 2024 è prevista la possibilità (art. 1, commi 78 e seguenti) di adeguare le esistenze iniziali, riferite alle rimanenze dei beni di cui all’articolo 92 del testo unico delle imposte sui redditi (rimanenze di magazzino) ed è destinata ai soggetti esercenti attività d’impresa che non adottano i principi contabili internazionali[1].


La possibilità dell’adeguamento riguarda le rimanenze iniziali relative all’esercizio in corso al 30 settembre 2023; per gli esercizi coincidenti con l’anno solare riguarda quindi il magazzino indicato nello stato patrimoniale al 31 dicembre 2022.  



1. Gli aspetti contabili e di bilancio

Tralasciando, per ora, i riflessi tributari della norma, ci si può domandare se, dopo le rettifiche previste dalle nuove disposizioni, il bilancio effettivamente rappresenterà in modo corretto la situazione aziendale. Per rispondere alla domanda, occorre ipotizzare quali siano state le cause delle differenze fra le quantità e/o i valori contabilizzati e quelli reali.


Nel suddetto articolo della legge, al comma 79 è previsto che “L’adeguamento di cui al comma 78 può essere effettuato mediante l’eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori a quelli effettivi nonché mediante l’iscrizione delle esistenze iniziali in precedenza omesse”.


I fenomeni che possono aver causato le differenze sono vari.


- Con riferimento alle differenze quantitative, se riguardano quantità esistenti inferiori a quelle contabili, si può ipotizzare, ma è improbabile, che gli acquisti effettuati nell’esercizio, o negli esercizi precedenti, siano stati inferiori a quelli contabilizzati. È, invece, molto più probabile che le vendite effettive siano state superiori a quelle contabilizzate. Nel caso di quantità esistenti superiori a quelle contabili, invece, è possibile, ma improbabile, che gli acquisti effettivi siano stati superiori a quelli risultanti dal bilancio. È improbabile perché normalmente gli acquisti non contabilizzati danno luogo a vendite altrettanto non contabilizzate. In alternativa, le vendite effettive potrebbero essere state inferiori a quelle contabilizzate, allo scopo di “abbellire” il bilancio.


- Con riferimento alle differenze di valore, il discorso è simile, ma non identico: l’attribuzione alle quantità effettivamente giacenti a fine esercizio di valori che si reputano (trattasi ovviamente di stime comunque opinabili e non di “fatti”) diversi da quelli ritenuti corretti può dipendere da molteplici fattori. Fra di essi, spiccano le diverse metodologie di calcolo dei costi d’acquisto e di quelli di produzione (art. 2426 cc) e le ancor più variegate stime del “valore desumibile dall’andamento del mercato”, citate nel medesimo articolo.


A questo punto si possono trarre alcune considerazioni sugli effetti che l’applicazione della norma può produrre sulle informazioni di bilancio dell’esercizio 2023, se coincidente con l’anno solare.  



1.1. Primo caso: l’eliminazione delle esistenze iniziali di quantità superiori a quelle effettive 

Se le giacenze effettive sono inferiori a quelle indicate nel bilancio 2022 e ciò può essere dovuto, come detto, al fatto che le quantità vendute sono state superiori a quelle contabilizzate, il risultato economico reale nel 2022 è stato superiore a quello indicato in bilancio per la mancanza del margine sulle vendite non contabilizzate. L’effetto dell’applicazione della norma, che riduce l’importo delle rimanenze iniziali, provocherà un aumento del risultato del conto economico (se positivo), rispetto a quanto sarebbe emerso senza tale rettifica[2]. Si deve considerare, infatti, che, trattandosi di una rettifica di importi ritenuti (e riconosciuti) errati, relativi ad esercizi precedenti, si deve applicare la procedura prevista dall’OIC 29, secondo cui la correzione dell’errore deve avere effetto retroattivo ed incidere sul valore del capitale netto ad inizio periodo, che così risulta diverso da quello indicato in bilancio alla fine dell’esercizio precedente. In questo modo, il miglioramento del risultato economico, relativo all’esercizio nel quale viene operata la rettifica, è indirettamente compensato da una variazione di segno opposto a carico del patrimonio netto risultane dal bilancio dell’esercizio precedente[3]. In prima approssimazione, la disposizione contenuta nell’OIC 29[4] sembra in aperto contrasto con il principio, contenuto nella Direttiva UE 34 del 2013 (articolo 6, Principi generali di bilancio), la quale, al comma 1, lettera e), prescrive che “lo stato patrimoniale di apertura di un esercizio corrisponde allo stato patrimoniale di chiusura dell'esercizio precedente”. La violazione risulterebbe particolarmente inopportuna, dato che il principio di continuità dei bilanci costituisce uno dei pilastri della ragioneria. Se, però, si interpreta la regola dell’OIC nel senso che le parole “è contabilizzata sul saldo d’apertura del patrimonio netto” significano che, dopo aver aperto tale saldo iniziale, si procede ad un’apposita scrittura, che lo rettifica[5] con contropartita ai conti da modificare, si rende la regola compatibile con il dettato della normativa europea.  



1.2. Secondo caso: l’iscrizione delle esistenze iniziali in precedenza omesse

Se le giacenze effettive sono superiori a quelle indicate nel bilancio 2022 e ciò può essere dovuto al fatto che le quantità effettive delle vendite sono state inferiori a quelle contabilizzate, il risultato economico indicato nel bilancio dell’esercizio precedente a quello in corso è stato superiore (se positivo) a quello reale. L’effetto dell’applicazione della norma sul risultato che emergerà dal bilancio dell’esercizio (2023) in corso, aumentando l’importo delle rimanenze iniziali, provocherà un peggioramento per tale esercizio. Si ripete, in questo caso, quanto osservato al punto precedente, in merito all’applicazione della regola posta dall’OIC 29.  



1.3. Le rettifiche di valore

A differenza di quanto analizzato nei casi precedenti, l’adozione di determinati criteri di valutazione delle rimanenze[6], piuttosto che di altri, incide esclusivamente sullo spostamento di componenti di reddito da un esercizio ad un altro, non modificando affatto il reddito complessivamente rilevato dall’impresa nella sua intera vita. In altre parole, attraverso le valutazioni di bilancio, nulla si crea e nulla si distrugge. Nella prassi, però, si può verificare che talune imprese a fine esercizio tendano a ridurre i valori attribuiti ai beni in giacenza, allo scopo di aumentare il costo del venduto, soprattutto per fini fiscali. Se tale prassi viene ripetuta per più esercizi, non si ha un semplice spostamento di componenti di reddito da un esercizio all’altro, ma il cumulo delle successive sottovalutazioni delle rimanenze può incidere in diminuzione sul calcolo dei risultati economici, con conseguenti minori imposte in valore assoluto.


Per quanto riguarda l’ipotesi di applicazione della norma ai cambiamenti di criteri di “individuazione” dei beni in rimanenza, ovvero il passaggio da uno all’altro dei metodi LIFO, FIFO o CMP, si può osservare che non sussistono né quantità, né valori iscritti, diversi da quelli reali; si ritiene, pertanto, che si tratti di fattispecie non contemplate dalla norma.  



2. Cenni sugli effetti tributari della nuova normativa

Abbiamo in precedenza indicato che la scelta di adottare le possibilità di rettifica previste non comporta alcun ulteriore effetto sanzionatorio di qualsiasi tipo; essa, però, si accompagna all’obbligo di pagare delle imposte sostitutive ed i valori derivanti dalle rettifiche sono espressamente riconosciuti in via definitiva, sia a fini civilistici, che tributari.


Ciò premesso, ci si domanda se le rettifiche di quantità e/o valori in oggetto comportino, o meno, l’emersione di fiscalità differita. L’OIC 29 non tratta l’argomento, per cu ci si deve riferire all’OIC 25, nel quale il tema viene affrontato ai paragrafi 58 e seguenti[7]; dalla lettura si evince chiaramente che, se le rettifiche non vengono riconosciute a fini tributari, si deve stimare la fiscalità differita ed il suo importo deve incidere sulla posta di capitale netto che è stata utilizzata come contropartita della rettifica della posta attiva; se, invece, la rettifica è riconosciuta anche a fini tributari, non si deve procedere ad alcuna iscrizione di fiscalità differita.


Con riferimento alle diverse ipotesi in precedenza considerate, possiamo esaminare la natura economica degli oneri tributari riferibili a ciascuna di esse.


A. Se le giacenze effettive sono inferiori a quelle indicate nel bilancio 2022 e ciò può essere dovuto, come detto, al fatto che le quantità vendute sono state superiori a quelle contabilizzate. Il risultato economico reale nel 2022 è stato superiore a quello indicato in bilancio; da ciò si può ritenere che l’imposta sostitutiva colpisca il reddito imponibile che non è stato assoggettato a tassazione nel precedente esercizio.


B. Se le giacenze effettive sono superiori a quelle indicate nel bilancio 2022 e ciò può essere dovuto al fatto che le quantità effettive delle vendite sono state inferiori a quelle contabilizzate, il risultato economico indicato nel bilancio dell’esercizio precedente a quello in corso è stato inferiore (se positivo) a quello reale; in questo caso, l’imposta sostitutiva non può considerarsi correlata a porzioni di reddito sottratte alla tassazione, anzi potrebbe essere accaduto il contrario. Essa, quindi, può essere considerata una sorta di “sanzione sostitutiva” per la rappresentazione in bilancio di una situazione aziendale migliore di quella reale.


C. Se non vi è stato alcun errore (voluto o meno) nelle quantità indicate giacenti, ma vi è stata una sotto o sopravalutazione dei beni in giacenza, ciò ha provocato soltanto uno spostamento di componenti positive o negative di reddito da un esercizio all’altro. L’imposta sostitutiva, anche in questa ipotesi, può considerarsi un prelievo “sanzionatorio”, legato all’arbitrario spostamento di componenti di reddito da un esercizio all’altro. Nel caso, però, in cui la sottovalutazione delle rimanenze finali sia un fenomeno ripetuto, si può ritenere che l’imposta sostitutiva colpisca il reddito imponibile che non è stato assoggettato a tassazione, come nel caso A).  



3. Conclusioni

All’inizio del presente lavoro ci siamo posti la domanda se, dopo le rettifiche previste dalla nuova normativa, il bilancio effettivamente rappresenterà in modo corretto la situazione aziendale. Abbiamo considerato due diverse fattispecie: l’una riguardante le quantità delle giacenze, l’altra riguardante il loro valore. Quest’ultima, come detto, semplicemente sposta componenti di reddito da un esercizio all’altro. Ai fini della possibile risposta alla suddetta domanda, assume maggiore importanza il caso in cui le quantità in giacenza a fine esercizio 2022 erano in realtà maggiori o minori rispetto a quelle iscritte in bilancio. La correzione prevista dalla norma per le giacenze iniziali 2023 corregge solo una parte dell’errore riscontrato nell’esercizio precedente, in quanto non tiene conto del margine fra le vendite non registrate (o registrate in eccesso) in contabilità ed il costo del venduto dei beni ceduti. Perché la correzione sia completa, dovrebbe includere un aumento (o una diminuzione) del capitale netto iniziale relativo al suddetto margine.  



[1] 78. Gli esercenti attività d’impresa che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio possono procedere, relativamente al periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023, all’adeguamento delle esistenze iniziali dei beni di cui all’articolo 92 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.


[2] Si presume che l’errore contenuto nell’inventario al 31/12/2022 non si sarebbe ripetuto al 31/12/2023, anche in assenza di correzione dell’errore precedente.


[3] Prima dell’emanazione dell’OIC 29 la prassi contabile prevedeva che la contropartita della diminuzione delle rimanenze iniziali fosse una sopravvenienza passiva da iscriva fra i componenti straordinari di reddito.


[4] OIC 29:

“47. Una correzione di errore deve essere rilevata in bilancio nel momento in cui si individua l’errore e nel contempo sono disponibili le informazioni ed i dati per il suo corretto trattamento.

48. La correzione di errori rilevanti commessi in esercizi precedenti è contabilizzata sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui si individua l’errore. Solitamente la rettifica viene rilevata negli utili portati a nuovo. Tuttavia, la rettifica può essere apportata a un’altra componente del patrimonio netto se più appropriato. La correzione di errori non rilevanti commessi in esercizi precedenti è contabilizzata nel conto economico dell’esercizio in cui si individua l’errore.”


[5] Una larga parte della dottrina prevalente in Italia ritiene, dal punto di vista teorico, che al conto “capitale netto” possano affluire soltanto operazioni dirette sul capitale (conferimenti e prelievi) ed il risultato dell’esercizio, come saldo del conto economico. Ovviamente, in presenza di norme che prevedono specifiche modalità di contabilizzazione, come le leggi sulle rivalutazioni, si è al di fuori di qualsiasi teoria scientifica.


[6] Così come tutte le operazioni contabili riguardanti la stima della competenza economica.


[7] “58. Alcuni provvedimenti normativi possono consentire la rivalutazione del valore contabile di un’attività rilevata nello stato patrimoniale a fronte dell’iscrizione, in contropartita del maggior valore dell’attivo, di un’apposita riserva di patrimonio netto.

59.  La rivalutazione del valore contabile dell’attività può influire o non influire sul reddito imponibile dell’esercizio in cui c’è stata la rivalutazione; in altre parole, i maggior valori contabili dell’attività a seguito della rivalutazione possono essere o meno riconosciuti anche ai fini fiscali. Il maggior valore attribuito ad un’attività in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini fiscali a fronte del pagamento di un’imposta sostitutiva.

60. Nel caso in cui i maggiori valori iscritti nell’attivo non siano riconosciuti ai fini fiscali, la rivalutazione determina l’insorgenza di una differenza temporanea tra il valore contabile dell’attività rivalutata e il suo valore ai fini fiscali. Alla data della rivalutazione, la società iscrive pertanto le imposte differite, IRES e IRAP, direttamente a riduzione della riserva iscritta nel patrimonio netto. Negli esercizi successivi, le imposte differite sono riversate a conto economico in misura corrispondente al realizzo del maggior valore (attraverso ammortamento, cessione dell’immobile, successiva riduzione per perdita di valore).

61. Nel caso in cui i maggiori valori iscritti nell’attivo siano riconosciuti ai fini fiscali, non sorge alcuna differenza temporanea in quanto il valore contabile è pari al valore fiscale. Pertanto, la società non iscrive imposte differite alla data della rivalutazione.”


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