Diritto dei Mercati Finanziari
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 32505 - pubb. 17/01/2025
Azioni di risoluzione e/o di risarcimento del danno su strumenti finanziari derivati
Tribunale Perugia, 05 Dicembre 2024. Est. Giardino.
Azioni di risoluzione e/o di risarcimento del danno su strumenti finanziari derivati – Prescrizione., identificazione del dies a quo – Momento del saldo netto degli esborsi, alternativamente, identificazione dell’imputabilità attraverso gli approfondimenti istruttori
Deliberazione consiliare specificamente appuntata sull’operazione swap oggetto di negoziazione – Necessità – Possibilità di convalida successiva del contratto – Esclusione
Requisiti di validità dei contratti derivati della P.a. ed oggetto dell’accertamento “caso per caso” demandato al giudice del merito da Cass. Civ. Sez. un. n. 8770/2020
Giurisprudenza di legittimità successiva a Cass. Civ. Sez. un. n. 8770/2020 – Conferma della necessità della comunicazione del MTM ad opera dell’intermediario e manifesta infondatezza della tesi che si appunta sulla sufficienza della possibilità di un suo calcolo in via autonoma da parte del cliente
Necessità dell’indicazione del MTM, dei costi e delle probabilità nel contratto di swap sottoscritto tra le parti a pena di invalidità e difetto della loro presenza – Nullità necessitata del contratto
Swap degli Enti locali antecedenti alla l. 147/2013 – Non conformità alla normativa degli swaps contenenti scambio di quote di capitale e di swap collar caratterizzati da valori non coincidenti del cap e del floor
CTU su contratti derivati e nullità alla luce delle regulae iuris dettate da Cas. Civ. Sez. Un. n. 877/2020 – Valenza non decisiva della CTU ai fini della decisione
Domanda di manleva contrattuale azionata dalla banca su base di apposita previsione contenuta nel contratto quadro – Reiezione della domanda e nullità della clausola – Sussistenza di responsabilità precontrattuale e/o extracontrattuale dell’Ente – Esclusione
Quanto alla prescrizione relativa all’azione di risoluzione e/o di risarcimento del danno relativa ad una fattispecie di contratti su strumenti finanziari derivati, non appare possibile far decorrere il termine decennale di prescrizione dalla data di stipula dei contratti, decorrendo invece dal momento di verificarsi del pregiudizio, e cioè nel caso di specie da quando il Cliente ha iniziato a subire esborsi netti per l’operatività in derivati, qualora non si aderisse a quelle opinioni giurisprudenziali che fanno riferimento al momento in cui la parte è stata posta in condizione di riconoscere l’ingiustizia del danno subito e l’imputabilità alla banca attraverso l’esperimento di approfondimenti istruttori (cfr. Cass. n°5504/2012; n°1889/2018), richiedendosi comunque una “manifestazione oggettiva” del danno (così, Cass. n°23236/2016)
Alla luce della chiarissima indicazione resa da Cass. Civ. Sez. Un. n. 8770/2020 secondo cui “ove l'IRS negoziato dal Comune incida sull'entità globale dell'indebitamento dell'ente, l'operazione economica debba, a pena di nullità della pattuizione conclusa, essere autorizzata dal Consiglio comunale, tenendo presente che la ristrutturazione del debito va accertata considerando l'operazione nel suo complesso, comprendendo - per il principio di trasparenza della contabilità pubblica - anche i costi occulti che gravano sulla concreta disciplina del rapporto di swap”, non è ammissibile per il Consiglio Comunale “autorizzare” in senso proprio, al di là del nomen utilizzato nella delibera consiliare, il generico ricorso agli swaps, senza essere a conoscenza delle specifiche caratteristiche dell’operazione economica (che peraltro si concluderà a distanza di oltre quattro anni), individuata tra una pluralità di scelte elaborate, pur legittimamente, dallo stesso intermediario, delegandone ad altri la sottoscrizione, presupponendo l’autorizzazione la conoscenza specifica dell’incidenza dell’operazione sulla contabilità pubblica che esclude possibilità di deleghe in bianco.
I contratti in questione debbono pertanto già solo per tali motivi essere considerati nulli e va da sé che non può attribuirsi alcun effetto “convalidante” all’approvazione comunale dei bilanci di esercizio includenti i flussi dei derivati, essendo la nullità come è noto, insuscettibile di convalida, ex art. 1444 c.c., e non essendo possibile nel settore della PA. una convalida per fatti concludenti.
In punto di causa, secondo la Corte in composizione nomofilattica “l'IRS consiste in una sorta di scommessa finanziaria differenziale (in quest'ultimo aggettivo essendo presente un riferimento alla determinazione solo probabilistica dei suoi effetti ed alla durata nel tempo del rapporto)” ed indagando sulla meritevolezza dell’interesse perseguito e sulla causa in concreto la Corte arriva a sostenere la tutelabilità giuridica di un contratto siffatto solo allorquando “si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell'alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi, perché il legislatore autorizza questo genere di "scommesse razionali" sul presupposto dell'utilità sociale delle scommesse razionali, intese come specie evoluta delle antiche scommesse di pura abilità. E tale accordo non deve limitarsi al mark to market, ma investire, altresì, gli scenari probabilistici, poiché il primo è semplicemente un numero che comunica poco in ordine alla consistenza dell'alea. Esso dovrebbe concernere la misura qualitativa e quantitativa dell'alea e, dunque, la stessa misura dei costi pur se impliciti”. Siffatti “costi impliciti” vengono quindi ad assumere una valenza rilevante, incidendo sia sulla determinabilità dell’oggetto che sulla causa del contratto, “riconducendosi ad essi lo squilibrio iniziale dell'alea, misurato in termini probabilistici”; vieppiù in presenza del tendenziale conflitto di interessi fra intermediario e cliente, “poiché nei derivati OTC, a differenza che in quelli uniformi, tale conflitto è naturale, discendendo dall'assommarsi nel medesimo soggetto delle qualità di offerente e consulente”.
Se già particolare è il vaglio dell’oggetto e della causa del contratto IRS, ulteriori limitazioni si impongono-prosegue la Corte- allorquando i derivati siano stati sottoscritti da Enti locali, stante la possibilità di utilizzo dei derivati (prima del 2013, quando sono stati vietati) esclusivamente in funzione di copertura, avendo “la Corte costituzionale chiarito, con la decisione n. 52 del 2010 (che si ricollega a quella n. 376 del 2003), che il divieto di concludere contratti speculativi può essere ricondotto, in prima battuta, ai commi 4 e 6, dell'articolo 119 della Costituzione, che rispettivamente enunciano il vincolo dell'equilibrio finanziario e la necessaria finalizzazione dell'indebitamento alle spese di investimento”; secondo le Sezioni Unite infatti ancora più rilevante per gli Enti pubblici era la problematica relativa alla determinabilità dell’oggetto. “E tale accordo sulla misurabilità/determinazione dell'oggetto non deve limitarsi al criterio del mark to market, ma investire, altresì, gli scenari probabilistici, poiché il primo è semplicemente un numero che comunica poco in ordine alla consistenza dell'alea. Esso deve concernere la misura qualitative e quantitativa dell'alea e, dunque, la stessa misura dei costi, pur se impliciti. 9.3. — Infatti, l'importanza dei menzionati parametri di calcolo consegue alla circostanza che tramite essi si può realizzare la funzione di gestione del rischio finanziario, con la particolarità che il parametro scelto assume alla scadenza l'effetto di una molteplicità di variabili”. Da qui, la necessità di verificare “caso per caso”, attraverso un approccio concreto, l’effettiva funzione di copertura dei derivati, l’espressa indicazione del mark to market, degli scenari probabilistici e dei costi impliciti.
Circa il giudizio di validità del contratto di IRS OTC le successive pronunce di legittimità hanno convalidato la correttezza delle conclusioni delle Sezioni Unite in Cass. civ. n. 8770/2020, al più puntualizzandone alcuni aspetti. Particolarmente rilevante appare l’iter argomentativo di Cass n°22014/2023 che rende palese l’inidoneità della tesi difensiva della convenuta, che da un lato critica la Suprema Corte proprio in punto di ricostruzione del significato e della valenza del mark to market, ritenuto non incidente sull’oggetto del contratto, e dall’altro fa leva sulla facilità della conoscenza aliunde di tale valore, in ragione della standardizzazione dei modelli, e della possibilità che il Comune avrebbe avuto di individuarne l’entità tramite proprio professionista (così, comparsa conclusionale, pagg. 59-61): la Suprema Corte precisa infatti, sotto il primo profilo, la valenza decisiva dell’indicazione del mark to market in riferimento alla causa concreta dell’IRS, e stabilisce soprattutto -quanto al secondo profilo- la sussistenza dell’obbligo per l’intermediario (non a carico del cliente, addirittura attraverso l’ausilio di professionisti di sua fiducia) di fornire al momento dell’investimento, per renderne consapevole la scelta, specifiche informazioni sulle modalità di calcolo di tale valore.
Altrettanto rilevante appare la già richiamata Cass. n°7368/2024, che oltre a negare il contrasto dei principi espressi da Sez. Un. n°8770/2020 con i principi unionali -come supra evidenziato-, con ampia motivazione, cassando una sentenza che aveva escluso la nullità dedotta dalla parte, ripercorre il dibattito sugli swaps, sottolineando la rilevanza del mark to market e dei costi impliciti, la cui mancata indicazione rileverebbe di per sé sotto il profilo della mancanza di causa.
Necessitata appare la pronuncia di nullità, ove sia incontestabile che nei contratti IRS di cui si discute difetti l’indicazione del mark to market, dei costi impliciti e degli scenari probabilistici, da cui la Suprema Corte fa discendere la nullità (per indeterminabilità dell’oggetto e/o difetto di causa, come si è visto).
La circostanza, oltre che risultare documentalmente provata dalla semplice lettura dei documenti, che non ne fanno menzione, è stata d’altro canto sostanzialmente ammessa dalla parte convenuta, che si è difesa inizialmente facendo leva sulla mancanza della necessità dell’esplicitazione di tali voci al momento della stipulazione del contratto perché imposte da normativa sopravvenuta (ciò che la Suprema Corte ha ritenuto irrilevante, per tutte le motivazioni supra evidenziate), ed indi menzionando l’agevole determinabilità del mark to market attraverso applicativi disponibili (circostanza irrilevante, essendo in realtà in contestazione l’obbligo gravante sull’intermediario di evidenziazione del dato a pena di nullità dell’operazione, incidendo sulla misura della razionalità dell’alea e quindi sulla meritevolezza della causa e/o determinabilità dell’oggetto); la sostanziale menzione degli scenari probabilistici (riferiti alla formale indicazione dei valori floor e cap, che di per sé non indicano alcuno “scenario probabilistico”, se non accompagnati dalla probabilità di accadimento dei due scenari per ciascun semestre di efficacia dei derivati:); la sostanziale indicazione dei costi impliciti, in quanto inseriti nel prezzo, contenente implicitamente il compenso dell’intermediario (circostanza all’evidente irrilevante, posto che ciò che la Suprema Corte richiede è la specifica e “scomposta” indicazione di tale voce di costo rispetto al prezzo complessivo).
I contratti in questione devono pertanto essere considerati invalidi, anche a prescindere dagli ulteriori approfondimenti commissionati al CTU, allo scopo di verificare se anche “in concreto” i contratti de -quibus fossero conformi alla normativa, aventi effettiva funzione di copertura.
In tema di Swaps negoziati dall’Ente locale anteriormente alla l. 147/2013 che li aveva vietati, è ravvisata la non totale rispondenza dei contratti alle disposizioni normative quando, pur criticando la rigidità della formulazione della circolare ministeriale MEF27.5.2004 in punto di ammissibilità dei soli swap plan vanilla, prevedenti lo scambio di un tasso fisso contro un tasso variabile -ritenuta non agevolmente compatibile con la finalità di ristrutturazione del debito, prevista dalla lett. f dell’art. 3 del DM 389/2003-, nel caso di specie era stata comunque riscontrata una “componente di scambio di quote capitali, finalizzata a perseguire l’obiettivo di ristrutturazione del debito sottostante, non prevista dalla definizione di interest rate swap plain vanilla che, appunto, si configura in uno scambio di flussi di interesse e non del sottostante nozionale”; soprattutto, non risultava rispettata, quanto alla componente di Interest Rate Collar, la condizione prevista dalla circolare ministeriale in relazione alla vendita del floor, posto che la circolare la consente al solo fine di finanziare la protezione dal rialzo dei tassi di interesse fornita dall’acquisto del cap, mentre nel caso di specie “in termini assoluti il valore del floor è sensibilmente superiore al valore del cap per ciascuna delle quattro operazioni”
Ove alla declaratoria di nullità dello swaps negoziato da un Ente locale si possa pervenire per riscontrata mancata specifica approvazione del contratto ad opera dell’Organo consiliare ovvero per la mancata indicazione nel contratto degli elementi contenutistici indicati dalla Corte di Cassazione del MTM, dei costi e delle probabilità, l’accoglimento dei dedotti motivi di nullità esonererebbe dal vaglio della consulenza tecnica, posto che non appare indispensabile verificare le caratteristiche in concreto dell’operazione, se adottata con provvedimenti conformi o meno alle disposizioni normative o se ad effettive finalità di copertura, così che vi è la non decisiva valenza della consulenza ai fini della decisione della causa.
Deve trovare reiezione la domanda riconvenzionale condizionata spiegata da parte convenuta, che nella sostanza fondava la domanda di manleva sulla base di clausole contenute all’art. 2 del contratto quadro, nel quale l’Ente garantiva la sussistenza dei requisiti di legge, sia in punto di spettanza dei poteri rappresentativi in capo ai sottoscrittori, sia sulla conformità dei “contratti derivati su tassi di interessi” alla normativa, statutaria e regolamentare, comunale ed alla normativa nazionale; nonché all’art. 3, nel quale l’Ente dava atto che le circostanze dichiarate erano vere, “obbligandosi a tenere indenne la Banca da qualsiasi danno, spesa, perdita o costo in qualsiasi modo connessi e conseguenti alla loro non veridicità, comunque fatta valere ed accertata, delle dichiarazioni effettuate”.
Al riguardo, risulta già intervenuta in ipotesi similare una sentenza del Tribunale di Milano, del 23.4.2024, che, oltre ad evidenziare come (in quella così come nell’ipotesi de qua) l’articolo fosse destinato a trovare applicazione nei soli casi di contratti derivati “su tassi di interessi” (gli unici peraltro ammessi dalla normativa), mentre in quel caso, così come nel presente, vi era una componente di scambio di capitali (sì che anche solo per tale motivo la clausola non sarebbe applicabile), soprattutto evidenziava la nullità di una clausola siffatta, in quanto volta ad aggirare gli effetti della nullità contrattuale, effetti che non rientrano nella disponibilità delle parti, in ragione dell’impossibilità di convalida dei contratti nulli ex art. 1444 c.c., non operando neppure per la nullità., ex art. 1462 c.c., le clausole limitative della proponibilità dell’eccezione. Concludeva pertanto nel senso che “la clausola in esame, pertanto, garantirebbe alla banca, sotto forma di indennità per i costi, l’esecuzione di un contratto nullo e otterrebbe così un risultato vietato dalla legge: la clausola è, quindi, nulla, ai sensi dell’art. 1344 c.c. perché in frode alla legge. Non vi sono pertanto somme da porre in compensazione”. Siffatte argomentazioni possono essere integralmente ripetute nel presente identico contesto, apparendo del tutto condivisibili; apparirebbe d’altro canto ben strano che la banca, operatore professionale che ha strutturato l’operazione, possa addossare al cliente retail le conseguenze legate alla violazione di regole di validità dei contratti imposte da fonti imperative, che l’Ente in buona fede era peraltro convinto di rispettare, contratti peraltro da essa stessa individuati e in realtà congegnati in maniera difforme da quanto consentito dalla legge, senza riuscire neanche a comprendere quale possa essere stato l’interesse del Comune all’assunzione di quegli oneri patrimoniali: ciò che esclude la ravvisabilità anche di qualsivoglia responsabilità di tipo precontrattuale o extracontrattuale. (Luca Zamagni, Matteo Acciari) (riproduzione riservata)
Segnalazione e massima a cura degli Avv.ti Luca Zamagni e Matteo Acciari di Axiis Network Legale
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