Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 32363 - pubb. 12/12/2024
I fatti che comportano la revoca del concordato preventivo ai sensi dell’art. 106 CCI
Appello Bari, 04 Dicembre 2024. Pres. Mitola. Est. Putignano.
Concordato preventivo - Continuità aziendale - Omologazione - C.d. “ristrutturazione trasversale” - Art. 112 CCI
In merito alla ricorrenza dei presupposti in grado di legittimare, ai sensi dell’art. 106 CCI (il quale riproduce, senza alcuna modificazione sostanziale, il contenuto precettivo dell’art. 173 l.f.), la revoca del provvedimento di apertura della procedura concordataria, possono essere richiamati, in generale e senza alcuna pretesa di esaustiva indicazione, i principi statuiti in materia dai giudici di legittimità, secondo cui “in tema di concordato preventivo, costituiscono fatti idonei a consentire la revoca prevista dall’art. 173 l.fall. i fatti accertati dal Commissario giudiziale.
In tale categoria rientrano non solo quelli scoperti, perché prima del tutto ignoti nella loro materialità, ma anche quelli non adeguatamente e compiutamente esposti nella proposta concordataria e nei suoi allegati, che siano potenzialmente idonei a pregiudicare il cd. consenso informato sulle reali prospettive di soddisfacimento, per come prospettate nella proposta concordataria, dovendo il Giudice verificare, quale garante della regolarità della procedura, che siano forniti ai creditori tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione della sua convenienza” (Cass. 13.4.2022 n. 12115).
Rientrano tra gli atti di frode rilevanti ai fini della revoca dell’ammissione alla procedura ai sensi dell'art. 173 l.fall., i fatti taciuti nella loro materialità ovvero esposti in maniera non adeguata e compiuta, aventi valenza anche solo potenzialmente decettiva nei confronti dei creditori, a prescindere dal concreto pregiudizio loro arrecato (Cass. 10.10.2019 n. 25458).
Inoltre, gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, in quanto inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purché siano caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarietà della condotta, di cui, invece, non è necessaria la dolosa preordinazione (Cass. 8.6.2018 n. 15013). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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