Diritto Bancario e Finanziario
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24915 - pubb. 25/02/2021
La mancata pattuizione dei tassi ultralegali rende nulli anche i tassi applicati per ius variandi. In assenza di contratto di affidamento e di prova del suo limite, tutte le rimesse devono ritenersi ripristinatorie
Tribunale Ascoli Piceno, 21 Gennaio 2021. Est. Enza Foti.
Mancata pattuizione dei tassi ultralegali e invalidità dello ius variandi - Necessità della di nuova pattuizione della nuova clausola anatocistica paritetica per i contratti di conto corrente sottoscritti prima dell’entrata in vigore della Delibera CICR del 9 febbraio 2000 - Assenza di contratto di affidamento e di prova del suo limite e natura necessariamente ripristinatorie delle rimesse
In caso di mancata pattuizione dei tassi ultralegali, non può sostenersi la legittimità di detti tassi in virtù delle variazioni contrattuali susseguitesi nel tempo, posto che una variazione legittima di un tasso di interesse presuppone la validità dell’originario tasso di interesse “previsto nei contratti di durata” oggetto della variazione; ed infatti, intanto un tasso di interesse originario può essere legittimamente ed unilateralmente variato in quanto quel tasso originario fosse valido e come tale produttivo di effetti tra le parti e ciò in virtù del principio generale, recepito dal nostro ordinamento, secondo cui “quod nullum est, nullum producit effectum” (cfr. per tutte da ultimo Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4015 del 21/02/2007). Peraltro, per il generale principio normativo per il quale “il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente” (art. 1423 c.c.), giammai una variazione unilaterale di una originaria clausola nulla (quella in ipotesi priva di forma scritta) può sanare quella invalidità originaria, così come giammai l’esecuzione spontanea del contratto da parte dei contraenti ne sana la nullità (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8993 del 05/06/2003; Cass. N. 11156 del 1994).
Sotto altro profilo, in tutti i casi di nullità del tasso di interesse, la conoscenza successiva del saggio applicato (nella specie, attraverso l’invio degli estratti conto) non vale a sanare l’originario vizio di nullità della pattuizione, per carenza del requisito della determinabilità, la cui esistenza l’art. 1346 cod. civ. esige “a priori”, al punto che non può essere individuato successivamente, tanto più quando il saggio non sia determinato da entrambe le parti ma da una di esse, che l’abbia portato a conoscenza dell’altra attraverso documenti che abbiano il fine esclusivo di fornire l’informazione delle operazioni periodicamente contabilizzate e non anche di contenere dignità di patto in difetto di espresso dissenso (cfr. cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14684 del 2/10/2017; Cass. 1 febbraio 2002 n. 1287).
Nei contratti di conto corrente sottoscritti prima dell’entrata in vigore della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, la nuova clausola anatocistica rispettosa della paritetica periodicità di conteggio degli interessi creditori e debitori è efficace solo se espressamente pattuita per iscritto (Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 23853 del 29 ottobre 2020, Pres. Genovese, Rel. Falabella).
In disparte la considerazione per cui l’eventuale nullità del contratto di affidamento ex art. 117 TUB per assenza di forma scritta è una nullità di protezione, a favore del correntista (che, dunque, per sua natura, non potrebbe essere né eccepita dalla banca né sollevata d’ufficio dal giudice né, infine, avere dei riverberi sfavorevoli per il correntista), qualora il correntista dia prove dell’esistenza del fido attraverso elementi presuntivi e prove indirette (quali la stabilità e non occasionalità dell’esposizione a debito pluriennale; l’assenza di solleciti da parte della banca al rientro dallo scoperto; report di Centrale Rischi, ecc.) è onere della banca – al fine di paralizzare la contro-eccezione del correntista all’eccezione di intervenuta prescrizione – dimostrare che gli affidamenti erano stati concessi sino a un determinato importo e che, pertanto, quando al di sopra di esso, le rimesse hanno assunto portata solutoria, con conseguente decorso, dalle stesse, del termine di prescrizione; in assenza di tale prova, tutte le rimesse in costanza del fido di fatto devono essere considerate ripristinatorie (conforme Tribunale Milano, sentenza n. 247 dell’11 gennaio 2017, Est. Ferrari). (Dario Nardone) (riproduzione riservata)
Segnalazione dell’Avv. Dario Nardone del Foro di Pescara
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