Deontologia


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23681 - pubb. 04/06/2020

Il giudice ordinario può sempre disapplicare la tariffa professionale se illegittima

Tribunale Vicenza, 11 Maggio 2020. Pres., est. Limitone.


Onorari e diritti di avvocato e procuratore – Tariffa professionale – Mancanza di ragionevolezza e di proporzione – Caso concreto – Disapplicazione – Ammissibilità



Il giudice ordinario può sempre disapplicare l’atto amministrativo illegittimo (nel caso di specie la tariffa professionale), quando, nel caso concreto, risulti mancante di ragionevolezza o di proporzione, canoni che debbono sempre ispirare sia la normazione primaria che quella secondaria, ex art. 5 l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


Proc. n. 113/2014-sub 20 R.G.

TRIBUNALE DI VICENZA

 

Il Tribunale, riunito in Camera di consiglio in persona di:

dr. Giuseppe Limitone           Presidente rel.

dr. Paola Cazzola               Giudice

dr. Gabriele Conti              Giudice

 

sul reclamo presentato il 2.12.2019 da G.

avv. L. ai sensi dell’art. 26 l.f., nei confronti del provvedimento del Giudice Delegato del 21.11.2019, notificato in pari data, con cui era liquidato al reclamante il compenso di € 10.000,00 per l’assistenza legale in n. 3 cause che vedevano convenuta la fallita davanti al Giudice del Lavoro;

sentita la relazione del Giudice designato;

sentite le parti all’udienza del 13.2.2020;

visti gli atti e i documenti allegati;

ha pronunciato il seguente

 

D E C R E T O

 

rilevato che il reclamo verte sulla lamentata ridotta liquidazione del compenso dell’avv. G.;

ritenuto che le tre cause si siano risolte in tempi brevi e ridotta attività processuale, per una sola udienza e senza istruttoria: la prima è stata decisa col rito del lavoro e le altre due sono state conciliate senza giungere in pratica alla fase decisionale, che viene comunque riconosciuta nelle seconde due cause in ragione del fatto che sono state conciliate;

ritenuto comunque che:

- la prima causa, relativa all’impugnativa di un licenziamento e conseguente risarcimento del danno, era stata introdotta da un ricorso Legge Fornero n. 92/2012, all’esito della quale il giudice del lavoro aveva rigettato ogni domanda in quanto prospettata come licenziamento ritorsivo o tutelabile ex art. 18 Legge n. 300/1970, disponendo il mutamento del rito;

- con la seconda causa, il lavoratore aveva introdotto davanti al giudice del lavoro la stessa domanda di accertamento del licenziamento ritenuto illegittimo, conclusa con transazione per la somma di € 70.000,00;

- con la terza causa, il lavoratore ha proposto insinuazione al passivo e quindi opposizione allo stato passivo, pure questa transatta per somma di € 60.000,00;

- la prima causa è stata portata a decisione e perciò vengono riconosciute nei minimi tutte le voci di tariffa proposte (studio, introduttiva, trattazione e decisione), ma con riferimento allo scaglione delle cause di valore indeterminabile, ma di solo media difficoltà, non risultando dagli atti indicazione di una particolare complessità della causa de qua, conclusasi peraltro con pronuncia di mero mutamento del rito, e senza svolgimento di difese scritte, il che non consente di liquidare il compenso per la fase decisionale, avendo il Giudice preso a riserva il fascicolo direttamente all’esito della fase di trattazione della causa;

- le altre due cause risultano essere una mera ripetizione argomentativa della prima (si vedano gli atti introduttivi), ove si discute in sostanza delle medesime questioni, già sviluppate negli atti della prima causa, il licenziamento illegittimo nella seconda e i profili risarcitori nella terza;

- se ne deduce che l’attività di studio spetta solo per la prima causa, mentre per le altre due spettano le voci relative alle fasi introduttiva e decisionale;

- allo stesso modo, per i due atti introduttivi della seconda e terza causa, che in alcuni passi riproducono sostanzialmente le medesime questioni, è equo liquidare i minimi, però ridotti alla metà, fermo restando che, in ogni caso, il giudice può disapplicare l’atto amministrativo illegittimo (nel caso di specie la tariffa professionale) per la mancanza nel caso concreto di ragionevolezza o di proporzione, canoni che debbono sempre ispirare la normazione primaria e secondaria, ex art. 5 l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo (“In questo  come  in  ogni  altro  caso,  le  Autorità  giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed  i  regolamenti  generali  e locali in quanto siano conformi alle leggi.”);

- sicché, sulla base dei parametri indicati, per la prima causa spettano € 3.803,00 (valore indeterminabile di media difficoltà), per la seconda € 2.430,00 (scaglione da € 52.000,01 ad € 260.000,00), per la terza € 4.540,00 (scaglione da € 520.000,01 ad € 1.000.000,00);

ritenuto, pertanto, solo parzialmente fondato il reclamo, atteso che il compenso complessivo spettante ammonta ad € 10.773,00, anziché ad € 10.000,00, come liquidato in prime cure;

la assai ridotta differenza tra la somma che è stata liquidata dal GD e quella oggi riliquidata in uno con la mancata resistenza del Fallimento induce alla compensazione delle spese;

 

P.  Q.  M.

visto l’art. 26 l.f.;

in parziale accoglimento del reclamo;

liquida all’avv. G. l’ulteriore somma di € 773,00, a titolo di integrazione del compenso già liquidato in € 10.000,00;

compensa le spese.

Si comunichi.

Vicenza, 28.4.2020.         

Il Presidente est.

Giuseppe Limitone