Diritto e Procedura Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20095 - pubb. 04/07/2018
Il danneggiato non può testimoniare per altra persona coinvolta nello stesso sinistro
Cassazione civile, sez. VI, 23 Maggio 2018, n. 12660. Est. Rossetti.
Sinistro stradale – Persone coinvolte – Testimonianza – Incapacità – Sussiste
La vittima di un sinistro stradale è incapace ex articolo 246 c.p.c. a deporre nel giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da altra persona danneggiata in conseguenza del medesimo sinistro, a nulla rilevando che il testimone abbia dichiarato di rinunciare al risarcimento o che il relativo credito sia prescritto (i lprincipio in questione rimonta addirittura a Sez. 3, Sentenza n. 1580 del 01/06/1974, Rv. 369751 – 01, secondo cui “la configurabilita’ in capo ad un soggetto di quell’interesse concreto ed attuale che sia idoneo ad attribuirgli, in relazione alla situazione giuridica che forma oggetto del giudizio, la legittimazione a chiedere nello stesso processo il riconoscimento di un proprio diritto o a contrastare quello da altri fatto valere e che lo rende incapace a testimoniare, dev’essere valutato indipendentemente dalle vicende che rappresentano un posterius aspetto alla configurabilita’ di quell’interesse; pertanto l’eventuale opponibilita’ della prescrizione cosi come non potrebbe impedire la partecipazione al giudizio del titolare del diritto prescritto, cosi non puo’ rendere tale soggetto carente dell’interesse previsto dall’articolo 246 cod. proc civ come causa d’incapacita’ a testimoniare”). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
RILEVATO
che:
nel 2005 (*), (*), (*) e (*) convennero dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la societa’ (*) s.p.a. (che in seguito mutera’ ragione sociale in (*) s.p.a.; d’ora innanzi, per brevita’, ” (*)”), esponendo:
– di essere prossimi congiunti di Vincenzo (*);
– che Vincenzo (*) mori’ il 6.12.2002 a causa di un sinistro stradale, provocato da veicolo non identificato;
– che (*), nella veste di impresa designata ex articolo 287 cod. ass., era tenuta al risarcimento dei danni da essi attori rispettivamente patiti in conseguenza della morte del proprio congiunto;
con sentenza 20.4.2010 n. 1574 il Tribunale rigetto’ la domanda;
la Corte d’appello di Napoli, con sentenza 21.12.2015 n. 4872, rigetto’ il gravame proposto dai soccombenti;
a fondamento della propria decisione la Corte d’appello osservo’ che:
– l’unico testimone escusso nel giudizio di primo grado fosse incapace a deporre, perche’ trasportato sul veicolo della vittima, e vittima anch’egli di lesioni personali in conseguenza del medesimo sinistro;
– le altre prove raccolte non dimostravano affatto il coinvolgimento di ulteriori mezzi nella dinamica del sinistro;
la sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (*), (*), (*) e (*), con ricorso fondato su sei motivi ed illustrato da memoria;
ha resistito (*) con controricorso.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’articolo 246 c.p.c., sostenendo che il testimone ritenuto dalla Corte d’appello incapace a deporre aveva rinunciato ai suoi diritti al risarcimento, che erano anche prescritti, e quindi non aveva alcun interesse all’esito della lite, tale da renderlo incapace a deporre;
il motivo e’ infondato, alla luce del principio reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui “la vittima di un sinistro stradale e’ incapace ex articolo 246 c.p.c. a deporre nel giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da altra persona danneggiata in conseguenza del medesimo sinistro, a nulla rilevando che il testimone abbia dichiarato di rinunciare al risarcimento o che il relativo credito sia prescritto” (Sez. 3, Sentenza n. 19258 del 29/09/2015, Rv. 636973 – 01; nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 16541 del 28/09/2012, Rv. 623759 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 13585 del 21/07/2004, Rv. 575427 – 01; giovera’ ricordare che il principio in questione rimonta addirittura a Sez. 3, Sentenza n. 1580 del 01/06/1974, Rv. 369751 – 01, secondo cui “la configurabilita’ in capo ad un soggetto di quell’interesse concreto ed attuale che sia idoneo ad attribuirgli, in relazione alla situazione giuridica che forma oggetto del giudizio, la legittimazione a chiedere nello stesso processo il riconoscimento di un proprio diritto o a contrastare quello da altri fatto valere e che lo rende incapace a testimoniare, dev’essere valutato indipendentemente dalle vicende che rappresentano un posterius aspetto alla configurabilita’ di quell’interesse; pertanto l’eventuale opponibilita’ della prescrizione cosi come non potrebbe impedire la partecipazione al giudizio del titolare del diritto prescritto, cosi non puo’ rendere tale soggetto carente dell’interesse previsto dall’articolo 246 cod. proc civ come causa d’incapacita’ a testimoniare”);
col secondo motivo i ricorrenti lamentano sia che la sentenza impugnata avrebbe una motivazione “contraddittoria” (per avere dapprima affermato che il rapporto di sinistro stradale redatto dalla polizia giudiziaria fa piena fede fino a querela di falso dei fatti avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale, e dall’altro ritenuto “non tranquillizzanti” le dichiarazioni ivi contenute e rese agli agenti verbalizzanti da un testimone reputato inattendibile); sia che la sentenza avrebbe comunque violato l’articolo 2700 c.c., per avere ricostruito la dinamica del sinistro sulla base di un rapporto di polizia giudiziaria incompleto e carente;
nella parte in cui lamenta il vizio di “contraddittorieta’” della motivazione il motivo e’ manifestamente inammissibile, noto essendo che il suddetto vizio, dopo la riforma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, non puo’ piu’ costituire motivo di ricorso per cassazione salvo in due casi: quando la motivazione manchi del tutto, ovvero quando sia totalmente incomprensibile, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali nel chiarire il senso della nuova norma, hanno stabilito che per effetto della riforma “e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014);
nella parte in cui lamenta la violazione dell’articolo 2700 c.c., il motivo e’ infondato;
stabilire infatti come sia avvenuto un sinistro stradale; quali veicoli siano rimasti coinvolti in esso; se ad esso abbia fornito un contributo causale un veicolo rimasto ignoto, sono altrettanti accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimita’;
con il terzo e con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti, senza inquadrare formalmente la propria censura in alcuno dei vizi di cui all’articolo 360 c.p.c., lamentano che la Corte d’appello avrebbe ricostruito in modo inesatto la dinamica dell’evento; avrebbe su questo punto adottato una “contraddittoria motivazione”, ed avrebbe altresi’ “omesso di esaminare gli esiti dell’istruttoria e le prove offerte in giudizio”;
ambedue i motivi sono inammissibili;
il vizio di “contraddittoria motivazione”, per quanto gia’ detto poc’anzi, non costituisce piu’ motivo di ricorso per cassazione, salvo il caso – qui non ricorrente – di motivazione totalmente inesplicabile;
quanto al vizio di “omesso esame delle prove”, una censura di questo tipo cozza contro il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non e’ consentita in sede di legittimita’ una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e cosi’ via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affetnio’ il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioe’ che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte e’ incensurabile in Cassazione”);
col quinto motivo del proprio ricorso i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, il vizio di “contraddittoria od omessa motivazione”, nonche’ la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’articolo 112 c.p.c.;
nella illustrazione del motivo deducono che erroneamente la Corte d’appello ha rigettato la loro istanza di nomina di un consulente tecnico d’ufficio che provvedesse a ricostruire la dinamica del sinistro, e che non motivando adeguatamente tale rifiuto avrebbe altresi’ violato l’articolo 112 c.p.c.;
nella parte in cui lamenta la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato il motivo e’ manifestamente infondato, dal momento che quel principio violato quando il giudice ometta di pronunciarsi su una domanda, non su una istanza istruttoria (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13716 del 05/07/2016, Rv. 640358 – 01; Sez. L, Sentenza n. 6715 del 18/03/2013, Rv. 625610 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3357 del 11/02/2009, Rv. 606517 – 01);
nella parte in cui lamenta il vizio di “contraddittoria od omessa motivazione” il motivo e’ inammissibile, dal momento che, per quanto gia’ detto, un vizio di tal sorta non costituisce piu’, ormai dal 2012, motivo di ricorso per cassazione;
con il sesto e ultimo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’articolo 24 Cost., nonche’ degli articoli 61 ed 87 c.p.c.;
sostengono che la Corte d’appello avrebbe violato le suddette norme in due modi: da un lato ritenendo incapace a deporre il testimone (*); dall’altro rigettando senza motivazione la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio avanzata dagli odierni ricorrenti;
il motivo e’ infondato, dal momento che il giudizio di incapacita’ a deporre, per quanto gia’ detto, fu conforme al consolidato orientamento di questa Corte; mentre la ritenuta superfluita’ di una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un apprezzamento discrezionale riservato al giudice di merito, non sindacabile in questa sede (ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 72 del 03/01/2011, Rv. 615839-01; Sez. 3, Sentenza n. 27247 del 14/11/2008, Rv. 605391 – 01);
con la memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 c.p.c., i ricorrenti hanno chiesto questa Corte che fosse sollevata questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 380 bis c.p.c., con riferimento agli articoli 24 e 111 Cost., nella parte in cui non consente alle parti di replicare alle non motivate proposte di definizione del ricorso in camera di consiglio, formulate dal consigliere relatore;
la questione di legittimita’ costituzionale prospettata dai ricorrenti appare manifestamente infondata;
il rito camerale non vulnera infatti il diritto di difesa, rispetto all’ipotesi di decisione del ricorso con la forma della pubblica udienza: come in questa il ricorrente ha la facolta’ di illustrare oralmente il proprio ricorso, cosi’ nel rito camerale ha la facolta’ di farlo per iscritto; ne’ ovviamente potrebbe sostenersi che difendersi per iscritto sia per cio’ solo piu’ penalizzante che difendersi oralmente;
quanto, poi, al rilievo secondo cui l’articolo 380 bis c.p.c. sarebbe costituzionalmente illegittimo perche’ non prevede che sia comunicata al ricorrente una proposta di decisione motivata, va rilevato che non esiste alcuna necessaria implicazione tra il rito camerale e la necessita’ che al ricorrente sia anticipata la proposta di decisione; resta solo da aggiungere che, come del resto la difesa dei ricorrenti si mostra avvisata, questa Corte ha gia’ ripetutamente negato che l’articolo 380 bis c.p.c. e articolo 380 bis c.p.c., comma 1 presentino profili di illegittimita’ costituzionale (Sez. 3 -, Ordinanza n. 24088 del 13/10/2017; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5371 del 02/03/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 395 del 10/01/2017);
le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo;
il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).
P.Q.M.
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna (*), (*), (*) e (*), in solido, alla rifusione in favore di (*) s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 6.500, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2;
(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (*), (*), (*) e (*), in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.