Diritto della Famiglia e dei Minori
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19636 - pubb. 10/05/2018
Ai fini del riconoscimento di una quota della pensione di reversibilità dell’ex marito, è sufficiente che all’istante spetti l’assegno divorzile
Cassazione civile, sez. I, 20 Febbraio 2018, n. 4107. Est. Di Marzio.
Divorzio – Domanda di attribuzione di quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge – Riconoscimento del diritto all’assegno divorzile – Sentenza del Tribunale – Decorrenza fissata in data antecedente la morte dell’ex coniuge
La legge prevede che, ai fini del riconoscimento del diritto all’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità, sia intervenuta la pronuncia della sentenza che riconosce all’istante il diritto alla percezione dell’assegno divorzile; non richiedendo che, al momento in cui tale domanda è proposta, sia intervenuto l’accertamento della spettanza dell’assegno divorzile in favore della ricorrente, mediante pronuncia avente efficacia di giudicato. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro - Presidente -
Dott. SAMBITO Maria Giovanna - Consigliere -
Dott. VALITUTTI Antonio - Consigliere -
Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -
Dott. DI MARZIO Paolo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
la Corte osserva:
la controversia oggetto del presente giudizio attiene alla ripartizione della pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto tra la prima moglie, la odierna ricorrente L.R., divorziata da La.Da. dopo un matrimonio durato lustri (contratto nel (*), divorzio del (*)) ed allietato dalla nascita di due figli, e la seconda moglie, la odierna controricorrente D.A., legata in matrimonio per pochi mesi, essendo poi il coniuge scomparso. L'ex marito della odierna ricorrente, infatti, il (*) contraeva seconde nozze con D.A.. Il (*) L.D. è morto.
Non è controverso che, nel momento in cui è intervenuto il decesso, il divorzio dalla prima moglie era già stato pronunciato con sentenza parziale del 1 marzo 2010, ed il giudizio proseguiva per la determinazione dell'assegno divorzile, riconosciuto dal Presidente del Tribunale in via provvisoria con decorrenza dall'anno 2008.
Successivamente, quindi dopo la morte dell'ex marito, la prima moglie ha conseguito, dal Tribunale di Bari, il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile, con pronuncia n. 2920 del 2013 e decorrenza dalla definitività della sentenza che ha pronunciato il divorzio depositata, come anticipato, il 1.3.2010, pertanto in epoca antecedente la scomparsa dell'ex coniuge.
La domanda di riconoscimento del diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità, e del trattamento di fine rapporto spettante all'ex coniuge, proposta dalla prima moglie, è stata rigettata dal Tribunale di Bari, che ha ritenuto la donna non fosse titolare di assegno divorzile nel momento in cui la morte dell'ex marito è intervenuta, presupposto richiesto dalla legge per l'accoglimento delle sue domande, proposte ai sensi della L. n. 898 del 1970, artt. 9 e 12bis.
La decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Bari, che ha inteso operare ampio riferimento agli orientamenti proposti dalla Suprema Corte. Peraltro la Corte territoriale ha rigettato l'istanza di sospensione del giudizio sull'assegnazione di parte della pensione di reversibilità, e di porzione del TFR, per pregiudizialità del giudizio circa l'attribuzione dell'assegno divorzile, avanzata dall'odierna ricorrente, ritenendo insussistente un'ipotesi di pregiudizialità necessaria ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ. Secondo la Corte di merito "la fruizione dell'assegno è una condicio iuris stabilita dalla legge, che deve essere concreta ed attuale nel momento della domanda, deve cioè trattarsi di un fatto preesistente" (p. XV, sent. C.d.A.).
Avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione la prima moglie, L.R., resiste con controricorso la seconda moglie, D.P.A.. L'INPS non si è costituito.
Successivamente alla introduzione del ricorso, la odierna impugnante ha depositato, e notificato alle controparti, la sentenza della Corte d'Appello di Bari, n. 1679 del 27.10.2015, con la quale la Corte territoriale ha confermato il suo diritto a percepire l'assegno divorzile con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza non definitiva di divorzio, data antecedente la scomparsa dell'obbligato al versamento.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.1. - Mediante il primo motivo di ricorso la ricorrente censura, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione degli artt. 34, 112 e 295 c.p.c. e art. 337 c.p.c., comma 2, della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, come mod., e della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 5, comma 1, perchè la Corte Territoriale ha erroneamente applicato la legge, avendo la ricorrente conseguito il riconoscimento giudiziale del diritto all'assegno divorzile già con ordinanza del Presidente del Tribunale pronunciata nel 2010 e con decorrenza dal 2008, entrambe date antecedenti la morte dell'obbligato, e dovendosi pertanto disporre la sospensione del processo in relazione all'attribuzione di una quota della pensione di reversibilità.
1.2. - Con il secondo motivo di impugnazione, la ricorrente contesta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, come mod., e della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 5, comma 1, perchè la Corte territoriale ha erroneamente applicato la disciplina normativa vigente, la quale non prevede che il riconoscimento giudiziale del diritto all'assegno divorzile debba essere conseguito con sentenza passata in giudicato. La volontà del legislatore è nel richiedere soltanto che il diritto all'assegno divorzile sia stato giudizialmente accertato; neppure la norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 263 del 2005, art. 5, comma 1, richiede il passaggio in giudicato della statuizione in materia di assegno divorzile.
1.3. - Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente critica, nuovamente ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento, in relazione agli artt. 34 e 295 e art. 337, comma 2, nonchè L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, come mod., e della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 5, comma 1, perchè la Corte territoriale ha errato nel non affermare che la sussistenza "del diritto all'assegno divorzile non è una questione preliminare di merito ma una causa pregiudiziale ai sensi dell'art. 34 c.p.c.", con la conseguenza che si impone la sospensione necessaria del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c..
2.2. - Per ragioni logiche e sistematiche, appare opportuno esaminare innanzitutto il secondo motivo di ricorso. La ricorrente critica la decisione della Corte di merito per aver affermato la necessità, ai fini del riconoscimento del diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell'ex marito, che al momento della morte di quest'ultimo fosse già passata in giudicato la sentenza che le riconosceva il diritto alla percezione dell'assegno divorzile. La volontà espressa del legislatore, evidenzia la ricorrente, è nel richiedere soltanto che il diritto all'assegno divorzile sia stato giudizialmente accertato; neppure la norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 263 del 2005, art. 5, comma 1, richiede il passaggio in giudicato della statuizione in materia di assegno divorzile.
In effetti la legge non prevede, ai fini del riconoscimento del diritto all'attribuzione di una porzione della pensione di reversibilità che, al momento in cui la domanda è proposta, sia intervenuto l'accertamento della spettanza dell'assegno divorzile, in favore dell'istante, mediante pronuncia avente efficacia di giudicato. Lo afferma la Corte d'Appello di Bari nella decisione impugnata, ritenendo di fondare su decisioni di legittimità. Diversamente, non si sono rinvenute decisione della Cassazione che abbiano sinora richiesto come necessario l'accertamento con efficacia di giudicato (cfr., ad es., la sentenza cui il riferimento è ripetutamente operato dalla Corte territoriale per attribuirle, erroneamente, l'affermazione, Cass. sez. 1, sent. 1.8.2008, n. 21002, ma anche Cass. sez. 1, sent. 11.4.2011, n. 8228, sebbene le espressioni utilizzate possano indurre qualche incertezza, invero superabile in considerazione del tenore complessivo della decisione). In ogni caso, questo orientamento interpretativo non appare condivisibile.
Invero, la legge neppure consente di ritenere sufficiente il provvedimento provvisorio di riconoscimento dell'assegno divorzile concesso dal Presidente del Tribunale in sede di comparizione delle parti. La legge richiede una pronuncia del Tribunale - non del suo Presidente -, ed appare quindi sufficiente la pronuncia della sentenza che definisce il primo grado del giudizio e riconosce il diritto all'assegno divorzile.
Non è poi condivisibile la tesi secondo cui la titolarità del diritto sarebbe sorta, in favore dell'ex moglie odierna ricorrente, soltanto in virtù del riconoscimento giudiziale dell'assegno divorzile, come sostiene la Corte d'Appello (p. X), mentre la sola efficacia, e pertanto la decorrenza della contribuzione, sarebbe stata anticipata dal Tribunale al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale di divorzio. In realtà la sentenza del Tribunale che ha riconosciuto l'assegno divorzile alla ricorrente, ha evidentemente accertato che ella era titolare del diritto a percepirlo già al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale di divorzio, quando l'ex marito era ancora in vita, altrimenti avrebbe dovuto fissare una diversa decorrenza. Al momento della scomparsa di La.Da., pertanto, L.R., era titolare del diritto di percepire dall'ex coniuge l'assegno divorzile, come accertato dal Tribunale di Bari, e le compete pertanto il diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell'ex marito.
Il motivo di ricorso è in conseguenza fondato, e deve perciò essere accolto.
2.1. - 2.3. - Con il primo motivo di ricorso la ricorrente contesta la nullità della sentenza impugnata per non avere la Corte d'Appello disposto la sospensione del giudizio in relazione all'attribuzione di una quota della pensione di reversibilità, da questo dipendendo la proposizione della censura ai sensi del n. 4, e non 3, dell'art. 360 (cfr. p. 20 del ricorso).
La Cassazione riconosce pacificamente, del resto, argomenta la ricorrente, il diritto dell'ex coniuge a proseguire il giudizio per l'attribuzione dell'assegno anche dopo la scomparsa dell'obbligato, e la formula di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9, non consente di ritenere che la domanda di riconoscimento di una porzione della pensione di reversibilità implichi che la richiesta sia proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza che attribuisce l'assegno divorzile. Inoltre, se il riconoscimento giudiziale del diritto all'assegno divorzile è un fatto costitutivo del diritto al conseguimento di una percentuale della pensione di reversibilità dell'ex coniuge, sussiste comunque un rapporto di "pregiudizialità tecnico-giuridica che impone la sospensione del processo" avente ad oggetto l'attribuzione del contributo assistenziale, ed il rigetto della domanda di sospensione deve essere perciò censurato.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente contesta che la Corte territoriale ha errato nel non sospendere il giudizio, perchè la questione della spettanza del diritto all'assegno divorzile, in relazione al giudizio nel quale si domanda il riconoscimento di una parte della pensione di reversibilità dell'ex coniuge, non costituisce "una questione preliminare di merito" bensì "una causa pregiudiziale ai sensi dell'art. 34 c.p.c.". La sospensione del processo era pertanto necessaria ai sensi dell'art. 295 c.p.c..
La questione proposta nel terzo motivo di ricorso, analoga a quella proposta con il primo, appare invero significativa. In senso contrario alla sussistenza della pregiudizialità necessaria tra i due giudizi si era espressa questa Corte, con sent. Cass. sez. 1, sent. 14.11.1981, n. 6045, che peraltro, tenuto anche conto dell'epoca in cui è stata pronunciata, meriterebbe di essere riesaminata.
Nel caso di specie, però, risultando accolto il secondo motivo di ricorso, ritenendosi sufficiente l'attribuzione dell'assegno divorzile con decisione del Tribunale, e non occorrendo, pertanto, che la sentenza sia passata in giudicato, nel caso di specie non rileva il rapporto tra le due controversie, sull'attribuzione dell'assegno divorzile e sul diritto alla ripartizione della pensione di reversibilità, perchè non si pone un problema di sospensione. La decisione di primo grado, infatti, necessaria ai fini della presente decisione, era già intervenuta al momento in cui è sopraggiunta la pronuncia della decisione impugnata mediante il ricorso per cassazione, e la Corte d'Appello ha errato a non tenerne conto.
Successivamente alla pronuncia della decisione impugnata in questa sede, si segnala per completezza, il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile in favore della odierna ricorrente è stato confermato dalla Corte territoriale, con decisione che non risulta essere stata impugnata, come documentato dalla ricorrente in allegato alla propria ricordata memoria.
Sia il primo motivo di ricorso che il terzo, pertanto, devono essere dichiarati assorbiti.
La decisione impugnata deve essere quindi cassata in relazione al secondo motivo di ricorso, con rinvio alla Corte d'Appello di Bari che, in diversa composizione, provvederà a rinnovare il giudizio, nel rispetto dei principi innanzi illustrati, e disporrà pure in merito alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso proposto da L.R. e, in relazione ad esso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Bari che, in diversa composizione, provvederà alla rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e disciplinerà anche le spese di lite del presente ricorso per cassazione.
Dichiara assorbiti il primo ed il terzo motivo di ricorso.
Dispone, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 5, che, in caso di riproduzione per la diffusione della presente decisione, le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati siano omessi.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2018.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2018.