Diritto della Famiglia e dei Minori
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 12514 - pubb. 30/04/2015
Rettifica del sesso del coniuge: effetti della sentenza della Consulta
Tribunale Milano, 22 Aprile 2015. Est. Buffone.
Mutamento del sesso di persone coniugata – Effetti – Scioglimento del vincolo matrimoniale – Corte Costituzionale n. 170 del 2014 – Automatismo – Esclusione – Volontà dei coniugi – Rilevanza – Sussiste – Sede in cui la volontà deve essere raccolta – Giudizio di rettifica – Sussiste
Mutamento del sesso di persone coniugata – Effetti – Scioglimento del vincolo matrimoniale – Corte Costituzionale n. 170 del 2014 – Automatismo – Esclusione – Volontà dei coniugi – Rilevanza – Sussiste – Sede in cui la volontà deve essere raccolta – Giudizio di rettifica Sussiste – Sentenze di rettifica depositate prima della pronuncia della Consulta – Accertamento della volontà dei coniugi ex post – Necessità – Sussiste
Mutamento del sesso di persone coniugata – Effetti – Scioglimento del vincolo matrimoniale – Corte Costituzionale n. 170 del 2014 – Automatismo – Esclusione – Volontà dei coniugi – Rilevanza – Sussiste – Scelta nel senso di restare uniti – Effetti – Permanenza del vincolo matrimoniale – Sussiste
A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale, 11 giugno 2014 n. 170 (con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164 e dell’art. 31, comma 6, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150), il coniuge che muti sesso ha diritto a conservare, d’accordo con il partner, il legame affettivo consolidatosi nel tempo accedendo alla diversa forma di unione regolata dalla Legge. In particolare, in occasione del procedimento giurisdizionale di rettifica dell’attribuzione di sesso, i coniugi possano formulare istanza al giudice per essere autorizzati a mantenere in vita la coppia, anche se in forma diversa dal matrimonio; in difetto, la sentenza produce naturalmente e fisiologicamente lo scioglimento del matrimonio o la cessazione dei suoi effetti civili, senza necessità di intervento giudiziale e tramite gli strumenti della rettifica promossi dall’ufficiale dello Stato Civile. Pertanto è in occasione del procedimento che “trasforma” l’identità di genere del coniuge che i partners, (entrambi da considerarsi, quindi, litisconsorti necessari), possono richiedere al giudice di pronunciare anche il diritto al passaggio alla diversa forma di convivenza: in difetto, invece, segue ope legis il divorzio cd. imposto a cui può provvedere l’Ufficiale dello Stato Civile, sulla scorta della lettura del dispositivo della sentenza di rettifica. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale, 11 giugno 2014 n. 170 (con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164 e dell’art. 31, comma 6, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150), in occasione del procedimento giurisdizionale di rettifica dell’attribuzione di sesso, i coniugi possano formulare istanza al giudice per essere autorizzati a mantenere in vita la coppia, anche se in forma diversa dal matrimonio; in difetto, la sentenza produce fisiologicamente lo scioglimento del matrimonio o la cessazione dei suoi effetti civili, senza necessità di intervento giudiziale e tramite gli strumenti della rettifica promossi dall’ufficiale dello Stato Civile. Questa interpretazione può ritenersi ammessa solo per le sentenze di rettifica depositate in data successiva all’11 giugno 2014 (data di deposito della pronuncia della Consulta n. 170/2014) ma non anche per quelle che siano anteriori, per le quali “il diritto” a mantenere l’unione non esisteva poiché – in difetto dell’intervento additivo della Corte delle Leggi – non era possibile, per i coniugi, in corso di processo di rettifica, comunicare la volontà di continuare a rimanere una “coppia”. In questi casi, su ricorso del Pubblico Ministero sollecitato dall’Ufficiale dello Stato Civile, il Tribunale è tenuto a verificare, ex post, la volontà dei coniugi appurando se manifestino una scelta nel senso di mantenere vitale l’unione affettiva. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
La pronuncia della Corte Costituzionale, 11 giugno 2014 n. 170, è da qualificare come sentenza additiva di principio: pertanto, finché il Legislatore non interverrà per regolare le nuove forme di convivenza civile, i coniugi attraversati dalla vicenda di rettifica, ove scelgano di restare uniti, rimangono uniti in matrimonio. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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