Diritto del Lavoro
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 11984 - pubb. 29/01/2015
Contratto di appalto, responsabilità dell’appaltatore per crediti da lavoro e pagamento del TFR
Tribunale Milano, 30 Ottobre 2014. Est. Sandra Leo.
Contratto di appalto – Responsabilità dell’appaltatore per crediti da lavoro – Pagamento del TFR – Solidarietà ex art. 29, comma 2, D. Lgs. 276/2003 – Sussistenza – Irrilevanza della riforma del TFR
Contratto di appalto – Responsabilità dell’appaltatore per crediti da lavoro – Pagamento del TFR – Solidarietà ex art. 29, comma 2, D. Lgs. 276/2003 – Sussistenza – Limitatamente alle pretese correlate al contratto di appalto non investito da decadenza
L’obbligazione del datore di lavoro relativa al pagamento del TFR e la correlata obbligazione solidale del committente non vengono meno per effetto della riforma del TFR, introdotta dall’art. 1, commi 755 e ss., legge 22.12.2006 n. 296 (legge finanziaria per il 2007) e successivi decreti ministeriali attuativi.
Secondo tali norme, a decorrere dal 1° gennaio 2007 tutti i lavoratori sono chiamati a scegliere se mantenere il TFR in azienda o versare lo stesso a forme previdenziali, ma queste disposizioni non incidono sulla titolarità passiva del rapporto obbligatorio, secondo quanto si evince in particolare dall’art. 2 d.m. 30.01.2007: ne deriva che la nuova disciplina non porta a una riconsiderazione dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, azionato nel presente giudizio. (Fabrizio Daverio) (riproduzione riservata)
In presenza di negozi giuridici formalmente distinti, il decorso di due anni dalla cessazione del primo appalto, determina senz’altro la decadenza dal diritto di far valere la responsabilità solidale del committente, con riguardo alle pretese economiche correlate al primo contratto. (Fabrizio Daverio) (riproduzione riservata)
Nota
La sentenza in commento offre interessanti spunti di riflessione e arricchisce il panorama dei principi che regolano la responsabilità solidale di appaltatore e committente nei confronti di un lavoratore che sia creditore di importi retributivi, contributivi e assicurativi.
Come noto, l’art. 29, comma 2, del D. Lgs. n. 276/2003, prevede che “…il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori. Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.
Nel caso in esame, due lavoratrici hanno convenuto in giudizio la società datrice di lavoro e la Banca committente perché fossero condannate in solido, secondo quanto previsto dalla norma citata, alla corresponsione di determinate somme a titolo TFR.
La Banca committente, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito innanzitutto una carenza di legittimazione passiva della Società, sostenendo che il versamento degli importi richiesti fosse stato effettuato dall’appaltatore/datore di lavoro al Fondo di tesoreria dell’INPS e al Fondo previdenziale ARCA e che, pertanto, la domanda dovesse essere rivolta nei confronti di questi due istituti; in subordine, l’intervenuta decadenza dal diritto di una delle ricorrenti di avvalersi della invocata responsabilità solidale del committente con riferimento agli importi relativi al primo dei due contratti di appalto stipulati con la l’appaltatore, rispetto al quale erano decorsi più di due anni.
Il Giudice ha innanzitutto rilevato come sia stato documentalmente provato che le due ricorrenti abbiano lavorato alle dipendenze della Società appaltatrice e che tale circostanza avrebbe potuto essere contestata solo ove il datore di lavoro si fosse costituito in giudizio, laddove invece era rimasto contumace.
Ha, inoltre, accolto l’eccezione di decadenza e riconosciuto il diritto di una delle ricorrenti alla corresponsione degli importi reclamati solo in relazione al secondo dei due contratti di appalto, essendo trascorsi più di due anni dal primo.
Ha poi (ed è qui il punto critico) rilevato che le modifiche introdotte dalla legge finanziaria del 2007 e dai decreti attuativi alla disciplina del TFR non fossero dirimenti al fine di escludere la responsabilità in solido di committente e appaltatore nei confronti delle lavoratrici per la corresponsione del TFR.
La norma invocata dalla committente per eccepire la carenza di legittimazione passiva è l’art. 2 del d.m. 30.01.2007, che così dispone: “1. Il Fondo eroga le prestazioni secondo le modalità previste dall'art. 2120 del codice civile, in riferimento alla quota maturata a decorrere dal 1° gennaio 2007.
2. Le prestazioni di cui al comma 1 sono erogate dal datore di lavoro anche per la quota parte di competenza del Fondo, salvo conguaglio da valersi prioritariamente sui contributi dovuti al Fondo riferiti al mese di erogazione della prestazione e, in caso di incapienza, sull'ammontare dei contributi dovuti complessivamente agli enti previdenziali nello stesso mese”.
La posizione assunta dal giudicante sul punto non sembra essere in linea con altre pronunce di merito (cfr. Tribunale di Torino, sentenza n. 1092 dell’8 maggio 2013) secondo le quali la norma richiamata ha previsto la compensazione dei crediti/debiti contributivi tra INPS, ente che gestisce il Fondo di Tesoreria, ed il datore di lavoro, di modo che le prestazioni del Fondo vengano liquidate dal datore di lavoro solo in via anticipata, fermo restando il diritto del datore di lavoro di recuperare quanto di competenza del Fondo di Tesoreria attraverso il conguaglio dei contributi dovuti all’INPS.
Nel caso in commento, invece, il Giudice ha ritenuto preminente il diritto delle lavoratrici a vedersi corrispondere gli importi di cui erano creditrici, riconoscendo poi alle società, tenute in solido al pagamento, il diritto di regresso nei confronti dei Fondi di previdenza.
Il Giudice, peraltro, non ha concesso alla Società committente il beneficio della preventiva escussione dei patrimoni dell’appaltatore, omettendo di pronunciarsi sul punto: occorre ricordare che, a tal proposito, la giurisprudenza di merito di Milano non è stata sempre così rigida. Infatti, è appena il caso di ricordare, tra le altre, la sentenza n. 2617 del 25 – 27 giugno 2013, estensore dott.ssa Moglia, nonché la sentenza n. 1155 del 7 aprile 2014, estensore dott.ssa Gasparini.
Nella sentenza della dott.ssa Moglia è possibile leggere quanto segue: “La disposizione, come evidente, impone al committente, che intenda avvalersene, di eccepire il beneficio della preventiva escussione sin dalla sua prima difesa. Tale scelta, come è nel caso di specie, non incide, tuttavia, né sulla possibilità che il giudice conosca della pretesa creditoria avanzata, né che addivenga ad una pronuncia di condanna”.
È di tutta evidenza che la disciplina della responsabilità solidale negli appalti resta ancorata alle sorti dell’interpretazione che ciascun giudice fa delle norme. (Fabrizio Daverio)
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