Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19498 - pubb. 13/04/2018
Se l'udienza prefallimentare è rinviata d'ufficio, all’imprenditore deve essere data comunicazione della nuova udienza
Appello L'Aquila, 11 Settembre 2017. Est. D'Orazio.
Fallimento - Dichiarazione - Procedimento - Rinvio d'ufficio dell'udienza - Nuovo avviso al debitore - Necessità
Nel caso in cui il tribunale abbia disposto la convocazione dell’imprenditore innanzi al giudice designato per l’istruttoria prefallimentare, qualora l’udienza fissata a detto fine sia stata rinviata d’ufficio, senza che risulti annotato sul ruolo d’udienza alcun provvedimento di rinvio, all’imprenditore deve essere data comunicazione della nuova udienza fissata per l’audizione, dovendo ritenersi inapplicabile alla fattispecie in esame l’art. 82 disp. att. c.p.c., in virtù del quale, se il giudice istruttore non tiene udienza nel giorno fissato, questa deve intendersi rinviata d’ufficio alla prima udienza successiva; quest’ultima norma non è, infatti, applicabile al procedimento camerale per la dichiarazione di fallimento, improntato a regole procedurali diverse dal rito ordinario, in considerazione delle esigenze di speditezza che lo connota e della sua natura inquisitoria (Cass., 14 novembre 2003, n. 17185). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Massimario Ragionato
Segnalazione dell'Avv. Paola Cuzzocrea
Corte d’Appello di L’Aquila 11 settembre 2017 - Pres. G. Iannaccone - Rel. D’Orazio
Con ricorso il Condominio D. chiedeva dichiararsi il fallimento della Immobiliare N. s.r.l. vantando nei suoi confronti un credito di Euro 11.078,64, a titolo di rate condominiali non versate.
2. La debitrice non si costituiva in giudizio.
3. Con sentenza depositata in data 2 novembre 2016 il Tribunale di Vasto dichiarava il fallimento della Immobiliare N..
4. Avverso tale sentenza proponeva reclamo ai sensi dell’art. 18 l.fall. la Immobiliare N. chiedendo la revoca del fallimento.
5. Si costituiva in giudizio il Condominio D. chiedendo il rigetto del gravame.
5.1. Restava contumace il fallimento.
6. All’udienza del 10 maggio 2017 la Corte tratteneva la causa in decisione.
7. Il reclamo è fondato.
8. Con il primo motivo di impugnazione la reclamante contesta la dichiarazione di fallimento per violazione del principio del contraddittorio. Invero, l’udienza di comparizione del debitore è stata fissata al 14 luglio 2016.
Successivamente il giudice delegato ha rinviato l’udienza all’8 settembre 2017 disponendo la rinnovazione della notificazione da parte del creditore. L’udienza dell’8 settembre 2017 è stata, poi, rinviata d’ufficio per impedimento del giudice delegato all’udienza del 15 settembre 2016, ma in tal caso non si è proceduto ad una nuova notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza.
9. Tale motivo è fondato.
Invero, ai sensi dell’art. 15 comma 3 l.fall.: “il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del sesto comma. Il ricorso e il decreto devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. L’esito della comunicazione è trasmesso, con modalità automatica, all’indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente. Quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma dell’articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica, 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese. Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso”.
Con una recente pronuncia, poi, la Corte Costituzionale (sentenza 16 giugno 2016, n. 146) ha ritenuto sufficiente ai fini del perfezionamento della notifica il deposito dell’atto presso la casa comunale. Per la Corte Costituzionale, infatti, il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilità, da parte del debitore, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, è adeguatamente garantito dalla norma denunciata, proprio in ragione del predisposto duplice meccanismo di ricerca della società. Questa, infatti, ai fini della sua partecipazione al giudizio, viene notiziata prima presso il suo indirizzo di PEC, del quale è obbligata a dotarsi ex art. 16 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2, ed è tenuta a mantenere attivo durante la vita dell’impresa; dunque, in forza di un sistema che presuppone il corretto operare della disciplina complessiva che regola le comunicazioni telematiche da parte dell’ufficio giudiziario e che, come tale, consente di giungere ad una conoscibilità effettiva dell’atto da notificare, in modo sostanzialmente equipollente a quella conseguibile con i meccanismi ordinari (ufficiale giudiziario e agente postale). Solo a fronte della non utile attivazione di tale primo meccanismo segue la notificazione presso la sede legale dell’impresa collettiva: ossia, presso quell’indirizzo da indicare obbligatoriamente nell’apposito registro ex l. 29 dicembre 1993 n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) e successive modifiche, la cui funzione è proprio quella di assicurare un sistema organico di pubblicità legale, sì da rendere conoscibili - e perciò opponibili ai terzi, nell’interesse dello stesso imprenditore - i dati concernenti l’impresa e le principali vicende che la riguardano.
Per cui, in caso di esito negativo di tale duplice meccanismo di notifica, il deposito dell’atto introduttivo della procedura fallimentare presso la casa comunale ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, dei descritti obblighi impostigli dalla legge. Ciò anche alla luce del principio, più volte enunciato dalla Corte di Cassazione (seppur con riferimento al testo previgente dell’art. 15 della legge fallimentare), per cui esigenze di compatibilità tra il diritto di difesa e gli obiettivi di speditezza e operatività, ai quali deve essere improntato il procedimento concorsuale, giustificano che il tribunale resti esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità, ancorché normalmente previste dal codice di rito, allorquando la situazione di irreperibilità dell’imprenditore debba imputarsi alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico (sezione sesta, sentenze n. 3062 del 2011, n. 32 del 2008).
Il creditore Condominio Durante ha provveduto alla notifica a mezzo di Ufficiale Giudiziario che si è recato all’indirizzo dove aveva la sede legale la società in Torrebruna (CH).
Non avendo rinvenuto nessuno in loco l’Ufficiale Giudiziario ha provveduto al deposito dell’atto presso la casa comunale.
In tal modo la notifica si è perfezionata, così come previsto dall’art. 15 comma 3 l.fall. Successivamente, però, l’udienza dell’8 settembre 2016 non si è tenuta per impedimento del Giudice ed è stata differita d’ufficio al 15 settembre 2016, quindi alla prima udienza immediatamente successiva. L’art. 82 disp. att. c.p.c. prevede sul punto che “qualora il giudice istruttore designato non tenga udienza nel giorno fissato per la prima comparizione delle parti, questa si intende rinviata d’ufficio alla udienza di prima comparizione immediatamente successiva, assegnata allo stesso giudice”.
Tuttavia, per la Suprema Corte nella fase che precede la dichiarazione di fallimento, il diritto di difesa dell’imprenditore insolvente, in considerazione del carattere camerale e sommario del relativo procedimento, può essere garantito con differenti modalità, quali l’audizione del debitore da parte dal Tribunale o del giudice relatore, ovvero mediante l’attribuzione della facoltà di presentare scritti difensivi e documenti; tuttavia, una volta stabilite dal Tribunale le modalità di esercizio di detto diritto, devono essere osservate le regole che concernono la modalità scelta. Pertanto, nel caso in cui il Tribunale abbia disposto la convocazione dell’imprenditore innanzi al giudice designato per l’istruttoria prefallimentare, qualora l’udienza fissata a detto fine sia stata rinviata d’ufficio, senza che risulti annotato sul ruolo d’udienza alcun provvedimento di rinvio, all’imprenditore deve essere data comunicazione della nuova udienza fissata per l’audizione, dovendo ritenersi inapplicabile l’art. 82 disp. att. c.p.c. - in virtù del quale, se il giudice istruttore non tiene udienza nel giorno fissato questa deve intendersi rinviata d’ufficio alla prima udienza successiva - poiché quest’ultima norma non è applicabile al procedimento camerale per la dichiarazione di fallimento, improntato da regole procedurali diverse dal rito ordinario, in considerazione delle esigenze di speditezza che lo connota e della sua natura inquisitoria (Cass., 14 novembre 2003, n. 17185). Tale argomentazione è valida anche per il procedimento prefallimentare modificato dal d.lgs. 5/2006 e poi dal d.lgs. 169/ 2007, che non può essere assimilato in toto ad un processo di cognizione ordinaria, avendo proprie e specifiche caratteristiche ancora improntate alla massima celerità e speditezza.
Le peculiarità del procedimento prefallimentare di cui all’art. 15 l.fall. emergono dalla tipologia di procedimento che si svolge in camera di consiglio, dalle peculiari modalità di notificazione di cui all’art. 15, comma 3, l.fall., dalla possibilità per il debitore di difendersi personalmente, senza l’ausilio della difesa tecnica, dall’eventuale abbreviazione dei termini processuali, dall’adozione di misure cautelati e conservative a tutela del patrimonio dell’impresa. Proprio la non necessaria difesa tecnica del debitore fa sì che questi confidi nella circostanza che l’organo procedente, nel rispetto della procedura seguita, lo metta in condizione di esplicare le proprie ragioni a difesa. In tal caso, come affermato dalla Suprema Corte, nel precedente citato la mancata riconvocazione crea un effettivo e sostanziale ostacolo a tale esercizio non potendo presumersi che il debitore, proprio in quanto non necessariamente fornito di assistenza tecnica, sia a conoscenza dell’alternativa possibilità di rappresentare le proprie ragioni tramite la produzione di memorie e documenti. L’art. 15, comma 4, l.fall. infatti prevede espressamente la facoltà per il debitore di presentare memorie e depositare documenti sino a sette giorni prima dell’udienza. Per la Suprema Corte, infatti, le conseguenze di tale equivoca situazione sono del resto estremamente gravi poiché il debitore che confida di essere riconvocato può nel frattempo [...] essere dichiarato fallito a sua insaputa.
10. L’omessa rinnovazione della notifica del ricorso per il fallimento, a seguito del rinvio d’ufficio dell’udienza, comporta la revoca della dichiarazione di fallimento, non potendosi applicare il disposto di cui all’art. 354 c.p.c.
11. Infatti, in caso di fondatezza del reclamo l’art. 18 l.fall. impone la revoca della sentenza dichiarativa del fallimento con conseguente cessazione della procedura, senza che siano previste o la rinnovazione degli atti nulli o la regressione al primo giudice. L’accertata nullità dell’atto introduttivo comporterebbe, in base alle norme sulla impugnazione (art. 354 c.p.c.), non già la pronuncia nel merito, ma la rimessione degli atti al primo giudice (Cass. 13 settembre 2011, n. 18762). Invero, il giudice d’appello che dichiari la nullità della pronuncia dichiarativa di fallimento (fuori dei casi in cui debba provvedersi circa l’ammissibilità della procedura di concordato preventivo) non deve disporre la rimessione al primo giudice, in quanto la detta nullità travolge tutti gli atti conseguenziali, incluso il giudizio di cognizione di primo grado ed il giudizio di secondo grado, senza far salvi situazioni, fatti od effetti riferibili alla fase prefallimentare - caratterizzata dalla natura inquisitoria e non paragonabile ad un processo di cognizione ordinaria - che possano valere come vincoli assoluti per il giudice, dovendosi accertare i presupposti del fallimento con riferimento ai fatti ed alle circostanze soggettive e oggettive esistenti all’epoca della relativa dichiarazione - nella specie era stato violato l’art. 15 l.fall. per omessa convocazione del debitore - (Cass. 8 gennaio 1994, n. 145). In motivazione si è chiarito che con sentenze n. 4134 e n. 5684 del 1979 la Cassazione ha ritenuto che il rinvio ex art. 354 c.p.c. dev’essere disposto, allorché la dichiarazione di fallimento sia conseguita alla rilevata inammissibilità del concordato preventivo, perché in tal caso permane l’obbligo del giudice di provvedere sulla domanda (del debitore) di ammissione a detto concordato. Con le successive sentenze n. 3528 del 1989 e n. 7759 del 1990 la Suprema Corte ha ritenuto che, all’infuori del menzionato caso, il giudice di appello che dichiara la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento non deve disporre la rimessione degli atti al primo giudice in quanto detta nullità travolge tutti gli atti conseguenziali del giudizio di primo e di secondo grado senza far salvi situazioni, fatti od effetti riferibili alla base prefallimentare - caratterizzata dalla natura inquisitoria e non paragonabile ad un processo di cognizione ordinaria - che possano valere come vincoli assoluti per il giudice, dovendosi accertare i presupposti del fallimento con riferimento ai fatti ed alle circostanze soggettive ed oggettive esistenti all’epoca della relativa dichiarazione. Il giudice d’appello, il quale, in esito ad opposizione contro la declaratoria di fallimento, rilevi e dichiari la nullità di questa (nella specie, per mancata audizione del fallito), non deve rimettere gli atti al tribunale fallimentare, dato che quella nullità travolge l’intera procedura, mentre una nuova dichiarazione di fallimento resta consentita solo sulla base del riscontro dei prescritti presupposti alla data della relativa pronuncia (Cass. 2 agosto 1990, n. 7760). Il giudice dell’opposizione avverso la sentenza che abbia dichiarato il fallimento, per effetto dell’inammissibilità della domanda di ammissione al concordato preventivo, qualora rilevi, anche in grado d’appello, la violazione dell’art 162 della legge fallimentare (nel testo risultante a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 110 del 1972), per la mancata preventiva convocazione del debitore in camera di consiglio, non può provvedere nel merito dell’opposizione medesima, revocando la dichiarazione di fallimento, ma, trattandosi di una nullità per violazione del diritto di difesa che, verificatasi nella pregressa fase camerale, si è ripercossa su tutta la successiva procedura, deve dichiarare la nullità della sentenza opposta, e, a norma dell’art. 354 cod. proc. civ, rimettere gli atti al competente giudice fallimentare, affinché provveda nuovamente, nel rispetto della citata norma, sulla proposta di concordato preventivo (Cass. 16 luglio 1979, n. 4134). Diversamente, in caso di nullità della sentenza dichiarativa di fallimento, che non rientri in alcuna delle ipotesi di rimessione al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., la parte reclamante ha l’onere di indicare quale concreto vizio del contraddittorio si è verificato a causa della dedotta nullità, indicando altresì, in sede di gravame, le ragioni per cui non ricorrevano i presupposti del fallimento (App. L’Aquila, 29 novembre 2011, in Il Fall., 6, 2012, 686).
P.Q.M.
La Corte di Appello di L’Aquila, omissis, revoca la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal Tribunale di Vasto in data 2 novembre 2016.