Diritto della Famiglia e dei Minori
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25779 - pubb. 05/08/2021
Detrazione IMU in caso di coniugi non separati legalmente
Commissione tributaria regionale Bologna, 16 Luglio 2021. Pres. Grandinetti. Est. Morlini.
IMU - Detrazione per l’abitazione principale - Requisiti - Dimora abituale del contribuente e dei familiari - Necessità - Spettanza del beneficio
In tema di IMU, ai fini della detrazione prevista per l’abitazione principale, il contribuente deve provare che l’immobile costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari.
Se risulta che i coniugi, non separati legalmente, occupino due distinte abitazioni, ove hanno stabilito ciascuno la propria residenza anagrafica, il beneficio fiscale non può essere riconosciuto. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
RG. 157/2018
FATTO
La controversia trae origine da due avvisi di accertamento emessi dal Comune di Castiglione dei P. nei confronti di Angela T., con riferimento all’IMU 2013 e 2014, in ragione del mancato riconoscimento della agevolazione prima casa, risultando la contribuente abitante in un comune diverso da quello del coniuge non separato, e quindi non essendo integrato il requisito normativo dell’unicità di residenza del nucleo famigliare.
Gli avvisi sono stati impugnati davanti alla CTP di Bologna, che però ha rigettato il ricorso, osservando che la contribuente abitava a Castiglione dei P. mentre il coniuge a Bologna; e che l’agevolazione prima casa non poteva essere riconosciuta laddove coniugi non separati abitavano in comuni diversi, a meno della indicazione di un valido motivo, nel caso di specie nemmeno dedotto.
A seguito del decesso della signora T. dopo la sentenza di primo grado, interpongono il presente appello gli eredi, e cioè Francesco G., Serena G. e Giovanna G.. In particolare, dopo avere premesso che le sanzioni erogate negli avvisi di accertamento non sono trasmissibili agli eredi del contribuente ex art. 8 D.Lgs. n. 472/1997, gli attori sviluppano due motivi di appello: per un verso censurano la mancanza di motivazione degli atti impugnati; per altro verso deducono l’infondatezza degli avvisi, sul presupposto che le risultanze anagrafiche comprovavano la residenza della signora T. a Castiglione dei P. e che è riconoscibile il regime di esenzione anche all’abitazione ove risulti residente uno solo dei coniugi, così come risultante dalla circolare ministeriale 18/5/2012.
Costituendosi in giudizio, ha resistito il Comune, sul presupposto della correttezza degli accertamenti e della sentenza di primo grado.
La causa è decisa a seguito di discussione tramite collegamento da remoto sulla base dell’articolo 27 D.L. n. 137/2020, secondo quanto prescritto dal Decreto Presidenziale 21/12/2020.
DIRITTO
1) Con il primo motivo di appello, si cesura la pretesa mancanza di motivazione degli avvisi, i quali sarebbero stati emessi “senza dar conto dell’iter logico e giuridico su cui la pretesa del Comune si fondava” (cfr. pag. 3 appello).
Trattasi però di doglianza manifestamente infondata.
Infatti, è di tutta evidenza che nell’avviso sono ben esposti gli elementi che consentono di comprendere sia la pretesa del Comune, cioè l’inesistenza del diritto ad ottenere l’IMU agevolata prima casa, essendo la residenza della contribuente diversa da quella del coniuge; sia gli elementi utilizzati per il calcolo dell’imposta, e cioè la rendita catastale, l’aliquota applicata, il periodo e la percentuale di possesso.
D’altronde, che gli avvisi fossero perfettamente motivati è ulteriormente comprovato dal fatto per cui la contribuente prima e gli eredi poi, hanno impugnato gli atti sollevando eccezioni pienamente pertinenti, pur se ritenute infondate dalla CTP.
2) Con il secondo ed ultimo motivo di appello, il contribuente eccepisce la pretesa infondatezza dell’accertamento.
Anche tale eccezione è però infondata.
Sul punto, occorre muovere dal dato normativo, ed in particolare dall’articolo 13 comma 2 D.L. n. 201/2011 in tema di IMU, a tenore del quale l’agevolazione spetta per l’immobile utilizzato “come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.
Risulta quindi del tutto evidente che, in ragione del piano disposto normativo, l’agevolazione spetta se nell’unità immobiliare dimorano e risiedono il contribuente ed il suo nucleo familiare; ed una disciplina specifica di favore è dettata anche laddove il nucleo familiare dimori e risieda in due immobili nello stesso Comune.
Ciò detto, è facile concludere che nel caso che qui occupa il beneficio prima casa non spetta, risultando per tabulas che la signora T. non risiedeva con il suo nucleo familiare, essendo il marito residente a Bologna; e che i due immobili utilizzati per la residenza dal nucleo familiare erano in due comuni diversi, cioè Castiglione dei P. e Bologna.
Dette conclusioni sono coerenti con l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, anche recentissimo, la quale ha chiarito che l’agevolazione prima casa spetta solo se l’abitazione “costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari”; e che quindi, ai fini dell’ottenimento del beneficio, il contribuente deve provare che l’immobile “costituisca dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo” (Cass. n. 2344/2021, Cass. n. 2194/2021, Cass. n. 42166/2020, Cass. n. 20130/2020, Cass. n. 4170/2020, Cass. n. 15439/2019, Cass. n. 15444/2017, Cass. n. 13062/2017, Cass. n. 14389/2010).
E d’altronde, di tali condivisibili princìpi questa stessa CTR ha già fatto governo in molteplici casi sovrapponibili al presente (cfr. CTR Bologna n. 96/2020, CTR Bologna n. 1931/2019, CTR Bologna n. 2207/2018, CTR Bologna n. 2206/2018, CTR Bologna n. 1925/2018).
Né può opinarsi che il diritto alla detrazione possa essere riconosciuto sulla base della circolare ministeriale n. 3/2012 del 18/5/2012.
Invero, indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla possibilità della circolare di integrare il dato normativo, dirimente è il rilievo per cui detta circolare statuisce la sussistenza del diritto al beneficio anche nel caso i coniugi risiedano in comuni diversi, solo però laddove vi siano “effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune”, identificando poi esemplificativamente tali esigenze in quelle relative alla frattura del rapporto di convivenza, ovvero in quelle lavorative.
Tuttavia, nel caso che qui occupa la contribuente non ha provato, ed in realtà nemmeno offerto di provare o quantomeno dedotto, la sussistenza di una di tali situazioni, quali ad esempio una difficoltà coniugale od una necessità lavorativa; ed il mutamento della residenza anagrafica della signora T., che inizialmente risiedeva a Bologna insieme al marito, non ha quindi alcun motivo apparente.
3) In ragione di tutto quanto sopra, l’appello deve essere rigettato, fermo ovviamente restando che, ai sensi dell’articolo 8 D.Lgs. n. 472/1997, “l’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi”, così come peraltro riconosciuto dallo stesso Comune anche in sede di discussione.
Nonostante la soccombenza dell’Appellante, ritiene il Collegio che le spese di lite del grado di giudizio possano essere integralmente compensate ex art. 15 D.Lgs. n. 546/1992, dovendosi rinvenire le “gravi ed eccezionali ragioni” nel fatto che il contenuto della citata circolare ministeriale n. 3/2012 del 18/5/2012, pur se comunque inapplicabile alla fattispecie concreta, è in parziale distonia con il dato normativo, ciò che può avere ingenerato dubbi interpretativi sul diritto ad ottenere l’invocata agevolazione.
Così come chiarito dalla maggioritaria giurisprudenza della Suprema Corte, non è possibile procedere alla condanna ex art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002 (Cass. n. 23980/2018, Cass. n. 20018/2018 e Cass. n. 15111/2018).
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale di Bologna sez. VIII
rigetta l’appello;
dà atto che le sanzioni non si trasmettono agli eredi;
compensa integralmente tra le parti le spese di lite del giudizio.
Bologna, 12/3/2021
Il Giudice
Gianluigi Morlini
Il Presidente
Giorgio Grandinetti