Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6835 - pubb. 01/08/2010
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Cassazione civile, sez. I, 01 Aprile 2009, n. 7961. Est. Didone.
Società - Di capitali - Società cooperative - Organi sociali - Amministratori - Rapporto tra amministratore e società - Natura subordinata o di collaborazione continuata e coordinata - Esclusione - Lavoro autonomo - Configurabilità - Conseguenze - Diritto alla retribuzione proporzionata e sufficiente ex art.36 Cost. - Spettanza - Esclusione - Previsione statutaria di gratuità delle relative funzioni - Legittimità.
In tema di società cooperativa a responsabilità limitata, il rapporto intercorrente tra la società e l'amministratore, al quale è affidata la gestione sociale, è di immedesimazione organica, e non può essere qualificato come rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione continuata e coordinata, dovendo invece essere ascritto all'area del lavoro professionale autonomo; ne consegue che il disposto dell'art. 36, primo comma, Cost., relativo al diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente, pur costituendo norma immediatamente precettiva e non programmatica, non è applicabile al predetto rapporto, per cui è legittima la previsione statutaria di gratuità delle relative funzioni. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado - Presidente -
Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere -
Dott. SALVATO Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12657/2003 proposto da:
SCIELZO GIUSEPPE (c.f. SCLGPP31B05F839H), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato PARLATO GUIDO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
SOCIETÀ COOPERATIVA EDILIZIA OLEANDRO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato RICCARDI VINCENZO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3574/2002 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/12/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/2009 dal Consigliere Dott. DIDONE ANTONIO;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato G. PARLATO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
p. 1.- Con sentenza depositata in data 29/11/1999 il Tribunale di Napoli ha condannato la società cooperativa edilizia "Oleandro" a r.l. contestualmente convalidando il sequestro conservativo concesso ante causam - al pagamento in favore di SCIELZO Giuseppe della somma di L. 210.000.000, - oltre interessi legali - a titolo di compenso per l'attività prestata nella qualità di presidente della cooperativa, anche per mansioni esorbitanti dai compiti propri della carica ricoperta.
in accoglimento dell'appello proposto dalla cooperativa convenuta la Corte di appello di Napoli, con sentenza del 3 dicembre 2002, in riforma della decisione del Tribunale, ha rigettato la domanda dello Scielzo.
Ha osservato la Corte territoriale che l'art. 29 dello Statuto della Cooperativa prevedeva testualmente che "l'indennità ed il rimborso delle spese spettanti ai suoi membri per l'opera prestata vanno liquidate non per ragioni di carica, ma per particolari incarichi o mansioni loro conferiti", e, a fronte di una così chiara disposizione statutaria, il richiamo che il giudice di prime cure aveva fatto alla normativa codicistica concernente le società di capitali a giustificazione di un diritto dell'amministratore ad un compenso spettante in ogni caso per l'attività prestata a vantaggio delle stesse, fosse irrilevante ai fini della decisione sia per diversità della fattispecie, trattandosi di società cooperativa, la quale per le sue peculiari caratteristiche e per le finalità che persegue non può essere assoggettata alla stessa disciplina prevista per le società di capitali, sia per la non condivisibilità di una forza cogente di detta normativa, tale da vanificare quanto stabilito in sede di Statuto della Cooperativa stessa.
Ha osservato ancora la Corte di merito che l'attore nulla aveva provato circa il conferimento di un incarico per l'espletamento di attività esorbitante dai compiti propri della carica, malgrado ricadesse su di lui un tale onere probatorio perché relativo alla sussistenza di un fatto costitutivo del diritto (al compenso) azionato e che le attività indicate (partecipazioni a sedute e a riunioni e contatti intercorsi con altri esponenti delle altre società) non potevano essere ricondotte ad attività esorbitanti dalle funzioni rappresentative e comunque di spettanza di un Presidente della cooperativa, essendo evidentemente collegate al raggiungimento delle finalità proprie e istituzionali di essa e connesse in particolare allo scopo sociale che, attesa la natura di società cooperativa edilizia della Coop. Oleandro, era rappresentato dalla realizzazione di alloggi a un prezzo più conveniente per i soci, per le quali vi era nello Statuto della Cooperativa l'espressa previsione di gratuità delle stesse.
La Corte di appello, infine, ha ritenuto assorbito il motivo di appello con il quale era stata dedotta la prescrizione del diritto azionato nonché il motivo di appello incidentale diretto ad ottenere la liquidazione di somma maggiore.
Contro la sentenza di appello Scielzo Giuseppe ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste la società cooperativa con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
p. 2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2516, 2389, 2260, 2293 e 1709 c.c., violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., in relazione all'interpretazione del contratto sociale e vizio di motivazione.
Deduce che l'art. 2516 c.c., richiama per le società cooperative la normativa concernente le società per azioni, in quanto compatibili, e tale ultima disciplina prevede la rimuneratività delle prestazioni degli amministratori richiamando la norma di cui all'art. 1709 c.c., Invoca la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 1647 del 1997), secondo cui "la pretesa di un amministratore di società per azioni al compenso per l'opera prestata ha natura di dritto soggettivo perfetto sicché ove la misura di tale compenso non sia stata stabilita nell'atto costitutivo o dall'assemblea a norma degli artt. 2363 e 2389 c.c., può esserne chiesta al giudice la determinazione" e quella (Sez. L, Sentenza n. 2895 del 1991) per la quale "ove l'assemblea di una società di capitali, in mancanza di una disposizione nell'atto costitutivo, si rifiuti od ometta di stabilire il compenso spettante all'amministratore ai sensi degli artt. 2364 e 2389 c.c., o lo determini in misura manifestamente inadeguata, l'amministratore può chiedere al giudice la determinazione di esso, così come è espressamente previsto per il mandatario (art. 1709 c.c.)".
Deduce che l'art. 2389 c.c. è compatibile con la disciplina dettata per le cooperative.
Deduce che la Corte di merito ha omesso l'esame dell'intero testo dell'art. 29 dello statuto, esaminando solo la seconda parte, da cui ha tratto il convincimento della gratuità dell'attività degli amministratori.
Trascrive il testo completo dell'art. 29 (simile all'art. 28 dello statuto originario) secondo cui "spetta all'assemblea determinare il loro (dei membri del consiglio) numero e le medaglie di presenza e compensi dovuti per la loro attività collegiale. Spetta al "Consiglio, sentito il parere del Collegio Sindacale, liquidare indennità e rimborso spese dovute ai suoi membri per l'opera prestata, non per ragione di carica, ma per particolari incarichi o mansioni loro conferiti". Testo che ricalca l'art. 2389 c.c. e disciplina soltanto le diverse competenze in relazione alla determinazione del compenso per attività istituzionali e non. p. 2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa e insufficiente motivazione in relazione all'omesso esame delle prove testimoniali e documentali offerte in merito alle attività non istituzionali svolte dal ricorrente e, in particolare, delle delibere del consiglio di amministrazione del 24.10.1986 e del 15.5.1987, contenenti esplicito riconoscimento di tali attività, con il parere favorevole del collegio sindacale. Attività consistite, tra l'altro, nel seguire l'intera attività di costruzione degli alloggi (dall'acquisizione dell'area e all'incarico di progettazione affidato a professionisti al rilascio della concessione, dall'ottenimento del finanziamento agevolato all'affidamento dei lavori in appalto, alla transazione di liti insorte) fino all'assegnazione ai soci. Da ultimo, il ricorrente segnala che la cassazione della sentenza dovrà comportare anche l'esame del suo appello incidentale, ritenuto assorbito dalla Corte di merito.
p. 2.3.- La società controricorrente deduce che correttamente è stata desunta la gratuità dell'incarico dall'art. 29 dello statuto, che il ricorrente propone censure inammissibili contro l'interpretazione fornita dalla Corte di merito al contratto sociale e contro la valutazione delle prove eseguita dal giudice del merito incensurabilmente. Reitera, infine, l'eccezione di prescrizione in relazione al credito per il quinquennio antecedente alla notificazione dell'atto di citazione (9.2.1991), ritenuta assorbita dalla Corte di appello.
p. 3. - Osserva la Corte che il ricorso non merita accoglimento. Quanto al primo motivo, invero, le censure, là dove non sono inammissibili per difetto di autosufficienza, non essendo specificato nel ricorso in quale atto sia contenuto il richiamo alla prima parte dell'art. 29 dello statuto societario, sono infondate. Infatti, questa Sezione ha già avuto modo di evidenziare che a differenza dell'art. 2402 c.c. - applicabile, in virtù dell'espresso richiamo operato dall'art. 2516 c.c., anche alle società cooperative -, che, nel prevedere che "la retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nell'atto costitutivo, deve essere determinata dall'assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio", sancisce il principio dell'onerosità della carica, per contro, la norma di cui all'art. 2364 c.c., comma 1, n. 3, attribuisce all'assemblea il compito di determinare il compenso degli amministratori e dei sindaci. Si che la regola dell'onerosità della carica è stabilita per i sindaci ma non per gli
amministratori, i quali ben possono prestare gratuitamente la loro opera (così, in motivazione, Sez. 1, Sentenza n. 14640 del 2008). Già in passato, peraltro, si è ritenuto che "in tema di società cooperativa a responsabilità limitata, il rapporto che lega l'amministratore, cui è affidata la gestione sociale, alla società è un rapporto di immedesimazione organica, che non può essere qualificato ne' rapporto di lavoro subordinato, ne' di collaborazione continuata e coordinata, orientando le prestazioni dell'amministratore piuttosto nell'area del lavoro professionale autonomo. Ne consegue che il disposto dell'art. 36 Cost., comma 1, relativo al diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente, ancorché norma immediatamente precettiva e non programmatica, non è applicabile al rapporto di cui si tratta. È, pertanto, legittima la previsione statutaria di gratuità delle predette funzioni". (Sez. L, Sentenza n. 2861 del 26/02/2002 (Rv. 552611).
A ciò va aggiunto che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'interpretazione delle clausole dei contratti è riservata al giudice di merito, le cui valutazioni sono impugnabili in cassazione soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi della motivazione, restando escluso che le censure possano mai risolversi nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella data dal giudice (cfr. tra le tante Cass. n. 2190 del 1998, Cass. n. 4832 del 1998). E, nella concreta fattispecie, la Corte di merito ha interpretato nel senso della gratuità della carica la norma dello statuto (art. 29, seconda parte) invocata dal ricorrente sia nel ricorso per sequestro che nell'atto di citazione, giustificando in modo logico e congruente la propria decisione e conformemente alla natura - innanzi evidenziata - dell'oggetto della società.
Quanto al secondo motivo di ricorso, osserva la Corte che le censure sono inammissibili perché "il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione" (Sez. U, Sentenza n. 5802 del 11/06/1998).
Nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha, con motivazione immune da vizi logici, accertato in fatto che era mancata la prova circa il conferimento di un incarico all'attore per l'espletamento di attività esorbitante dai compiti propri della carica e ha evidenziato che le attività indicate (partecipazioni a sedute ed a riunioni e contatti intercorsi con altri esponenti delle altre società) non potevano essere ricondotte ad attività esorbitanti dalle funzioni rappresentative e comunque di spettanza di un Presidente della cooperativa, essendo evidentemente collegate al raggiungimento delle finalità proprie ed istituzionali di essa e connesse in particolare allo scopo sociale che, attesa la natura di società cooperativa edilizia della Coop. Oleandro, era rappresentato dalla realizzazione di alloggi ad un prezzo più conveniente per i soci, per le quali vi era nello Statuto della Cooperativa la espressa previsione di gratuità delle stesse.
Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00, per onorario, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2009