Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6324 - pubb. 01/08/2010
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Cassazione civile, sez. I, 07 Dicembre 1995, n. 12628. Est. Milani.
Società - Di persone fisiche - Società semplice - Scioglimento - Esclusione - Ad opera degli altri soci - In genere - Società in nome collettivo - Inosservanza da parte di un socio del pagamento pro quota di un mutuo contratto dalla società - Motivo di esclusione ex art. 2286 cod. civ. - Configurabilità.
Per il socio di una società in nome collettivo il pagamento pro quota delle rate di un mutuo contratto da quest'ultima è oggetto di una obbligazione che discende direttamente dallo "status" di partecipante all'organismo societario, che, se gli dà diritto alla partecipazione agli utili in proporzione ai conferimenti, lo obbliga anche a partecipare nella stessa misura ad oneri e passività e lo rende (salvo il "beneficium excussionis") solidalmente ed illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali. Di conseguenza l'inadempimento dell'obbligazione suddetta ben può giustificare una deliberazione di esclusione del socio inadempiente dalla società, ai sensi dell'art. 2286 cod. civ.. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Renato BORRUSO Presidente
" Vincenzo PROTO Consigliere
" Mario Rosario MORELLI "
" Giuseppe SALMÈ "
" Laura MILANI Rel. "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
I.R.GO.L. - INDUSTRIA RICOSTRUZIONI GOMME LATINA EREDI UGO DE BONIS e C. S.N.C., in persona dell'Amministratore pro tempore e dai signori DE BONIS ANNA, DE BONIS DANIELA, DE BONIS ASCENZO, elettivamente domiciliati in Roma Via Pietro De Cristofaro n. 46, c-o l'avvocato Piccialuti Giorgio che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato Bracciale Ferdinando giusta delega in calce al ricorso;
Ricorrente
contro
RISOLI BARBARA;
Intimata
e sul secondo ricorso n. 2052-94 proposto:
da
RISOLI BARBARA, elettivamente domiciliata in Roma Via G. Mangili, 3 c-o l'avvocato Floriano D'Alessandro che la rappresenta e difende unitamente all'Avvocato Pierluigi Angeloni giusta delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;
Controricorrente e ricorrente incidentale
contro
I.R.GO L. INDUSTRIA RICOSTRUZIONE GOMME LATINA - EREDI UGO DE BONIS, DE BONIS ANNA, DE BONIS DANIELA e DE BONIS ASCENZO, elettivamente domiciliati in Roma, Via P. De Cristoforo, 46
come sopra
Controricorrente
avverso le sentenze n. 66 non definitiva e n. 2824 della Corte d'Appello di Roma depositata il 20.1.92 e il 19.10.93;
sono presenti per il ricorrente l'avvocato G. Piccialuti;
per il resistente e il ricorrente incidentale l'avvocato F. D'Alessandro;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25.9.1995 dal Cons. Rel. Dott. Milani;
la difesa del ricorrente chiede l'accoglimento del ricorso principale e rigetto dell'incidentale;
la difesa del resistente chiede il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento dell'incidentale;
udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Lugaro Michele che conclude per il rigetto principale; accoglimento incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con scrittura 1.7.1974 Ugo De Bonis ed Anita Censi cedevano rispettivamente 450 e 1800 quote della s.r.l. I.R.Go.L - Industria Ricostruzione Gomme Latina - ad Aldo Cirilli, il quale diveniva così socio al 50% insieme con il De Bonis. Il Cirilli, in corrispettivo della cessione, si accollava il pagamento della metà del mutuo industriale concesso a favore della società dal Mediocredito Regionale del Lazio, e, a garanzia dell'adempimento di tale obbligazione, rilasciava a favore del De Bonis dieci effetti cambiari non trasferibili per il complessivo importo di L. 22.904.180, con l'intesa che sarebbero stati progressivamente restituiti contestualmente al pagamento di ogni singola rata di mutuo. Successivamente, con scrittura privata autenticata 15 settembre 1979, il Cirilli cedeva le proprie quote a Barbara Risoli (la quale firmava per avallo le cambiali da lui in precedenza rilasciate al De Bonis) e, con lo stesso atto, i soci (subentrando ad Ugo De Bonis, deceduto, i figli Anna, Daniela ed Ascenzo) deliberavano di modificare la ragione sociale della società, che assumeva la denominazione di I.R.Go.L - Eredi di Ugo De Bonis & c. s.n.c. - e di affidarne l'amministrazione a Barbara Risoli e Daniela De Bonis, disgiuntamente per gli atti di ordinaria amministrazione e congiuntamente per quelli di straordinaria amministrazione. In data 16 novembre 1982 Anna, Daniela ed Ascenzo De Bonis comunicavano alla Risoli di avere deliberato all'unanimità, il 12 novembre 1982, la sua esclusione dalla società "per gravi inadempienze delle obbligazioni derivanti dal contratto sociale .... consistenti nel mancato pagamento della somma di L. 4.581.000 per quota di spettanza delle rate semestrali di mutuo ...". 2 - Con atto notificato il 9.12.1982 Barbara Risoli si opponeva all'esclusione, deducendo che le inadempienze a lei addebitate non riguardavano obbligazioni nascenti dal contratto sociale, ma obblighi assunti nei confronti degli altri soci, in relazione all'avvenuta cessione delle quote.
La causa era successivamente riunita ad altra separatamente instaurata dalla Risoli con atto notificato l'8.3.1985, con il quale la stessa - ferma la propria opposizione all'esclusione - dichiarava di recedere dalla società e chiedeva che il tribunale condannasse gli altri soci alla corresponsione di quanto a lei dovuto per utili di esercizio, previo rendiconto della gestione, nonché al pagamento della quota di liquidazione spettantele a seguito del recesso. Con sentenza 31.1.1989 il Tribunale di Latina dichiarava illegittima la delibera di esclusione e condannava i convenuti al pagamento della somma di L. 126.319.870 (oltre interessi nella misura del 10% da intendersi comprensivi del maggior danno da svalutazione monetaria) a titolo di liquidazione della quota della Risoli a seguito del di lei recesso.
La decisione era separatamente impugnata dalla Risoli, da un lato, e, d'altro lato, dalla I.R.Go.L e dagli altri soci.
Riunite le impugnazioni, la Corte d'appello di Roma, con sentenza non definitiva 26.11.1991 - 20.1.1992, confermava l'illegittimità della delibera di esclusione e respingeva la domanda di rendiconto avanzata dalla Risoli; accoglieva l'appello di quest'ultima in relazione al criterio di determinazione del valore degli immobili della società e rimetteva la causa in istruttoria per la liquidazione della quota a lei spettante.
La corte motivava l'illegittimità della delibera di esclusione, per essere l'inadempienza della Risoli relativa ad obbligazioni non derivanti dal contratto sociale, ma assunte nei confronti degli altri soci in corrispettivo della cessione delle quote; quanto alla domanda di rendiconto, ne riteneva l'infondatezza, sia per essere gli utili e le perdite risultanti dai bilanci societari, sia per non essere la Risoli legittimata alla richiesta di rendiconto, in quanto amministratore della società.
Con sentenza definitiva 12.7 - 19.10.1993 la corte d'appello determinava in L. 347.813.500 la liquidazione della quota spettante alla Risoli, calcolata in base alla capitalizzazione del reddito degli immobili sociali, con riferimento alla data del recesso, ed al pagamento di tale somma condannava la società ed i soci, oltre agli interessi legali del 10% a decorrere dalla domanda.
Avverso le predette sentenze hanno proposto ricorso la soc. I.R.Go.L. nonché Anna, Daniela ed Ascenzo De Bonis. Resiste con controricorso la Risoli, la quale propone altresì ricorso incidentale. Le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, devono essere riuniti il ricorso principale e quello incidentale, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo, rivolto avverso la sentenza non definitiva, i ricorrenti principali, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2286, primo comma, con riferimento agli artt. 2263, primo comma, 2265 e 2291 c.c., lamentano come la sentenza impugnata abbia trascurato di valutare il duplice oggetto delle inadempienze legittimanti l'esclusione del socio, attinente alle obbligazioni derivanti, oltre che dal contratto sociale, anche dalla legge, fra le quali ultime, per il socio di una società in nome collettivo, deve essere annoverata, per non incorrere nel patto leonino, la partecipazione alle perdite e la responsabilità solidale ed illimitata per le obbligazioni sociali. Ed in tale ottica il mancato pagamento delle quote di mutuo non potrebbe non qualificarsi inadempienza agli obblighi sociali determinati dalla legge. Ma, ad avviso dei ricorrenti, l'inadempienza riguarderebbe anche i patti sociali, avendo la scrittura 15.9.1979 natura pattizia integrativa del contratto sociale, comportante in particolare per la socia subentrante Risoli, espressamente dichiaratasi a conoscenza delle condizioni del mutuo contratto dalla società, "l'obbligo di assumere gli oneri e le passività" sociali in proporzione alla quota acquistata.
Con il secondo motivo, pure rivolto avverso la sentenza non definitiva, i ricorrenti deducono la violazione delle norme di ermeneutica contrattuale, con riferimento agli artt. 1367 e 1371 c.c., per avere i giudici di merito omesso di esaminare la valenza della clausola della scrittura 15.9.1979, contenente l'obbligo della socia subentrante di partecipare alle passività sociali e, in particolare, agli oneri derivanti dal mutuo, nel senso che la clausola stessa avesse un qualche effetto e significato, anziché non averne alcuno, e nel senso che realizzasse un equo contemperamento degli interessi delle parti, anziché volgersi ad esclusivo vantaggio della socia subentrante ed a danno degli altri soci.
Con il terzo motivo, ancora rivolto avverso la sentenza non definitiva, i ricorrenti lamentano insufficienza e contraddittorietà della motivazione, laddove la sentenza impugnata riduttivamente interpreta l'atto 15.9.1979 come semplice cessione di quote dal Cirilli alla Risoli e l'obbligazione di pagamento del mutuo come estranea alla posizione dei soci in quanto tali.
I tre suddetti motivi vanno esaminati congiuntamente, perché complementari tra loro, investendo, sotto diversi aspetti, la medesima statuizione della sentenza non definitiva. Le censure sono fondate.
Sotto un primo profilo, la sentenza impugnata ha omesso di valutare se l'inadempienza addebitata alla Risoli potesse considerarsi violazione degli obblighi incombenti al socio per legge, come previsto dall'art. 2286 c.c., non essendo vincolante e limitativa la prospettazione contenuta nella delibera di esclusione, contenente il riferimento agli obblighi derivanti dal contratto sociale. Nel procedimento di opposizione avverso la deliberazione di esclusione, infatti, il giudice deve riscontrare l'effettiva sussistenza della causa di esclusione posta a fondamento della delibera e verificarne la sua inclusione tra quelle previste dalla legge o dall'atto costitutivo (Cass. 1936-1989), rientrando nel potere-dovere di interpretazione della domanda, fermo restando il fatto addebitato come inadempienza, la qualificazione di tale inadempienza alla luce delle cause di esclusione previste dall'art. 2286 c.c.
E non v'è dubbio che il mancato pagamento pro-quota delle rate di un mutuo contratto dalla società per il perseguimento dei fini sociali si ponga come inadempienza grave agli obblighi del socio, suscettibile di compromettere il raggiungimento dello scopo sociale (in tal senso è stato deciso da Cass. 2344-1982 nei confronti del socio di una cooperativa). Per il socio di una società in nome collettivo l'obbligo discende direttamente dallo stato di socio, che se gli dà diritto alla partecipazione agli utili in proporzione ai conferimenti, lo obbliga anche a partecipare nella stessa misura ad oneri e passività sociali (art. 2263 c.c.) e lo rende (salvo il "beneficium excussionis") solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali (art. 2291 c.c.). È viziata dunque di illogicità e contraddittorietà la sentenza impugnata, laddove - da un lato - riconosce alla Risoli la qualità di socia (ed anzi di amministratore, non legittimata, in quanto tale, ad avanzare richiesta di rendiconto) e, in virtù della qualità di socia, procede alla liquidazione della quota a suo favore, e la esonera - d'altro lato - dall'obbligo di contribuire al rimborso del mutuo contratto dalla società e gravante sugli immobili sociali, focalizzandosi esclusivamente sui patti conclusi tra i soci in occasione del trasferimento delle quote e trascurando di valutare tutte le implicazioni conseguenti all'acquisto dello "status" di socia da parte della Risoli.
Per altro aspetto, è carente la motivazione della sentenza impugnata, perché omette di analizzare la portata ed il significato della scrittura 15.9.1979, che ha sancito l'ingresso della Risoli nella società. Anche sotto questo profilo, infatti, l'esame dei giudici d'appello si è limitato al trasferimento delle quote dal Cirilli alla Risoli e alle modalità di assunzione, da parte della cessionaria, dell'obbligazione di pagamento delle rate di mutuo già facente capo al cedente (mediante avallo delle cambiali rilasciate dal Cirilli al De Bonis), ma, pur dando atto dell'ingresso della Risoli nella società come socia a pieno titolo, con la carica di amministratore, nonché delle conseguenti integrazioni e modifiche dei patti sociali (con variazione della ragione sociale e di altri articoli statutari), ha del tutto omesso di prendere in considerazione come l'ingresso della Risoli nella società, accettato e sanzionato dagli altri soci con la modifica dei patti sociali, avesse comportato per legge a carico della socia subentrante (indipendentemente dall'espressa assunzione nella scrittura 15.9.1979, dedotta dagli appellanti, ma non valutata nella sentenza impugnata) la responsabilità per le obbligazioni sociali, attuali e pregresse.
Se, infatti, l'acquisto della quota sociale non è di per sè sufficiente, nelle società di persone, a far acquistare, oltre ai diritti patrimoniali, anche lo "status" di socio ed a far insorgere la responsabilità dell'acquirente per le obbligazioni sociali, ciò invece si verifica quando si realizza, con il trasferimento della quota, l'effettivo inserimento del nuovo socio nell'organismo sociale mediante il patto con gli altri soci che comporta, attraverso l'assunzione della qualità di socio, i connessi diritti ed obblighi verso la società e gli altri soci (Cass. 2539-1990): il che nella specie è quanto si è verificato, secondo la stessa prospettazione della sentenza impugnata, che peraltro ha mancato di trarre dai presupposti di fatto le logiche conseguenze di legge. E la responsabilità del socio subentrante per legge si estende alle obbligazioni sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio, secondo il disposto dell'art. 2269 c.c., dettato per la società semplice, ed applicabile alla società in nome collettivo in virtù del richiamo operato dal successivo art. 2293 (Cass. 2597-1993).
In accoglimento, pertanto, dei primi tre motivi del ricorso, deve essere cassata la sentenza impugnata, affermandosi la legittimità della delibera di esclusione da socio adottata nei confronti della Risoli.
Restano assorbiti gli ulteriori motivi, rivolti avverso la sentenza definitiva ed attinenti alle modalità di liquidazione della quota: detta liquidazione, infatti, dovrà essere totalmente rideterminata, effettuandosi in base alla situazione patrimoniale della società alla data non più del recesso ma dell'esclusione (12 novembre 1982), essendosi verificato in tale momento lo scioglimento del rapporto sociale nei confronti del socio escluso. Quanto, ora, al ricorso incidentale, articolato in un unico motivo, con esso la Risoli, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., lamenta omessa pronuncia e carente valutazione del materiale probatorio, per avere la sentenza impugnata mancato di giudicare sulla domanda di condanna al pagamento degli utili sociali, trascurando di prendere in considerazione i prospetti dei guadagni e delle perdite risultanti dai bilanci ed allegati alla relazione peritale.
La doglianza è fondata.
La Risoli aveva espressamente richiesto, con l'atto d'appello e nelle conclusioni definitive, la condanna della società e dell'amministratrice Daniela De Bonis al pagamento degli utili di MOTIVI DELLA DECISIONE
esercizio realizzati e non corrisposti, a decorrere dal 1978, e su tale domanda la corte d'appello ha totalmente omesso di pronunciarsi. La sentenza impugnata si è limitata infatti a respingere la domanda di rendiconto avanzata dalla Risoli, ritenendola non legittimata ai sensi dell'art. 2261 c.c. in quanto amministratore, ma in ordine alla domanda di pagamento degli utili non ha adottato alcuna pronuncia, nè nel dispositivo ne' nella motivazione: ne' potrebbe considerarsi una statuizione in tal senso la semplice osservazione che il prospetto degli utili e delle perdite nel periodo indicato, ove l'attività della società era limitata alla riscossione dei canoni di locazione degli immobili sociali, risultava dai bilanci societari, poiché tale mera enunciazione difetta di carattere decisionale e non consente di ricavare, neppure per implicito, alcuna pronuncia sulla domanda proposta.
Anche il ricorso incidentale deve dunque essere accolto. La pronuncia sulle spese di questa fase del giudizio viene rimessa al giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della corte d'appello di Roma.
P.Q.M.
La Corte
Riuniti i ricorsi, accoglie i primi tre motivi del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri. Accoglie il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 25 settembre 1995.