Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6306 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 13 Dicembre 1995, n. 12772. Est. Graziadei.


Società - Di persone fisiche - Società semplice - Rapporti tra soci - Amministrazione - Diritti e obblighi degli amministratori - Responsabilità dell'amministratore - Azione individuale di responsabilità promossa dal singolo socio danneggiato - Ammissibilità.



L'art. 22060 cod. civ., che concede alla società di persone, quale ente munito di autonoma soggettività e di un proprio patrimonio, la facoltà di agire contro gli amministratori, per rivalersi del danno subito a causa del loro inadempimento ai doveri fissati dalla legge e dall'atto costitutivo, non esclude, in difetto di previsione derogativa, il diritto di ciascun socio di pretendere il ristoro del pregiudizio direttamente ricevuto in dipendenza del comportamento doloso o colposo degli amministratori medesimi, in base alle disposizioni generali dell'art. 2043 cod. civ., oppure dalle regole sulla responsabilità contrattuale, ove si verta in tema di violazione degli obblighi posto il mandato ad amministrare o con ulteriori accordi "inter partes". (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Antonio SENSALE Presidente
" Enrico ALTIERI Consigliere
" Mario Rosario MORELLI "
" Giulio GRAZIADEI Rel. "
" Giuseppe MARZIALE "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
ANGELO DORIGO, elettivamente domiciliato in Roma, largo Generale Gonzaga n. 2, presso l'Avv. Prof. Ludovico Pazzaglia, che lo difende per procura a margine del ricorso, e poi, in sostituzione dell'Avv. Pazzaglia, difeso dall'Avv. Salvatore Turco, con studio in Roma piazza Ragusa n. 47, per procura speciale depositata il 12 giugno 1995;
Ricorrente
contro
DORINA BELLON ved. Dorigo, GIOVANNI DORIGO ed EVELINA DORIGO, elettivamente domiciliati in Roma, via Confalonieri n. 5, presso l'Avv. Luigi Manzi, che, con l'Avv. Angelo Maggiolo, li difende per procura in calce al controricorso;
Resistenti
per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Venezia n. 1279 del 1 dicembre 1992;
sentito il Cons. Graziadei, che ha svolto la relazione della causa, il difensore dei resistenti, ed il Pubblico ministero, in persona dell'Avvocato generale Franco Morozzo della Rocca, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Angelo Dorigo, quale socio per il 50% (in forza di sentenza di esecuzione in forma specifica di contratto preliminare) di una Società di fatto con la cognata Dorina Bellon ved. Dorigo ed i figli di essa Giovanni ed Evelina Dorigo, citava costoro, nel marzo 1984, davanti al Tribunale di Belluno, chiedendo che fossero condannati al versamento della somma di lire 1.500.000 al mese, a partire dall'ottobre 1982; si rivolgeva successivamente allo stesso Giudice, sollecitando la maggiorazione di detto importo nella misura mensile di lire 2.000.000 a far tempo dal giugno 1984.
A sostegno delle domande esponeva che la Società si occupava della gestione di un albergo, e che i convenuti, dopo averlo estromesso dall'amministrazione, avevano respinto le sue proposte alternative di cedergli l'amministrazione medesima, dietro un compenso di lire 1.500.000 al mese, ovvero di mantenerla, erogandogli analoga somma.
Tali pretese erano respinte dal Tribunale.
Il soccombente proponeva gravame, precisando che le proprie iniziative erano rivolte ad ottenere il risarcimento del danno prodotto dalla cattiva gestione dell'impresa alberghiera, secondo le previsioni dell'art. 2260 secondo comma cod. civ..
La Corte d'appello di Venezia rigettava l'impugnazione. Osservava che detta azione risarcitoria, anche a voler prescindere dalla sua novità in fase di gravame e dalla sua incompatibilità con una richiesta di condanna pure per il futuro, sarebbe spettata alla Società, mentre non era esperibile dal singolo socio in proprio;
aggiungeva che solo con la comparsa conclusionale, e quindi tardivamente, l'appellante aveva denunciato fatti in tesi comportanti responsabilità degli amministratori, essendosi in precedenza limitato ad opporre la mancata accettazione delle menzionate proposte.
Angelo Dorigo, con ricorso notificato il 26 novembre 1993, ha chiesto la cassazione della pronuncia della Corte di Venezia, formulando due censure.
La Bellon ed i suoi figli hanno replicato con controricorso. Tutte le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente, con deduzioni connesse, insistendo nella ritualità e nel fondamento dell'istanza di risarcimento, critica la Corte di Venezia per non aver rilevato che il dibattito processuale, fin dal primo grado del giudizio, includeva gli estremi dell'azione di responsabilità sociale, restando affidato al Giudice adito il compito della qualificazione giuridica dei fatti allegati; osserva poi che le domande risarcitorie, inclusa quella di cui all'art. 2260 secondo comma cod. civ., sono riferibili anche a danni futuri;
sostiene infine che doveva essergli riconosciuta la possibilità d'invocare la citata norma, per la sua veste di socio e contitolare dell'amministrazione, come tale abilitato a reclamare la reintegrazione del patrimonio sociale, compromesso dall'ingiustificato contegno degli altri partecipanti. Il ricorso è infondato.
La sentenza impugnata, nel disattendere la pretesa attrice di risarcimento del danno per cattiva gestione dell'impresa alberghiera, si affida, a parte le argomentazioni prospettate in via eventuale o rafforzativa, alla duplice osservazione del difetto di legittimazione del singolo socio ad avvalersi del rimedio accordato dall'art. 2260 secondo comma cod. civ. soltanto alla società, nonché del difetto di allegazione, in corso di causa, di fatti idonei ad evidenziare la responsabilità risarcitoria dei convenuti.
Le censure del ricorrente, le quali sono influenti e da esaminarsi nei limiti in cui investono dette due "rationes decidendi", esigono, sull'una, una integrazione della motivazione in diritto della pronuncia d'appello, ma non toccano la correttezza e decisività dell'altra, così sottraendo la pronuncia stessa al chiesto annullamento.
Sulla prima questione, si rileva che l'art. 2260 cod. civ., concedendo alla società di persone, quale ente munito di autonoma soggettività e di un proprio patrimonio, la facoltà di agire contro gli amministratori, per rivalersi dal danno subito a causa del loro inadempimento ai doveri fissati dalla legge e dall'atto costitutivo, non esclude, in difetto di previsione derogativa (e quindi anche a prescindere dall'applicabilità in via analogica di quanto contemplato per le società di capitali dall'art. 2395 cod. civ.), il diritto di ciascun socio di pretendere il ristoro del pregiudizio direttamente ricevuto in dipendenza del comportamento doloso o colposo degli amministratori; diritto discendente dalle disposizioni generali dell'art. 2043 cod. civ., oppure dalle regole sulla responsabilità contrattuale, ove si verta in tema di violazione di obblighi posti con il mandato ad amministrare o con ulteriori accordi "inter partes" (cfr. Cass. n. 2872 del 10 marzo 1992). Ne consegue che la Corte di Venezia, a fronte di domanda risarcitoria inequivocamente avanzata da Angelo Dorigo in proprio e non per conto della società (le contrarie affermazioni del ricorrente sul punto trovano smentita nelle conclusioni precisate in sede di gravame, e rimangono comunque su un piano enunciativo, senza l'indicazione degli atti del processo che potrebbero confortarle), non doveva fermarsi al mero riscontro dell'esorbitanza della domanda stessa dalle previsioni del menzionato art. 2260 cod. civ., essendo suo compito officioso il riferimento ai suddetti principi, nei quali era astrattamente riconducibile l'iniziativa del socio. Tale omissione, però, come sopra anticipato, non ha avuto effetti sul "decisum", in carenza di pertinenti critiche contro quanto affermato dalla Corte d'appello circa la mancata indicazione di fatti potenzialmente riconducibili a responsabilità risarcitoria (aquiliana o contrattuale).
Le deduzioni di Angelo Dorigo, in ordine all'indebito rifiuto della cognata e dei nipoti di accedere alla sua proposta di "concentrazione" dell'amministrazione della società, dietro un compenso fisso mensile per il socio od i soci da essa esclusi, sono infatti radicalmente prive di attitudine ad integrare detta responsabilità, dato che non è qualificabile di per sè come illecito del socio - amministratore il mero esercizio di libertà negoziale, con il rifiuto di aderire a progetti modificativi degli originari patti sociali (tali dovendosi considerare, nelle società di persone, gli accordi che introducano variazioni sulla titolarità della gestione dell'impresa collettiva e sui criteri di ripartizione dei proventi).
In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con la conseguenziale condanna del soccombente al pagamento delle spese di questa fase processuale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da Angelo Dorigo, e lo condanna al rimborso, congiuntamente in favore di Dorina Bellon ved. Dorigo, di Giovanni Dorigo e di Evelina Dorigo, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessive lire 2.635.000, di cui lire 2.500.000 per onorari.
Roma, 30 giugno 1995