Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28477 - pubb. 28/12/2022

Subentro del curatore nell’azione revocatoria pendente e spostamento della competenza

Cassazione civile, sez. VI, 02 Dicembre 2022, n. 35529. Pres. Ferro. Est. Catallozzi.


Fallimento – Subentro del curatore nella causa di revocatoria – Effetti – Competenza



Quando il curatore del fallimento del debitore decide di proseguire il giudizio con cui il singolo creditore esercita un’azione revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901 c.c., estendendo il beneficio che ne può derivare alla più vasta platea costituita dalla massa di tutti i creditori concorrenti, l’iniziativa del curatore non dà luogo all’esercizio di una nuova azione e, conseguentemente, all’instaurazione di un nuovo giudizio, atteso che le condizioni dell'azione non mutano e l'esigenza di tutela della posizione del creditore individuale è naturalmente assorbita in quella della massa che la ricomprende, ma si inserisce nell’ambito del giudizio già introdotto dal singolo creditore, che prosegue nel suo svolgimento, e il curatore accetta la causa nello stato in cui si trova.  


E tale conclusione deve tenersi ferma anche nelle ipotesi in cui il subentro della curatela si sia verificato nelle more della riassunzione del giudizio dinanzi al giudice di primo grado a seguito di remissione a lui della causa ex art. 354 cod. proc. civ., la quale non determina l’inizio di un nuovo giudizio, ma la prosecuzione, sia pure ex novo, del giudizio già pendente.  


Una volta escluso che l’iniziativa del curatore dia luogo a un nuovo giudizio deve, altresì, negarsi anche che il sopravvenuto fallimento di uno dei convenuti e il subentro del curatore costituiscano una vicenda idonea a incidere sulla competenza del giudice, stante l’operatività del principio generale della perpetuatio jurisdictionis, previsto dall’art. 5 cod. proc. civ., secondo cui la competenza si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, essendo privi di rilevanza i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.  


Nè è rinvenibile una deroga a tale principio nel disposto dell’art. 66, secondo comma, legge fall., il quale, nell’individuare il tribunale fallimentare quale giudice competente per le azioni revocatorie ordinarie promosse dal curatore fallimentare, deve intendersi riferito alle cause promosse ex novo dal curatore e non a quelle promosse da singoli creditori e già pendenti al momento del fallimento del debitore, in relazione alle quali il curatore decide di subentrare.  


Una siffatta conclusione risulta coerente anche con il principio della ragionevole durata del giudizio, nella parte in cui evita uno spostamento – peraltro non prevedibile – della sede del giudizio in corso di causa e, conseguentemente, pregiudizievole delle esigenze di rapidità e di economicità dei processi, tanto più rilevanti nei casi in cui l'originaria domanda sia stata proposta anche nei confronti di un terzo, rispetto al quale la curatela fallimentare non vanta alcuna pretesa e il creditore che ha introdotto il giudizio è legittimato a proseguire il giudizio nei confronti del litisconsorte non attinto dalla procedura. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


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