Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25997 - pubb. 06/10/2021
I requisiti della delibera di autorizzazione all’azione sociale di responsabilità
Cassazione civile, sez. I, 23 Luglio 2021, n. 21245. Pres. Scaldaferri. Est. Caradonna.
Società – Azione sociale di responsabilità – Delibera autorizzativa – Contenuto
La delibera societaria di autorizzazione a promuovere l’azione sociale di responsabilità deve contenere la individuazione degli elementi costitutivi dell'azione sotto i profili oggettivo e soggettivo, non essendo, in difetto, idonea ad esprimere la volontà compiutamente informata dei soci.
[Nel caso di specie, la delibera non riportava non solo gli addebiti mossi agli ex amministratori, ma anche quelli dei soggetti contro i quali si sarebbe concretamente agito, elementi che avrebbero consacrato in modo formale e inderogabile l'espressione della volontà della società della quale non sono ammessi equipollenti]. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Fatto
1. Il Tribunale di Milano, con la sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibili le domande di responsabilità proposte dalla Cooperativa edilizia Cascina A. a r.l. nei confronti dei consiglieri di amministrazione convenuti X., V., C. e Ca., ciascuno per il periodo in cui avevano ricoperto la carica dal 18 marzo 2004 al 4 agosto 2011, e ha dichiarato la sopravvenuta inefficacia del sequestro conservativo autorizzato nei confronti dei convenuti con l'ordinanza collegiale emessa il 13 agosto 2012.
2. Il Tribunale di Milano ha rilevato l'assenza della delibera dei soci di autorizzazione all'azione di responsabilità sociale ex art. 2393 c.c. e, in applicazione dell'art. 182 c.p.c., comma 2, ha rimesso la causa sul ruolo, assegnando alla società attrice un termine per la produzione della deliberazione assembleare; ha, quindi, dato atto che, all'udienza del 20 ottobre 2015, la società attrice non aveva depositato alcuna autorizzazione, poiché riteneva che la deliberazione assembleare autorizzativa fosse già agli atti del giudizio e consisteva nel verbale di assemblea dei 28 ottobre 2011, prodotto il 27 marzo 2012, all'interno del procedimento cautelare.
3. I giudici di primo grado hanno, di conseguenza, dichiarato inammissibile l'azione proposta ed inefficace la misura cautelare autorizzata dal Collegio in sede di reclamo, evidenziando che la delibera richiamata conteneva, all'evidenza, un mandato professionale esplorativo che richiedeva necessariamente un secondo passaggio assembleare propriamente autorizzativo, nel caso di specie, non realizzatosi.
4. La Cooperativa Edilizia Cascina A. a r.l. aveva proposto appello avverso detta sentenza sostenendo che:
il vizio di legittimazione rilevato dal Tribunale non era quello in relazione al quale la Cooperativa era stata invitata ai sensi dell'art. 182 c.p.c. ad una integrazione delle proprie produzioni documentali, perché la delibera in esame era stata già prodotta nel giudizio cautelare;
il Tribunale aveva riscontrato una serie di vizi che non erano stati mai rilevati in precedenza e rispetto ai quali la Cooperativa non era stata mai posta nelle condizioni di potersi avvalere della sanatoria prevista dall'art. 182 c.p.c.;
non condivideva le conclusioni cui il Tribunale era pervenuto circa la asserita genericità della delibera adottata dall'assemblea del 28 ottobre 2011.
5. La Corte di appello, con ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., aveva dichiarato inammissibile il gravame asserendo che lo stesso non aveva alcuna possibilità di essere accolto, dato che non vi era stata alcuna violazione dell'art. 182 c.p.c. e che erano condivisibili le considerazioni dei giudici di primo grado sulla eccessiva genericità della delibera assunta dalla Cooperativa in data 28 ottobre 2011, la quale pertanto non poteva considerarsi sufficiente a legittimare la società ad agire ai sensi dell'art. 2393 c.c. nei confronti degli amministratori.
6. La sentenza del Tribunale di Milano è stata impugnata dalla società Cooperativa Edilizia Cascina A., in liquidazione, ai sensi dell'art. 348 ter c.p.c., con ricorso per cassazione, affidato a due motivi di censura.
7. * e * hanno depositato controricorso.
8. Anche *. e * hanno resistito con controricorso.
9. La società ricorrente ha depositato memoria.
10. La Procura generale della Corte di Cassazione ha depositato le sue conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
DIRITTO
1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 182 c.p.c., poiché non era stato concesso un termine per sanare le carenze dalle quali il Tribunale aveva ritenuto essere affetta la delibera del 28 ottobre 2011 e, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, nessuna rilevanza poteva avere l'ordinanza del 23 aprile 2015 con la quale il Tribunale aveva concesso un termine alla Cooperativa per produrre la delibera di autorizzazione alla proposizione della azione di responsabilità contro gli amministratori, avendo il Tribunale con detta delibera affermato che l'esistenza di tale delibera non risultava dagli atti e dalle produzioni, mentre era esattamente il contrario, perché come detto la delibera era stata prodotta nella prima udienza della fase cautelare, tra l'altro redigendo specifica nota di deposito; i giudici di merito non si erano resi conto, quindi, dell'esistenza agli atti di tale delibera.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Deve premettersi che l'autorizzazione dell'assemblea all'esperimento dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, richiesta dall'art. 2393 c.c., costituisce una condizione dell'azione, la cui sussistenza va verificata d'ufficio dal giudice e che, come tale, è sufficiente che sussista al momento della pronuncia della sentenza che definisce il giudizio (Cass., 26 agosto 2004, n. 16999; Cass., 11 novembre 1996, n. 9849).
La carenza di tale requisito, poiché incide sulla legittimazione processuale del legale rappresentante della società, può essere rilevata dal giudice anche d'ufficio (Cass., 10 settembre 2007, n. 18939).
1.3 Il nuovo tenore dell'art. 182 c.p.c., applicabile al presente giudizio ratione temporis, prevede che, nell'ambito dei poteri officiosi assegnati al giudice al fine di consentire la sanatoria dei vizi afferenti alla procura alle liti appositamente rilasciata per il giudizio in corso, deve ritenersi compreso quello di verificare se agli atti del processo esista un'altra procura alle liti che, essendo stata resa anche per il grado che si sta celebrando, rende superflua la rinnovazione della procura viziata, sostituendosi alla stessa (Cass., 18 novembre 2019, n. 29802).
Quando il giudice rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o di autorizzazione, oltre che un vizio che determina la nullità della procura al difensore, questi deve assegnare un termine perentorio per la sanatoria del vizio e, osservato il termine, gli effetti sostanziali e processuali della domanda retroagiscono fin dal momento della prima notificazione.
1.4 Nel caso in esame, il Tribunale di Milano, applicando correttamente i principi suesposti, dopo avere rilevato la mancanza di una valida delibera autorizzativa, ha concesso un termine perentorio per il deposito della delibera diretta a sanare l'invalidità rilevata, termine che non è stato osservato dalla società cooperativa.
Il tenore letterale dell'art. 182 c.p.c., che fa specifico riferimento ad un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione o ad un vizio che determina la nullità della procura al difensore, ricomprende, all'evidenza, sia l'ipotesi in cui la delibera autorizzativa sia del tutto mancante, sia l'ipotesi in cui la delibera sia presente, ma sia viziata nel suo contenuto.
Non rileva, pertanto, alcun onere per il giudice di spiegare le ragioni per le quali ritenga l'inesistenza materiale del documento autorizzativo o il contenuto viziato dello stesso, né di specificare se il difetto di rappresentanza abbia origine dall'inesistenza materiale del documento o, piuttosto, dalla non idoneità dello stesso a integrare una valida autorizzazione all'azione di responsabilità.
2. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2393 c.c., non essendo condivisibile la decisione del Tribunale laddove aveva affermato la genericità della delibera per la mancata indicazione specifica degli addebiti mossi agli ex amministratori e per la mancata indicazione dei nominativi degli ex amministratori contri i quali agire; peraltro il Presidente del Consiglio di Amministrazione aveva compiutamente informato i soci della esistenza di un disavanzo di quasi 4 milioni di Euro dovuto all'operato dei precedenti amministratori; inoltre il Tribunale aveva di fatto operato un sindacato di validità della delibera del 28 novembre 2011 allo stesso precluso ai sensi dell'art. 2738 c.c., essendo peraltro trascorso il termine di tre anni previsto per la rilevabilità del vizio di nullità, decorrente dalla trascrizione della delibera nel libro dei verbali delle assemblee, alla data della sentenza impugnata (9 novembre 2015).
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 A norma dell'art. 2393 c.c. compete esclusivamente all'assemblea dei soci il potere di deliberare sia il promovimento dell'azione sociale di responsabilità, sia la rinuncia all'esercizio di tale azione e la transazione. Pertanto, la rinuncia o la transazione effettuata dal nuovo amministratore (o dal legale rappresentante della società) senza la preventiva delibera assembleare è affetta non da mera inefficacia, secondo la disciplina dell'atto posto in essere dal rappresentante senza poteri, ovvero da mera annullabilità, in base alle regole sul difetto di capacità a contrattare, ma da nullità assoluta e insanabile, deducibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio, atteso che detta delibera assembleare costituisce modo formale e inderogabile di espressione della volontà della società di cui non sono ammessi equipollenti (Cass., 7 luglio 2011, n. 14963).
Anche nella società cooperativa a responsabilità limitata l'autorizzazione dell'assemblea al promovimento dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, richiesta dall'art. 2393 c.c., costituisce una condizione dell'azione, la cui esistenza va verificata d'ufficio dal giudice; è sufficiente, peraltro, che tale autorizzazione sussista nel momento della pronuncia della sentenza che definisce il giudizio (Cass., 10 settembre 2007, n. 18939).
L'accertamento in ordine alla sussistenza della "legitimatio ad processum", che riguarda un presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto salvo che si sia formato giudicato sul punto, anche d'ufficio ed in sede di legittimità, con possibilità, in questo caso, di diretta valutazione, da parte della Corte di Cassazione, degli atti attributivi del potere rappresentativo (Cass., 19 agosto 2000, n. 11010; Cass., 25 marzo 2000, n. 3612).
2.3 Tanto premesso in punto di principi normativi e giurisprudenziali applicabili al caso in esame, la società ricorrente assume, nella sostanza, che il Tribunale avrebbe omesso di verificare la sussistenza di una deliberazione assembleare che già autorizzava l'esercizio dell'azione di responsabilità e che già era stata prodotta nel procedimento cautelare.
2.4 Orbene, la domanda proposta dalla Cooperativa attrice era di accertare la responsabilità degli amministratori per le condotte di mala gestio poste in essere, concernenti la realizzazione di un complesso residenziale composto da tre palazzine nel Comune di Vanzago, un finanziamento richiesto alla società finanziaria Newfin s.r.l. e le uscite risultanti in favore della società G. s.a.s., incaricata di gestire l'operazione immobiliare a fronte di un compenso del 10% del costo complessivo, e la condanna degli stessi, in solido, al pagamento della somma di Euro 10.700.000, pari alla differenza fra la quota di mutuo prenotato dai soci per l'acquisto degli immobili costituenti la terza palazzina e il debito ipotecario complessivo gravante su tali immobili, oltre le somme corrisposte indebitamente a G. e Newfin tra il 2004 e il 2008 e le somme uscite dal conto corrente della Cooperativa nel periodo 2003 - 2004; in subordine la condanna al pagamento della somma di Euro 3.476.512,00 pari alla perdita risultante dal bilancio 2012; in via ulteriormente subordinata la condanna alla somma quantificata in via equitativa.
2.5 A fronte della precisata domanda azionata nel giudizio, il Tribunale ha fondato l'accertato rilievo di genericità evidenziando che il presidente del consiglio di amministrazione da un lato aveva fatto un resoconto degli incontri avuti con i diversi soggetti istituzionali, oltre che con l'ex Presidente Lavazza per la consegna dei documenti contabili della Cooperativa, soffermandosi in particolare sullo stato del cantiere di (*), e dall'altro aveva riferito i termini numerici del grave dissesto finanziario creato dal precedente consiglio di amministrazione e le iniziative intraprese con i vari creditori per una ricontrattazione del dovuto.
Il contenuto del deliberato dell'assemblea del 28 novembre 2011, come si legge nella sentenza impugnata, era stato, quindi, il seguente: "dare mandato al legale di verificare se ci siano gli estremi per un'azione di responsabilità nei confronti di tutto il precedente Consiglio di Amministrazione, dei Consigli ancora precedenti, oltre che dei Collegi dei sindaci, che avevano operato dalla costituzione della Cooperativa ad oggi e, nel caso ci siano i presupposti di dare, fin da ora, formale mandato al legale di intraprendere tutte le azioni del caso".
2.6 Ciò posto, deve affermarsi che correttamente il Tribunale ha affermato che l'assemblea dei soci non avesse espresso la consapevole volontà di adire l'autorità giudiziaria per promuovere l'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci, proprio in considerazione del contesto complessivo della riunione del 28 ottobre 2011, che aveva visto come oggetto genericamente il grave dissesto finanziario creato dai precedente consiglio di amministrazione e che aveva deliberato di dare mandato al legale di verificare la sussistenza dei presupposti dell'azione di responsabilità "nei confronti di tutto il precedente Consiglio di amministrazione, dei Consigli ancora precedenti oltre che dei Collegi dei sindaci che avevano operato dalla costituzione della Cooperativa ad oggi" e di intraprendere, in presenza dei presupposti, "tutte le azioni del caso", nella mancata indicazione, per l'appunto, non solo degli addebiti mossi agli ex amministratori, ma anche dei soggetti contro i quali si sarebbe concretamente agito, elementi che avrebbero consacrato in modo formale e inderogabile l'espressione della volontà della società di cui, per quanto già detto, non sono ammessi equipollenti.
E ciò anche in ragione della duplice considerazione spiegata dai giudici di merito che gli addebiti poi azionati nella causa in esame non coincidevano con quelli sui quali il Presidente della Cooperativa aveva specificamente relazionato all'assemblea del 28 novembre 2011 e che l'indicazione del totale dei debiti e del disavanzo negativo di Euro 3.918.630,00 era stata genericamente rimproverata al precedente Consiglio di Amministrazione.
2.7 Questa Corte, al riguardo, ha ritenuto valida l'autorizzazione di un'assemblea di una Cooperativa che aveva esteso l'autorizzazione all'azione di responsabilità "per tutte quelle negligenze ed addebiti che emergono nel corso del giudizio", ma dopo una prima autorizzazione riguardante l'azione di responsabilità per il danno derivante dai pagamenti effettuati in favore del Consorzio appaltatore al di fuori degli stati di avanzamento dei lavori, (Cass., 10 settembre 2007, n. 18939).
E' stato, pure, affermato, con riguardo alla sottoposizione di istituto di credito ad amministrazione straordinaria, che l'autorizzazione rilasciata dalla Banca d'Italia al commissario straordinario ai sensi del D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 72, comma 5, per l'esercizio dell'azione di responsabilità dei disciolti organi sociali, copre tutte le pretese ed istanze strumentalmente pertinenti al conseguimento dell'obiettivo del giudizio cui il provvedimento si riferisce, anche se di natura accessoria e consequenziale, non essendo necessario che contenga nel dettaglio tutte le iniziative processuali da intraprendere ma esclusivamente l'enunciazione degli elementi essenziali, oggettivi e soggettivi, dell'azione (Cass., 12 giugno 2007, n. 13765).
2.8 Sussiste, dunque, la denunciata carenza di autorizzazione all'esercizio dell'azione di responsabilità, essendo evidente che, la delibera societaria in esame, mancando, alla data del 28 ottobre 2011, della individuazione degli elementi costitutivi dell'azione di responsabilità, sia sotto il profilo oggettivo, che soggettivo, essendo stato dato mandato al legale di verificare se vi fossero gli estremi per "le azioni del caso" nei confronti di una pluralità di organi collegiali (consigli di amministrazione e collegi sindacali in carica fin dalla data di costituzione della società), non era idonea ad esprimere una volontà, compiutamente informata, dei soci.
3. Per quanto esposto, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio vanno interamente compensate tra le parti in ragione della relativa novità della questione trattata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
Ai sensi del D.X.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dallavL. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021.