Diritto e Procedura Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23654 - pubb. 29/05/2020
Il provvedimento del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 616 o dell'art. 618 c.p.c. costituisce atto ordinatorio di direzione del processo esecutivo e non cognitivo
Cassazione civile, sez. VI, 22 Aprile 2020, n. 8044. Pres. Frasca. Est. D'Arrigo.
Ordinanza del giudice dell'esecuzione ex artt. 616 o 618 c.p.c. di rimessione ad altro giudice o di prosecuzione innanzi a sé della causa - Regolamento di competenza d'ufficio - Proponibilità - Esclusione - Fondamento
Il provvedimento adottato dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 616 o dell'art. 618 c.p.c., sia esso di prosecuzione innanzi a sé del procedimento di opposizione, sia esso di rimessione al giudice ritenuto competente, costituisce atto ordinatorio di direzione del processo esecutivo e non cognitivo in ordine alla individuazione del giudice competente a conoscere della causa, non ha contenuto decisorio implicito sulla competenza (vi sia stato o meno contrasto fra le parti in ordine al giudice competente) e, di conseguenza, avverso lo stesso non è proponibile la richiesta d'ufficio del regolamento di competenza. (massima ufficiale)
RITENUTO
Il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Rovigo sospendeva la procedura esecutiva n. 485/2014 R.G. Es., promossa dalla Banca Adria Credito Cooperativo del Delta nei confronti di P.L., a causa dell'intervenuta proposizione di un regolamento di competenza da parte dell'esecutato. Il regolamento era dichiarato inammissibile, ma, nelle more della decisione, veniva emesso il decreto di trasferimento dell'immobile espropriato ed era eseguito l'ordine di liberazione.
Il P. proponeva opposizione agli atti esecutivi.
Il giudice dell'esecuzione, riteneva che gli atti compiuti nel periodo in cui la procedura esecutiva era sospesa dovessero considerarsi tamquam non esset e disponeva la revoca del decreto di trasferimento, condannando la Banca al pagamento delle spese processuali della fase cautelare e assegnando un termine per introdurre il giudizio nel merito. Tuttavia, con il medesimo provvedimento disponeva che il custode provvedesse all'esecuzione dell'ordine di liberazione e mandava al professionista delegato di predisporre la bozza di un nuovo decreto di trasferimento.
Avverso tale provvedimento il P. ha proposto un secondo regolamento di competenza.
La Banca Adria Credito Cooperativo del Delta ha resistito depositando memorie difensive. Gli altri intimati non hanno svolto in questa sede attività difensiva.
Il P. ha depositato una serie di documenti.
CONSIDERATO
Anzitutto va rilevata l'irritualità della produzione documentale, non risultando comprovato che il P. abbia notificato il relativo elenco alle controparti, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., comma 2. Nel merito, il ricorso è inammissibile.
Infatti, il provvedimento adottato dal giudice dell'esecuzione ai sensi degli artt. 616 e 618 c.p.c. - sia esso di prosecuzione innanzi a sè del procedimento di opposizione all'esecuzione a norma degli artt. 175 c.p.c. e ss., sia esso di rimessione al giudice ritenuto competente - costituisce atto ordinatorio di direzione del processo esecutivo e non cognitivo in ordine alla individuazione al giudice competente a conoscere della causa, non avente contenuto decisorio implicito sulla competenza, vi sia stato o meno contrasto fra le parti in ordine al giudice competente, con la conseguenza che avverso lo stesso non è proponibile la richiesta d'ufficio del regolamento di competenza (Sez. 3, Ordinanza n. 9511 del 21/04/2010, Rv. 612778 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 15629 del 30/06/2010, Rv. 613720 - 01). Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 1. Nella liquidazione occorre considerare che il valore effettivo della causa è indeterminabile, non potendo trovare applicazione alcuno dei criteri previsti dal D.M. Ministero della Giustizia n. 55 del 2014, art. 5, quando la questione oggetto del giudizio abbia rilievo meramente processuale (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 504 del 14/01/2020, Rv. 656577 - 01).
Ricorrono altresì i presupposti per l'applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l'impugnazione da lui proposta.
Sussistono, inoltre, i presupposti perchè il ricorrente sia condannato d'ufficio al pagamento in favore della controparte - ai sensi dell'art. 96 c.p.c., comma 3 - di una somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo in base al valore della controversia, in quanto egli ha agito in giudizio senza adoperare la normale diligenza.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, nonchè al pagamento, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., in favore della controparte, della somma di Euro 2.500,00.
Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dallaL. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2020.